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INDAGINI PARATESTUALI: LA LETTERA NUNCUPATORIA MANOSCRITTA A CONFRONTO CON LA PREFAZIONE A STAMPA

DOMIZIO CALDERINI E LA „RECOGNITIO TABULARUM PTOLEMAEI‟

2.2 INDAGINI PARATESTUALI: LA LETTERA NUNCUPATORIA MANOSCRITTA A CONFRONTO CON LA PREFAZIONE A STAMPA

La perlustrazione degli spazi paratestuali ai margini della vicenda editoriale della

Cosmographia permette di raccogliere una serie di indizi estremamente

interessanti a vantaggio di alcune delle questioni più urgenti legate alla pubblicazione. Innanzitutto quelle relative ai tempi di realizzazione tipografica, iter del quale si conosce l‟arrivo ma non il punto di partenza; in secondo luogo quelle riguardanti l‟entità dei contributi apportati dalle diverse personalità coinvolte nell‟impresa; terzo infine, elemento assolutamente trascurato sino ad ora, le figure di potere che si delineano sullo sfondo.

Come già anticipato, la lettera nuncupatoria adespota69 che apre la stampa romana a c. [2v] necessita di essere letta in parallelo con la ben più ampia dedica a Sisto IV, composta appositamente dal Calderini per far da corredo alla

Cosmographia, ma rimasta di fatto inedita.70 Una composizione a cui l‟umanista

aveva consegnato, tra le altre cose, indicazioni circostanziate sull‟opera di curatela da lui condotta, tali che dunque avrebbe certamente desiderato presentare ai suoi lettori “in stampa”, se questo fosse stato possibile. La morte, occorsa prematuramente nel giugno del 1478, a pochi mesi dall‟uscita della pubblicazione, ne vanificò invece le intenzioni, impedendo a Domizio di provvedere a che la prefazione manoscritta venisse effettivamente consegnata al torchio tipografico. Non sono chiari i motivi che indussero il tipografo ad escludere il paratesto calderiniano dalla stampa, ma è indubbio che esso fosse tra le mani dell‟anonimo prefatore nel momento in cui si accinse a comporre la prefazione definitiva.

69 Il Raidel volle vedere nell‟anonimo prefatore la mano di Giovanni Andrea Bussi senza evidentemente considerare che questi era morto già nel 1475. Cfr. G.M. RAIDEL, Commentatio critico-literaria de Claudii Ptolemaei Geographia, cit., p. 43.

70 La dedica è tutt‟ora inedita nella sua integrità. Ne fu pubblicato solo un passo, quello cioè nel quale il Calderini espone il suo contributo all‟edizione, in: SCIPIONE MAFFEI, Verona illustrata, II: Parte seconda contiene l'istoria letteraria o sia la notizia de’ scrittori veronesi, in Verona, per Jacopo Vallarsi e Pierantonio Berno, 1731, p. 221; e da allora esso è stato l‟unico su cui si è fissato l‟interesse degli studiosi, anche in tempi recenti. Cfr.: Firenze e la scoperta dell'America, cit., n. 106; MASSIMO MIGLIO,Saggi di stampa: tipografi e cultura a Roma nel Quattrocento, a cura di Anna Modigliani, Roma, Roma nel Rinascimento, 2002, p. 153; LEANDRO PERINI, Quattro prefazioni umanistiche a testi scientifici, in L’Europa del libro nell’età dell’umanesimo. Atti del XIV Convegno Internazionale (Chianciano, Firenze, Pienza 16-19 luglio 2002), a cura di Luisa Secchi Tarugi, Firenze, Cesati, 2004, pp. 525-541.

La lettera, intitolata Domitii Calderini Veron(ensis) secretarii ap(osto)lici in

emendationem tabularum Ptholemaei Alexandrini ad Sistum IV Pont(ificem) Max(imum), sopravvive dunque unicamente ai ff. 262r-265r del manoscritto lat.

CCLVII (229) della Biblioteca Capitolare di Verona.

