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SEGNI E PAROLE

4.3 PARLARE E SEGNARE A CONFRONTO

4.3.3 EDUCAZIONE BILINGUE

In una società come quella attuale ci si apre sempre di più alla diversità, ad altre culture e altre lingue e al bilinguismo.

Non è semplice dare una definizione univoca al termine bilinguismo. Esso indica la capacità di un individuo di utilizzare due lingue con una correttezza fonetica e con

una padronanza del vocabolario e delle strutture grammaticali119, tenendo conto degli

aspetti comunicativi, politici, sociali, psicologici, pedagogici e didattici.

La pedagogia interculturale ha focalizzato, infatti, l’interesse sul bilinguismo, sostenendo che per il bambino esso presenta vantaggi dal punto di vista cognitivo. Gli studi di psicolinguistica evolutiva e le ricerche sul bilinguismo hanno dimostrato che dare ai bambini la possibilità di imparare due o più lingue, vuol dire dar loro

degli strumenti comunicativi e cognitivi più ricchi e stimolanti120.

Altre ricerche di psicolinguistica svolte da E. Peal e W.E.Lambert, attraverso osservazioni empiriche su gruppi di monolingui e di bilingui, hanno rilevato che il bilinguismo determina una più forte flessibilità cognitiva e consistenti capacità di

astrazione e di concettualizzazione121 .

Il bambino bilingue impara precocemente ad esprimere la stessa esperienza in codici linguistici diversi, a capire che i termini non corrispondono perfettamente nelle diverse lingue e che le lingue stesse strutturano la realtà, la conoscenza, con “filtri” diversi. Ciò favorisce in lui una maggiore riflessione sul valore del linguaggio e

un’analisi precoce dal punto di vista metalinguistico122

.

Il bilinguismo si presenta in vari modi a seconda dei contesti e dei fattori: basti pensare al bilinguismo simultaneo quando l’individuo ha un rapporto continuo e

118 Dattolico R., L’Acchiappanumeri,Editrice Ardea, Napoli, 2005.

119 Deshays E., Come favorire il bilinguismo dei bambini, Edizioni Red!,Novara, 1993.

120 Ardito B, Mignosi E, Vivo una favola e imparo le lingue – Giocare a parlare con bambini sordi e non,La Nuova Italia,Firenze, 1995. 121 A.Vaccarelli, op.cit.

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contemporaneo con due lingue diverse fin dai primi anni di vita. L’altra forma di bilinguismo, quello consecutivo, si ha quando l’individuo apprende la seconda lingua

successivamente all’acquisizione della lingua madre123

.

Non sempre, però, il bambino immigrato, proveniente da una famiglia che utilizza il bilinguismo simultaneo, impara le due lingue in modo uguale. Il più delle volte infatti, accade che il bambino inizia ad apprendere le due lingue in modo parallelo e nella stessa misura ma poi, pian piano, “perde” la lingua madre rispetto a quella del luogo in cui vive. Se nei primi anni di vita, a contatto con la famiglia, il bambino utilizza le due lingue, una volta entrato nella scuola materna e immerso nella vita sociale extrafamiliare, sceglie la lingua che è più utilizzata da tutti i compagni. Il bambino, quindi, predilige la lingua più funzionale, cioè più adatta per esprimere i suoi desideri e i suoi bisogni all’interno del contesto scolastico. È preferibile, però, che il bambino utilizzi la sua lingua madre in determinate situazioni per migliorare la competenza in entrambe le lingue. Lo psicologo russo L.S.Vygotskij, infatti, ha affrontato l’argomento relativo al rapporto tra lingua materna e lingua straniera, sottolineando che l’imparare una lingua straniera dipende dalla conoscenza della lingua materna. Il bambino può trasportare il sistema di significati che egli possiede nella lingua materna, nella nuova lingua e viceversa, acquisendo consapevolezza

nelle operazioni linguistiche124. Perché questo accada, è opportuno prevedere dei

contesti di interazione piacevoli e stimolanti dove il bambino sia motivato ad usare le

lingue con i compagni e gli adulti125.

Nel caso dei bambini sordi, si può parlare, per certi aspetti, di bilinguismo consecutivo perché il bambino acquisisce spontaneamente la lingua dei segni italiana grazie all’uso della modalità visiva, mentre apprende la lingua vocale con un

notevole sforzo sul piano acustico-vocale126. Si dovranno, pertanto, prevedere

momenti d’interazione comunicativa sia in LIS che in italiano, con bambini e adulti,

123 A.Vaccarelli, op.cit. 124 A.Vaccarelli, op.cit.

125 B.Ardito, Giochi di segni e parole – Un manuale per leggere e scrivere con bambini sordi e udenti dai 3 ai 7 anni,FrancoAngeli, Milano, 1998. 126

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udenti e sordi per migliorare le competenze linguistiche e per favorire la co- costruzione dei concetti in ambito didattico.

