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R: VENEZIA, Biblioteca nazionale Marciana, ms Z 516 (=904)

X: Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat gr

1.4 LA PRINCEPS VICENTINA (1475)

La stampa contribuì precocemente alla diffusione della Cosmographia latina, intravedendo nella pubblicazione del manuale tolemaico grandi potenzialità commerciali, analoghe a quelle di cui aveva dato prova il mercato del libro manoscritto. L’introduzione dell’ars artificialiter scribendi e gli anni successivi del suo sviluppo coincisero in effetti con il momento più felice di tale richiesta, recependone i vantaggi ma anche i punti di criticità.

Nel tentativo di affermare la propria indipendenza dalla produzione manoscritta e al contempo ribadire la propria dignità, la neonata industria tipografica fu infatti indotta ad eleggere, quale terreno di competizione, la cura filologica destinata al testo e, in un secondo momento, la tecnica adottata per incidere gli imponenti apparati cartografici. Merito della stampa fu dunque l’aver colto e fatto proprie le istanze di revisione che, sin dalla metà del Quattrocento, facevano da contrappunto al vivo interesse suscitato dall’opera del geografo alessandrino: da una parte, cioè la corruzione del testo e delle tavole geografiche, intervenuta nella trasmissione manoscritta e imputabile a degradazioni meccaniche o alterazioni volontarie dei copisti, e, dall’altra, il dubbio sull’affidabilità scientifica e sulla correttezza linguistica della versione dell’Angeli. Questioni che i tipografi cercarono di soddisfare fin da subito (per lo meno a parole), attuando una strategia tesa a valorizzare l’alta qualità del testo pubblicato, il cui “valore aggiunto” era dato proprio dal nome del curatore coinvolto nell’impresa.

D’altra parte non c’è dubbio che la versione dell’Angeli fu effettivamente sottoposta ad un’intensa opera di revisione solo a partire dall’edizione romana del 1478, progettata da Sweynheyn e curata da Domizio Calderini, e che prima di allora gli interventi editoriali pubblicizzati nei colophon fossero frutto solo di ostentazione.

È così appunto per l’editio princeps della Cosmographia, stampata a Vicenza dai torchi di Hermann Liechtenstein146 e uscita le idi di settembre del 1475.147 Un’opera che, lo leggiamo nel colophon in calce al volume, il tipografo non disdegna di definire, nonostante i molteplici errori di composizione, già percepibili ad una prima lettura, «accuratissime impressa» (c. G10v):

En tibi lector Cosmographia Ptolemaei ab Hermano Leuilapide Coloniensi Vicentiae accuratissime impressa, Benedicto Triuisano & Angelo Michaele praesidibus. M.CCCC.LXXV. IDI. SEPT.

Un luogo comune nell’ambito della promozione della merce-libro, così come, poche righe più sopra, l’insistenza sull’accuratezza testuale (proclamata a prescindere dal reale impegno ad essa profuso), abilmente veicolata in modo che l’accenno al lavoro di revisione si espliciti, nella captatio benevolentiae, per bocca degli stessi “collaboratori editoriali”:

Angelus Vadius & Barnabas Picardus Vicentinus lectori sal[utem]. Habes lector qua[n]tum per nos fieri potuit accuratissimu[m] libr[um] i[n] quo si forte q[ui]d te offenderit no[n] enim confidimus o[mn]ia ad ungue[m] exegisse, ne p[rae]terea quae recta sunt asperneris rogamus. Vale.

Poco si conosce di questi due personaggi. Dai documenti finora rintracciati da Casarotto-Montagna148 e da Mantese149 sembra che entrambi fossero umanisti tipici, buoni conoscitori della lingua latina e greca, e che svolgessero il proprio magistero nell’ambito delle scuole cittadine. Ma, mentre per il Vadio non abbiamo documenti incontrovertibili che lo leghino ad altre vicende editoriali,150

146 Il Liechtenstein, originario di Colonia, arrivò in Italia con la prima ondata di tipografi tedeschi e stabilì l’attività vicentina nel biennio 1474-1475. Si trattenne nella città fino al 1480, con una breve parentesi a Treviso, per passare poi a Venezia, dove continuò a stampare fino al 1494.

