Della Geographia di Tolomeo si conservano oggi più di 50 manoscritti greci, 17 dei quali corredati da carte. Nonostante questa considerevole presenza, i cinque testimoni più antichi in nostro possesso – il Vat. Urb. gr. 82, il fragmentus Fabricianum, Hauniensis gr. 23, il Seragliensis GI 57 e i Vatt. grr. 191 e 177 – non risalgono oltre la fine del XIII secolo; per il resto si tratta di copie assai più recenti. Un dato che potrebbe stupire se paragonato alla tradizione dell’altra monumentale opera del geografo alessandrino, la Megále sýntaxis, della quale gli esemplari poziori – il Paris. gr. 2989 e il Vat. gr. 1594 – furono copiati intorno ai primi decenni del IX secolo. A differenza dell’Almagesto, tuttavia, il cui studio rimase estremamente vivo nel corso dei secoli medievali, grazie soprattutto alla trasmissione assicurata dal mondo arabo, attraverso la quale l’opera poté filtrare precocemente nel mondo occidentale,65 la Geographiké hyphegésis incontrò una diffusione assai più limitata anche in ambito orientale, lasciando solo poche tracce di sopravvivenza, rinvenibili per lo più grazie alla mediazione di fonti indirette.66
Il primo tentativo di dar corpo ad una recensio dei testimoni del trattato geografico fu compiuto, agli inizi del XVIII secolo, dal bibliofilo norimbergense Georg Martin Raidel (1702-1741). Tale lavoro, uscito a Norimberga nel 1737 con il titolo Commentatio critico-literaria de Claudii Ptolemaei Geographia,67 armato della doppia dedicazione, al conte Carlo Pertusati e a Jobst Wilhelm Ebner von Eschenbach, pur aspirando a fornire una sorta di catalogo speciale non aveva tuttavia la pretesa di essere esaustivo, tanto che lo stesso autore ne avverte i limiti (p. 16):
65 G
ERMAINE AUJAC, Continuità delle teorie tolemaiche nel Medioevo e nel Rinascimento, in Cristoforo Colombo e l’apertura degli spazi: mostra storico cartografica, a cura di Guglielmo Cavallo, I, Roma, 1992, pp. 35-64.
66
Per una descrizione accurata delle tracce della Geographia tolemaica nel mondo arabo cfr.: FUAT SEZGIN, Mathematische Geographie und Kartographie im Islam und ihr Fortleben im
Abendland, in ID.,Geschichte des arabischen Schrifttums, X-XIII, Frankfurt am Main, Institut für
Geschichte der arabisch-islamischen Wissenschaften an der Johann Wolfgang Goethe-Universität, 2000-2007.
67 G
EORG MARTIN RAIDEL, Commentatio critico-literaria de Claudii Ptolemaei Geographia eiusque codicibus tam manu-scriptis quam typis expressis, Norimbergae, typis et sumptibus haeredem Felseckerianorum, 1737, 4°.
in reliquis Europae Regnis plures adhuc delitescere codices manuscriptos facile est colligere, sed cum nemo consignandis iis operam hucusque suam impenderit, acquiesco, et reliquorum investigationem aliis relinquo.
Già nella sincera ammissione di offrire una notizia lacunosa, attraverso un prodotto bibliografico che incorporava notizie provenienti essenzialmente da fonti indirette (bibliografiche e catalografiche), e dunque non sempre verificabili, emerge la consapevolezza della complessità del lavoro compilativo, congenitamente a rischio di errore.
Dopo un capitolo introduttivo sulla figura di Tolomeo e sul suo lavoro geografico, dunque, Raidel illustra, seguendo un criterio topografico, 30 codici greci (alcuni dei quali già presentati come dispersi) e 10 latini, tra i quali, cedendo alla compiacenza nei confronti del suo mecenate, riserva maggiore spazio all’esposizione De codice splendidissimo Ebneriano. Il trattato prosegue poi con la descrizione di tutte le edizioni della Geographia pubblicate in un arco temporale che va dall’era incunabolistica fino al XVII secolo, non soltanto in greco e latino ma anche nelle lingue nazionali, occasione per fornire al lettore cursori ragguagli bibliologici sugli esemplari visionati.
