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1. Introduzione

1.1 Steatosi epatica e steatoepatite non alcolica (NAFLD e NASH)

1.1.5 Drug metabolism

Xenobiotici

Gli xenobiotici sono sostanze naturali o di sintesi che normalmente non vengono prodotte dal nostro organismo.

Possono essere xenobiotici, per esempio, contaminanti ambientali, inquinanti, sostanze che si possono trovare nelle acque e nell'atmosfera, con le quali veniamo a contatto accidentalmente, oppure molecole che possono essere introdotte nell'organismo attraverso l'alimentazione.

Sono xenobiotici i pesticidi, le tossine, i metaboliti di origine vegetale, gli additivi alimentari e i farmaci, con cui l’uomo viene a contatto (per via orale respiratoria o cutanea). Queste molecole potenzialmente dannose, generalmente lipofile e prive di

carica elettrica, vengono convertite in prodotti maggiormente polari e idrosolubili, con il fine di essere eliminate in modo efficiente e veloce dall’organismo (attraverso urine e feci, ma anche attraverso la bile, la respirazione o il sudore). Questo avviene attraverso reazioni di biotrasformazione per il metabolismo degli xenobiotici (drug metabolism) e sono di fase I, di fase II, o di fase III. Generalmente gli enzimi che appartengono al metabolismo della fase I di biotrasformazione sono degli enzimi che modificano gli xenobiotici per renderli più idrosolubili, mentre gli enzimi che appartengono alla fase II coniugano gli xenobiotici con qualche altra molecola per renderla ancora più idrosolubile e infine gli enzimi di fase III sono enzimi di deconiugazione e trasporto (Orellana M. e Guajardo V., 2004).

Questi sistemi enzimatici del drug metabolism sono essenziali per la detossificazione o eliminazione di sostanze potenzialmente pericolose e la loro sede principale si trova nella membrana del reticolo endoplasmatico e nella frazione citosolica del fegato. Quest’ultimo infatti è l’organo dove confluisce la maggior parte della circolazione sanguigna che deriva dal tratto gastroentestinale, principale punto di ingresso per sostanze esogene. Altri tessuti come mucosa nasale, polmoni, tratto gastrointestinale, cute, reni, milza, pancreas, cuore e cervello possono essere coinvolti nel metabolismo degli xenobiotici anche se in misura minore (Raunio H. et al., 2015).

Le fasi di biotrasformazione

Le fasi di biotrasformazione coinvolgono, come già accennato, tre tipi di reazioni:

-Reazioni di fase I o anche definite di funzionalizzazione:

Hanno come scopo quello di introdurre o evidenziare gruppi funzionali come il gruppo ossidrilico –OH, carbossilico -COOH, amminico -NH2, in modo da rendere la molecola maggiormente polare. Le principali reazioni di fase I sono: ossidazione, riduzione, idrolisi, dealogenazione e monossigenazione (Orellana M. e Guajardo V., 2004).

-Reazioni di fase II o reazioni di coniugazione:

I metaboliti formati dalle reazioni di fase I possono essere direttamente escreti se sufficientemente polari, altrimenti vanno incontro alla fase di biotrasformazione II, le quali permettono alla molecola di diventare maggiormente idrosolubile e polare così che possa essere facilmente eliminata attraverso l’accoppiamento di una sostanza endogena con lo xenobiotico. Le reazioni di coniugazione sono state definite come le

vere “rezioni di detossificazione” poichè interrompevano l’azione tossica di sostanze estranee all’interno dell’organismo. Le reazioni di fase due possono avvenire indipendente mente dalle reazioni di fase I (Paolini M. e Nestle M., 2003; Raunio H. et al., 2015). Le reazioni di coniugazione avvengono con l’aggiunta allo xenobiotico di: acido glucoronico (glucoronazione), solfato (solfonazione), gruppi metilici (metilazione), gruppi acilici (acetilazione) e attraverso la coniugazione con il glutatione ed amminoacidi.

