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ECONOMIA DELLA CULTURA E AZIONE PUBBLICA NEL MEZZOGIORNO*

Nel documento Creatività e culture giovanili a Napoli (pagine 88-90)

DEGLI ESPERT

ECONOMIA DELLA CULTURA E AZIONE PUBBLICA NEL MEZZOGIORNO*

di Michele Trimarchi

I temi delle risorse territoriali e della crescita economi- ca sono stati per lungo tempo al centro di ogni analisi e dibattito sul Mezzogiorno d’Italia. Connessi alla civiltà fin dai resoconti di Farini a Cavour, legati alla coesione sociale nelle visioni di Eleonora De Fonseca Pimentel, romanzati con acutezza unica nell’affresco di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, declinati sui processi industriali nelle prospettive strategiche di Pasquale Saraceno, han- no finito per scontrarsi con un milieu strutturalmente viscoso che ha impedito l’emersione e l’acquisizione di piena cittadinanza ai pur notevoli e diffusi talenti, pro- getti, indirizzi strategici che continuano a caratterizzare il Mezzogiorno come uno scrigno di valori e opportunità. Si tratta tuttavia di valori e opportunità che si vanno for- mando e in alcuni casi consolidando in modo occasionale e isolato. Ne è responsabile, per molti versi, un paradig- ma tutto italiano e che, nell’esperienza del Mezzogiorno, è stato enfatizzato e aggravato dalla caratura simbolica che si è voluto impropriamente dare a ogni iniziativa col- legata con la possibile crescita dell’economia e del be- nessere delle regioni meridionali. Ne sono testimonianza le “cattedrali nel deserto” capaci di generare costi irre- dimibili per tutti e benefici evanescenti per pochi; ne è l’ennesima prova la lunga e inutile discussione sul Ponte dello Stretto, che sarebbe un’opera velleitaria e rovinosa della quale le popolazioni locali colgono più la valenza

ostentativa che non l’utilità ipotizzabile.

Il Mezzogiorno d’Italia ha assistito per troppo tempo a discussioni nelle quali la tentazione di ridisegnarne l’intera ossatura in modo radicale e onirico ha oscurato la necessità cruciale di analisi specifiche, di indirizzi pertinenti, di azioni concrete. Nell’attesa della grande trasformazione ci si è avvitati in una stasi paludosa che ha finito per ostacolare e bloccare progetti credibili che avrebbero potuto – come è avvenuto talvolta – innesca- re un percorso di sviluppo fondato sulle vocazioni dei territori e sulle connessioni progettuali, attivando pro- cessi economici di crescita in aree limitate ma capaci di sostenerli in un orizzonte di lungo periodo.

Mettendo a fuoco, più specificamente, l’ambito della cultura come potenziale risorsa di sviluppo economico, insieme al necessario approccio imprenditoriale e alle opportunità delle generazioni emergenti, il quadro di fondo è aggravato e reso più complesso da una dura- tura renitenza ad affrontare le dinamiche e le opzioni del sistema culturale da una prospettiva tecnica e non dogmatica. L’intrecciarsi, negli ultimi decenni, di idee dal sapore giornalistico come i “giacimenti culturali”, di attenzioni tardo-agricole al turismo internazionale di massa, di preferenze esibizionistiche per gli eventi

blockbuster, ha, di fatto, indirizzato le aspettative degli

addetti ai lavori e lo sforzo finanziario delle ammini- strazioni pubbliche regionali e locali verso iniziative molto poco radicate nella propria infrastruttura terri- toriale e nel proprio humus sociale, che hanno attratto la stampa, anche internazionale, senza poter agire da snodo concreto di crescita.