Nell’Ottocento, il mutato abito filologico darà frutti più maturi anche nella catalogazione dei testimoni tolemaici. Una campagna sistematica di censimento dei soli codici greci della Geographia fu infatti condotta, quale lavoro preliminare all’edizione critica Didot,68
da Carl Müller, che ne pubblicò i risultati nel 1866,69 fornendo contestualmente una tavola sinottica derivante dalla collazione effettuata su buona parte dei 43 manoscritti da lui individuati. Il quadro prefigurato dallo studioso tedesco fissava la classificazione dei manoscritti in tre grandi famiglie: una prima, rappresentata dal solo Vat. gr. 191, che ipotizzava di origine macedone, nel quale a suo avviso era conservata la forma più genuina del testo, una seconda denominata asiatica, composta da una piccolo numero di manoscritti e infine una terza, più numerosa e caratterizzata da codici di formato ridotto, denominata bizantina.
68 C
LAUDII PTOLEMAEI Geographia, e codicibus recognovit, prolegomenis, annotatione, indicibus, tabulis instruxit Carolus Mullerus, Parisiis, Firmin-Didot, 1883-1901.
69 C.M
Alla luce degli studi successivi, il grande merito del Müller fu appunto l’aver riconosciuto il ruolo speciale del manoscritto Vat. gr. 191 rispetto al resto della tradizione. Nonostante ciò i limiti di quella ricognizione (e di conseguenza della stessa edizione critica) si palesarono qualche decennio più tardi, da un lato con il rinvenimento nel 1927, tra i fondi del Topkapi Sarayi Museum, del codice Seraglienis GI 57 (K), testimone fra i più importanti di tutta la tradizione greca, e dall’altro con la riconquistata possibilità di accedere al Vat. Urb. gr. 82, anch’esso di fondamentale peso stemmatico, già incluso nel censimento di Müller ma solo a livello di notizia bibliografica, essendo risultato di fatto irreperibile nel periodo in cui il filologo conduceva le proprie ricerche.
Le linee principali della tradizione del testo si consolidarono dunque intorno agli anni trenta del XIX secolo, sulla base dei risultati ottenuti in particolare da Cuntz,70 anch’egli impegnato in un’edizione critica ma limitata ai soli libri II 7 – III 1, da Fischer,71 che come si è accennato si volse ad annoverare esclusivamente i codici corredati da carte, e da Schnabel, la cui ricognizione sistematica portò a 51 il numero dei testimoni.72 La serie di sondaggi condotta da quest’ultimo consentì l’individuazione di due recensioni del testo, denominate rispettivamente e la prima delle quali rappresentata dal ms. Vat. gr. 191, riconosciuto non tanto quale unico portavoce di quel ramo, quanto piuttosto quale unico suo testimone esente da contaminazione. Schnabel lasciava inoltre aperta l’ipotesi che le due recensioni potessero risalire ad archetipi tolemaici differenti, suggerendo da ultimo la necessità di compilare stemmi separati, uno per la tradizione testuale e uno per quella cartografica. Nonostante ciò, la rappresentazione stemmatica elaborata da Albert Herrmann, annessa in calce al volume, pur aderendo in gran parte alle indicazioni di Schnabel, finì per reinterpretarne gli intendimenti e trattare in un unico albero testo e carte.
70
Die Geographie des Ptolemaeus, Galliae, Germania, Raetia, Noricum, Pannoniae, Illyricum, Italia, Handschriften, Text and Untersuchung von Otto Cuntz, Berlin, Weidmann, 1923.
71 J. F
ISCHER,De Cl. Ptolemaei, cit. 72 P. S
In anni più recenti Marshall73 ha pubblicato una nuda lista dei testimoni della
Geographia (non solo greci e latini, ma anche nella traduzione italiana del
Berlinghieri), recante soltanto indicazioni di massima per ciascun manoscritto, che nulla aggiunge rispetto ai contributi precedenti e anzi risente fortemente dei limiti di un lavoro condotto esclusivamente su fonti indirette. Va invece segnalato che l’inventario internazionale dei manoscritti greci di Sinkewicz74
non enumera i codici tolemaici.