-Reazioni di fase III

Sono reazioni meno note e comprendono trasporti extracellulari e reazioni citoplasmatiche in grado di sovvertire processi di fase I e fase II. Il trasporto extracellulare avviene attraverso proteine trans- menbrana (dette proteine di efflusso o ATP binding cassette (ABC) transporter) come la glicoproteina-P (P-gp), la proteina associata alla farmaco resistenza multipla (MRP), e il polipeptide 2 trasportatore degli anioni organici (OATP2). Queste controllano l’ingresso degli xenobiotici nella cellula, svolgono funzioni fondamentali nell’assorbimento, distribuzione ed escrezione delle sostanze. La P-gp, la MRP e il OATP2 (trasportatori dotati di bassa specificità di substrato) legano molecole lipofile con una struttura molto diversi tra loro (Mizuno N. et al., 2003). Fase I

Citocromo P450

Uno dei sistemi che maggiormente contribuisce alle reazioni di fase I è il sistema monossigenasico del citocromo P450 (Guengerich F.P., 2006).

Le monossigenasi sono gli enzimi che intervengono nelle reazioni di ossidazione. Sono in grado di trasferire un atomo di ossigeno nel substrato e di ridurre l’altro atomo di ossigeno ad acqua, in presenza di ossigeno molecolare e della forma ridotta del coenzima NADPH (nicotinammide adenina dinucleotide fosfato). Le reazioni di ossidoriduzione catalizzate dalle monoossigenasi coinvolgono un sistema ossidativo rappresentato da due enzimi accoppiati: la flavoproteina NADPH citocromo P450 reduttasi e il citocromo P450 (CYP450) (Ahn T. et al., 2007).

Il CYP450, presenta una ferroprotoporfirina IX come gruppo prostetico, inserita in una tasca idrofobica o in una depressione sulla superficie dell’apoproteina. Il citocromo, che

2007; Cederbaum A.I., 2015). La caratteristica fondamentale del gruppo eme, quando è presente all'interno dell'enzima citocromo P450, è che il ferro in una delle sue posizioni di coordinazione prende contatto con lo zolfo di una cisteina. La presenza di una cisteina- tiolata legata al gruppo eme conferisce a questo enzima una caratteristica importante dal punto di vista spettroscopico: diversamente dalle altre emoproteine che normalmente assorbono la luce a circa 420 nm, il citocromo P450, quando l'atomo di ferro del gruppo eme è nello stato ridotto ed è legato al monossido di carbonio, ha un picco di assorbanza a 450 nm, ecco perché il nome citocromo P450 (Rayan D. E. e Lewin W., 1990; Werck-Reichhart e Feyereisen R., 2000).

A livello strutturale le diverse isoforme di CYP450 differiscono sia nella catena peptidica, che nella specificità delle reazioni catalizzate. Nonostante queste differenze, sono presenti zone altamente conservate, cioè parti strutturali funzionalmente importanti, come la regione nel “core” della proteina intorno al gruppo eme, la regione che lega l’ossigeno e il sito di trasferimento elettronico tra la reduttasi ed il CYP450 (Werck- Reichhart e Feyereisen R., 2000).

Per la loro fondamentale importanza nel metabolismo di sostanze esogene ed endogene, le isoforme di citocromo P450 sono presenti in tutti gli esseri viventi. Nei procarioti questi enzimi si trovano liberi nel citosol, mentre negli eucarioti sono associati alla matrice fosfolipidica del reticolo endoplasmatico liscio e della membrana mitocondriale interna: in queste sedi oltre al citocromo P450 è presente anche l’enzima NADPH-citocromo P450 reduttasi.

Il sistema NADPH-citocromo P450 reduttasi è necessario per il corretto funzionamento del CYP450. Si tratta di una flavoproteina avente un flavinmononucleotide (FMN) ed un flavinadeninnucleotide (FAD); tale enzima catalizza il trasferimento di elettroni dal coenzima ridotto NADPH al citocromo P450 attraverso i coenzimi FMN e FAD. È costituito da un dominio N-terminale idrofobo, che ancora la proteina alla matrice fosfolipidica del REL e partecipa alla corretta interazione con i CYP e il core catalitico C- terminale che sporge nel citoplasma (Fluck C.E. et al., 2007).

Il meccanismo della reazione monoossigenasica sembra essere uguale per tutte le isoforme di CYP450, da quelle batteriche a quelle di mammifero, nonostante il grande numero di substrati che il sistema è in grado di metabolizzare.