147 C

LAUDIOS PTOLEMAEUS, Cosmographia, [trad. Jacobus Angelus, ed. Angelus Vadius et Barnabas Picardus], Vicentiae, ab Hermano Leuilapide, 1475, in-fol. (Hain *13536, IGI 8180, ISTC n. ip01081000).

148 G

RAZIANO MARIA CASAROTTO – DAVIDE MARIA MONTAGNA, Sulle origini della stampa a Vicenza: appunti documentari per il quinto centenario raccolti da Graziano Maria Casarotto e Davide Maria Montagna, Vicenza, Convento dei Servi Santa Maria di Monte Berico, 1980. 149

GIOVANNI MANTESE, Le origini della stampa a Vicenza, in 1474: le origini della stampa a Vicenza, introduzione di Guglielmo Cappelletti, saggi di Fernando Bandini... [et al.], Vicenza, Neri Pozza, 1975, pp. 30-70.

150 Di Angelo Vadio si conservano alcune composizioni latine nel ms. O

XFORD, Bodleian Library, lat. misc. c. 62; nella stessa biblioteca, con senatura Canon. class. lat. 218, si conserva un De

Oratore copiato di sua mano. Cfr.: BODLEIAN LIBRARY,Illuminated manuscripts in the Bodleian

library, Oxford, [ed.] Otto Pächt and Alexander Jonathan James Graham, II: Italian school, Oxford, at the Clarendon press, 1970, n. 950, e pl. LXXXX.

del Picardi (Pizardi), meglio noto come Barnaba da Celsano, è certo che partecipò a vario titolo al sistema di mercato del libro stampato vicentino.151 Allievo dell’umanista Ognibene da Lognigo e maestro di grammatica nella pubblica scuola di Vicenza, il Picardi strinse infatti una società con il tipografo Giovanni da Reno e con il letterato (ed amico) Bartolomeo Pagello per la stampa di libri.152 Sempre a fianco di quest’ultimo intrecciò una seconda società con il cartaio Michele Manzolo per la fornitura delle balle necessarie alle suddette pubblicazioni. Infine fu il più assiduo tra gli umanisti che collaborarono alla realizzazione di stampe della città veneta, dedicandosi alla cura, oltre che della

Cosmographia, di altre tre edizioni apparse a Vicenza per i tipi di tre diversi

stampatori: tra il maggio e l’agosto 1480 uscirono dai torchi del Liechtenstein i due tomi delle opere di Ovidio, in cui tuttavia l’apporto dell’umanista non sembra tale da poter distinguere l’edizione dalle numerose l’avevano preceduta; nel febbraio 1482, Leonhard Achates da Basilea portò a termine la stampa della traduzione di Ognibene introdotta da una lettera di Barnaba; da ultimo nel maggio 1482 apparve l’editio princeps delle opere di Claudiano per Iacobus de Dusa con una sua dedica al Pagello. In tutti questi casi non appare rilevante lo sforzo editoriale del Picardi, servitosi, senza troppe preoccupazioni, di una mediocre fonte manoscritta.

L’ipotesi più probabile, dunque, è che, più che curatori-filologi, il Vadio e il Picardi svolgessero le mansioni di correttori di tipografia. Il che spiegherebbe il motivo per cui l’incunabolo tolemaico, a dispetto delle promesse, presenti un testo senza sostanziali interventi rispetto alla tradizione manoscritta, frequentemente

151 Sulla personalità e l’opera di Barnaba da Celsano si veda la voce di: M

ARCO PALMA, Celsano, Barnaba, in Dizionario Biografico degli italiani, XXIII, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1979, ad vocem. L’identificazione del Picardi in Barnaba da Celsano, riportata in tono dubitativo nella voce biografica, è invece provata con sicurezza da una lettera del Celsano a Bartolomeo Pagello conservata nel codice Vicenza, Biblioteca civica Bertoliana, ms. 456, f. 12; lettera che con ogni probabilità accompagnava l’esemplare di dedica.