La classificazione dei manoscritti elaborata da Schnabel, sensibilmente più avanzata rispetto a quella già proposta dal Müller – seppure non impeccabile, come a suo tempo puntualmente evidenziato da Diller75 – rimane dunque ancora oggi sostanzialmente accolta, tanto che su di essa si è basata la più recente e integrale edizione critica, realizzata sotto la direzione di Stückelberger e pubblicata con traduzione tedesca nel 2006.76 Fino all’uscita di quest’ultimo sussidio filologico, che per la prima volta collaziona anche l’importante manoscritto conservato al Topkapi Sarayi Museum, l’edizione critica della
Geographiké hyphegésis era niente più che un desideratum: ad un’edizione
integrale del testo, ma priva di apparato, curata da Nobbe (1843)77 infatti erano seguite due edizioni propriamente critiche, entrambe tuttavia rimaste incompiute, Wilberg-Grashoff (libri I-VI, 1838-45)78 e Müller (lib. I-V, 1883-1901);79 alle
73 D.W. M
ARSHALL, A list of manuscript editions of Ptolem ’s eographia, cit.
74 R
OBERT E. SINKEWICZ, Manuscript listings for the authors of classical and late Antiquity, Toronto, Pontifical institute of mediaeval studies, 1990.
75 Le segnalazioni di Diller riguardano non soltanto l’omissione di alcuni testimoni conservati nelle biblioteche, soprattutto francesi e statunitensi, ed imprecisioni circa la datazione dei codici, ma anche l’approssimazione di Schnabel nel delineare i rapporti genealogi delle diverse testimonianze. Cfr.: AUBREY DILLER, [recensione a:] PAUL SCHNABEL, Text und Karten des Ptolemäus (Leipzig, K.F. Koehler, 1938), «Classical Philology», 35 (1940), pp. 333-336.
76
CLAUDIOS PTOLEMAEUS, Handbuch der geographie: griechisch-deutsch; Einleitung, Text und Übersetzung, Index, herausgegeben von Alfred Stückelberger und Gerd Grasshoff, unter Mitarbeit von Florian Mittenhuber… [et al.], Basel, Schwabe, 2006.
77
CLAUDII PTOLEMAEI Geographia, edidit Carolus Fridericus Augustus Nobbe, cum introductione a Aubrey Diller, Hildesheim, G. Olms, 1966. (Ripr. facs. dell'ed.: CLAUDII PTOLEMAEI Geographia, edidit Carolus Fridericus Augustus Nobbe, Lipsiae, sumptibus et typis Caroli Tauchnitii, 1843-1845).
78 C
LAUDII PTOLOMAEI Geographiae libri octo. Graece et Latine ad codicum manu scriptorum fidem, ediderunt Friedrich Wilhelm Wilberg et Henrich Friedrich Grashoff, Essendiae, Sumptibus et typis G. D. Baedeker, 1838-1845.
79 C
LAUDII PTOLEMAEI Geographia, e codicibus recognovit, prolegomenis, annotatione, indicibus, tabulis instruxit Carolus Mullerus, Parisiis, Firmin-Didot, 1883-1901.
quali si aggiunsero all’inizio del secolo successivo le edizioni parziali della Germania, pubblicata a cura di Cuntz (1923),80 e dell’India, a cura di Renou (1925).81 In epoca più ravvicinata, sono apparse altre due edizioni critiche consacrate all’oriente tolemaico: quella di Ronca (1971)82
incentrata su Iran orientale e Asia centrale e infine quella di Ziegler, comprensiva dell’intero libro VI.83
Edizioni che, come sottolineato da Maria Gabriela Schmidt,84 hanno di volta in volta tentato di ricostruire la genealogia dei testimoni della Geografia, giungendo tuttavia ad esiti stemmatici anche molto diversi, in parte per una mancata visione dell’opera nel suo complesso, complice l’incompletezza di alcuni manoscritti, in parte per l’alto grado di contaminazione orizzontale tra i vari testimoni, che ha reso difficile distinguere le differenti famiglie e individuarne i rapporti, in parte infine per difficoltà proprie insite nella struttura dell’opera tolemaica.