Per ogni molecola di sustrato (RH) metabolizzata viene consumata una molecola di ossigeno: un atomo di ossigeno viene inserito nel substrato, mentre l’altro viene ridotto ad acqua. Gli elettroni del NADPH vengono trasferiti al CYP450 tramite il gruppo prostetico della NADPH-CYP450-reduttasi e successivamente all’ossigeno molecolare che viene attivato(Cederbaum A.I., 2015).

Nelle varie fasi del ciclo catalitico del citocromo (in Figura 1) vediamo il substrato RH che si lega all’atomo di ferro del CYP450, successivamente nel corso delle reazioni l’atomo di ferro funziona come accettore di elettroni. Vi è il coinvolgimento della proteina NADPH-citocromo P450 reduttasi che permette il trasferimento di due elettroni necessari per la riduzione del ferro, per legare l’ossigeno e per la sua scissione. Da questo ciclo si può notare come la formazione di diverse specie di ROS risulti piuttosto probabile (Cederbaum A. I., 2015; Porter T. D. e Coon M. J., 1991; Rayan D. e Lewin W., 1990).

Isoforme di citocromo P450

Sono conosciute più di 150 separate forme di citocromo P450 esistenti. Nel genoma umano sono stati identificati 57 geni codificanti per enzimi P450. Viene utilizzato un sistema di nomenclatura che assegna le proteine in famiglie e subfamiglie basate su sequenze amminoacidiche simili. Le proteine all’interno della stessa famiglia hanno un’omologia maggiore del 40% mentre quelle con un omologia del 55% si trovano nella stessa subfamiglia. Secondo il sistema di nomenclatura il numero arabico descrive la famiglia del gene e la lettera che lo segue la subfamiglia e il numero seguente la lettera indica il gene all’interno della subfamiglia (Cederbaum A.I., 2015).

Figura 2 nomenclatura

Un modo per categorizzare le varie forme di citocromi è quello di considerare il substrato che ossidano: circa la metà dei citocromi umani metabolizzano substrati endogeni (acidi biliari, acidi grassi eicosanoidi vitamine) l’altra metà agisce sugli xenobiotici. In generale i membri CYP1,2 e3 sono i più importanti nel catalizzare l’ossidazione di farmaci esogeni e sono presenti in maggior quantità a livello del fegato (Cederbaum A.I. 2015). Queste famiglie CYP1,2,3 sono infatti le più studiate nei mammiferi. La quarta (CYP4) metabolizza sia sostanze esogene che endogene, mentre le altre famiglie (CYP5 – 51) sono deputate soprattutto al metabolismo di sostanze endogene come: il metabolismo di ormoni steroidei, steroidi, acidi grassi, acidi biliari e alcune vitamine (A e D). Il CYP1A1 per esempio è responsabile del metabolismo dei PHA; il CYP1A2 di alcuni farmaci, e interviene nel metabolismo dell’eme e degli estrogeni; alti livelli di questa isoforma sono associati con un maggior rischio del cancro al colon ed sembra che una delle possibili cause di questa patologia possa essere il fumo di sigaretta (quest’ultimo infatti induce l’espressione di tale forma enzimatica); l’espressione di CYP2E1 è regolata a livello post- trascrizionale quando indotta da xenobiotici mediante l’avvio della traduzione o una

stabilizzazione della proteina. In caso di diabete o digiuno l’espressione di CYP2E1 è regolata a livello trascrizionale stabilizzando l’mRNA o aumentando la trascrizione stessa (Vornoli A. et al., 2014). Questa isoforma è coinvolta nel metabolismo di farmaci, anche se è principalmente conosciuta per il suo ruolo nel metabolismo dell’etanolo, che è anche un suo induttore; i CYP3A sono responsabili del metabolismo ossidativo di un’ampia varietà di substrati xenobiotici e sono implicati nel metabolismo del 60% dei farmaci in circolazione. Sono coinvolti nella bioattivazione di alcuni xenobiotici e precancerogeni (la nitrosammina contenuta nel fumo di sigaretta). Sono presenti per questa sottofamiglia diversi induttori strutturalmente molto diversi grazie a un loop flessibile a livello del sito di legame del ligando che permette a molte molecole di adattarsi alla struttura e legarsi (Guo L. Q. e Yamazoe Y., 2004; Uesawa Y. et al., 2011). Nell’uomo le isoforme P450 possono essere regolate a livello trascrizionale, traduzionale e post- traduzionale. Viene modulata la velocità di trascrizione del gene codificante per l’isoforma del P450, o si ha una stabilizzazione dell’mRNA tramite un meccanismo post- trascrizionale. In questi casi viene influenzata la concentrazione di mRNA di un determinato gene. Altri meccanismi post-trascrizionali alterano l’espressione della proteina senza alterare l’mRNA (attraverso un aumento della traduzione dell’mRNA o una stabilizzazione della proteina). La trascrizione dei geni per le isoforme del P450 è sottoposta a regolazione da parte degli xenobiotici mediante alcuni recettori: il recettore degli idrocarburi AhR, il recettore costitutivamente attivo CAR, il recettore del pregnano X PXP e il recettore attivato dai proliferatori dei perossisomi PPARα. Differenze di espressione delle isoforme del P450 nell’uomo possono essere dovute ad una diversa regolazione genica e alla presenza di diversi polimorfismi (Banerjee M. et al., 2015).

