DOMIZIO CALDERINI E LA „RECOGNITIO TABULARUM PTOLEMAEI‟
2.1 L‟EDIZIONE ROMANA
Quando si ruppe il sodalizio con Pannartz, nel 1473,1 il solo Sweynheym impegnò tutte le proprie risorse in quello che doveva essere il suggello della sua grande capacità tecnica in campo tipografico: vale a dire l‟elegante edizione illustrata della Cosmographia di Tolomeo.
Dopo il fallimento della società, mentre Pannartz aveva proseguito l‟attività in
domo Petri de Maximis, cambiando caratteri tipografici e sottoscrivendo
autonomamente almeno 13 pubblicazioni fino al 1476,2 lo Sweynheym3 non ebbe altra parte se non nella progettazione del manuale del geografo alessandrino. Tanto è vero che Pellegrino Antonio Orlandi, primo in Italia, secondo in Europa solo al Maittaire, a dar corpo ad una bibliografia specialistica per i paleotipi, al quale sfuggì la Cosmographia del 1478 e insieme ad essa la parte avuta dallo Sweynheym, così commentava l‟avvicendamento societario: «In questi tempi mancò forsi Conrado Svveynheym, il quale non comparisce piu nelle edizioni; ma solamente si nomina Arnoldo Pannartz; e questi impresse con caratteri più piccoli dei primi usati in compagnia di Conrado».4 Nessun titolo risulta infatti più associato al nome dello stampatore di Magonza dopo le Naturalis historia di Plinio del 7 maggio 1473 (ISTC ip00789000), ultima stampa ad essere data in luce dai torchi dei due prototipografi, all‟epoca ancora sodales.
E neppure la Cosmographia, uscita a Roma il 10 ottobre del 1478, poté fregiarsi del nome di colui che, se si esclude il frammento Parsons-Scheide,5 aveva introdotto in Italia l‟ars artificialiter scribendi. Nonostante la lunga preparazione e l‟impegno profuso nell‟ambizioso progetto editoriale – nella lettera prefatoria che apre il volume si parla di una fatica portata avanti tre anni dallo
1 E
DWIN HALL, Sweynheym & Pannartz and the origins of printing in Italy: German technology and Italian Humanism in Renaissance Rome, McMinnville, Phillip J. Pirages, 1991.
2
Il computo proviene dalla base dati ISTC nella sua versione on-line: BRITISH LIBRARY, The Incunabula Short Title Catalogue, <http://www.bl.uk/catalogues/istc/index.html>, ultima consultazione: 30 dicembre 2010 (d‟ora in avanti citato con l‟acronimo ISTC).
3 È noto che a partire dal 1474 sino alla morte nel 1477 il prototipografo, «clericus Maguntinae diocesis», godette del beneficio di S. Maurizio Martire, nella Collegiata di S. Vittore alle porte di Magonza.
4 Cfr.: P.A.O
RLANDI, Origini e progressi della stampa, cit., p. 71. 5 Si veda in proposito: P
IERO SCAPECCHI, Subiaco 1465 oppure [Bondeno]? Analisi del frammento Parsons-Scheide, «La Bibliofilia», 103 (2001), pp. 1-21.
Sweynheym e dal gruppo di lavoro da lui messo in piedi –6 a causa della morte del tipografo, intervenuta nel 1477, la pubblicazione dovette essere ultimata da Arnold Buckinck, probabilmente uno degli assistenti di bottega, anch‟egli di origini tedesche, nonché unica responsabilità che di fatto sigilla col suo nome l‟edizione.
