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Inoltre, si è in precedenza osservato come attorno al tema del consenso al trattamen- trattamen-to medico gravitino princìpi giuridici di grande rilevanza, come il concettrattamen-to di libertà

perso-nale, dal quale si ricava, a sua volta, il principio dell’autonomia decisionale dell’individuo, il

quale assume un valore ancora più pregnante nel caso in cui le scelte del soggetto involgano

suoi interessi fondamentali, quali il diritto alla salute. La circostanza che gli interessi in

gio-co attengano ai diritti fondamentali della persona testé menzionati, nonché la mancanza nel

nostro ordinamento di un apparato normativo adeguato, in grado di delineare con

precisio-ne la fisionomia giuridica del consenso informato, hanno indotto gli interpreti a proporre

elaborazioni dogmatiche particolarmente complesse, al fine di orientare le azioni degli

ope-ratori sanitari e del diritto in un ambito particolarmente delicato. Tuttavia, le costruzioni

teoriche proposte in sede interpretativa, per quanto pregevoli, trovano un limite qualora

emergano questioni relative ad elementi che dovrebbero formare oggetto della più esclusiva

discrezionalità del Legislatore. Le scelte relative ai destinatari di una determinata tutela

ap-prestata dall’ordinamento, le ragioni di siffatta tutela e l’individuazione dei soggetti

respon-sabili in caso di condotte illecite, sono infatti aspetti che non è opportuno siano definiti

5 MANTOVANI, Il consenso informato: pratiche consensuali, cit., 9 s. A questo proposito, giova ricordare che nell’ambito delle attività intraprese dal gruppo di lavoro Undirittogentile, formatosi per iniziativa del Prof. Paolo Zatti nella primavera del 2012, attorno a una proposta di Principi per un diritto della dignità del morire, si è tentato di formulare alcune soluzioni normative in merito alle decisioni di fine vita e, più in generale, alle questioni critiche del rapporto terapeutico. Dalla discussione sono emerse alcune linee guida utili per la costruzione di una proposta normativa, la quale è stata abbozzata, discussa, e quindi definita in un seminario svoltosi a Tren-to il 25 e il 26 otTren-tobre 2012. In particolare, con riguardo al tema del consenso nella relazione di cura, si è evi-denziato che trattare il consenso in modo adeguato significa anzitutto «incastonarlo con chiarezza in una struttura di diritti e doveri molteplici e reciproci diretti a promuovere e garantire una relazione buona ed effi-cace tra medico e paziente; in questa struttura le portanti sono la persona del malato in tutte le sue espressioni e prerogative - dai fondamenti ultimi dell’habeas corpus e della dignità, ai diritti fondamentali di integrità, identi-tà morale, personaliidenti-tà, autodeterminazione - e la persona del medico nel suo ruolo professionale con i caratte-ri di responsabilità, competenza, integcaratte-rità professionale». Inoltre, è necessacaratte-rio creare le condizioni affinché la relazione di cura divenga capace di apprendimento riguardo ai valori che si affermano nelle norme: una delle condizioni consiste nel garantire al medico una giusta certezza su quanto gli si chiede, su quanto può ed è te-nuto a fare soprattutto nelle situazioni critiche. Più precisamente, «giusta certezza significa che non si tratta di esonerare il medico dal problema della valutazione e della responsabilità, ma di metterlo al riparo dalla incer-tezza delle conseguenze del suo decidere» (ZATTI, Per un diritto gentile in medicina. Una proposta di idee in forma

esclusivamente dall’interprete

6

. Pertanto, si avverte la necessità impellente di un intervento

normativo sistematico che regoli le numerose tematiche inerenti al tema del consenso

in-formato, al fine di orientare l’operato dei soggetti operanti nel settore sanitario, soprattutto

con riguardo all’interrogativo circa ciò che è considerato lecito e ciò che non lo è

7

.