Fase II

I ROS sono specie radicaliche reattive dell’ossigeno che possono andare a danneggiare le macromolecole biologiche (lipidi, proteine e acidi nucleici). I principali ROS coinvolti nello stress ossidativo sono: Ossigeno singoletto, anione superossido, perossido di idrogeno, radicale idrossile. Non vi sono solo i ROS, ma anche RNS, le specie derivate

Bassi livelli di ROS non creano danno e sono fisiologici all’interno della cellula. Partecipano infatti ad una varietà di processi biologici: sono coinvolti nel redox signaling cioè trasduzione del segnale mediata da segnali redox, inoltre possono regolare meccanismi molecolari in diversi processi come la proliferazione cellulare, stress, apoptosi, infiammazione, comunicazione cellulare, difesa immunitaria. Moderate concentrazioni di ROS sono necessarie per l’attivazione di pathways di segnalazione necessari per preservare lo stato di salute della cellula (Droge W., 2014; Schieber M. e Chandel N. S., 2014). Se però le concentrazione di ROS diventano maggiormente elevate rispetto ai sistemi antiossidanti questi possono dare luogo a reazioni ossidanti che possono provocare danno a macromolecole biologiche. Lo stress ossidativo infatti si verifica quando è presente uno squilibrio tra le specie chimiche ossidanti e le difese antiossidanti.

Quando le specie ossidanti superano le specie antiossidanti per tornare all’equilibrio intervengono una serie di sistemi antiossidanti rappresentati soprattutto dagli enzimi della fase due. Quest’ultimi agiscono attraverso reazioni di coniugazione di sostanze endogene polari utilizzando substrati esogeni o prodotti delle reazioni di fase I. Molti metaboliti infatti formati dalla fase I risultano dannosi per l’organismo e quindi gli enzimi di fase II diventano essenziali per rendere queste molecole maggiormente idrosolubili e quindi eliminabili. Numerosi studi hanno portato ad allargare il concetto di enzimi di fase due, la cui azione oltre alle reazioni di coniugazione che favoriscono l’escrezione, deve comprende anche un’attività che contrasta l’azione tossica di specie altamente reattive. Questi enzimi quindi catalizzano una serie di reazioni che proteggono la cellula da sostanze elettrofile e ossidanti (Holtzclaw W. D. et al., 2004).

Nrf2

L’attivazione della via di trasduzione del segnale mediata da Nrf2 rappresenta un meccanismo fondamentale per la difesa dallo stress ossidativo.

Nrf2 è un fattore di trascrizione che ha la capacità di legarsi a particolari sequenze geniche (ARE, antioxidant response element) localizzate nel promotore di numerosi geni di enzimi antiossidanti (eme ossigenasi-1, varie isoforme di glutatione-S-transferasi, DT- diaforasi, ecc.).

In condizioni basali e in assenza di stress ossidativo Nrf2 è legato alla proteina citosolica Keap1 (Kelch like ECH-associated protein 1), la quale mantiene Nrf2 inattivo e lo indirizza verso una rapida degradazione a livello del proteosoma.

