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Verso l’open knowledge

4. I Luoghi

4.2. Verso l’open knowledge

I luoghi di conservazione della memoria non agiscono più dunque seguendo un’unica visione locale, ma necessariamente la loro adesione al web semantico induce induce a teorie e prassi globali pur non perdendo le proprie “identità”. La selezione dei materiale, la loro strutturazione e la conversione dei propri dataset in RDF, e il puntamento su link di risorse stabili permettono loro di avere:

• la creazione di contenuto distribuito

• la condivisione di strumenti di pubblicazione dei contenuti

• la gestione automatica dei link e degli URI che identificano le risorse

• riutilizzo dei dati prodotti (Guerrini, Possemato, 2015)

L’atteggiamento socioculturale con cui l’utente usufruisce delle risorse messe a disposizione da archivi, biblioteche e musei potrebbe cambiare perché al centro del catalogo non vi è più il record ma l’esperienze dell’utente stesso. In questo universo i benefici prodotti divengono: • la Fruizione integrata e globale di risorse distribuite: i dataset sono collegati ad altri

dataset e l’utente può spostarsi da collezione a collezione da Wikipedia, a GeoNames e fino VIAF per estendere le proprie ricerche

• Ricerca semantica: alla ricerca tramite keywords viene a sostituirsi un’interrogazione a faccette (facet browser) per gestire in modo significativo la grande quantità di dati, riducendo il rumore di ricerche troppo generiche.

• Costruzione di servizi aggiuntivi come quello di recommendation system : la 146 pubblicazione dei dati relativi alla “fruizione” in linked open data permette a tutti di

I casi che si possono menzionare sono molteplici dai più noti come quello la Digital Library Gallica finanche 145

alla piattaforma Euroeana.

«A recommender system or a recommendation system (sometimes replacing "system" with a synonym such as 146

platform or engine) is a subclass of information filtering system that seeks to predict the "rating" or "preference" that a user would give to an item.

Recommender systems have become increasingly popular in recent years, and are utilized in a variety of areas including movies, music, news, books, research articles, search queries, social tags, and products in general. There are also recommender systems for experts, collaborators, jokes, restaurants, garments, financial services, life insurance, romantic partners (online dating), and Twitter pages.» < https://en.wikipedia.org/wiki/ Recommender_system>

costruire servizi di indirizzo sui consumi culturali utilizzando anche le piattaforme dei social network (Guerrino, Possemato, 2015).

Questo tipo di approccio che possiamo definire open knowledge basata sull’open access, open data e open source (o, più in generale, open culture) determina la creazione di una nuova cultura pubblica, con effetti significativi soprattutto a livello sociale.

La facilità con cui contenuti culturali possono essere manipolati e riproposti conferma che il digitale è un meta-medium […] in questo senso, l’ambiente digitale è una matrice di simulazione capace di assorbire imitare e ricercare altri formati. Esso permette inoltre il trasferimento di contenuti da una piattaforma all’altra per consentirne la fruizione a una gamma diversificata di lettori attraverso svariate modalità. Queste inedite possibilità richiedono una nuova logica creativa: solo una struttura modulare, infatti, può generare contenuti ricombinati da destinare a differenti tipologie di pubblico, esigenze e funzioni (Burdick, Drucker, Schnapp, et al 2012).

L’obiettivo è creare nuovi bisogni attraverso i luoghi depositari delle memorie collettive intese come “piccoli centri speciali di conversazione” (Simmel, 1983).

I GLAM devono essere orientati alla usabilità da parte di utenti non esperti. Anche in questo caso ci spingiamo in un ambito che fino a meno di un decennio fa era relativo ad un uso commerciale del dei siti web: la strategia user-based favoriva l’interazione tra la macchina e l’utente ed era utilizzata (e lo è a tutt’oggi) per garantire la massimizzazione del cosiddetto ROI (return of investiment) (Denuzio, Numerico, 2008). Favorire oggi all’interno di un archivio digitale il reperimento delle informazioni da parte di un utente comune significa metterlo nelle condizioni di comprenderne il linguaggio, e qui entra in gioco il design (icone, coerenza grafica, immagini, struttura del sito ecc).

L’interrogazione dei sistemi rimane fino a questo momento prevalentemente testuale, ma appaiono nello scenario internazionale Information Retrieval anche nuove metodologie che puntano all’uso di linguaggi differenti in coerenza con la natura dell’oggetto ricercato (Raieli, 2010). La MultiMedia Information Retrieval (MMIR) permetterebbe di compiere interrogazioni dei sistemi attraverso il supporto di differenti sistemi audio, video, visivi, testuali per familiarità con il contenuto del documento. Un esempio concreto per comprendere il meccanismo della MMIR è l’app per smartphone: Shazam. L’applicazione permette di rintracciare il titolo, gli artisti, l’album, la data di composizione, ed eventuali altre versioni di precise opere musicali. Shazam si basa sul metodo delle audio fingerprint che permette il riconoscimento dell’opera musicale attraverso l’analisi dell’audio ambientale in un tempo relativo (bastano pochi secondi), ovvero delle distanze tra i picchi previsti in una determinata

zona di ampiezza, confrontandole con i database in cui quelle caratteristiche sonore corrispondono ad un determinato record. Attraverso il suono viene restituita la risposta, così come avviene per l’applicazione di Google Goggle attraverso le immagini. La scansione attraverso lo smartphone di un dipinto, un paesaggio o di una fotografia, il motore di ricerca restituisce tutte le informazioni relative alla nostra interrogazione.