Si tratta di un codice composito-organizzato,71 formato da sei unità codicologiche,72 tutte databili oltre la seconda metà del sec. XV. Cartaceo, di piccole dimensioni 210150 mm., consta di 349 fogli numerati anticamente ad inchiostro e ingloba, oltre ad una serie di scritti calderiniani, di mani e provenienze diverse, alcuni dei quali incompleti o mutili,73 una raccolta di carmi in onore di Domizio, probabilmente allestita dal padre, Antonio Calderini, dopo la morte del figlio.74 L‟ornamentazione, di fattura grossolana, presente sulla III e sulla V unità, si limita al ritratto stilizzato del Calderini di profilo che compare ai ff. 31r, 94r e 286r e ad uno stemma gentilizio ai ff. 31r e 286r, accompagnato nel primo caso dalle iniziali B. M. e attorniato da una ghirlanda d‟alloro sormontata da un nastro, semplice nel secondo. La legatura era in cartoncino prima della sostituzione con una moderna legatura effettuata in concomitanza con le operazioni di restauro nel 2002.

Per quanto riguarda la storia del manoscritto è possibile ripercorrerne i tratti salienti solo a partire dal Settecento. Appartenne al marchese Scipione Maffei

71

Secondo la definizione dell‟ISTITUTO CENTRALE PER IL CATALOGO UNICO DELLE BIBLIOTECHE ITALIANE E PER LE INFORMAZIONI BIBLIOGRAFICHE, Guida a una descrizione uniforme dei manoscritti e al loro censimento, a cura di Viviana Jemolo e Mirella Morelli, contributi di Bonifacio Baroffio ... [et al.], Roma, s.n., 1990, p. 45: «raccolta di materiale vario riunito secondo criteri e finalità riconoscibili».

72 Per la descrizione dei contenuti del codice veronese si rimanda al catalogo, di recente pubblicazione, ma redatto tra 1894 e 1816: I manoscritti della Biblioteca capitolare di Verona, catalogo descrittivo redatto da Antonio Spagnolo, a cura di Silvia Marchi, Verona, Mazziana, 1996, pp. 290-292. È bene precisare tuttavia che la scheda catalografica non distingue le diverse unità codicologiche, limitandosi ad elencare le opere contenute nel codice e non riporta con precisione le diverse mani scriventi.

73 Sono quattro i richiami in fine di fascicolo che non trovano corrispondenza nell‟inizio successivo.

74 Sulle vicende e la composizione della raccolta dalla quale emerge esclusivamente il ritratto positivo dell‟umanista fondamentale il contributo di: ROBERT WEISS, In memoriam Domitii Calderini, «Italia medioevale e umanistica», 3 (1960), pp. 309-321.

(1675-1755), come documenta la nota autografa a f. 16v e come egli stesso riferisce nel capitolo dedicato al Calderini della sua Verona illustrata:75

Prezioso manuscritto acquistai già molt‟anni sono, ove più cose son di lui raccolte, maggior parte inedite, anzi alquante non più conosciute. Così fosser intere; ma il codice molti quinternetti comprende di mani diverse, alquanti de‟ quali imperfetti e tronchi, come saranno stati trovati.

Confluito nella seconda metà del secolo nei fondi della Biblioteca capitolare per donazione della famiglia Maffei, fu poi asportato nel 1796 da Napoleone che lo trasferì insieme ad altri libri preziosi a Parigi. Traccia di questa confisca, che lasciò il Capitolo impoverito di 31 manoscritti e 20 incunaboli – solo due terzi dei quali furono recuperati, nel 1816, a seguito della caduta dell‟imperatore –, è il timbro reperibile a f. 2r: «Bibliothèque Nationale R.F.».76

La dedicatoria del Calderini si trova nella IV unità codicologica (ff. 262r- 265r), inclusiva anche di un altro importante testo: Domitius ex Graecorum

Scriptis de Ptolemaeis ad Sixtum quartum pontificem maximum (f. 265r-v).

Entrambi sono copiati da una stessa mano in scrittura corsiva. L‟inchiostro è di colore nero. Nella dedicatoria a Sisto IV, inoltre, il copista ha lasciato quattro spazi per il successivo inserimento delle parole greche, che infatti risultano vergate con un inchiostro bruno. Troppo pochi questi inserti per poter stabilirne una attribuzione dalla grafia. L‟analisi paleografica tuttavia suggerisce che a copiarli fosse una mano latina poco o per nulla usa alla scrittura greca.77 Pertengono certamente al copista le sporadiche correzioni dei refusi e alcune sostituzioni di parole.

