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Dove finisce l’autorialità

2. Lettura e scrittura stratificata: l’ipertesto

2.2. Dove finisce l’autorialità

Quando Ted Nelson progettò, idealizzandolo, l’ipertesto forse non aveva in mente il web che invece viene spesso definito come la più maestosa espressione dell’ipertesto. La scrittura e la lettura digitale ed in rete non escludono, anzi incoraggiano, la co-creazione di contenuti: il testo non ha più un singolo autore ma la sua creazione e conservazione dipende dalla collaborazione di una comunità attiva. Lo scrivente e il lettore divengono ancor più complementari in mutuo scambio di contenuti: Landow parlava di wreader, ovvero di lettori che sono anche scrittori e viceversa.

La lettura e la scrittura si scambiano i ruoli. Chi partecipa alla strutturazione dell’ipertesto, al tracciato in fieri dei possibili risvolti de senso, è già lettore. Simmetricamente, colui che attualizza un percorso, o manifesta tale o talaltro aspetto della fonte documentaria, contribuisce alla redazione, porta momentaneamente a termine una scrittura interminabile. Il taglio e i rimandi, i percorsi di senso originali che il lettore inventa possono così essere incorporati nella struttura stessa del corpus. Con l’ipertesto, ogni lettura è una scrittura potenziale (Lèvy, 1997).

«La lettura diventa design in atto» (Joyce, 1995) perché il lettore è complice dell’autore nel voler rintracciare significati e percorsi possibili. Questa metamorfosi continua contribuisce a spogliare lo scrivente originario delle sue prerogative di garante del senso. All’ autore resta la possibilità di indicare una strada possibile che però non ha garanzia di essere percorsa nella sua interezza, così chi fruisce del testo può staccarsi quasi totalmente dalle intenzioni argomentative e narrative originarie. L’autore non è più unico e riconoscibile, ma si fa molteplice, collettivo, lo scrivente è la comunità. Il lettore, quello forte e digitalizzato, non percepisce più il libro come luogo segreto e nascosto della sua pratica. La lettura è cambiata, come abbiamo detto non è più confinata nei limiti dalla copertina del libro, ma valica le pagine stabilite dall’autore e diviene pretesto per fare networking. La social reading è qualcosa di più di un club di lettura, trasforma l’atto della lettura da individuale e privato a comunitario e pubblico: la condivisione dei commenti a margine, delle proprie opinioni e delle citazioni si pratica su piattaforme specifiche come come Goodreads e Anobii, Wattpad o sui generalisti Facebook, Twitter e Pinterest. La social reading, risultato evidente della convergenza dei media, produce una quantità significativa di contenuti collaborativi che si concentrano non solo sulla totalità del libro ma anche sulle sue singole parti, come spesso avviene nelle edizioni critiche, in una frammentazione del corpo testuale che grazie a sistemi come quelli di Goodreads, acquistato da Amazon nel 2013, permette di condividere le sottolineature e i commenti con altri utenti alla maniera dei social network. Come abbiamo accennato nei paragrafi precedenti, la lettura va ben oltre il contenuto dell’oggetto in sé, per cui capita spesso che un libro di particolare successo produca pratiche di fandom e di

conseguenza della fanfiction che da una parte ne alimentano il successo e dall’altra divengono un buon serbatoio di idee.89

La produzione e la lettura di racconti passano in secondo piano agli occhi di un analista dei processi culturali, perché è chiaro che non è più una questione relativa al “testo” in quanto prodotto di una civiltà, ma relativa alle rappresentazione e comprensione del capitale sociale 90

investito da nuove forme di socialità anche laddove non erano attese.

La fanfiction è praticamente sempre esistita ma prima dell’avvento dei social media era spesso osteggiata dagli autori che non amavano vedere il proprio lavori amplificato, interpretato e “svilito” da scrittori amatoriali privi della capacità di creare mondi. Oggi invece autori come J. K. Rowling supportano e incitano i propri fan alla creazione, coscienti del fatto che pratiche di condivisione e di democrazia possano mantenere salda la comunità di appassionati. Nel caso specifico della Rowling, non è raro che la scrittrice restituisca il dono del marketing editoriale con la produzione di piccoli racconti o commentando personalmente alcune soluzioni narrative trovate dai fan.

