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L’ipertesto per l’umanista digitale

2. Lettura e scrittura stratificata: l’ipertesto

2.1. Letture e scritture collettive

2.1.1. L’ipertesto per l’umanista digitale

La forma dell’ipertesto, come si è accennato, è insita in alcuni tipi di scrittura relativi all’ambito della disseminazione scientifica. Le pratiche delle scritture scientifiche all’interno di un testo si articolano, come si sa, anche con rimandi ad approfondimenti in calce, bibliografici, e nelle scritture scientifiche più contemporanee a box e schede quasi del tutto indipendenti dalla struttura argomentata del testo in questione. Lo scrivente, nel caso specifico lo studioso-autore, pone naturalmente al centro della sua narrativa scientifica uno schema definito, concluso e intertestuale del ragionamento lasciando al lettore la possibilità di scendere nelle profondità delle argomentazioni verificando e/o consultando le fonti di rimando solo in un secondo momento, di modo tale che non si perda la linearità della lettura.

La cybercultura, derivante dalle innovazioni nel campo del digitale, mira al valore di universalità in quanto lo 86

spazio tecnologico in cui si muove, secondo Lévy, si caratterizza per una integrazione di tutti delle infrastrutture di comunicazione e di tutti i macrosistemi tecnici. Non può includere la piena totalità che invece è peculiare nei sistemi di scrittura tradizionale, in quanto era funzione del testo la funzione di chiusura semantica degli oggetti trattati e il mantenimento di invariato delle identità dal significato. La scrittura tradizionale è totalizzante nel senso che, non essendo porosa e attraversatile come quella digitale, conserva immune da cambiamenti il suo messaggio e diviene “unità della ragione”. Dal punto di vista di Lévy il digitale, per natura aperto e permeabile, non può prevedere la totalità in quanto i significato degli oggetti muta in funzione dei significati che gli vengono attribuiti dalla costellazione di comunità. La caratteristica immersiva del digitale di poter proiettare gli utenti in contesti dissimili da quelli abituali che diventano comprensibili perché immersi nello stesso magma informativo, inoltre, rafforza il suo potere universalizzante. Pierre Lévy parla da tecnottimista nel 1997 di un mondo in cui i testi seppur frammentati e decontestualizzato sono comprensibili agli utenti perché essi affondano nell’amnio

L’ingresso dell’ipertesto nella produzione scientifica apre naturalmente nuovi scenari. Spezzando i confini della linearità e della monoliticità testuale tradizionale, la scrittura per ipertesti in campo scientifico permette di racchiudere la molteplicità e i rimandi di cui Foucault scriveva nel suo Archeologia del sapere in un unico prodotto. La forma su cui è possibile applicare le opportunità fornite dall’ipertesto è senza dubbio il saggio scientifico che godrebbe di un’organizzazione del testo su livelli differenti di approfondimento, accessibili indipendentemente, consentendo - come scrive Corrao - «l’uso diversificato del testo in relazione all'esigenza e allo scopo di diverse categorie di lettori o a diverse esigenze dettate dallo specifico interesse del momento da parte dello stesso lettore» (Corrao, 2005). La forma- saggio immaginata da Corrao non è - forse - dissimile da quanto avesse in mente Ted Nelson quando, descrivendo l’ipertesto, sottolineava l’esigenza di guardarlo e progettarlo con “occhi nuovi” con «la necessità di non confondere concetto e oggetto», ovvero il testo con il libro e/o saggio, il tessuto con il telaio (Castellucci, 2009; Roncaglia, 2010). L’ipertesto come saggio scientifico permette, secondo Corrao, di mettere in evidenza le prospettive comparative e le eventuali proposte interpretative, conducendo il lettore per mano sulla linea tracciata di un’idea predeterminata dall’autore stesso, di modo tale che non si rischi il suo smarrimento. L’ipertesto come saggio ha anche il vantaggio del facile aggiornamento, pratica comune in ambito scientifico, soprattutto quello relativo alle scienze dure che sembrano in continuo divenire. L’aggiornamento costante rende il saggio mai concluso, aperto a possibilità infinite, ma allo stato attuale ne determina anche la perdita delle informazioni precedenti. Quest’ultima considerazione è di particolare interesse quando si tratta dal punto di vista filologico in quanto è già stata registrata la mancanza delle lezioni varianti a favore di prodotti testuali apparentemente nati come definitivi. L’ipertesto in ambito scientifico permette di affiancare alle forme definitive altri documenti che possiamo definire più aperti e non utilizzabili nelle versioni a stampa: «repertori di “risorse” digitali, opere su supporto digitale che ne sfruttavano le possibilità ipertestuali, testi costruiti attraverso la giustapposizione di altri testi di diversa provenienza e natura; archivi digitali, materiali grezzi derivati immediatamente dalla fase di raccolta dei dati di una ricerca» (Corrao, 2005). Le letteratura grigia affiancata al prodotto scientifico, scrive Corrao, permetterebbe di assottigliare quel tono “allusivo” che spesso caratterizza le pubblicazioni di settore, frutto di una tradizione che vuole una sintesi snella ma precisa nelle poche righe delle note a piè di pagina «frutto di sforzi di generazioni, è l’esito di un percorso verso la qualità […] un punto d’arrivo straordinario. Per questa ragione credo si possa dire “allusivo” in senso non negativo; perché l’autore non costringe il lettore a leggere un brano di fonte, o ad approfondire un dibattito […]» (Sergi, 2004). Quel tratto