Elemento più importante ai fini della nostra ricerca è quello relativo alla datazione della dedica e, di conseguenza, dell‟unità codicologica. Com‟è noto il Calderini fu al seguito del cardinale Giuliano della Rovere nella legazione che questi compì in Francia tra il febbraio e l‟ottobre del 1476 per sedare una rivolta

75

Cfr.: S.MAFFEI, Verona illustrata, II: Parte seconda contiene l'istoria letteraria o sia la notizia de’ scrittori veronesi, cit., pp. 220-221.

76 Analoga sorte, dal trasferimento dei beni librari in Francia alla parziale riconsegna, fu condivisa dal patrimonio bibliografico del Convento del SS. Salvatore stando alla precisa ricostruzione di: MARIA GIOIA TAVONI, Il patrimonio bibliografico a stampa della biblioteca del SS. Salvatore, in

EAD.,Percorsi minimi: biblioteche pubbliche e private in età moderna, Bologna, Pàtron, 2006, pp.

73-95.

scoppiata ad Avignone e per rafforzare l‟autorità pontificia nel regno.78 Del viaggio e della politica che Giuliano adottò in quel frangente, che procurò al papa, contro ogni aspettativa, l‟appoggio di Luigi XI, la prefazione per la

Cosmpographia tolemaica contiene un vivido ricordo, riaffiorando in quel

lunghissimo panegirico del cardinale che il Calderini intesse tra le lodi consacrate al pontefice.

Mi sia concesso aprire qui una piccola parentesi che introduce un ulteriore interrogativo nella vicenda di cui ci occupiamo: l‟evidente sproporzione dell‟elogio di Giuliano (occupa interamente recto e tergo di f. 264) in una lettera in cui dovrebbe campeggiare la captatio benevolentiae di Sisto IV, elogio che il Calderini appunto maschera al pontefice come omaggio alla sua stessa persona:79

illud quoque ad felicitatis tuae cumulum accessit: quod Iulianum, Divi Petri ad Vincula Cardinalem, fratris filium, eum nactus es ut fortunarum ac dignitatis, quam in eo collocasti maximam, te nequaquam poeniteat

è da interpretare solo nel segno di un ossequio per il nipote, sotto la cui protezione Domizio era passato dopo la morte del Bessarione e del Riario,80 o non sarebbe lecito piuttosto pensare che essa fosse mirata ad ingraziarsi una partecipazione economica alle spese della pubblicazione?81

78 Sulla legazione il Calderini ha lasciato una descrizione che ci è giunta mutila ai ff. 27r-30v del codice della Capitolare con il titolo: Legatio in Galliam Juliani Card.(inalis) Divi Petri ad vincula. Sugli scopi della missione diplomatica e sulle difficoltà che essa incontrava in Francia, cfr.: Giulio II, in Enciclopedia dei papi, III, Roma, Istituto della Enciclopedia italiana, 2000, ad vocem. 79 Cito sempre dal codice capitolare f. 263v-264r. Cfr. Appendice II, infra, p. 207, righe 89-92. 80 Alla morte del Bessarione il Calderini aveva coltivato i propri legami con la famiglia del pontefice, avvicinandosi inizialmente a Pietro Riario, potente e munifico nipote del papa della cui protezione aveva beneficiato fino al 5 gennaio 1474, data della morte improvvisa del cardinale. Con la scomparsa del Riario non si allentarono tuttavia i legami con la famiglia Della Rovere, tanto che nel documento del 27 giugno 1474, con il quale il Calderini veniva nominato segretario apostolico partecipante numerario, risulta già familiaris continuus commensalis di Giuliano Della Rovere. In proposito si veda: A.PEROSA, Calderini Domizio, cit.