Nel Mezzogiorno prevale, con importanti ma insuffi- cienti eccezioni, una visione che opta per azioni siste- matiche e generali anziché elaborare e realizzare stimo- li empirici e specifici che possano indirizzare le capa- cità imprenditoriali verso nuove dinamiche del sistema culturale, in modo da offrire realistiche possibilità di occupazione ai professionisti delle generazioni giovani. Un’ulteriore diffusa tentazione nella quale si dovrebbe evitare di cadere – soprattutto con riferimento al siste- ma culturale, per sua natura eterogeneo e difficilmente misurabile – è l’adozione di esperienze realizzate al- trove come modelli da imitare in modo piuttosto pe- dissequo. Si tratta di un approccio comodo sul piano divulgativo quanto rischioso su quello operativo: im- portare regole, meccanismi e progetti da una realtà ter- ritoriale, culturale e sociale imparagonabile e comun- que specifica può generare sforzi inefficaci, ignorando le urgenze e le aspettative della comunità locale. La recente esperienza italiana e meridionale è ricca di esempi del genere, dalle mostre di impressionisti che hanno drenato i fondi municipali per la cultura grass-

root ai musei d’arte contemporanea avulsi dal contesto

sociale e culturale, ai non pochi festival consistenti in banali rassegne.

(…) In termini generali, si devono sottolineare almeno due punti che risultano cruciali in quanto la loro perti- nente messa a fuoco potrebbe consentire di superare la sostanziale asciuttezza e rigidità della griglia istituzio- nale e amministrativa entro la quale il Mezzogiorno e la sua economia sono stati per troppo tempo compressi. In una prospettiva verticale, la prevalenza del livello sta-

tale come snodo di fondo dell’azione pubblica ha finito per massificare e omogeneizzare le opzioni strategiche e operative di molte aree dello stesso Mezzogiorno, che per loro natura risultano eterogenee, reciprocamente inconfrontabili e sottoposte a dinamiche palesemente diverse; nulla togliendo all’importanza di una cornice generale di riferimento che elabori, adotti e realizzi i più rilevanti filoni d’azione pubblica, va detto che la speci- ficità complessa del Mezzogiorno richiede di spostare il fulcro dell’intervento in capo ai livelli giurisdizionali di prossimità, quanto meno alle regioni e ai comuni (an- che alla luce della recente incertezza istituzionale rela- tiva al ruolo e alle attribuzioni delle province).

(…) In prospettiva orizzontale si dovrebbe ampliare lo spettro degli strumenti di norma assegnati all’azione pubblica, che tuttora consistono in incentivi finanziari condizionati da indicatori esclusivamente dimensio- nali (dal volume dell’investimento in macchinari a quello della forza lavoro) oppure, nel sistema cultura- le, da valutazioni di qualità espresse da commissioni di esperti. Ora, pur non addentrandoci nei complessi meandri dei criteri di valutazione che appaiono in ogni caso permeati dal meccanicismo, è opportuno osserva- re che la panoplia pubblica può avvalersi di una varietà di strumenti che potrebbero consentire la sintonizza- zione effettiva degli interventi realizzati ai profili del territorio e dei soggetti incentivati, e al tempo stesso al perseguimento di obiettivi strategici meno nebulosi di quelli finora adottati.

Dalla dotazione infrastrutturale all’incremento del grado di avanzamento tecnologico, dalla concessione

di innovazioni e di idee progettuali, dalla qualificazio- ne delle risorse umane alla facilitazione dell’accesso ai mercati, dall’introduzione di vincoli e regole con- cernenti il tessuto urbano e imprenditoriale contiguo all’attivazione di canali internazionali di scambio e di confronto, il ventaglio dell’azione pubblica, tanto re- gionale quanto municipale, può rappresentare il canale concreto per far emergere, rafforzare e consolidare ini- ziative progettuali, talenti creativi, capacità gestionali che altrimenti rimarrebbero sopite e inespresse, pur in un ecosistema economicamente e socialmente com- plesso, che per sua natura costituisce – sia pure invo- lontariamente – un’efficace culla per l’affinamento di idee, innovazioni e sperimentazioni.

*Tratto da: Monti S., Trimarchi M., (a cura di), Oltre la crisi. Cultura, occupazione, giovani nelle regioni del Mezzogiorno, Rubettino, Soveria Mannelli (Cz) 2012.

ANCHE IN CAMPANIA,

Nel documento Creatività e culture giovanili a Napoli (pagine 88-90)