Le discrepanze genealogiche evidenziate, infatti, sono imputabili in buona misura alla quantità di nomi propri di località, di notazioni di distanze e di altri piccoli dati la cui ricostruzione, ai fini dell’edizione del testo, comporta un’infinità di variabili. Una situazione che è aggravata dalla problematicità offerta da alcune parti del testo – nello specifico la
del libro VIII e i i cui contenuti appaiono ora ripetitivi rispetto ai libri precedenti, ora disomogenei per riferimenti geografici e sistemi di misurazioni –; parti che hanno suscitato nel tempo interpretazioni divergenti su quanto effettivamente resti di autentico del testo tolemaico. All’ipotesi di Schnabel di una elaborazione prolungata da parte dell’autore con la possibilità di
80 Die Geographie des Ptolemaeus..., cit. 81
La Geographie de Ptolemée: l'Indie (7. 1-4), texte établi par Louis Renou, Paris, Champion, 1925.
82 C
LAUDIOS PTOLEMAEUS, Geographie 6,9-21: Ostiran und Zentralasien, Griechischer Text neu herausgegeben und ins Deutsche übertragen von Italo Ronca, mit der lateinischen Übersetzung des Jacobus Angelus, einer neuen englischen Übersetzung und textkritischen Noten, Roma, IsMEO, 1971.
83 C
LAUDIOS PTOLEMAEUS, Geography book 6: Middle East, Central and North Asia, China, by Helmut Humbach and Suzanne Ziegler, 1: Text and English/German translations, by Susanne Ziegler, Wiesbaden, Reichert, 1998.
84 M
ARIA GABRIELA SCHMIDT, Die Nebenüberlieferung des 6. Buchs der Geographie des Ptolemaios: Griechische, Lateinische, Syrische, Armenische und Arabische Texte, Wiesbaden, Reichert, 1999, pp. 8-15.
differenti stadi redazionali, si è adeguato Polaschek che, negli anni Sessanta, ha congetturato per la Realencyclopädie der classischen Altertumswissenschaft un diverso assetto delle 6 fonti manoscritte principali, 85 imbastendo tuttavia su indizi piuttosto fragili la storia della progressiva costituzione del testo; all’opposto si è espresso Bagrow,86 secondo il quale le differenti parti dell’opera sarebbero frutto di interpolazioni, passate poi sotto il nome di Tolomeo durante il Medioevo.
La stessa autenticità delle mappe è stata, ed è tutt’ora, oggetto di teorie contradittorie e assolutamente congetturali. I manoscritti greci presentano, com’è noto, due tipi di corredo cartografico.87 Quello della redazione tradizionalmente denominata A consta di un mappamondo e di 26 carte regionali, corrispondenti alle del libro VIII 3-28. La redazione B, invece, in aggiunta al mappomondo, presenta 64 carte topografiche, raffiguranti superfici territoriali di minore ampiezza, intercalate all’interno del testo in prossimità dei rispettivi contenuti ai libri II-VII. Le suddette tavole sembrano tratte della redazione A ma riadattate in modo da potersi conformare a manoscritti di minore dimensione.
La controversia che ha assillato la maggior parte degli studiosi è se questi corredi che accompagnano la Geographia siano stati delineatei da Tolomeo, o se non siano piuttosto il frutto di responsabiltà successive.88 Pur non essendo stata formulata un’ipotesi definitiva, gran parte di coloro che hanno affrontato il problema concorda nel ritenere le carte di cui disponiamo un prodotto di epoca bizantina, germinato dalla “riscoperta” di Massimo Planude. Senza entrare nel merito della questione, sarà invece bene segnalare, con Tudeer,89 che, se la comparazione delle forme toponimiche tra testo e carte ha effettivamente evidenziato in queste ultime una serie di errori che difficilmente potrebbe essere
85 E
RICH POLASCHEK, Klaudios Ptolemaios. Das Geographische Werk, in Paulis Realencyclopädie der classischen Altertumswissenschaft, suppl. X: Accaus bis Uttiedius, München; Stuttgart, 1965, ad vocem.