Un personaggio del quale sappiamo poco o nulla, se si escludono le scarne informazioni fornite appunto dalla prefazione dell‟edizione, la quale oltre a specificarne la nazionalità, «e Germania», lo indica «vir apprime eruditus, succedens ad imperfectum opus». Nulla di più è riuscito ad aggiungere lo Skelton nella sua Bibliographical note premessa all‟edizione anastatica della nostra
Cosmographia, contributo che del resto tenta solo di calare l‟incunabolo nel suo
contesto storico, ma con molte imprecisioni, senza l‟apporto di prove documentarie e senza approfondirne gli aspetti materiali né la dimensione filologica.7
Ugualmente inconcludente è la compulsazione dei repertori bibliografici settecenteschi, dai quali non emerge alcuna menzione che vada oltre il coinvolgimento del Buckinck nella stampa di questo singolo incunabolo. Benché l‟edizione romana sia annoverata sia negli Annales typographici del Maittaire,8 sia nello Specimen historicum typographiae Romanae del Laire,9 nel Liber singularis
de optimorum scriptorum editionibus del Querini,10 nelle Origines Tipographicae
del Meerman,11 e ancora in Magné de Marolles nelle Recherches sur l'origine et le
premier usage des registres, des signatures, des reclames, et des chiffres de pages
6 C
LAUDIUS PTOLEMAEUS, Cosmographia, [trad. Jacobus Angelus, ed. Domitius Calderinus], Romae, Arnoldus Buckinck, 1478 VI idus octobris, in-fol. (IGI 8182; HC 13537; ISTC n. ip01083000). L‟anomima nuncupatoria indirizzata a papa Sisto IV è a c. [a1]v. Per un esame più approfondito di questo importante peritesto si rimanda al paragrafo successivo.
7 R
ALEIGH ASHLIN SKELTON,Bibliographical note, in CLAUDIUS PTOLEMAEUS,Cosmographia, Amsterdam, Theatrum Orbis Terrarum, 1966, pp. V-XII (Rist. anast. dell‟ed.: Roma, Buckinck, 1478).
8
M.MAITTAIRE, Annales typographici ab artis inventae origine usque ad annum MD, cit.
9 F
RANÇOIS XAVIER LAIRE, Specimen historicum typographiae Romanae XV. saeculi…, Romae, sumptibus Venantii Monaldini, 1778, in 8°, c. Q1r (MANTOVA, Biblioteca comunale Roberto Ardigò, 2 G 32).
10
ANGELO MARIA QUERINI, Liber singularis de optimorum scriptorum editionibus quae Romae primum prodierunt post divinum typographiae inventum…, Lindaugiae, impensis Jacobi Ottonis, 1761, in 4°, p. 246 (MANTOVA, Biblioteca comunale Roberto Ardigò, 10 D 27).
11 G.M
dans les livres imprimés,12 in tutti i casi manca una specifica caratterizzazione del tipografo.13 Tra lacune e reticenze si sofferma sulla figura del Buckinck soltanto Georg Martin Raidel che «haud immerito» ritiene di poter ipotizzare che «cognomen verum Arnoldi Pannarz fuisse Buckink»;14 ma l‟affermazione non è supportata poi da alcuna prova valida. La testimonianza, anzi, potrà essere facilmente smentita se si presta attenzione ancora una volta alle parole della prefazione del Tolomeo laddove si indica unicamente lo Sweynheym con l‟appellativo di «magister», mentre altrettanto avrebbe dovuto dirsi di Arnold se effettivamente si fosse trattato del Pannartz, essendo tale qualifica destinata ad indicare, nello specifico, non il raggiungimento del titolo universitario, ma più semplicemente il vertice della gerarchia all‟interno dell‟officina tipografica.
Dunque il Buckinck non era «magister» ma doveva comunque essere in grado in grado di sostituire questa figura «non inferiori ingenio ac studio». Presi con le dovute cautele, questi pochi indizi che a prima vista potrebbero sembrare irrilevanti, suggeriscono invece l‟ipotesi che l‟assistente-stampatore, scaturito dal nulla e precipitato nel totale anonimato subito dopo la stampa della
Cosmographia, attendesse già al lavoro tipografico, forse in qualità di subalterno,
in quella comunità sublacense – composta prevalentemente da membri di nazionalità tedesca durante tutto il XV secolo –15 che per prima aveva accolto e fornito collaborazione a Sweynheym e Pannartz, e che da loro aveva imparato l‟arte tipografica.
Un riscontro, seppure labile, potrebbe provenire dalle liste capitolari conservate nel ricco fondo di documenti dell‟Archivio di Santa Scolastica a Subiaco: tra i conventuali accertati nel 1461 figura effettivamente un «Arnoldus
12 G.F.M
AGNÉ DE MAROLLES, Recherches sur l'origine et le premier usage des registres…, cit., p. 21.
13
È opportuno sottolineare che l‟incunabolo del Buckinck oltre che all‟Orlandi rimase ignoto anche all‟Audiffredi. Cfr.: G.B. AUDIFFREDI, Specimen historico-criticum editionum Italicarum saeculi XV, cit.