Confrontando i segni con le parole, il bambino scoprirà, ben presto, che non solo le lingue sono diverse, ma che esse strutturano la realtà con procedure diverse: con la lingua dei segni italiana si ragiona per segni, mentre con la lingua vocale si ragiona per parole.

I sostenitori dell’educazione bilingue propongono, infatti, che i bambini sordi vengano esposti a due lingue: la lingua dei segni e la lingua parlata.

La lingua dei segni permette al bambino sordo di sviluppare in modo spontaneo il linguaggio e il pensiero, mentre la lingua parlata gli consente di interagire con gli

udenti della comunità nella quale vive127.

L’apprendimento della lingua seconda, ossia l’italiano, nel caso del bambino sordo, supportato dalla lingua dei segni, favorisce anche maggiori sicurezze sul piano

psicologico.128 «Il bilinguismo [infatti] è la sola via che conduce il bambino sordo

allo sviluppo armonioso della sua parola»129.

Si pensi che nei paesi scandinavi vi sono leggi che obbligano gli insegnanti e gli

operatori socio-sanitari dei sordi all’apprendimento della lingua dei segni130.

Sono state svolte varie esperienze di educazione bilingue in alcune scuole in Italia: nell’ anno scolastico 2003-2004, gli studenti di una seconda classe di grafica dell’Istituto Professionale Kandinsksky di Gratosoglio, hanno imparato la lingua dei segni italiana per poter entrare maggiormente in comunicazione con Mario, un loro

coetaneo sordo131. Un altro progetto simile è stato attuato in un Liceo di Scienze

sociali dell’Istituto Virgilio di Milano132

.

127 Caselli M.C.et al. [Maragna S., Pagliari Rampelli L., V.Volterra], op.cit. 128 Liberamente tratta da: A. Vaccarelli, op.cit.

129 D.Bouvet, La parola del bambino sordo, Masson, Milano, 1986, pag.153; in Pigliacampo R., op.cit.,1998, pag.100. 130 Pigliacampo R., op.cit.1998.

131 Tale progetto è partito grazie ad una educatrice di Mario perché lo scorso anno l’alunno aveva problemi di inserimento col gruppo di compagni e

non riusciva a seguire le lezioni.

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Significativa è l’esperienza di bilinguismo realizzata nella scuola dell’infanzia e elementare del 173° Circolo Didattico, sita nei locali dell’Istituto Statale per

sordomuti a Roma133.

La lingua dei segni italiana non solo è intesa come lingua con regole grammaticali al pari di lingue vocali ma anche come una delle strategie didattiche efficaci in ambito scolastico. A tale riguardo, si potranno, ad esempio, organizzare i giochi didattici in LIS e di simulazione in ambito matematico, tra cui quello sul lessico matematico per far capire al bambino come uno stesso significato possa essere veicolato da due parole o segni diversi nell’altra lingua. Un esempio lessicale è dato dal termine “meno” che, mentre in italiano, si usa indifferentemente sia nel caso in cui si parli di avverbio Carlo è meno bravo di Paolo o di matematica 5-3=2, in

LIS si usano due segni diversi per le due situazioni differenti (Fig. 36)134 .

Figura 36: Due segni corrispondenti al termine "meno"135. Il segno “meno”, che si vede a sinistra, è per la matematica

rispetto all’altro che è per le frasi come quella seguente---> Carlo è meno bravo di Paolo.

I segni sono, dunque, un vantaggio sia per i bambini sordi che per i docenti; in particolare, consentono al bambino:

 di acquisire i concetti della conoscenza matematica,

 di avere gli stessi ritmi della classe,

 di seguire i programmi senza riduzione,

133 B.Ardito, op.cit. 134 Ibidem 135

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 di ampliare il lessico “appoggiando”il significato dei termini nuovi sui

segni conosciuti136.

e al docente di avere un’immediata verifica della comprensione.

Giocare, inoltre, con le lingue e utilizzare due lingue, è costruttivo anche per i bambini udenti. Perché questo funzioni è importante che anche i compagni del “protagonista” conoscano la lingua dei segni italiana. Grazie all’educazione bilingue, i bambini sordi e i bambini udenti potranno conoscersi e confrontarsi in condizioni di parità, usufruendo dello stesso canale, ossia quello visivo sia a lezione che nei giochi di simulazione in ambito matematico che verranno illustrati successivamente.

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