86
LEO BAGROW, The origin of Ptolem ’s Geographia, «Geografiska Annaler», 27 (1945), pp. 318- 387.
87 J.F
ISCHER,De Cl. Ptolemaei, cit., pp. 209-213, 219-289.
88 Per una bibliografia che dia cono delle posizioni a favore e contro l’autenticità delle carte si rimanda a: OSWALD ASHTON WENTWORTH DILKE, Greek and Roman maps, London, Thames and Hudson, 1985, p. 207.
89 L
AURI OSKAR THEODOR TUDEER, On the origin of the maps attached to Ptolem ’s Geography, «Journal of Hellenic studies», 37 (1917), pp. 62-76.
attribuita a Tolomeo (spesso compaiono sulle mappe nomi in genitivo o in accusativo al posto della forma nominativa), è altresì vero che i medesimi errori, poiché riscontrabili in entrambe le redazioni cartografiche, debbono essere apparsi in epoca anteriore alla differenziazione in A e B, intervenuta in epoca tardo- antica. Del resto è poco verisimile che Tolomeo non abbia predisposto egli stesso delle tavole: il testo entra infatti in dettagli tecnici che sarebbero incomprensibili senza il sussidio di un corredo cartografico. Nuova luce è stata appunto gettata in questa direzione da Gautier Dalché, che ha recentemente dimostrato come in Pappo, matematico Alessandrino del IV secolo, tramandatoci attraverso la
Geographia armena,90 si possano rintracciare rinvii alla Geographia di Tolomeo
che presuppongono un utilizzo concomitante di testo e carte.91 Resta ancora da chiarire tuttavia se e in quale misura esse possano riconoscersi nelle carte che accompagneranno i codici greci della fine del XIII secolo, quali ci è dato di conoscere attraverso le copie a noi pervenute.
Tornando alla tradizione testuale della Geographia, essa è stata ultimamente riletta anche da Mittenhuber92 a conclusione della sua collaborazione all’edizione Stückelberger-Grashoff. Lo studioso confermerebbe dunque la ripartizione, nei piani più alti, in due recensioni principali,93 denominate rispettivamente e risalenti ambedue ad uno stesso archetipo, caratterizzato da un testo non soltanto corrotto, ma già segnato da postille e tentativi di correzione. Dal momento che le varianti tra le due branches si giustificano in funzione di una scrittura onciale, ne
90
Sulla figura di Pappo cfr.: MARJORIE NICE BOYER, Pappus Alexandrinus, in Catalogus
translationum et commentariorum…, cit., II, 1971, pp. 205-213; OTTO NEUGEBAUER,A history of
ancient matematical astronomy, II, Berlin, New York, Springer, 1975, pp. 965-969. 91
PATRICK GAUTIER DALCHÉ, La Géographie de Ptolémeé de l’Antiquité tardive au monde
Bizantine (IV-XIII siècle), in ID., La Géographie de Ptolémeé en Occident (IVe-XVIe siècle),
Turnhout, Brepols, 2009, pp. 23-86.
92 F
LORIAN MITTENHUBER, The tradition of text and maps in Ptolem ’s Geography, in Ptolemy in perspective: use and criticism of his work from Antiquity to the Nineteenth Century, editor Alexander Jones, London, New York, Springer, 2010, pp. 95-119.
93 Il condizionale è d’obbligo perché si ha notizia, attraverso fonti indirette, di molti testimoni ora scomparsi, alcuni dei quali potrebbero avere avuto un ruolo importante nella tradizione testuale, come ad esempio il manoscritto appartenuto al cardinale Giordano Orsini.
consegue che la differenziazione all’interno della tradizione debba intendersi anteriore al IX secolo.94
La recensione , alla quale appartiene la maggioranza dei manoscritti, andrebbe ulteriormente suddivisa in due gruppi, e , il primo dei quali a buon diritto è da considerarsi il più importante. I tre più notevoli esponenti di questa ramificazione, nonché i più antichi corredati da carte, sono generalmente siglati:95
U: CITTÀ DEL VATICANO, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. Urb. gr. 82