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DSA: caratteristiche e tipologie

4. I DISTURBI SPECIFICI DEL LINGUAGGIO E DELL’APPRENDIMENTO

4.2 DSA: caratteristiche e tipologie

L’ICD-1013 (International Classification of Diseases) e il DSM-IV-TR14 (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali), i due principali manuali diagnostici internazionali, definiscono concordemente i disturbi specifici di apprendimento, precisandone le tipologie in rapporto all’abilità compromessa (dislessia, disortografia e discalculia a seconda che le difficoltà riguardino lettura, espressione scritta o ragionamento e calcolo) e alla durata del disturbo malgrado gli interventi correttivi attivati (oltre sei mesi di trattamento). La pratica clinica dimostra come i DSA siano di frequente associati tra loro, dal momento che l’esistenza anche di uno solo si riflette sul benessere generale del bambino, con ricadute importanti sulla propria autostima e sulla percezione di sé (De Beni, Moè, 2000; Dweck, 2000). Si riportano di seguito le principali caratteristiche dei DSA:

- Base neurobiologica: anomalie funzionali e strutturali a carico del cervello o dei suoi costituenti con interazione dei fattori ambientali.

- Carattere Evolutivo: abilità d’apprendimento anormale già dalle prime fasi dello sviluppo.

- Variabilità espressiva: diversa espressività delle capacità d’apprendimento al variare delle fasi dello sviluppo.

- Comorbilità: disturbi simultanei che si riflettono in quadri diagnostici eterogenei. - Rilevanza: il grado di interferenza del disturbo sull’adattamento scolastico e le attività

ordinarie della vita.

Come già detto, poiché si tratta di disturbi definiti specifici, nel bambino deve risultare alterata una singola abilità, in rapporto all’età e alla classe frequentata, e non il funzionamento intellettivo globale nel suo complesso.

Per diagnosticare i DSA si ricorre a test standardizzati che misurano l’abilità compromessa e il funzionamento intellettivo del bambino rispetto ad un campione di riferimento congruente, con lo scopo di escludere fattori estranei (cause patologiche, deficit sensoriali e situazioni ambientali sfavorevoli).

4.2.1 Il disturbo di lettura: la dislessia

Si definisce la dislessia come “un disturbo che ostacola il normale processo di interpretazione dei segni grafici con cui si rappresentano per iscritto le parole” (Stella 2004) ed è quindi, in ultima analisi, un disturbo della capacità di leggere.

La letteratura suddivide questo disturbo in differenti tipi, ma la classificazione principale distingue tra dislessia acquisita (DA) ed evolutiva (DE), in base all’età di insorgenza del disturbo. Nel primo caso, di solito le difficoltà di lettura insorgono a seguito di qualche evento patologico che provoca lesioni nelle aree cerebrali deputate al processo di transcodifica. Nel secondo caso, invece, la dislessia è riconducibile ad alterazioni neurobiologiche di origine genetica che hanno impedito il normale compimento del processo evolutivo. Per questo motivo si parla anche di “un deficit inaspettato, specifico e persistente nell’acquisizione efficace delle abilità di lettura nonostante il bambino presenti un quoziente intellettivo (QI) e un’istruzione nella norma” (Démonet et al., 2004).

Al di là delle ripartizioni, le domande aperte sulla dislessia ancora oggi sono molte. Per la diagnosi di dislessia evolutiva in un soggetto, tuttavia, l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha fissato i seguenti cinque criteri:

1. quoziente intellettivo (Q.I.) nella norma;

2. livello di lettura non congruo all’ età o classe frequentata;

3. assenza di disturbi neurologici o sensoriali la direttamente responsabili delle difficoltà di lettura;

4. persistenza del disturbo la malgrado un adeguato livello di scolarizzazione e gli interventi specifici correttivi attivati;

5. ripercussioni sulla scolarizzazione o le diverse attività sociali che implicano lettura e scrittura.

Benché si possa presupporre la dislessia evolutiva in presenza di un apprendimento lento e faticoso della lettura ad alta voce, cionondimeno bisogna approfondire il quadro clinico del soggetto poiché l’apprendimento ha dei tempi variabili da persona a persona (Stella 2004).

Nonostante il deficit organico permanga e con esso il disturbo, interventi didattici specifici consentono di giungere a prestazioni normalizzate in 7 casi su 10 (Stella 2004).