152

Dal documento pubblicato in G.MANTESE, Le origini della stampa a Vicenza, cit., n. 28, e datato 7 settembre 1476, si evince che la posizione di Giovanni da Reno all’interno della società era assolutamente subalterna: gli accordi infatti prevedevano che il tipografo stampasse per la durata di un anno, dall’8 settembre 1476 al 7 settembre 1477, qualsiasi libro gli altri due soci avessero voluto. A compenso del lavoro avrebbe ottenuto vitto e alloggio per sé, la moglie, la cognata e i lavoranti; avrebbe inoltre potuto tirare su carta propria 15 copie dei libri in lavorazione a patto che li avesse venduti ad un presso uguale o maggiore a quello dei degli esemplari venduti dai due soci “committenti”.

corrotto e segnato da punteggiatura malaccorta. Parrebbe infatti che lo stampatore, come spesso avviene nelle edizioni più antiche, si sia limitato a riprodurre la fonte manoscritta e che i due “curatori” vi abbiano apportato modesti ritocchi, emendando le lezioni più grossolanamente errate, uniformando in qualche misura l’ortografia, ma senza sottoporre il testo ad una vera e propria revisione filologica. Solo per quanto riguarda il primo capitolo vi si possono contare innumerevoli corruttele, alcune lectiones singulares (rintracciabili per lo più nelle varianti dei tempi verbali), omissioni sia di singole parole che di frasi, e refusi; elementi che poi si trasferiranno pressoché inalterati nella successiva edizione bolognese.153

Pur non ineccepibile dal punto di vista testuale, tuttavia, nella realizzazione tipografica la princeps tolemaica richiama «la pulizia e il modesto decoro» che, secondo Maria Cristofari,154 caratterizzarono la rigogliosa produzione incunabolistica vicentina.155 La misura della pagina, il disegno e il nitore dei caratteri sono la prova che a Vicenza, a differenza degli altri centri di terraferma della Repubblica Veneta, l’arte della stampa raggiunse un livello tecnico ragguardevole.156

Basterà calarsi all’interno degli elementi materiali dell’edizione – per la cui descrizione si è preso a metro l’esemplare conservato presso la Biblioteca Universitaria di Bologna, A V B XI 25 – per coglierne i molteplici aspetti.

153

Si veda l’apparto critico che correda la nostra edizione del primo libro della Cosmographia del 1478, infra, Appendice III.

154 M

ARIA CRISTOFARI, Editori vicentini del XV e XVI secolo, in Vicenza illustrata, a cura di Neri Pozza, saggi e note di Alberto Broglio... [et al.], Vicenza, Neri Pozza, 1976, pp. 179-188, part. p. 181.

155

Un primo censimento di incunaboli vicentini risale al 1796 ad opera del frate domenicano GIOVANNI TOMMASO FACCIOLI,Catalogo ragionato de' libri stampati in Vicenza, e suo territorio nel secolo XV. Con un'appendice de' libri de' vicentini, o spettanti a Vicenza, che in quel secolo si stamparono altrove, in Vicenza, 1796, in 8°. Più recentemente si deve a Denis Rhodes il catalogo dettagliato delle 98 edizioni uscite complessivamente nel XV secolo dalle officine di Vicenza, Santorso e Torrebelvicino: DENIS E.RHODES, La tipografia nel secolo XV a Vicenza, Santorso e Torrebelvicino, «Odeo Olimpico», 19 (1983-1986), pp. 181-225.