6 V. CALLIPARI, op. cit., 10, secondo il quale è difficile immaginare operazioni interpretative relative a princìpi così ampi e indeterminati, quali la salute, la libertà individuale e la dignità dell’uomo, completamente svincolate dalle inclinazioni personali e culturali del singolo giurista. Inoltre, la mancanza di una disciplina normativa, anche come mera forma di consolidamento dei risultati raggiunti dagli interpreti, presenta il chiaro inconveniente di consentire cambiamenti molto profondi, se non drastici, nel giro di pochi anni, andando così a ingenerare incertezza nei consociati e negli operatori del diritto e negando la possibilità di distinguere in via preventiva ciò che è lecito da ciò che non lo è, al fine di poter orientare liberamente le proprie azioni. Sul te-ma, si veda inoltre FERRANDO, Diritto alla salute e autodeterminazione tra diritto europeo e Costituzione, in Politica

del dir., 2012, 9 s., la quale rileva che il principio del consenso segna un duplice limite nei confronti del

legisla-tore e nei confronti del medico. Nei confronti del legislalegisla-tore i diritti alla salute e all’autodeterminazione non gli consentono di imporre trattamenti sanitari obbligatori se non nei limiti di cui all’art. 32 Cost. Inoltre, non è di regola il legislatore a poter stabilire quale sia il trattamento appropriato, quali siano le terapie ammesse, e a quali condizioni. Se il diritto alla salute consiste nel diritto a essere curato secondo le migliori regole dell’arte, allora le decisioni terapeutiche devono essere prese dal medico sotto la sua responsabilità e con il consenso del malato. Invece, nei confronti del medico, il precetto costituzionale segna la soglia oltre la quale egli non può spingersi: l’inviolabilità del corpo può essere superata solo in virtù e nei limiti del consenso.

7 Conviene da subito precisare che a partire dal 15 marzo 2013, giorno di apertura della XVIIª legislatura italiana, le proposte per la disciplina del consenso informato si sono moltiplicate e ad oggi si contano nume-rosi disegni di legge, elaborati dalla Camera dei Deputati e dal Senato, che affrontano l’argomento. I disegni legge presentati al Senato e assegnati per la discussione alla 12ª Commissione Permanente (Igiene e sanità) sono i seguenti:

a) ddl S. 5,“Disposizioni in materia di consenso informato e di dichiarazioni di volontà anticipate nei trattamenti sanitari

al fine di evitare l’accanimento terapeutico”, presentato dal senatore Marino e altri, il 15.3.2013 e composto da 12

articoli. In particolare, l’art. 2, interamente dedicato al consenso informato, al primo comma recita: “Il tratta-mento sanitario è subordinato all’esplicito ed espresso consenso dell’interessato, prestato in modo libero e consapevole”.

b) ddl S. 13, “Norme in materia di relazione di cura, consenso, urgenza medica, rifiuto e interruzione di cure,

dichiarazio-ni anticipate” presentato dal senatore Mancodichiarazio-ni e altri, il 15.3.2013 e composto da 25 articoli. Questo disegno di

legge e i princìpi che lo ispirano rappresentano l’esito della riflessione del gruppo di lavoro Undirittogentile promosso nella primavera del 2012 dal Prof. Paolo Zatti, del quale si è già fatto cenno. L’intero capo III del disegno di legge affronta le tematiche principali in merito al consenso al trattamento sanitario.

c) ddl S. 443,“Disposizioni in materia di consenso informato e di dichiarazioni anticipate di trattamento sanitario”, pre-sentato dalla senatrice Rizzotti il 10.4.2013, e composto da 17 articoli. Questo intervento normativo intende dare concreta applicazione al principio di autodeterminazione nel campo delle cure mediche, diritto di cui ogni individuo gode, in relazione alle scelte riguardanti la propria salute, sia nel senso di accettare sia nel senso di rifiutare l’intervento medico, e che si realizza attraverso la consapevolezza che si acquisisce a seguito di una corretta informazione. Alla disciplina del consenso informato sono dedicati gli artt. 2 e ss.