14 G.M. R
AIDEL, Commentatio critico-literaria de Claudii Ptolemaei Geographia..., cit., c. F2v. 15
Illuminanti in propposito i dati raccolti da: BARBARA FRANCK, Subiaco, ein Reformkonvent des spaten Mittelalters: zur Verfassung und Zusammensetzung der Sublacenser Mönchsgemeinschaft in der Zeit von 1362 bis 1514, «Quellen und Forschungen aus Italienischen Archiven und Biblioteken, 52 (1972), pp. 526-656.
de Alemania» le cui tracce si perdono nel successivo elenco del 1475.16 Ma c‟è di più. Il fatto che non sia specificato un eventuale ritorno nel paese natale, come invece avviene per la maggior parte degli altri nominativi dell‟elenco, né un decesso, apre uno spiraglio all‟idea che il tedesco possa essersi allontanato dal monastero in un periodo che, verosimilmente, concorda con lo spostamento di Sweynheym e Pannartz da Subiaco a Roma. Purtroppo i documenti tacciono la funzione esercitata dal tedesco nel monastero, lasciando l‟identificazione nel limbo di una congettura tutta ancora da verificare.
Indipendentemente dalle lacune che perdurano nella biografia del Buckinck, ho motivo di credere che il suo ruolo nella pubblicazione della Cosmographia almeno fino alla morte dello Sweynheym sia stato assolutamente secondario. Lo suggerisce in primo luogo il fatto che Domizio Calderini (1446 ca.-1478), incaricato della cura e della revisione filologica del testo latino, nella lettera di dedica composta appositamente per il Tolomeo, probabilmente prima della morte del prototipografo – ma non confluita nel volume,17 dove fu sostituita da una dedicatoria ben più sintetica – non accenni in alcun modo al coinvolgimento del Buckinck nella realizzazione della pubblicazione.
Ma è bene procedere con ordine, lasciando al paragrafo successivo l‟analisi di questo importante peritesto, dei tempi della sua composizione e degli elementi utili alla ricostruzione della vicenda tipografica, e dedicandoci invece ora alla descrizione dell‟edizione nei suoi aspetti materiali per cogliervi da un lato le caratteristiche condivise con il libro manoscritto, e dall‟altro gli aspetti più originali, rispetto non solo a quest‟ultimo ma anche alle edizioni precedenti, intrattenendo allo stesso tempo un dialogo con gli elementi più propriamente bibliologici.
Trattandosi di libro a stampa dell‟epoca manuale, richiesta un‟ulteriore precisazione. Come è noto, di un libro antico non si danno due copie che siano in tutto e per tutto identiche: di qui nasce la necessità di chiarire in via preliminare a
16 Documenti in: S
UBIACO, Archivio di Santa Scolastica, Arca XXVII n. 27, 18 agosto 1461, f. 9 e Arca XXVII n. 41, 26 giugno 1475.
17 Unico testimone della dedica è il codice V
ERONA, Biblioteca capitolare, lat. CCLVII: DOMITII CALDERINI […] In emendationem tabularum Ptholemaei Alexandrini ad Sistum IV Pont. Max., cart., ff. 262r-265r.
quale esemplare ci si riferisca nella descrizione.18 La bibliografia analitica risolve questo problema ricorrendo al concetto di esemplare ideale, spesso soltanto ipotetico, ma che risponde ad una precisa necessità pratica, quella cioè di fornire un modello su cui le singole copie possano essere confrontate, registrando ciò che risulta comune dopo l‟esame di un elevato numero di copie. Evitando di entrare nel merito della questione relativa alla definizione di esemplare ideale in senso generale,19 nel caso specifico si può considerare una copia del libro integra di ogni sua parte, formata da fogli preservati così come uscirono dalla tipografia, ciascuno contenente l‟ultimo stato di stampa accertato tramite il confronto con gli esemplari superstiti.20 Beninteso, le differenze tra copia e copia, le quali secondo Tanselle rientrano a ragione nella definizione di esemplare ideale,21 non sono state ignorate; ma l‟assenza di significative varianti di stato sul piano filologico, evidenziata dall‟esame autoptico degli esemplari conservati in Italia, ha reso superflua una descrizione espressamente dedicata ai singoli testimoni.22
Della Cosmographia romana si conoscono oggi 42 esemplari, soltanto 12 dei quali sono custoditi nelle biblioteche italiane: 1 a Bologna (Biblioteca Universitaria, di sole mappe), 1 a Firenze (Biblioteca nazionale centrale), 1 a Modena (Accademia di Lettere Scienze ed Arti), 2 a Napoli (Biblioteca Nazionale “Vittorio Emanuele III”, imperfetto; Biblioteca Universitaria), 1 a Palermo (Biblioteca centrale della regione siciliana), 1 a Parma (Biblioteca Palatina), 2 a Roma (Biblioteca Angelica, mutilo delle mappe; Biblioteca Corsiniana), 1 a Siena (Biblioteca comunale degli Intronati), 1 a Venezia (Biblioteca Nazionale
18 Disattende a questa indispensabile precisazione lo Skelton che omette appunto di indicare, nell‟edizione anastatica da lui curata, quale esemplare della Cosmographia romana sia stato riprodotto.