4.2.2 Il disturbo di scrittura: disgrafia e disortografia

Disgrafia e disortografia identificano propriamente il disturbo specifico di scrittura che riguarda la grafia e l’ortografia.

La scrittura richiede capacità motorie sequenziali e di elaborazione del linguaggio che nei soggetti disgrafici risultano integrate in modo non appropriato, con manifestazioni differenti a livello grafico e formale (mancato allineamento delle parole, grandezza variabile delle lettere, ecc.) e della memoria di lavoro (difficoltà nel ricordare come scrivere una lettera o una parola). La disgrafia si manifesta con sintomi variabili in base all’età del soggetto e di solito compaiono con l’inizio della scrittura: riluttanza alle prestazioni grafiche in età prescolare; grafia indecifrabile e necessità di scandire la scrittura con la ripetizione a voce alta delle parole durante la scolarizzazione; frasi elementari e con molti errori grammaticali in età adolescenziale.

Esistono diversi tipi di disgrafia, anche in combinazione tra loro:

- Dislessica: problemi di comprensione solo per la scrittura libera (non per il copiato),

con ortografia ambigua e velocità digitale regolare.

- Motoria (in presenza di un qualsiasi deficit motorio): scrittura libera e copiata pessima

e irregolare e velocità normale.

- Spaziale: (per deficit nella percezione dello spazio): scrittura e copiato indecifrabili,

nonostante l’ortografia regolare.

Spesso nella pratica clinica si osserva che bambini con disgrafia presentano anche altri problemi di apprendimento (dislessia, disturbi del linguaggio, disturbo da deficit di attenzione e iperattività, disprassia).

La disortografia è un disturbo della conversione del linguaggio dalla forma orale allo scritto, sia su carta che a livello digitale, con grafia incomprensibile, frequenti errori di grammatica e mancata relazione della scrittura con l’intenzione reale del soggetto scrivente. In un soggetto i principali indizi di disortografia sono sostituzioni o inversioni di grafemi o sillabe, omissioni di lettere, errori di separazione o fusione di parole, coniugazioni e analisi del testo errate, ecc., con inevitabili ricadute sulla scolarizzazione del soggetto.

Nei soggetti disortografici le altre abilità intellettive (ragionamento, astrazione, memoria, attenzione, ecc.) non interagiscono adeguatamente nell’uso della lingua, con notevole dispendio di energie nei compiti scritti e conseguente affaticamento del soggetto, che appare svogliato o disattento.

Di norma si tratta di disturbi che si manifestano durante la scuola primaria (in seconda elementare), ma che si protraggono anche nei cicli di istruzione successivi (con intensificazione

dei sintomi) e che, se prontamente diagnosticati, possono essere corretti mediante specifici trattamenti, così come previsto dalla legge 170 del 2010, con l’utilizzo della videoscrittura o con la concessione di maggior tempo per l’attività scolastica scritta.

4.2.3 Il disturbo di calcolo: la discalculia

Il disturbo specifico del sistema dei numeri e del calcolo si definisce discalculia e si manifesta in soggetti con un quoziente intellettivo e un’istruzione nella norma, oltre ad un ambiente culturale e familiare favorevole, pregiudicando abilità relativamente semplici, come la scrittura e la lettura dei numeri e il sistema del calcolo.

La discalculia si classifica in:

- primaria: unico disturbo del soggetto;

- secondaria: se associata ad altri disturbi di apprendimento (dislessia, disgrafia, ecc).

I bambini discalculici manifestano le principali difficoltà nell'identificare e scrivere i numeri, anche sotto dettatura; , nel distinguere tra unità e altri rapporti all’interno di un qualsiasi numero; nell’ordinamento ascendente e discendente delle cifre; nello svolgimento delle quattro operazioni matematiche e nell’apprendimento del significato dei segni aritmetici; nella risoluzione di problemi algebrici e geometrici; nell’acquisizione di semplici operazioni (come le tabelline, i cui risultati si ottengono automaticamente senza ricorso a difficili procedure di calcolo), nella difficoltà di organizzazione spazio-temporale e visuo-spaziale oltre che di coordinazione motoria.

4.3 Frasi relative, frasi passive e pronomi clitici in soggetti con DSL e