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Ferme le premesse di cui da ultimo, da un punto di vista squisitamente teorico, sorge la necessità di stabilire quale sia la natura giuridica del consenso informato: più

precisamen-te, si tratta di valutare se attribuire ad esso la veste di negozio giuridico oppure quella di

at-to giuridico in senso stretat-to

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.

In via preliminare, sia consentito di rammentare che l’individuazione, nell’ambito

dell’ampia categoria dell’atto giuridico, della figura del negozio giuridico, complementare a

quella dell’atto non negoziale, ha fatto sorgere l’esigenza di individuare un criterio volto a

distinguere questi due tipi di atto

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. Infatti, sebbene la concezione differenziale del negozio

giuridico dall’atto in senso stretto sia sorta e si sia sviluppata soprattutto per merito

31 Anzitutto, sia consentito di riportare le riflessioni di DONATI, op. cit., 14 s., in merito alla natura giuri-dica della dichiarazione rilasciata dal paziente e attestante l’avvenuto soddisfacimento del “diritto al consenso informato”. L’Autore sostiene che siano due i possibili inquadramenti della dichiarazione sottoscritta dal ma-lato: o trattasi di una confessione, oppure di una dichiarazione di scienza. Con riguardo alla dichiarazione, es-sa non dev’essere generica, cioè non deve limitarsi ad attestare l’avvenuto soddisfacimento del diritto al senso informato, ma dev’essere specifica, vale a dire, deve contenere l’indicazione dei rischi connessi o con-nettibili al trattamento terapeutico. Considerata sotto il secondo profilo, affinché possa essere qualificata co-me confessione, è necessario che la dichiarazione in questione attesti l’esistenza di fatti sfavorevoli al confi-tente e favorevoli all’altra parte (ex art. 2730 cod. civ.). Tuttavia, è da dubitare che la dichiarazione attestante il soddisfacimento del diritto al consenso informato possegga tali caratteri: essa, di certo, non contiene dati sfa-vorevoli al paziente, ma, al contrario, fasfa-vorevoli «e ciò tanto che oggettivamente siano tali da soddisfare quel diritto, quanto che non lo siano». In quest’ultima ipotesi, infatti, la dichiarazione potrà essere usata contro il medico, invece che a favore. Tanto basta per escludere che la dichiarazione in esame possa essere configurata come confessione. Secondo l’Autore, non resta che considerarla come dichiarazione di scienza e, in questa collocazione, qualificarla più precisamente come quietanza, sulla base delle seguenti considerazioni: essa viene rilasciata in occasione di pagamenti in denaro, «ma nulla impedisce di attribuirle una funzione più ampia, quel-la attestante l’avvenuto adempimento dell’obbligazione ricadente sul debitore». Inoltre, qualificare quel-la dichiara-zione sottoscritta dal malato su richiesta del medico come quietanza, e quindi come atto unilaterale non con-fessorio (e non negoziale) comporta che la falsità delle affermazioni in essa contenute non incontra i limiti probatori ai quali, invece, è soggetta la confessione anche quando sia stragiudiziale (art. 2732 cod. civ.).

32 Sul tema, si rinvia a SANTORO-PASSARELLI, voce «Atto giuridico», in Enc. del dir., IV, Milano, 1959, 203 ss.; BETTI, voce «Atti giuridici», in Novissimo Dig. it., I2, 1958, 1504 ss.; MIRABELLI, voce «Negozio giu-ridico (teoria del)», in Enc. del dir., XXVIII, Milano, 1978, 1 ss.; RESCIGNO, voce «Atto giugiu-ridico I) diritto privato», in Enc. giur., IV, Roma, 1988, 1 ss.; GALGANO, Il negozio giuridico, in Trattato di diritto civile e

dell’elaborazione scientifica della dottrina tedesca, essa ha costituito oggetto di

approfondi-te indagini anche da parapprofondi-te della dottrina civilistica domestica, la quale, una volta recepita la

teoria del negozio giuridico, si è trovata di fronte alla necessità di stabilire la natura

negozia-le o non negozianegozia-le dei diversi atti giuridici

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. Tuttavia, non essendo stata accolta una

conce-zione unitaria di negozio giuridico, sono stati prospettati differenti criteri distintivi

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.

Anzi-tutto, secondo la tesi tradizionale, mutuata dalla concezione tedesca c.d. soggettiva del

ne-gozio giuridico, quest’atto può essere definito come manifestazione di volontà diretta a

produrre effetti giuridici o pratici; ne consegue che il criterio discretivo tra atto negoziale e

atto in senso stretto consiste nella diversa rilevanza che il volere del soggetto viene ad