19
Per un approfondimento si rimanda a: CONOR FAHY, Il concetto di “esemplare ideale”, in ID., Saggi di bibliografia testuale, Padova, Antenore, 1988, pp. 89-103.
20 L‟esemplare ideale viene così definito da F
REDSON BOWERS, Principles of Bibliographical Description, Princeton (New Jersey), Princeton University Press, 1949, p. 113: «an ideal copy is a book which is complete in all its leaves as it ultimately left the printer‟s shop in perfect condition and in the complete state that he considered to represent the final and most perfect state of the book».
21 G
EORGE TOMAS TANSELLE, The Concept of Ideal Copy, «Studies in Bibliography», 32 (1980), pp. 18-53 (trad. it.: ID., Il concetto di esemplare ideale, in Filologia dei testi a stampa, cit., pp. 79- 113).
22 Mi riprometto, in sede di stampa, la verifica medianete collazione anche esemplari posseduti da istituzioni straniere.
Marciana), 1 infine in Vaticano (Biblioteca Apostolica Vaticana); 19 sono attestati nelle principali biblioteche d‟Europa (CHANTILLY, Bibliothèque du Museé Condé; EDINBURGH, National Library of Scotland, di sole mappe; GÖTTINGEN, Niedersächsische Staats-und Universitätsbibliothek; HELSINKI, University Library; HILDESHEIM, Dombibliothek; LONDON, British Library, 2 esemplari; LONDON, National Maritime Museum, 2 esemplari; MADRID, Real Academia de la Historia, esemplare posseduto da Cristoforo Colombo; MANCHESTER, John Rylands Library; MÜNCHEN, Bayerische Staatsbibliothek; OXFORD, Bodleian Library; OXFORD, Queen's College Library; PARIS, Bibliothèque Nationale de France, 2 esemplari; WIEN, Österreichischen Nationalbibliothek; WIEN, Staatsarchiv, Kartensammlung, di sole mappe; WÜRZBURG, Universitäts- bibliothek), 9 nelle biblioteche americane (BLOOMINGTON IN, Indiana Univ, The Lilly Library; CHICAGO IL, Newberry Library; MILWAUKEE WI, University of Wisconsin-Milwaukee, American Geographical Society Library, di sole mappe; NEW YORK NY, New York Public Library, Rare Book Division; NEW YORK NY, Pierpont Morgan Library; PROVIDENCE, Brown University, The John Carter Brown Library; WASHINGTON, The Library of Congress, 3 esemplari, uno dei quali di sole mappe); 2 infine si trovano nelle mani di privati, uno dei quali, proveniente dalla collezione di Lord Wardington, è stato recentemente venduto dalla casa d‟aste Sotheby‟s a Milano il 26 giugno 2007 ad un anonimo collezionista. Il numero potrebbe poi ridursi di una unità se l‟esemplare della Biblioteca Angelica, privo di mappe, fosse da considerare completamento di uno dei quattro testimoni mutili di testo, ovvero l‟esemplare della Biblioteca Universitaria di Bologna, quello del Staatsarchiv di Vienna, quello dell‟American Geographical Society Library, University of Wisconsin-Milwaukee e quello della Library of Congress di Washington.