81 Per la consolidata interpretazione delle vicende dei primi anni della stampa romana come espressione del mecenatismo cfr.: RUDOLF HIRSCH, Printing, selling and reading (1450-1550), 2nd printing with a supplemental annotated bibliographical introduction, Wiesbaden, Otto Harrassowitz, 1974; ERNST PHILIP GOLDSCHMIDT, Il libro umanistico dall'Italia all'Europa, in Libri, scrittura e pubblico nel Rinascimento: guida storica e critica, a cura di Armando Petrucci, Bari 1979, pp. 101-136. Di parere diverso ANNA MODIGLIANI, Tipografi a Roma prima della stampa: due società per fare libri con le forme (1466-1470), Roma, Roma nel rinascimento, 1989, pp. 55-56, 76-77 e MASSIMO MIGLIO, Fonti documentarie e storia della cultura: Roma tardomedioevale, «Quaderni. Istituto di scienze storico-politiche. Facoltà di Magistero. Università degli Studi. Bari», 2 (1981-1982), pp. 119-135, secondo i quali le prime tipografie romane i sorsero e operarono sulla base di capitali privati.

Nel suo Uso e abuso delle dediche82 Santoro sottolinea appunto che fino alla

metà del Cinquecento dedica, proemio, epistola prefatoria, continueranno a confondersi intrepretando ruoli non troppo dissimili tra loro, fra i quali quello di procacciare, a favore dell‟autore o dell‟editore, appoggi o benefici di vario genere, non ultimo ricompense in denaro:83 «l‟interesse del destinatario dell‟epistola prefatoria e la sua responsabilità e/o partecipazione nella realizzazione di una pubblicazione», rimarca Santoro, «risultano in numerose circostanze inequivocabili, evidenziando un preciso rapporto di committenza».84

Che Giuliano fosse davvero promotore e/o finanziatore dell‟edizione non abbiamo documenti per comprovarlo; resta però che analoghe digressioni non si ravvisano nelle altre lettere di dedica del Calderini premesse ad edizioni a stampa.85

Per tornare ora sulle tracce abbandonate, la composizione della nuncupatoria andrà dunque collocata necessariamente dopo il rientro in Italia della legazione, nell‟autunno del 1476, terminus a quo anche per la stesura del fascicolo del manoscritto.

Altri problemi pone l‟analisi filologica del testo della lettera. Ci limitiamo a rilevare quegli elementi che possono aver interessato più direttamente l‟utilizzazione del manoscritto per la composizione della prefazione a stampa. La dedicatoria calderiniana reca le tracce di una revisione che dà luogo ad un discreto numero di interventi, preponderanti nelle carte iniziali, ma propagati a tutta l‟estensione del testo, fino a spingersi ad un‟aggiunta anche nella breve notizia De

Ptolomaeis. Vi si possono distinguere due mani, A e B,86 la prima delle quali,

coeva al testo stesso, è l‟unica davvero significativa. L‟altra, sicuramente

82

Cfr. MARCO SANTORO, Uso e abuso delle dediche: a proposito del Della dedicatione de' libri di Giovanni Fratta, Roma, Edizioni dell‟Ateneo, 2006, pp. 10-11.

83 Esemplare in proposito la dedica del Bussi a Paolo II, premessa al primo tomo delle Epistulae di san Girolamo e ancor più il caso di Ficino, indagato da Vasoli: CESARE VASOLI, Note su alcuni “proemi” e dediche di Marsilio Ficino, in Strategie del testo: preliminari, partizioni, pause. Atti del 16. e del 17. Convegno interuniversitario (Bressanone, 1988 e 1989), a cura di Gianfelice Peron, premessa di Gianfranco Folena, Padova, Esedra, 1995, pp. 133-149.

84 M.S

ANTORO, Uso e abuso delle dediche, cit., p. 11. 85

Tutte le lettere dell‟umanista, distinte in lettere di dedica a edizioni, lettere trattato e lettere vere e proprie, sono citate in: A.PEROSA, Due lettere di Domizio Calderini, cit., pp. 3-20.

86 Nella nostra edizione del testo, Appendice II, infra, pp. 203-209, queste due mani sono indicate secunda e tertia, mentre prima è ovviamente quella del copista.

posteriore alla riunione del codice composito, è di scarso interesse dal momento che si limita a ritrascrivere, nel margine di piede di f. 263r, con una grafia a imitazione di quella quattrocentesca, la più lunga delle inserzioni di A, la cui lettura, essendo essa ubicata nel margine interno della pagina, è stata parzialmente compromessa a seguito della cucitura dei fogli. Si tratta comunque di un particolare non trascurabile che dimostra come la revisione di A sia stata condotta quando ancora i fogli erano sciolti. L‟inchiostro utilizzato da A è bruno, ma più chiaro di quello impiegato per scrivere le parole greche.