Dunque il ruolo dell’autore si interseca con quello del lettore, consolidando la dipendenza che l’uno ha per l’altro. Se è cambiato il lettore, che si fa scrittore, quale ruolo spetta oggi allo scrittore? La risposta a questa domanda provoca nel dibattito attuale sull’editoria un effetto domino, toccando via via non solo quale posizione oggi è riservata alla mente creativa, ma anche a quali conseguenze esistono nell’ambito del diritto d’autore sia in campo letterario che in campo scientifico.

Il concetto d’autore, secondo molti, si consolida in età moderna, quando come afferma anche Ong, la separazione della scrittura dal suo supporto di realizzazione determinò un

Tipica pratica del fandom è la fanfiction ovvero autoproduzioni di racconti e libri che hanno al centro un’opera 89

letteraria edita, solitamente di grande successo. Di casi potrebbero elencarsene senza fine, senza dubbio i più celebri sono legati ai mondi fantastici di Tolkien, Lewis e Martin o al piccolo mago inglese frutto della penna creativa di J. K. Rowling, la saga di Twilight di Stephenie Meyer o ai vampiri di Lisa Jane Smith. Le fanfiction sono anche legate a prodotti librari erotici come è stato per il fenomeno di 50 sfumature, «in gran parte “miti” della cultura di massa, appartengono alla narrazione di genere intesa in senso tecnico, soprattutto fantascienza/

fantasy/young adult, romance/narrativa erotica, mystery/thriller» (Gazoia, 2014) Al di là delle considerazioni che

si possono fare sulla qualità dei prodotti su menzionati qui si vuole porre l’accento su un fenomeno, quello della

fanfiction, che seppur tratti di narrativa amatoriale costituisce un buon esempio di come oggi la scrittura creativa

sia divenuta un fenomeno mediatico. Il fanscrittore, oltre ad allargare esponenzialmente le storie amate da molti lettori, ponendo l’accento su piccoli incompiuti, tratti allusivi e dettagli, riesce a soddisfare l’esigenza di lettori che non vogliono continuare a vivere nel mondo di un racconto che hanno amato, in cambio forniscono ai novelli scrittori commenti, suggerimenti e condivisioni. Una fanfiction è per definizione libera soprattutto dalle leggi del commercio editoriale, costituendosi così come una forma di creatività libera dalle leggi del mercato.

Il capitale sociale dal punto di vista sociologico si definisce come la somma dei legami forti e deboli che 90

costituiscono una rete di relazioni. (Sartori, 2012). La fanfiction e i movimenti fandom attorno ad un fenomeno culturale e nel caso specifico editoriale esprimono esattamente l’idea di rete di relazioni definita comunità che si caratterizza per gusti e passioni condivise.

cambiamento di rapporto tra l’uomo e il testo, rafforzando l’idea dell’original genius. Approssimativamente possiamo dire che lo scrittore diviene una figura “romantica” e la sua genialità va tutelata e valorizzata, mentre in passato vi era più una rielaborazione del mito di cui lo scrittore diveniva momentaneamente curatore (McLhuan, 1962; Ong, 1982; Briggs, Burke, 2009; Grossman, 2011). Non va dimenticato inoltre che si fa coincidere la nascita della «società dei consumi» proprio a partire dal XVI secolo, in coincidenza con l’avvento delle stampa di tipo “industriale”. Furono gli imprenditori di fatto a favorire un processo di diffusione dell’oggetto libro per volontà di l’accumulazione di capitale, al di là dell’affascinante retorica sull’importanza della diffusione del libro a fini educativi e di accrescimento delle consapevolezze dei propri diritti umani. Nasce in questo contesto l’esigenza di avere strumenti idonei alla tutela del proprio investimento che rientrano nel cosiddetto il diritto d’autore. Il concetto di autorialità e proprietà intellettuale si insinua nella società dei consumi al fine di tutelare da una parte gli intellettuali scriventi e dall’altra gli interessi economici di un gruppo di interesse quali quelli degli editori come Manuzio. Molti Stati, inoltre, a partire dal XVIII secolo si sono dotati di un sistema giuridico che potesse difende l’opera e chi l’aveva realizzata. Dal 1710, data in cui il parlamento inglese rendeva operativo lo Statute of Anne che aveva come obiettivo quello di proteggere l’autore dal plagio o dalla stampa non autorizzata della propria opera intellettuale, si è assistito ad un inasprimento delle misure di “protezione” della proprietà creativa, tanto da essere considerate dei veri e propri mezzi di tutela del profitto delle case editrici, rendendo la produzione intellettuale, un affare economico in un contesto sempre più rivolto al profit. La figura dell’autore s’accresce, prendendo in sopravvento sull’opera: l’autore attraverso la sua opera porta con sé i valori di una cultura dominante che sottosta soprattutto alle regole del mercato editoriale. Il rapporto tra opera e fruitore dunque diviene complesso perché questa relazione implica anelli di collegamento a catena con il produttore e l’autore come Ronald Barthes descrive:

la posta del lavoro letterario (della letteratura come lavoro), è quella di fare del lettore non più un consumatore ma un produttore del testo. La nostra letteratura è segnata dal divorzio inesorabile mantenuto dall'istituzione letteraria fra il fabbricante e l'utente del testo. Il proprietario e il cliente, l'autore, e il lettore. Questo lettore si trova allora immerso in una sorta di ozio, d'intransitività, e per dir tutto, di serietà: invece di essere lui a eseguire, invece di accedere pienamente all'incanto del significante, alla voluttà della scrittura, non gli resta in sorte che la povera libertà di ricevere o di respingere il testo: la lettura si riduce a un referendum. Rispetto al testo

scrivibile si definisce così il suo contro-valore, il suo valore negativo, reattivo: ciò che può essere letto, ma non scritto: il leggibile. Noi chiamiamo classico ogni testo leggibile. (Barthes, 1973)

Ma come abbiamo visto la fluidità che accompagna i sistemi digitali di scrittura hanno messo a dura prova il concetto di autore fino ad essere messo in discussione dalle correnti tecnocratiche che vedono nell’avvento del digitale la supremazia del fruitore come unico soggetto capace di fornire senso e significato. Lévy scrive a tal proposito «l’autore è la condizione di possibilità di ogni orizzonte di senso possibile. Ora è quasi un’ovvietà dire che la cybercultura rimette fortemente in questione l’importanza e la funzione del firmatario di un’opera. L’ingegnere di mondi non firma un’opera finita ma un ambiente per essenza incompiuto di cui tocca agli esploratori costruire non solo il senso variabile, molteplice ed inatteso, ma anche l’ordine di lettura e le forme sensibili» (Levy, 1997). Dal punto di vista della critica dei Cultural Studies, invece, la definizioni di autore/autorità/autorialità portano con loro un carico di entità che sono tipiche delle ideologie dominanti che hanno come retaggio le concezioni tradizionali e accademiche di produzione culturale. Come abbiamo visto il web diviene invece luogo di espressione della cultura popolare di cui i testi trovano lo spazio e l’interesse di un pubblico vasto. Abbiamo poc'anzi visto come la fanfiction è stata accettata e addirittura incoraggiata dal mondo della scrittura professionale che ad essa a volte si mescola. Secondo gli autori dei Cultural Studies la scrittura elettronica ha “riformato” la stampa, nel senso che ha attribuito ai testi flessibilità e reattività in luogo di autorevolezza e

fissità, mettendo in discussione il canone letterario, «destinato a promuovere l’unità 91

culturale» e arma della battaglia culturale ancora oggi in corso dei gruppi sociali di conservatori (Bolter, 2001).

Dietro la monumentalità della figura dell’autore dell’epoca della stampa, il lettore rischiava di scomparire sempre di più, oggi invece la sua presenza diviene ingombrante per le vendite, interesse degli editori, e per la celebrazione della fama degli autori. La social reading è divenuta un tassello necessario alla produzione editoriale, la relazione pubblico-autore-editore ha cambiato i sistemi di interdipendenza e i tre soggetti si alimentano scambievolmente, ognuno mirando ai propri obiettivi: «I filtri sociali rinnovati funzionano in questa storia e la rete viene a proporsi come un importante e stratificato ambiente che ridefinisce il concetto di pubblicazione ma conferma il valore della mediazione editoriale, intesa come scoperta e proposta di autori/testi meritevoli» (Gazoia, 2014).