allusivo della pubblicazione, secondo una visione più accademica e tradizionale, è necessario alla stabilità della ricerca.

Altra interessante risorsa fornita dalle pubblicazioni ipertestuali soprattutto dal punto di vista degli storici è quella di combattere, attraverso anche della cosiddetta letteratura grigia, 87

fenomeni “parascientifici” di storici amatoriali che emulando la ricerca tradizionalmente intesa pubblicano informazioni e articoli non accreditati, fornendo poi a terzi materiali di discutibile aderenza con metodologie di studio riconosciute e legittime.

Interessante in tal senso è la visione di Darnton [1999] che intravede nella possibilità della scrittura di ipertesto non come testo allargato ma strutturato piramidalmente secondo livelli di interesse:

Il livello superiore può consistere di una discussione sommaria dell'argomento, disponibile magari in paperback. Il livello successivo può contenere versioni espanse di diversi aspetti dell'argomentazione, organizzate non sequenzialmente e in forma narrativa, ma piuttosto come unità autosufficienti che si incardinano nel livello superiore. Il terzo strato potrebbe essere composto da documentazione, anche di generi diversi, accompagnata da saggi interpretativi specifici. Un quarto livello può essere teoretico o storiografico, con una selezione di pagine degli studiosi che si sono occupati in precedenza dell'argomento e la loro discussione critica. Un quinto livello può essere pedagogico, costituito da suggerimenti per discussioni in classe, da un modello di programma di studio e da pacchetti didattici. E un sesto livello può contenere le relazioni dei recensori editoriali, gli scambi di messaggi fra autore ed editore, le reazioni dei lettori, che potrebbero costituire un corpus di commenti che cresce progressivamente, man mano che il libro arriva ai suoi diversi pubblici. Un libro di questo tipo suggerirebbe un nuovo tipo di lettura. (Darnton,1999)

Secondo Sergi il ramo scientifico che per primo viene emulato per la compilazione di contenuti on line è 87

quello medievista. Il fascino esercitato dall’arco temporale medievale pare, secondo l’autore, molto amato perché ritenuto pericolosamente affascinante con derive che superano l’amatorialità, che «fa ritenere che aver studiato a fondo una certa cosa in un certo luogo, o aver intuito vagamente qualche contenuto con poche letture, possa già consentire di avere uno sbocco pubblico. Allora, da questo punto di vista, la famosa democraticità della rete rischia di essere un difetto perché appiattisce tutto». La dura affermazione di Sergi, a nostro avviso, non tiene conto degli strumenti che la rete ha sviluppato nel tempo che puntano proprio all’esclusione di informazioni non veritiere o non accreditate e soprattutto di una assai presente fauna di associazioni e gruppi culturali, distribuiti a macchia di leopardo, in reale e off line che comunicano i risultati dei propri studi amatoriali quotidianamente. Il problema dalla mediazione e della democratizzazione delle forme di conoscenza non può dunque essere limitato alla sola rete, ma esteso ad un ragionamento più ampio sul ruolo delle università e dei centri di ricerca.

La struttura del tessuto/ipetesto si distingue a questo punto dal telaio/libro dando al lettore opportunità differenti e costituendosi per l’autore come un cloud in cui implementare la propria ricerca, conservando risorse, e mantenendo una mappa mentale dell’organizzazione del lavoro di ricerca. Nonostante le grandi visioni avute sulle possibilità descritte da Ted Nelson e Robert Darnton l’ipertesto in campo scientifico non sembra volersi ancora separare dal suo legame con la “carta stampata”, se da una parte Nelson diceva che bisognava abolire completamente il presupposti della pratica tradizionale della scrittura, dall’altra Darnton scrive: «In ogni caso, i testi utilizzati potrebbero essere stampati e rilegati seguendo le indicazioni del lettore. Lo schermo del computer sarebbe utilizzato per ricercare e scorrere i materiali, mentre la lettura concentrata e di largo respiro avverrebbe attraverso il convenzionale volume a stampa». E d’altronde gli ipertesi in ambito scientifico restano ancora vincolati all’idea della pubblicazione cartacea, sinonimo a tutt’oggi si stabilità e credibilità.