2. Definizione di consenso informato

10.4.2013 e composto da 7 articoli. Questo è l’unico disegno di legge dedicato esclusivamente alla materia del consenso informato; tutte le altre proposte normative regolano, nel medesimo testo, anche il tema delle diret-tive anticipate di trattamento.

I disegni di legge proposti dalla Camera dei Deputati e assegnati alla XIIª Commissione Affari Sociali sono i seguenti: a) Proposta n. 1142, intitolata “Norme in materia di consenso informato e di dichiarazioni di volontà anticipate

nei trattamenti sanitari al fine di evitare l’accanimento terapeutico” presentata dal deputato Mantero ed altri, il 4.6.2013

e composta da 13 articoli. Siffatta proposta è quasi identica nei contenuti al ddl S. 5 proposto dal senatore Marino e altri.

b) Proposta n. 1298, “Disposizioni in materia di consenso informato e di dichiarazioni di volontà anticipate nei

tratta-menti sanitari” presentata dal deputato Locatelli e altri, il 3.7.2013 e composta da 9 articoli. In particolare, il

primo articolo è dedicato al tema del dovere informativo del medico, e solo nelle disposizioni successive viene predisposta la disciplina del consenso informato.

c) Proposta n. 1432, “Disposizioni in materia di consenso informato e di dichiarazioni anticipate di trattamento

sanita-rio”, presentata dal deputato Murer e altri, il 26.7.2013 e composta da un solo articolo. In questo intervento

normativo si presume che la Convenzione sui Diritti dell’Uomo e la biomedicina (nota come Convenzione di Oviedo) sia esecutiva in Italia. Come si è già avuto modo di osservare, la legge n. 145 del 28.3.2001 ha sì rati-ficato la Convenzione di Oviedo, tuttavia in base all’art. 33, comma 3, della Convenzione, la sua esecutività è subordinata al deposito della firma di ratifica da parte del paese firmatario. Cosa che l’Italia non ha ancora fat-to. Tuttavia, è interessante notare come all’art. 1, lett a) della Proposta di legge si sancisca che «è individuato nel consenso informato ad ogni trattamento sanitario, compresi gli accertamenti diagnostici, l’atto fondante l’alleanza terapeutica tra medico e paziente, fatto salvo il dovere del medico di intervenire qualora il paziente si trovi in imminente pericolo di vita».

d) Proposta n. 2229, “Disposizioni in materia di alleanza terapeutica, di consenso informato e di dichiarazioni anticipate

di trattamento”, presentata dal deputato Roccella e altri, il 26.3.2014 e composta da 8 articoli. Vi è un solo

arti-colo, il secondo, dedicato al consenso informato.

e) Proposta n. 2264, “Disposizioni in materia di consenso informato e di dichiarazioni anticipate di volontà per i

tratta-menti sanitari” presentata dal deputato Nicchi e altri, il 2.4.2014 e composta da 5 articoli. L’art. 1, in particolare,

disciplina sia l’obbligo gravante sul medico di informare il paziente, che quello di acquisirne il consenso. f) Proposta n. 2996, “Disposizioni relative all’alleanza terapeutica, in materia di consenso informato e di dichiarazioni

anticipate di trattamento”, presentata dalla deputata Binetti e altri, il 30.3.2015 e composta da 8 articoli. Il tema

del consenso informato viene trattato principalmente nell’art. 2, mentre i restanti articoli sono dedicati alla disciplina delle dichiarazioni anticipate di trattamento.

Infine, giova ricordare che il 6 febbraio 2009 veniva emanato dall’allora quarto governo Berlusconi il de-creto legge n. 36; tuttavia il Presidente della Repubblica del tempo, Giorgio Napolitano decideva di non fir-mare il d.l. poiché carente dei caratteri di straordinaria necessità ed urgenza richiesti dall’art. 77 Cost. Allo scopo di evitare una crisi istituzionale, il decreto legge veniva nuovamente presentato come Proposta di legge n. 2350 (Disposizioni in materia di alleanza terapeutica, di consenso informato e di dichiarazioni anticipate di trattamento); ne seguiva l’immediata approvazione da parte del Senato (il 26.3.2009) e della Camera dei Deputati nel luglio 2011, in una versione parzialmente emendata. La Proposta è quasi interamente dedicata al tema delle dichiara-zioni anticipate di trattamento; al consenso informato viene infatti dedicato un unico articolo, il secondo, ai sensi del quale «Salvo i casi previsti dalla legge, ogni trattamento sanitario è attivato previo consenso informa-to espliciinforma-to ed attuale del paziente prestainforma-to in modo libero e consapevole».

