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1. E FFETTO H AWTHORNE

2.1 E FFETTO R OSENTHAL

attuati dagli insegnanti, i quali affermarono che non avevano dedicato più tempo agli alunni segnalati come più capaci, ma (Isaia, 2017):

• avevano fornito loro una più ampia possibilità d’intervento in classe, concedendoli più spazio per presentare le risposte ai quesiti;

• avevano conferito loro compiti di studio più difficili;

• avevano dedicato loro maggiori attenzioni, incoraggiandoli più frequentemente ed impegnandosi a supportarli emotivamente.

Tenendo conto dei suddetti studi, sarebbero quindi queste le varianti che hanno condizionato la prova ai test di intelligenza. Altre ricerche hanno infine fatto risaltare sì l’eminente frequenza con cui ci si trova dinnanzi a profezie che si auto-avverano, ma anche i loro limiti:

“quando un intervistatore non indaga accuratamente degli aspetti di chi ha di fronte, allora spesso si affida alle sue convinzioni e aspettative generando questo meccanismo, che però si riduce di molto se l’intenzione è contraria e quindi più critica” (Isaia, 2017, p. 183).

Robert Kreitner ed Angelo Kinicki, nel loro libro “Comportamento organizzativo” (2004), affermano quanto segue:

“L’essenza della profezia che si autoavvera, o effetto Pigmalione, consiste nel fatto che le aspettative o le convinzioni delle persone, influendo sul loro comportamenti e sulle loro prestazioni, possono tradursi in realtà. In altre parole, tutti noi ci sforziamo di convalidare le nostre percezioni della realtà, a prescindere dalla loro validità effettiva” (Kreitner, Kinicki, 2004, p. 221).

La profezia che si autoavvera rappresenta quindi un risultato intuitivo rilevante, su cui occorre soffermarsi.

Gli studi hanno dimostrato che, accrescendo le aspettative degli insegnanti e dei manager in relazione agli individui che svolgono numerose e differenti mansioni, è possibile conseguire maggiori livelli di produttività. Ciò comporta la possibilità di raggiungere tassi più elevati di efficacia e produttività aumentando le attese dei dirigenti nei confronti dei propri colleghi (Kreitner, Kinicki, 2004).

Sorge quindi spontanea una domanda: in che modo le previsioni dei supervisori incidono sulla prestazione dei subordinati? Nel caso di aspettative alte, si registra una leadership ottimale, con una conseguente maggiore fiducia dei dipendenti in loro stessi. Le aspettative migliori, a loro volta, spronano i

collaboratori ad impegnarsi maggiormente, e, infine, la performance e le attese dei sovrintendenti registrano un miglioramento. Un buon rendimento incrementa anche l’aspettativa stessa degli impiegati in merito ai propri successi. I ricercatori hanno inventato l’espressione “effetto Golem” per elaborare la versione in negativo del processo d’incremento della produttività dei lavoratori. “L’effetto Golem consiste in una caduta delle prestazioni derivante da bassi livelli di aspettative da parte dei leader” (Kreitner, Kinicki, 2004, p. 222). Ma vediamo come questo effetto funziona concretamente.

“Poniamo che un collaboratore compia un errore, ad esempio perda degli appunti importanti durante una riunione, o consegni un rapporto con un giorno di ritardo. Il manager, di conseguenza, si chiede se questa persona possieda le caratteristiche necessarie per raggiungere risultati positivi all’interno dell’azienda. Questo dubbio lo porterà ad osservare più attentamente la persona in questione, che ovviamente si accorgerà della situazione e inizierà a sentirsi sfiduciata. Il collaboratore sotto osservazione potrà quindi comportarsi in due modi: prima possibilità, potrà mettere in discussione le proprie competenze e il proprio giudizio. In questo caso diventerà più restio al rischio e diminuirà la quantità di idee e suggerimenti dati, per paura di un giudizio negativo da parte del manager. Questi, a sua volta, noterà tale comportamento e lo interpreterà come un esempio di poca iniziativa. Il lavoratore potrebbe al contrario prendersi maggiori responsabilità per dimostrare la propria competenza. Questo atteggiamento potrebbe però portarlo a fare qualche altro errore, rinforzando così i sospetti del manager”(Kreitner, Kinicki, 2004, p. 222).

Come si può evincere, il procedimento descritto sviluppa una relazione dirompente consolidata da aspettative negative; occorre quindi rimarcare come la profezia che si autoavvera abbia effetto in ciascuna direzione.

Le aspettative dei manager influenzano in modo considerevole la condotta e le performance del dipendente principalmente grazie all’effetto Rosenthal. I dirigenti dovrebbero quindi valorizzare tale effetto, dando origine ad una struttura gerarchica che consolidi la fiducia rispetto a buone prestazioni nell’intera organizzazione. Il presupposto per un’organizzazione di questo tipo è rappresentata da quelle che sono le aspettative dei lavoratori, le quali

“migliorano le aspettative esterne incoraggiando le persone a lavorare per il raggiungimento di un obiettivo comune” (Kreitner, Kinicki, 2004, p. 223).

Questa forma di collaborazione agevola l’aumento della produttività collettiva, sostenendo il formarsi di previsioni buone e concrete sulle performance del gruppo.

Siccome la fiducia che ciascun lavoratore ha di sé rappresenta la base dell’esistenza di un effetto Pigmalione che interessa l’organizzazione nella sua totalità, cerchiamo di comprendere come i manager siano in grado di dar vita ad aspettative positive sulle prestazioni. Tale compito può essere eseguito usufruendo dei differenti mix di azioni qui di seguito (Kreitner, Kinicki, 2004):

1. Constatare che ciascun individuo possa, verosimilmente, innalzare il livello delle proprie prestazioni.

2. Trasmettere fiducia al proprio team di lavoro.

3. Tracciare quelli che sono gli obiettivi da raggiungere.

4. Fornire risposte affermative alle mansioni che sono state svolte positivamente.

5. Rilasciare, all’occorrenza, un feedback positivo.

6. Sostenere i colleghi nello “scalare i gradini dell’organizzazione aziendale” (Kreitner, Kinicki, 2004, p. 223).

7. Presentare i nuovi lavoratori ponendo in rilievo le loro abilità.

8. Mostrarsi consapevoli rispetto ai preconcetti personali così come ai messaggi non verbali che potrebbero dissuadere i subordinati.

9. Sollecitare i dipendenti ad adottare la prospettiva migliore per assolvere ad un determinato incarico.

10. Aiutare i colleghi a far pronte appieno ai propri compiti ed alle proprie capacità.

2.2 William Isaac Thomas e Robert King Merton