Nrf2 può essere attivato dai ROS, dalle specie elettrofile che si formano nella cellula (l’NO e le lipoproteine ossidate), da vari composti chemiopreventivi come alcuni farmaci, dagli isotiocianati (es. sulforafano), dai polifenoli presenti ad esempio nel tè verde e nella propoli e da molecole endogene, come prostaglandine ed alcuni fattori di crescita (Kobayashi M. e Yamamoto M., 2006; Zhang D.D., 2006). Tutti questi fattori favoriscono la distruzione del legame con Keap-1, con conseguente rilascio di Nrf2 che trasloca nel nucleo dove eterodimerizza con la proteina small Maf (Itoh K. et al., 1999). I complessi Nrf2-small Maf vanno quindi a legarsi agli elementi ARE sui promotori di geni che codificano per enzimi antiossidanti attivandoli.

In topi Knouckout per Nrf2 è stata osservata una minore induzione di enzimi antiossidanti, come HO-1, NQO1, e una maggiore induzione di marker pro-infiammatori, come l'interleuchina IL-1β, IL-6, fattore di necrosi tumorale (TNF-α). Recenti evidenze suggeriscono un importante crosstalk tra NFKB (fattore di trascrizione che attiva i geni dell’infiammazione) e Nrf2, e il meccanismo forte attraverso cui gli isotiocianati influenzano NFKB può essere parzialmente mediato dalla loro capacità di attivare la cascata di segnalazione Nrf2-ARE. Ad esempio, la sovraespressione di HO-1, uno dei geni bersaglio chiave della via di segnalazione Nrf2, è stato suggerito inibire la traslocazione nucleare di NFKB. La modulazione del crosstalk di Nrf2 e NFKB non è ben caratterizzato, ma sembra avvenire attraverso una rete comune che coinvolge MAPK e sequenze regolatrici comuni nei domini di transattivazione di Nrf2 e NFKB (Fuentes F. et al., 2015). Eme ossigenasi 1 (HO-1)

L’ eme ossigenasi-1 è un importante enzima antiossidante che catalizza lo step limitante nel catabolismo dell’eme, una molecola proossidante. I prodotti che si formano da questa reazione sono la biliverdina, il monossido di carbonio e il ferro. L'omeostasi dell'eme all'interno delle cellule è essenziale, poiché quantità eccessive di eme in forma libera possono dare origine a specie reattive dell'ossigeno e ai conseguenti danni da radicali liberi. Sono state identificate 3 isoforme dell'enzima eme ossigenasi: HO-1, HO- 2 ed HO-3. L’isoforma 1 differisce dalle altre due per la propria struttura e si pensa che

sia l’unica forma inducibile (Wunder C. e Potter R. F., 2003). L’azione della HO-1 va vista in collaborazione con l’attività della biliverdina reduttasi che riduce la biliverdina a bilirubina molecola con proprietà antiossidanti. Numerosi dati sperimentali suggeriscono che l'attività eme ossigenasica sia in grado di proteggere le cellule e i tessuti dallo stress ossidativo e dall’infiammazione. L’espressione dell’HO-1 è regolata da Nrf2 (Kim C. S. et al., 2015).

DT-diaforasi o NAD(P)H-chinone ossidoreduttasi 1 (NQO1)

L’altro sistema enzimatico di fase I oltre al citocromo è una proteina solubile omodimerica di 27KDa localizzata nel citosol e contiene due gruppi prostetici FMN e FAD per questo è definita come flavoproteina. Nell’uomo sono presenti due isoforme NQO1 e NQO2 (Joseph P. et al., 2000; Schlager J.J. e Powis G., 1990).

La DT-diaforasi è un NAD(P)H-chinone ossidoreduttasi (NQO) cioè riduce chinoni ad idrossichinoni attraverso un processo NAD(P)H dipendente (Ross D. et al., 1994).

Il meccanismo di azione consiste nel trasferimento da parte dell’enzima di due elettroni al substrato (chinone), bloccando così la formazione di semichinoni, che sono specie altamente reattive. Questo enzima quindi fornisce una protezione per le cellule da possibili specie reattive come chinoni esogeni o epossidi. La funzione bioattivatrice comunque non deve essere sottovalutata infatti questa avviene nei confronti di alcuni xenobiotici come la streptonigrina o il diazichinone che una volta trasformati nella forma ridotta, sono tossici poiché provocano stress ossidativo e danno a livello del DNA (Chaturvedi P. et al., 2015; Parkinson E. I. et al., 2013).

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