Shazam e Google, Amazon (per fare un altro esempio di “catalogo digitale”) interpretano le nostre domande e ci forniscono risposte anche quando non espressamente richieste. La restituzione di una risposta di un archivio digitale “tradizionale” (inteso come collezione) è assicurata nel caso in cui l’utente abbia già chiara la natura della sua interrogazione. Altresì, se l’oggetto è confuso seppur in qualche maniera desiderato, è possibile che il portale non sia in grado di soddisfare la richiesta. Nel primo caso è importante la “domanda”, nel secondo l’identità di chi l’ha posta, la sua storia di ricerca sul web, i suoi interessi, la sua “profilazione” insomma (Battelle 2005, Denunzio, Numerico, 2008). Gli utenti compiono interrogazioni omogenee: un oggetto che per gli addetti ai lavori è definito, potrebbe risultare “frastagliato” per i non esperti. Si tratta di conservare la memoria delle richieste degli utenti per migliorare le risposte fornite ad altri che manifestano interessi comuni, utilizzando sistemi di collaborative filtering come quelli di Amazon. L’obiettivo di un archivio digitale, però, non può più essere la sola soddisfazione delle richieste dell’utente ma soprattutto quello di stimolare quest’ultimo ad richiedere e ricevere altre informazioni: è necessario creare nuovi bisogni di “consumo di conoscenza”. Questo processo non può avvenire se non con un dialogo serrato tra chi progetta il sistema dell’archivio digitale e chi poi dovrà trasformarlo in algoritmi, tra chi conosce la raccolta documentale e chi dovrà dargli una forma. Per questo si faceva riferimento ai servizi aggiuntivi come quello di recommendation system già in presente in molti archivi, musei e biblioteche digitali. Ne è un esempio il Sistema Bibliotecario e Documentale dello IUAV di Venezia che permette di creare un account con una biblioteca personale di condividere tag e commenti sulle risorse presenti in catalogo migliorando le condizioni della propria ricerca.

Sono molteplici già i fattori che mostrano una tendenza alla rimediazione del ruolo delle istituzioni culturali nell’era di internet, ma soprattutto dei ruoli dei suoi operatori che pur ignorando il funzionamento di un computer o delle infrastrutture del web non può non usarlo per manipolare e gestire la conoscenza (Sbrilli, 2001).

5. “Mente a mente”: il sogno del Web semantico

«Cercare di visualizzare uno scrittore medievale al lavoro nel suo studio. Dopo aver concepito il piano dell’opera egli procedeva come prima cosa alla raccolta del materiale e delle note. Innanzitutto, ricercava eventuali libri su argomenti affini nella biblioteca del proprio monastero. Se trovava qualcosa che riguardasse il suo argomento ne trascriveva i capitoli  interessanti e intere parti […]. Se nel libro trovava indicazioni di un libro che non si trovava nella sua biblioteca, cercava di scoprire dove avrebbe potuto consultarlo, cosa non facile in quei giorni. Scriveva allora agli amici di altre abbazie note per avere grandi biblioteche e chiedeva loro se ne avessero una copia, e poi aspettava a lungo che arrivasse la risposta».

(Goldschimt, 1943)147

Non dissimile da quanto descritto da Goldschimt è la ricerca di qualsiasi risorsa on line oggi, solo che la archivio digitale, intesa nella sua larga accezione di raccolta di tutte le cose, davanti a cui l’utente si trova è molto più vasta e certamente più immediata, ma senza dubbio meno ordinata delle grandi biblioteche monastiche precedentemente evocate. Dietro il progetto del web semantico è sotteso ancora il sogno della biblioteca universale, che contiene il sapere di ogni tipo e conservato, come abbiamo visto sotto ogni forma, che si costituisce nella sua essenza dai dati. Quando nel 1999 Tim Berners-Lee pubblica L’Architettura del nuovo web racconta che il raggiungimento di questa universalità è possibile solo attraverso un lavoro serrato sul digital divide e quindi al superamento del gap cognitivo, tecnologico, economico per far si che tutti i gruppi sociali possano avere accesso alla sapere e interagire elettronicamente con la medesima facilità; dall’altra parte la costruzione di una “Rete Semantica” in grado di rendere le macchine capaci di analizzare, di connettere, di imitare il pensiero umano. «Una volta realizzato questo duplice sogno, il Web sarà un luogo in cui l’improvvisazione dell’essere umano e il ragionamento della macchina coesisteranno in una miscela ideale e potente» (Berners-Lee, 1999).

Il passaggio dal linguaggio di schema al linguaggio di inferenza (Berners-Lee, 1999) consentirebbe al nostro scrittore medievale chino sui libri davanti al suo progetto di lavoro di ottenere una selezione di materiali subito inerenti al suo progetto intellettuale a cui associare anche la componente della “serendipity istituzionalizzata”, ponendo in secondo piano molto materiale negletto che non di rado appare nelle prime pagine dei “risultati di ricerca” grazie alle qualità di indicizzazione di alcune pagine. Pare, dunque che gli scenari immaginati da

In McLuhan, Galassia Gutenberg, trad. it. di Stefano Rizzo, 1962 147

Wiener e Licklider, stiano prendendo forma assecondando un processo lungo che vede l’evoluzione delle macchine sempre più in grado di compiere operazioni intellettuali, e usando la tecnologia più penetrante, il web, con modalità umane. Da Alan Turing ad Tim Berners Lee, d’altronde, l’obiettivo è stato fornire alla tecnologia informatica le capacità del ragionamento umano. Con le tecnologie semantiche applicate al web si tenta di fornire ai calcolatori l’opportunità di comprendere il significato degli oggetti, creando relazioni basate sul senso e migliorando - di conseguenza - le possibilità di ricerca delle informazioni, fornendo possibilità ancora inesplorate. Alla funzione mnemonica che Pierre Lévy gli aveva associato, il web acquisisce anche quella di comprensione del significato e di ragionamento logico, non dissimile dalla mente umana.


Capitolo Quarto 


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un caso studio di Digital Humanities