156

Per un discorso critico ed un disegno completo della tipografia nel Veneto e a Vicenza in particolare, si rinvia agli studi organici di: ANGELO COLLA, Tipografi, editori e librai a Padova, Treviso, Vicenza, Verona, Trento, in La stampa degli incunaboli nel Veneto, saggi e note di Neri Pozza… [et al.], Vicenza, Neri Pozza, 1984, pp. 37-80; NERI POZZA, L’editoria veneziana da Giovanni da Spira ad Aldo Manuzio: i centri editoriali di Terraferma, in Storia della cultura veneta, III/2: Dal primo Quattrocento al Concilio di Trento, Vicenza, Neri Pozza, 1980, pp. 240- 244; ANGELO COLLA, Tipografi editori e librai, in Storia di Vicenza, III/2: L’età della Repubblica veneta (1404-1797), a cura di Franco Barbieri e Paolo Preto, Vicenza, Neri Pozza, 1990, pp. 108- 162.

Il volume, in folio, è composto da 144 carte non numerate di mm 292x196. Una paginazione a lapis di mano contemporanea è stata apposta nel margine inferiore interno. Cartulato, con segnatura aa10 bb8-1 a10 b-g8 h10 A-F8 G10, manca tuttavia del registro, probabilmente stampato su un foglio volante che deve essere stato eliminato subito dopo la legatura. Ne sono prive infatti anche le copie possedute dalla Biblioteca Nazionale di Firenze, Incun. Magl. C. 4. 7, e dalla Biblioteca comunale Roberto Ardigò di Mantova Inc. IV F 17 n. 758.

La carta è contrassegnata da una filigrana raffigurante l’immagine di volatile che ricorda un cigno.

Il testo è in carattere romano, disposto su una sola colonna, con 39 righe per folio. Lo specchio di stampa misura mm 196x118. In corrispondenza dei capilettera sono lasciati gli spazi bianchi per l’eventuale inserimento di miniature, ma non vi è traccia di lettere guida.

La struttura del libro presenta alla carta aa2r-v la dedica a papa Alessandro V dell’Angeli autore della traduzione latina del testo tolemaico. Seguono, nella carta successiva, il sommario del libro primo e l’incipit «Claudii Ptolemaei Cosmographiae liber primus».

Come si è detto la princeps della Cosmographia fu stampata senza l’imponente apparato illustrativo che caratterizzava la produzione manoscritta, nonostante il fatto che a Vicenza, in questi stessi anni, non mancassero artisti in grado di disegnare e intagliare i legni per la tiratura di xilografie.157 Il testo è pertanto interrotto solo da tre dei quattro disegni geometrici che illustrano il capitolo 24 del lib. I (alle cc. bb1v, bb2v, bb3v) e da una quarta figura che accompagna l’ultimo capitolo del lib. VII (a c. F3r). Mentre i primi tre disegni annessi al primo libro si trovano normalmente nei codici latini, l’ultimo, che illustra la costruzione della sfera armillare, è più raro: manca ad esempio nei codici di Niccolò Germano e nelle stampe che da essi derivano, così come nei tolomei di Pietro del Massaio.

157 Cfr. A.C

OLLA, Tipografi, editori e librai a Padova, Treviso, Vicenza, Verona, Trento, cit., p. 69.

L’esemplare posseduto dalla Biblioteca Universitaria di Bologna presenta inoltre a margine numerose postille di grafia quattrocentesca, in lingua greca e latina, segno che il possessore ebbe modo di eseguire una personale collazione. Alla carta di guardia anteriore è tracciata a lapis una “I” maiuscola, di mano di Ludovico Montefani Caprara, bibliotecario dell’Istituto delle Scienze dal 1747. Da questa annotazione si evince che l’esemplare, come altri conservati alla Biblioteca Universitaria, proviene dal fondo originario dell’Istituto. Figurano, inoltre, due timbri della Pontificia Biblioteca di Bologna, uno rotondo in inchiostro verde, a folio 2r, l’altro di forma ovale, in inchiostro nero, al folio 3r.

Secondo il novero dell’ISTC dell’edizione vicentina sopravvivono oggi 83 esemplari, 22 dei quali conservati nelle istituzioni italiane.

Figura 2 C.PTOLEMAEUS, Cosmographia, Vicenza, 1477 (BOLOGNA, Biblioteca Universitaria, A V B XI 25, cc. 2a2r).