Figura 8 Postille di mano A e B sul manoscritto capitolare di Verona lat.

Tutti gli interventi che sono stati operati dal correttore – tranne un solo caso in cui si riscrive una parola malamente corretta dal copista – introducono nel testo precisazioni o ampliamenti. Non sempre tuttavia tali inserzioni paiono opportune, anzi sembrano aggiunte mal collocate dai segni di inserzione se non glosse: 1) vanno a spezzare il filo consequenziale del discorso originario:

a) manoscritto f. 262v (Appendice II, infra, p. 204, righe 32-36):

Quom autem ea ratione carerent, quae a Strabone prius scripta, tum a Ptolemaeo perfecta et elaborata est, multa ad historiae et locorum fidem in iis desiderabantur

[ut unus Ptolemaeus reliquos cosmographos omnes tanto anteiverit quantum terra distat a caelo]: in quo igitur Dicaearchus omnino explosus est ac deridetur,

Strabo autem nihil effecit; in eo potissimum Ptolemaeus divino quodam studio et labore claruit, atque id sane ingenti humani generis utilitate.

b) f. 263r (ivi, pp. 205-206, righe 52-57):

Numeri, quibus longitudo latitudoque designatur, librariorum culpa vel inversi vel confusi, in sua quisque spatia explicati a nobis et collocati sunt. [Denique vir

acerrimi ingenii triennium87 in hac una opera posuit magno sumptu, maiore

cura, maxima vero, ut equidem spero, laude et gloria immortali.] Graecorum

codices una contuli, et ex iis vetustissimum quendam a Gemisto Spartano philosopho mathematicoque nobilissimo olim emendatum, ad cuius praescriptum et exemplum hunc nostrum multis in locis tota plerumque pagina correxi.

2) aggiungono sintagmi apparentemente superflui anche se accettabili: c) f. 262v (ivi, p. 204, righa 32):

Quom autem ea ratione carerent [scil. tabulae], quae [in tabula conficienda] a Strabone prius scripta…

d) f. 262v (ibid., riga 35)

in eo potissimum Ptolemaeus [in quod hanc disciplinam] divino quodam studio et labore claruit, atque id sane ingenti humani generis utilitate.

3) o ancora provocano ripetizioni poco eleganti stilisticamente: e) f. 262v (ivi, pp. 204-205, righe 35-40)

in eo potissimum Ptolemaeus divino quodam studio et labore claruit, atque id sane ingenti humani generis utilitate. Nam quae tandem ars, te obsecro, satis perpolita

87 La tessera «vir acerrimi ingegni» sarà prelevata dalla postilla e reinserita nella prefazione a stampa in tutt‟altra posizione: «vir sagacis ingenii Ptolemeus».

esse potest sine cosmographiae cognitione? Qui in reconditis disciplinis, qui in expositis versantur, qui domi, qui foris agunt, hac [potissimum] doctrina in primis diversarum rerum rationem perdiscunt et ea admodum delectantur.

Proprio queste stonature rispetto al testo calderininiano mi inducono ad escludere che ci si trovi di fronte ad una seconda redazione autoriale. Lo stesso sospetto è suffragato anche dalla già citata postilla: denique vir acerrimi ingenii triennium in

hac una opera posuit magno sumptu, maiore cura, maxima vero, ut equidem spero, laude et gloria immortali, che, al di là della bella climax, nella clausola mi

sembra più adatta ad essere formulata dalla “penna” del tipografo, piuttosto che da quella del Calderini. Sarebbe infatti singolare se Domizio, nel lungo passaggio in cui appunto illustra meticolosamente al papa il proprio contributo e i propri meriti filologici per l‟emendazione del testo, vi giustapponesse in quella posizione un elogio per il lavoro di un uomo non meglio identificato, dello Sweynheym se si presta fede all‟incunabolo c. 1v (Appendice II, infra, p. 213, righe 37-41):

Magister vero Conradus Sweynheym Germanus, [… subinde, mathematicis adhibitis viris, quemadmodum tabulis aeneis imprimerentur edocuit, triennioque in hac cura consumpto diem obiit.