33 Così, CISIANO, voce «Atto giuridico», in Dig. IV ed., Disc. priv., sez. civ., Agg., II, tomo I, Torino, 2003, 149 s., la quale ricorda che l’enucleazione della categoria del c.d. atto in senso stretto dalla più ampia categoria dell’atto giuridico è coeva all’elaborazione del negozio giuridico. Infatti, la Pandettistica tedesca ottocentesca, sin dal momento in cui ha ricondotto a tale figura, attraverso un procedimento di astrazione concettuale, le attività dei privati consistenti in una dichiarazione di volontà diretta alla costituzione, alla modificazione o all’estinzione di rapporti giuridici, si è resa conto della presenza di altri atti volontari, giuridicamente rilevanti, non rientranti nello schema negoziale. Tuttavia, la dottrina tedesca ha trascurato questi atti poiché, avendo fondato il suo sistema degli atti giuridici sull’idea che la volontà umana fosse di per sé idonea a creare rapporti riconosciuti e tutelati dal diritto (c.d. dogma della volontà), ha configurato tutte le attività dei privati come manifestazione di volontà e ha concentrato la sua attenzione su quell’espressione dell’attività umana in cui ri-teneva che il volere fosse in grado di raggiungere maggiori risultati giuridici, cioè sul negozio. Questo spiega perché in Germania la teoria dell’atto non negoziale si è sviluppata solo a partire dai primi anni del Novecen-to, quando, all’indomani dell’entrata in vigore del BGB, che nel suo primo libro ha codificato la dichiarazione di volontà (Willenserklärung), gli interpreti tedeschi hanno sentito l’esigenza di stabilire se e quali norme con-cernenti il negozio giuridico fossero applicabili agli atti diversi da esso. In Italia il negozio giuridico, sebbene non sia stato accolto dal codificatore del 1942, è stato recepito nel nostro ordinamento a livello di formante dottrinale: pertanto, mentre nel linguaggio legislativo il termine “atto” assume, solitamente, un significato am-pio, comprensivo anche del negozio, nel linguaggio dottorale esso è venuto ad acquisire un’accezione più ri-stretta, limitata al c.d. “atto non negoziale” o “atto in senso stretto”, in contrapposizione all’“atto negoziale” o “negozio giuridico”. L’Autrice osserva inoltre che anche in Italia la teoria sull’atto non negoziale ha stentato ad attecchire: «lo scarso interesse dimostrato per esso dalla dottrina tedesca ha infatti condizionato l’atteggiamento dell’omonimo formante imitatore, che ha polarizzato per anni l’indagine sugli atti giuridici in-torno alla figura del negozio».

34 Sul concetto di negozio giuridico, si rinvia a BETTI, Teoria generale del negozio giuridico, II ristampa corretta della II ed., in Trattato di dir. civ. it., diretto da F. Vassalli, vol. XV, tomo II, Torino, 1955, 51, il quale sostiene che siffatto istituto non consacra la facoltà di “volere” a vuoto, piuttosto esso garantisce e protegge l’autonomia privata nella vita di relazione, in quanto si volge a dare assetto a interessi degni di tutela nei rap-porti che li concernono. Pertanto, esso è «l’atto con cui il singolo regola da sè i propri interessi nei raprap-porti con altri (atto di autonomia privata): atto, al quale il diritto ricollega gli effetti più conformi alla funzione eco-nomico-sociale che ne caratterizza il tipo (tipica in questo senso)».

sumere in questi due tipi di atto. Pertanto, secondo questa teoria, basata sul profilo

struttu-rale, il discrimen è dato, non dalla volontà dell’atto, cioè dalla volontà di porre in essere il

comportamento che lo integra, la quale costituisce invero la caratteristica comune ad ogni

atto giuridico, bensì dalla volontà del suo contenuto, cioè degli effetti che ne derivano

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. La

dottrina più recente ha tuttavia criticato siffatta ricostruzione ermeneutica poiché, per

con-siderarla accettabile sarebbe necessario dimostrare che l’intento negoziale, inteso non quale

volontà degli effetti giuridici, bensì come intento pratico, rappresenta una caratteristica

esclusiva del negozio giuridico, mentre esso è stato riscontrato altresì negli atti non

negozia-li; inoltre, si può osservare che talvolta anche dall’atto negoziale discendono conseguenze

giuridiche non volute dall’agente. È stato quindi proposto un ulteriore criterio discretivo

fondato sulla valutazione che l’ordinamento giuridico opera con riferimento alla “natura

pratica” dell’atto: posto che un atto può essere disciplinato come “autoregolamento

impe-gnativo” oppure come mero presupposto di effetti giuridici determinati dalla legge, gli

in-terpreti, in accordo con la concezione tedesca c.d. oggettivistica del negozio giuridico,

han-no definito quest’ultimo come atto di autohan-nomia privata. Più precisamente, il negozio

giu-ridico viene concepito come lo strumento che l’ordinamento giugiu-ridico ha messo a

disposi-zione del singolo, affinché «detti un assetto vincolante dei propri interessi» nei rapporti con

i terzi

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. Nell’atto non negoziale, invece, l’autonomia privata è limitata alla scelta del mezzo

offerto dalla legge, cioè della fattispecie legale: in esso non vi è dunque alcuna

partecipazio-ne del soggetto alla formulaziopartecipazio-ne della regola dispositiva, ma solo l’utilizzaziopartecipazio-ne di

stru-menti di regolamentazione che sono frutto di eteronomia, intendendosi per regola

etero-noma quella dettata da poteri esterni e diversi dall’autonomia del privato

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.

35 CISIANO, op. cit., 150. In altri termini, nell’atto in senso stretto la volontà che sfocia in un comporta-mento rimane elecomporta-mento interno, che il diritto non prende in considerazione direttamente, ma solo di riflesso, attraverso la considerazione dell’attività materiale realizzatrice di siffatta volontà. La diversa rilevanza del vole-re ha comportato inoltvole-re che nel negozio giuridico, assumendo rilievo, oltvole-re alla volontà di compievole-re l’atto, anche quella del contenuto di esso, gli effetti giuridici sono sempre conformi al volere del soggetto agente; invece, nell’atto in senso stretto, poiché il diritto valuta esclusivamente la consapevolezza e la volontarietà del comportamento, gli effetti giuridici sono sempre e tipicamente predeterminati dall’ordinamento giuridico e possono quindi anche essere contrari alla volontà dell’autore.

36 CISIANO, op. cit., 151.

37 CISIANO, op. cit., 151. L’Autrice precisa inoltre che, dal punto di vista dell’efficacia, mentre nel negozio gli effetti giuridici vengono a dipendere direttamente da esso, seppure nei limiti consentiti dalla legge, nell’atto

Formulate queste considerazioni introduttive, occorre portare l’indagine sulla