Alla luce delle brevi considerazioni che precedono, il problema che per primo si pone

è, come di consueto, quello definitorio. Innanzitutto, conviene affrontare la questione

rela-tiva all’impiego della locuzione “consenso informato”: com’è noto, si tratta di una

termino-logia ormai ampiamente diffusa, la quale presenta, tuttavia, un certo margine di ambiguità.

Quest’espressione rappresenta, infatti, il risultato della semplice e grossolana trasposizione

in italiano del c.d. informed consent, elaborato dalla giurisprudenza statunitense

8

. Giova

preci-sare che non esiste una chiara rappresentazione etimologica trasferibile direttamente sul

piano applicativo del valore semantico attribuibile all’espressione “consenso informato”, la

quale, consistendo nella mera traslitterazione delle parole inglesi informed consent, si compone

di due termini tra loro molto differenti, anche se consequenziali, i quali tendono a formare

una “parola composta” che possiede un significato tutt’altro che univoco

9

. Più

precisamen-te, siffatta traslitterazione ha generato l’idea, assolutamente non corretta, che l’informazione

sia un elemento in qualche misura assorbito e strettamente conglobato nel principio del

consenso

10

. A questo proposito, in dottrina è stato osservato che “consenso” e “informato”

sono rispettivamente un sostantivo e un aggettivo, onde è quasi inevitabile percepire la

par-te dell’informazione come una mera «aggettivazione del consenso», come un «accessorio in

più», quasi apposto con «funzione servente rispetto al mito della volontà»

11

. In verità, come

8 Come osservato nel primo capitolo del presente lavoro, è nella trama motivazionale della sentenza relati-va al caso Salgo che l’istituto dell’informed consent ha trorelati-vato origine.

9 Così MALLARDI, Le origini del consenso informato, cit., 322.

10 Al riguardo, S. ROSSI, op. cit., 196, sottolinea che l’espressione consenso informato rappresenta «un sin-tagma non scindibile», nella misura in cui il consenso, che dev’essere libero e consapevole, non può andare disgiunto da un obbligo informativo a carico del medico, che è strumentale al superamento delle asimmetrie informative tra i protagonisti della relazione terapeutica. Tuttavia, siffatta locuzione, la quale fornisce indub-biamente un’efficace sintesi, «non coglie appieno la complessità ermeneutica che si cela nelle parole che la compongono», essendo il frutto di un processo di imitazione linguistica nell’ambito del diritto che si è sostan-ziata in una forma di «circolazione dei modelli giuridici».

11 CALLIPARI, op. cit., 11. Sia consentito inoltre di spendere qualche considerazione in merito all’etimologia del termine “consenso”, il quale deriva dal participio sostantivato latino consensus, a sua volta derivante dal modo verbale consentio, ed è facilmente riconoscibile quale prodotto risultante dai due elementi semplici che gli conferiscono significato, essendo strutturato dall’unione della preposizione cum (nell’antica e diffusa variante fonetica e grafica con) e del verbo sentio. In particolare, cum rende il senso della riunione, della partecipazione, mentre sentio significa “sentire”, “percepire con uno dei sensi”. Il verbo consentire è dunque uti-lizzato correntemente per indicare l’accordo, e ciò seguendo la seguente evoluzione di significato: dal comune sentire meramente fisico, al sentire morale, a quello, infine, intellettuale. Il sostantivo consensus esprime quindi

si avrà occasione di precisare nel corso della trattazione, sotto il profilo concettuale e sul