Un‟edizione dunque non eccessivamente rara se paragonata alla
Cosmographia bolognese, della quale sopravvivono soltanto 27 pezzi, nonostante
la considerevole tiratura di 500 copie, o alla traduzione di Guarino Veronese e Gregorio Tifernate della Geographia Strabone, uscita dai torchi di Sweynheym e Pannartz nel 1473, a cura di Giovanni Andrea Bussi, analoga alla tolemaica romana non solo per il potenziale bacino di “consumatori” ma verosimilmente
anche per l‟entità della produzione, esistente in numero di 23 testimoni. Anche se non ci è dato conoscere la tiratura della Cosmographia, si può infatti supporre che essa non si discostasse molto dai 275 esemplari sui quali si erano assestate le tirature di Sweynheym e Pannartz in anni di poco precedenti.23
Esclusa la fortunata possibilità che tra le copie superstiti si trovi già l‟esemplare ideale, secondo l‟assioma della bibliografia analitica per il quale lo stato dei fogli che compongono una qualsiasi copia non può essere altro che fortuito, esso è stato ricostruito deduttivamente sulla base di quelli noti.24
Si tratta di un volume in folio di grande formato, strutturato sostanzialmente in due parti. La prima, occupata dal testo, consta di 70 carte né numerate né cartulate, secondo lo schema collazionale [a-d8.10 e-g8 h10], e si chiude con il colophon a c. [69v]:25
NVMEROS MATEMATICOS | INEXPLICABILE FERME TER | RE ASTRORVMQUE OPVS | CLAVDII PTOLEMAEI ALEXAN | DRINI PHILOSOPHI GEOGRAPH | IAM ARNOLDVS BVCKINCK E | GERMANIA ROME TABVLIS AE | NEIS IN PICTVRIS FORMATAM | IMPRESSIT. | SEMPITERNO INGENII ARTIFI | CIIQVE MONVMENTO. ANNO | DOMINICI NATALIS. M. CCCC. | LXXVIII. VI. IDVS OCTOBRIS | SEDENTE SIXTO.IIII.PONT(IFICE) | MAX(IMO) ANNO EIVS. VIII.
Segue sulla stessa pagina il Registrum foliorum huius libri, recante le parole iniziali distintive delle carte della prima metà di ciascun fascicolo e infine una carta bianca. Il primo recto è contrassegnato dalla dicitura primum vacat secondo l‟uso già osservato da Magné de Marolles di lasciare in bianco il primo foglio per destinarlo ad una eventuale decorazione richiesta dall‟acquirente.26 Manca invece
23 Cfr. G
ABRIELE PAOLO CAROSI, La stampa da Magonza a Subiaco, Subiaco, Monastero S. Scolastica, 1994, part. pp. 99-100, 108-114.
24
L‟indagine è stata condotta prendendo a riferimento i seguenti testimoni: BOLOGNA, Biblioteca Universitaria, A V B IV 20 (esemplare di sole carte); CITTÀ DEL VATICANO, Biblioteca Apostolica Vaticana, Inc. Chig. S. 171; FIRENZE, Biblioteca nazionale centrale, Incun. Magl. A_14 (già Gaddi 382); PARMA, Biblioteca Palatina, inc. parmense 1161; VENEZIA, Biblioteca nazionale Marciana, Inc. 36.
25 Si fornisce la trascrizione diplomatica. 26 G.F.M
AGNÉ DE MAROLLES, Recherches sur l'origine et le premier usage des registres…, cit., p. 7: «Comme il étoit assez d‟usage autrefois de laisser en blanc le premier feuillet destiné à recevoir en miniature, ou les armoiries de l‟acquéreur, ou quelque autre ornement à son goût, & que ce feuillet entrit odinairement en compte dans la signature, en forte que le second où commençoit le texte, étoit marqué a2; alors ce premier feuillet venent à manquer, comme celà ce trouve fréquemment; sans le secours du registre qui en fait mention, en disant prima vacat, ou prima
nel registro la prima parola di c. [h5r], diem, aggiunta a mano in tutti gli esemplari visionati. Una lacuna che ha tratto in inganno molti di coloro che hanno studiato l‟incunabolo, i quali, prestando fede al solo registro, hanno dedotto che l‟ultimo fascicolo fosse quaderno mentre è invece quinterno. Così ad esempio accade al Laire nel suo Specimen historicum typographiae Romanae, osservando i due esemplari dell‟edizione, quello conservato alla Biblioteca Corsiniana e quello alla Biblioteca Angelica: 27
Opus integrum est 68 foliorum, deinde sequuntur 12 tabulae geographicae ad Asiam pertinentes, quatuor ad Africam, & decem ad Europam, praemissa tabula cosmographica, vulgo Mappamundo. Editio splendida est absque custodibus, numeris, ac signaturis.