Più convincente mi sembra dunque l‟ipotesi che la revisione sia stata condotta nell‟officina tipografica dopo che il testo era stato licenziato dal Calderini e che essa fosse, almeno nelle intenzioni iniziali dello stampatore, effettivamente finalizzata alla pubblicazione del paratesto nella sua interezza. Quale dei due fosse quello stampatore, se Sweynheym o Buckinck, lo si potrà solo ipotizzare dalle considerzioni seguenti.

Che proprio il nostro manoscritto fosse sotto gli occhi dell‟anonimo prefatore, nel momento in cui questi si accingeva ad elaborare la dedica definitiva, non può essere provato da concordanze in lezione errata, dal momento che i pochi errori presenti nel manoscritto non interessano le frasi trasferite nella prefazione a stampa. La suggestione si basa tuttavia su due fattori che costituiscono un paradigma indiziario e che abbiamo seguito nelle sue tracce più evidenti. Innanzitutto all‟interno dei molti sintagmi prelevati dal testo calderiniano e ricalcati pedissequamente o inseriti con piccole varianti nell‟incunabolo, si accolgono, laddove presenti, sia le correzioni di prima mano sia le integrazioni del

revisore; in secondo luogo la prefazione a stampa si appropria, con opportuni tagli, anche del breve ritratto di Claudio Tolomeo di Alessandria, contenuto nell‟excursus De Ptolemaeis (f. 265v) che segue la dedica nella stessa unità codicologica. In questo caso però il prestito risponde esclusivamente a necessità estetiche di mise en page che potremmo definire dell‟ultim‟ora, serve cioè a completare le righe terminali dello specchio di stampa, che la prefazione troppo corta avrebbe altrimenti lasciate bianche, creando una sgradevole asimmetria con la pagina a fronte.88 Dunque il manoscritto doveva essere stato immediatamente reperibile al bisogno.

È lecito a questo punto interrogarsi sul motivo per cui una prefazione, che vedremo sarà completamente rimaneggiata, se non addirittura stravolta nella stampa, (tanto da non avere più in comune altro se non alcune frasi o sintagmi) avrebbe dovuto essere riveduta anche nei passi non utili alla ricomposizione finale.

Credo che la risposta vada ricercata proprio nell‟avvicendamento che seguì la morte di Sweynheym. In altre parole il sospetto è che Calderini, prima della scomparsa del tipografo, avesse già composto la dedica a Sisto IV e, di conseguenza, già terminato la sua emendazione del testo tolemaico. A tale conclusione condurrebbe non soltanto il sorprendente silenzio di Domizio su un tale avvenimento, che deveva invece aver creato un contraccolpo notevole all‟interno dell‟officina tipografica, che dunque penso concepibile solo nell‟ottica dell‟antecedenza della dedica rispetto al fatto (e altrettanto si può dire dell‟assenza totale di un benché minimo cenno alla figura del Buckinck), ma anche la testimonianza incrociata con altri scritti calderiniani.

88

Interventi di questo tipo si verificano normalmente nel caso di edizioni frettolose dove il computo degli spazi occupati dal testo non viene misurato opportunamente, soprattutto quando si tratta di prosa. Se i calcoli erano sbagliati, al momento di comporre i caratteri in fondo alla pagina il compositore si poteva trovare con troppo o con non abbastanza materiale per ultimare la mise en page. La soluzione era dunque di trasferire qualcosa alla pagina successiva, oppure, come nel nostro caso, di attingere altro testo. Cfr. HENRI JEAN MARTIN, La naissance du livre moderne, 14.- 17. siècles: mise en page et mise en texte du livre français, avec la collaboration de Jean-Marc Chatelain ... [et al.], Paris, Editions du Cercle de la librairie, 2000, passim.

F ig ura 9 L etter a p re fat o ria e in cip it d ella C o smo g ra p h ia ( C ITTÀ D EL V A TI C A N O , B ib lio tec a Ap o sto lica Vatica n a, I n c. C h ig . S. 1 7 1 , cc . [a1 v -2 r] )

Che l‟umanista avesse avuto già da tempo per le mani il testo della