Nell’epoca della condivisione e della riproducibilità digitale gli interessi dell’autore e dell’editore non sono più del tutto coincidenti. L’autore ha il triplice interesse di veder riconosciuta la paternità intellettuale delle sue opere, di vederla circolare insieme al suo nome e alle sue idee e contenuti, e di venderla per ottenere una gratificazione economica. L’editore che ha acquistato il diritto di sfruttamento commerciale dell’opera attraverso il contratto firmato con l’autore: l'editore non è più un portavoce dell'autore, ma un titolare dei suoi propri

É interessante in tal senso accennare alla questione del canone come fattore indispensabile per parlare di 91

continuità e discontinuità culturale anche dal punto di vista antropologico. La sociologa italiana Anna Lisa Tota parte dalla definizione di Jan Assmann: «Per "canone" intendiamo quella forma della tradizione in cui quest'ultima raggiunge il suo grado vincolante più alto rispetto al contenuto e la sua massima fissazione formale: non si può aggiungere, né levare, né cambiare nulla. La storia di questa formula, la "formula del canone", conduce in ambiti diversissimi dell'agire sociale: essa può riguardare la riproduzione conforme al vero di un evento (formula del testimone), la riproduzione conforme alla sostanza e al senso di un messaggio (formula del messaggero ...), la riproduzione conforme al testo di un prototipo scritto (formula del copista o del tramandante) e l'osservanza letterale di una legge o di un contratto (formula del contratto).». Il canone per Assmann corrisponde al rituale per la cultura orale. Il canone ha quindi a che vedere con il concetto di cristallizzazione e memorizzazione tipici di ogni cultura. I processi di canonizzazione, come “discorso monumentale” su cui si basa la costruzione di processi ripetitivi che non permettono deviazione, devono includere un ragionamento, secondo l’autrice, sul rapporto dei mass media e new media e i processi di memorizzazione. «In tal senso è sintomatico che mentre esiste una riflessione adeguata sulla formazione dei canoni letterari, musicali, architettonici ed artistici in genere, esiste una riflessione molto meno sviluppati sulla formazione dei canoni televisivi, se considerati non dal punto di vista generale, ma specificamente in riferimento all'articolazione delle memorie individuali e collettive. I mass media, infatti, tendono ad essere analizzati prevalentemente nella loro funzione di agenti di socializzazione e meno in quella di agenzie della memorizzazione. Dal punto di vista empirico ci troviamo così nell'imbarazzante situazione di non avere categorie analitiche forti e ben delineate per studiare il modo in cui, ad esempio, l'ultimo film di Spielberg compete con i libri di storia nella costruzione della memoria collettiva delle nuove generazioni sul tema dell'Olocausto. Di che genere di memoria si tratterà? Dobbiamo continuare nell'illusione che la fiction costruisca soltanto "memorie di seconda mano" o forse possiamo studiare come funzionano questi nuovi generi commemorativi? […] E ancora, qual è il rapporto tra forme e contenuto della memoria, se la commemorazione avviene on line?» (Tota, 2001).

interessi economici. Con il libro digitale, l’editore si trova ad affrontare nuovi problemi che sono relativi alla trasferibilità in copie multiple e pirata; d’altro canto per l’autore la diffusione del suo lavoro costituisce già un motivo di successo.

Nell’epoca della condivisione digitale i problemi relativi alla figura dell’autore e al diritto d’autore sono divenuti sempre più significativi e con l’aumentare della partecipazione on line è aumentata anche la letteratura giuridica. Anche l’autore si sente ingabbiato nel sistema legislativo del diritto d’autore e licenza d’uso che spesso non permette loro di essere liberi di concedere la possibilità a terzi di riutilizzare porzioni della propria opera per permettere ad altri di creare nuove opere, accrescendo così la propria notorietà.

Le case editrici o i grandi distributori on line come Amazon, per far fronte alla pirateria 92

editoriale, oppongono sistemi tecnologici in grado di bloccare eventuali usi non consoni alle proprie policy. Il DMR (Digital Rights Management, ovvero la gestione dei diritti digitali) si costituisce come una misura che limita alla sola lettura un testo elettronico all’interno di ambienti digitali definito come il Kindle nel caso di Amazon. La misura è davvero restrittiva se si pensa alle idee di libertà e partecipazione su cui è stato costruita la retorica della rivoluzione digitale. Indica l’impossibilità da parte dell’utente di stampare, condividere spesso copiare porzioni di testo e infine cambiare dispositivo, pena la perdita della propria licenza d’uso. I sistemi DMR puri e tradizionali inoltre rendono ancor più difficile la conservazione dei prodotti digitali (Abid, 2004).