Quattro figure geometriche xilografiche sono inserite nel lib. I 24 alle cc. [b1v] e [b2r-v].
La seconda parte di 54 carte, anch‟essa priva di paginazione e cartulazione, è occupata dalle 27 mappe calcografiche disposte, sfogliando il volume, ciascuna sulla doppia pagina, stampata da un solo lato (esterno o interno), cosicché, dopo il primo recto bianco, si alternano due facciate illustrate a due facciate bianche e così via. Come nella tradizione manoscritta le tavole includono un mappamondo in proiezione conica, o a ventaglio, e le 26 mappe regionali in proiezione trapezoidale.
Organizzata in 7 fascicoli non inclusi nel Registrum, tutti quaterni, escluso l‟ultimo che è terno, [A-F8
G6], questa seconda parte svela una della tante difficoltà tecniche che deve aver comportato la realizzazione delle forme in rame. Per permettere la ricomposizione in fascicoli infatti su ciascuna superficie delle lamine28 dovevano figurare non le due metà di una stessa mappa, ma due metà di
alba, on reste dans le doute, si ce feuillet manquant ne contient point quelque pièce préliminaire, & l‟on ne peut s‟assurer de l‟intégrité du volme, qu‟en le comparant avec les autres».
27 F.X.L
AIRE, Specimen historicum typographiae Romanae XV. saeculi…, cit., c. Q1r .
28 Non è dato di sapere se le lastre dell‟edizione della Cosmographia fossero incise su un lato o su entrambi. Non è tuttavia è inusuale travare nelle stampe cartografiche, così come nelle illustrazioni, lastre incise ambo le parti; una pratica invalsa nelle tipografie per rispramiare sull‟elevato costo del rame. Utili a questo proposito i casi accennati da: DAVID WOODWORD, Cartografia a stampa nell’Italia del Rinascimento: produttori, distributori e destinatari, a cura di Emanuela Casti, Milano, Bonnard, 2002, pp. 41-42.
mappe non attigue, considerando che, una volta composto il quaderno e piegate le carte nel mezzo, sarebbero dovute combaciare le due metà dello stesso intero.
Che si tratti di un‟imposizione a foglio intero e non piuttosto di un doppio passaggio sotto il torchio o anche di un unico passaggio con lastre appaiate, con l‟impiego di rami di dimensione più piccola raffiguranti in incavo le singole metà delle mappe, eventualità che avrebbero sicuramente comportato errori nell‟accopiamento delle figure, è dimostrato non solo dall‟assenza del segno di battuta nella plicatura centrale, segno che si dovrebbe scorgere se appunto si fosse fatto ricorso a due lastre per foglio, ma anche dal fatto che il Della Torre, che nel 1490 ristampò a Roma la Cosmographia,29 ricomponendone il testo e arricchendolo di apparati indicali, ri-usando per tirare le tavole geografiche le stesse lastre dell‟edizione romana, fu costretto a ricostruirne la medesima formula collazionale, vincolato appunto dal iugum delle mezze figure.
La carta appare ottima, dura e rigata. Le filigrane, per quanto emerso dagli esemplari visionati, sono due, entrambe non accompagnate da contromarca. La prima è riconoscibile, per forma e dimensioni, nella balestra inscritta in cerchio censita da Briquet n. 746;30 un simbolo che contraddistingue balle di provenienza italiana e riconducibili a cartai di origini fabrianesi, già notato in altri incunaboli usciti dalla tipografia di Sweynheym e Pannartz.31 La seconda, raffigurante invece
S. Marco evangelista, estremamente simile a Briquet 10474, potrebbe identificare
carta proveniente da Treviso.
Estremamente interessante è però l‟occorrenza di queste differenti filigrane, utile per intravedere la successione delle fasi di lavorazione: mentre le tabulae geografiche di tutti i testimoni sono tirate su carta con la balestra, per la parte
29 C
LAUDIUS PTOLEMAEUS, Cosmographia, [trad. Jacobus Angelus], Romae, arte ac impensiis Petri De Turre, 1490 die IV novembris, in-fol. (IGI 8185; HC *13541; ISTC n. ip01086000) (BOLOGNA, Biblioteca Universitaria, A V B IV 17).
30
CHARLES MOISE BRIQUET, Les filigranes: dictionnaire historique des marques du papier des leur apparition vers 1282 jusqu'en 1600, I, New York, Hacker art books, 1985 (Rist. dell'ed.: