• Non ci sono risultati.

EDUCAZIONE INTELLETTUALE IN GENERE

SEZIONE PRIMA

EDUCAZIONE INTELLETTUALE IN GENERE

Necessità di un’acconcia educazione intellettuale

Abbiamo parlato nella prima parte delle facoltà fisiche del fanciullo. In questa seconda è da parlare dell’educazione delle facoltà intellettuali. Que-sta supera in importanza l’igiene di quanto la mente supera il corpo. Come l’ignoranza è apportatrice di molti mali, così l’istruzione, quando è vera, è apportatrice di molti beni. E se in tutti i tempi fu importante l’educazione intel-lettuale adeguata della gioventù, nei nostri riesce importantissima, sia perché la ragione dei tempi maggiormente lo richiede, essendosi l’istruzione maggior-mente diffusa ovunque; sia perché quanto più i nemici della vera scienza e della religione fanno violenti sforzi per esporre sotto gli occhi dei giovani inesperti insegnamenti che gettano ombra sulle menti e corrompono i costumi, tanto maggiore accortezza ed energia bisogna adoperare per mettere ordine e solidità nell’educare la mente, per far regnare nelle lettere e nelle scienze un metodo assolutamente conforme alla verità ed alla fede cattolica. [p. 128]

Un terzo motivo esterno ci deve spingere ad istruire bene; ed è che molti genitori ai nostri tempi non guardano guari gli altri pregi dell’educazione, e non ci consegnerebbero più i loro figliuoli ad educare se noi non avessimo fama di dotti e di saper istruire bene.

L’istruzione è distinta dall’educazione; ma non è e non va da quella sepa-rata. L’istruzione dà l’intellettuale coltura, l’educazione dà la morale istruzione e formazione del cuore. La prima d’ordinario non si fa consistere che nel cor-redare le menti giovanili di una suppellettile di cognizioni che valga, secon-do l’età e l’attitudine, ad addestrare i giovani nell’utile esercizio delle facoltà intellettuali; laddove l’educazione dovrebbe portare lo svolgimento e l’attua-zione dei grandi principi religiosi e morali, applicati alla condotta domestica e cittadina di questi giovani medesimi. Per la scientifica istruzione si avranno giovani eruditi e valenti, ma l’educazione vi darà giovani onesti e virtuosi.

Se da queste parole si vede che l’istruzione è distinta dall’educazione si vede pure che queste due cose non possono star separate, e che l’istruzione

deve anch’essa tendere alla felicità dall’alunno, e che non deve mai perdere di vista l’ultimo fine a cui debbono essere rivolte tutte le sollecitudini di un buon educatore, cioè di facilitare all’educando la pratica del bene e l’acquisto della sua vera felicità.

L’istruzione propriamente detta può definirsi; l’esposizione ordinata della verità. Espone dal latino esponere [p. 129] vuol appunto dire porre avanti, met-tere fuori per mezzo della parola. A quel modo che si presenmet-terebbe a vedere un oggetto materiale, così nell’istruzione dobbiamo prendere la verità della nostra mente e colla parola farla vedere e conoscere ai giovani. Questa esposizione deve essere ordinata perché senza ordine ne verrebbe sempre confusione e non istruzione.

L’istruzione è poi esposizione ordinata della verità: perciò non potreb-be dirsi istruito chi avesse imparato molti errori; anzi ciò sarebpotreb-be di ostacolo grande all’istruzione, onde il proverbio: meglio l’ignoranza che l’errore. La verità poi è definita da sant’Agostino id quod est; e generalmente dai filosofi si definisce: adaequatio rei et intellectus.

Principi fondamentali dell’educazione intellettuale

È evidente che l’educazione intellettuale deve avere un principio su cui si fonda, come deve avere un processo per cui discorre, ed un fine a cui tende.

Quale sarà dunque questo principio fondamentale dell’educazione intel-lettuale? L’intelligenza umana è una ed identica nella sua essenza costitutiva, molteplice e svariata nel suo operare, ossia nelle sue manifestazioni. L’essen-za dell’intelligenL’essen-za sta nel pensare e nel conoscere; essa non è mai altro che questo, e siffatta sua essenza non cangia mai. Puossi però pensare e conoscere in guise diverse e molteplici, quali sono l’istruire e il percepire, il riflettere e l’osservare, il giudicare e il ragionare, l’indurre e il dedurre, il meditare e il ricordare ecc. Tutte queste [p. 130] funzioni sono manifestazioni varie della stessa intelligenza, la quale perciò apparisce chiaramente una nella sua essen-za e molteplice nel suo operare. Orbene se tale è la natura dell’intelligenessen-za, il principio fondamentale che dirige la sua educazione deve consistere in ciò che essa sia molteplice1 nel suo operare ed una nella sua essenza. Dissi molteplice nel suo operare perché deve aver cura di esercitare e coltivare conveniente-mente tutte e singole le funzioni dell’intelligenza e non alcune soltanto; e dissi una nella sua essenza perché deve cercare di coltivare ciascuna funzione della

1 natura dell’intelligenza… molteplice] Su questa natura dell’intelligenza ha il fondamento suo l’educazione intellettuale, che deve anch’essa essere una e molteplice (G. allieVo, Studi pedagogi-ci…, p. 378).

mente nell’ordine suo, e giusta i vincoli di dipendenza che la collegano con tutte le altre.

Sono dannosissime le conseguenze che ne avverrebbero qualora non si istruisse secondo la su esposta regola. Eppure non è raro il caso che tu ti in-contri in tale educatore che lascia negletta la fantasia, riputandone dannoso lo sviluppo, o trascura la percezione esteriore siccome non bisognevole di appo-sita coltura: o che coltiva troppo l’astrazione od il puro ragionamento a dan-no dell’osservazione sensibile; od esercita oltre il convenevole la memoria a detrimento del criterio e della riflessione; il che tutto è a danno dell’unità ed armonia che deve dirigere l’educazione intellettuale.

Concetto e divisione dell’educazione intellettuale

Non è da confondere l’educazione con la pura istruzione: quella cerca di far acquistare all’alunno il sicuro e pieno dominio della propria intelligenza e lo addestra a pensare giustamente da sé a giudicare delle cose secondo verità, a ragionare [p. 131] rettamente, a riflettere con sodezza; questa mira unicamente a fornire l’alunno di un conveniente corredo di cognizioni. La prima2 ci dà quel che dicesi coltura formale; la seconda ci dà la coltura materiale. Quindi se la coltura materiale fa l’uomo dotto ed erudito in questo od in quell’altro ordine del sapere la formale gli dà la conoscenza del proprio pensare, lo fa giudizioso, assennato, riflessivo; tale insomma che valga ad acquistare da sé infinite altre cognizioni, oltre quelle che gli vennero comunicate dal maestro3.

Queste due parti di mentale coltura vanno coltivate insieme ed acconcia-mente, dando la preminenza alla coltura formale. Poiché quando il pensiero sia formato a dovere e quindi sicuro di sé, retto nel suo procedere e vigoroso nell’operare, sarà atto a progredire all’acquisto di sempre nuove cognizioni.

Epperò apparisce onninamente erronea e rovinosa l’opinione di coloro che av-visano d’aver educato bene l’intelligenza col solo avere infuso nella mente del discepolo il massimo numero possibile di cognizioni.

Ad ottenere la desiderata armonia della coltura formale colla materiale, necessita che la coltura materiale sia avvivata dalla formale per modo, che il discente nel ricevere l’istruzione non rimanga passivo, ma accopi l’opera della sua mente al magistero altrui, faccia suo il sapere comunicatogli e se lo riduca,

2 prima om B

3 Quindi se la… dal maestro] Quindi se la coltura materiale fa l’uomo dotto ed erudito in questo od in quell’altro ordine del sapere la formale gli dà la coscienza del proprio pensare, lo fa giudizioso, assennato, riflessivo, tale insomma che valga ad acquistare da sé infinite altre cognizioni oltre quelle, che gli vennero apprese dal suo maestro. (G. allieVo, Studi pedagogici…, p. 129).

come suol dirsi, in suco e sangue, poiché se l’alunno non impara a pensare giusto da sé, mentre viene istruito, neanche [p. 132] da sé saprà poi istruirsi durante la vita, ed ampliare il patrimonio del sapere ricevuto4.

Il maestro, per impartire bene la coltura formale, bisogna che vegli sulle prime idee [che] l’intelligenza infantile accoppia insieme, prevenendo di tal modo e correggendo la stortura dei giudizi e dei ragionamenti, insegni ad ap-propriare gli oggetti conoscibili alle singole funzioni intellettuali, a formare le buone abitudini del meditare e del riflettere, tener vivo nello studioso l’amore alla scienza.

Ora per adempiere tale ufficio occorre che l’istitutore conosca per bene tutte e singole le funzioni intellettuali, e l’ordine con cui ciascuna di esse si manifesta nello sviluppo psicologico ed il modo con cui l’una opera sull’al-tra, e non ignori l’influenza che la scienza da lui comunicata all’alunno, eser-cita sulla sua maniera di pensare, di sentire, di operare. In altri termini, per riuscire buon maestro, bisogna aver studiato oltre alla pedagogia propriamen-te detta, anche la filosofia, e di questa specialmenpropriamen-te la logica, l’antropologia e la psicologia.

Senza questo l’insegnante sarà tutto intento alla scienza che professa e dimenticherà la persona dell’alunno che deve educare; egli vedrà intorno a sé non intelligenze da formare, ma crani vuoti da riempire, così la scuola regalerà alla società non teste ben fatte, ma teste piene, le quali ben presto perderanno le loro posticcie cognizioni, perché mancherà lo spirito pensante che le conservi e le aumenti (v. Allievo)5. [p. 133]

Leggi dell’educazione intellettuale

Se poniamo ben mente come si sviluppa la facoltà pensante del fanciullo, agevolmente rileviamo che essa procede per una serie di funzioni siffattamente disposte che l’una spunta accanto all’altra e tutte insieme s’intrecciano senza interruzione quasi anelli formanti una catena continuata. Così dapprima s’intu-isce, poi tiene dietro immediatamente il giudizio, a cui segue il raziocinio, tre funzioni che si connettono con vincolo indissolubile. Del pari prima si

perce-4 Ad ottenere la… ricevuto] Necessita secondamente, ad ottenere la desiderata armonia della coltura formale di cui parliamo, che la materiale sia avvivata dalla formale per modo, che il discente nel ricevere l’istruzione non si rimanga passivo, ma accopii l’opera della sua mente al magistero al-trui, faccia suo il sapere comunicatogli e dica: questo è carne della mia carne, sangue del mio sangue.

[…] eppure se l’alunno non impara a pensare giusto e da sé, mentre viene istruito, nemmanco da sé saprà poi istruirsi durante la vita, ed ampliare il patrimonio del sapere ricevuto. (G. allieVo, Studi pedagogici…, p. 130).

5 Cf G. allieVo, Studi pedagogici…, pp. 133-140.

pisce un essere nella sua intera e vivente realtà, poi vi si esercita sopra la facol-tà dell’astratteggiare, due funzioni anche esse inseparabili: prima si apprende alcunché, poi si ricorda l’appreso. Ecco come il pensiero del fanciullo procede continuato e non mai interrotto, nello sviluppo delle sue funzioni6. Di modo che pare che la legge che governa la coltura formale dell’intelligenza possa chiamarsi legge di continuità.

E questa continuità medesima si riscontra pur anco nelle successive e ri-petute operazioni che il pensiero eseguisce esercitando l’una o l’altra delle sue funzioni: anche gli atti del pensiero come le sue funzioni, formano una catena, i cui anelli sono tutti compenetrati insieme, ed il pensiero va dall’uno all’altro senza sbalzo di sorta, essendoché il soggetto pensante è sempre il medesimo essere sostanziale, qualunque sia la funzione che esercita, e l’operazione che eseguisce. Quell’io che ha intuito, è quel medesimo che poi giudica e ragiona;

quell’io che percepisce ed apprende è quel medesimo che astrae e che ricorda:

l’uomo maturo di [p. 134] età possiede ancora e riconosce come sua quell’in-telligenza medesima che gli apparteneva nella fanciullezza sua.

Orbene: questa medesima continuità, con cui procede l’intelligenza nello sviluppo delle sue funzioni e nella serie delle sue operazioni deve pure gover-nare il processo dell’educazione intellettuale7. Per conseguenza il maestro deve svolgere e coltivare le funzioni intellettuali a mano a mano che fanno mostra di sé e con quell’ordine medesimo, con cui si intrecciano e si compene-trano le une colle altre, e procacciando all’alunno quella coscienza del proprio pensare, la quale è il più saldo vincolo di continuità delle molteplici successive

6 Leggi dell’educazione… funzioni] Leggi dell’educazione intellettuale […] Se poniamo ben mente al come si sviluppa passo passo la facoltà pensante del fanciullo, agevolmente rileviamo che essa procede per una serie di funzioni siffattamente disposte, che l’una spunta accanto all’altra e tutte insieme s’intrecciano senza interruzione, quasi anelli formanti una catena continuata. Così dapprima s’intuisce, poi tien dietro immediatamente il giudizio, a cui segue il raziocinio; tre funzioni, che si connettono con vincolo indissolubile. Del pari prima si percepisce un essere nella sua intera e viven-te realtà; poi vi si esercita sopra la facoltà dell’astratviven-teggiare; due funzioni anch’esse inseparabili:

prima si apprende alcunché, e poi si ricorda l’appreso. Ecco come il pensiero del fanciullo procede continuato e non mai interrotto, nello sviluppo delle sue funzioni. (G. allieVo, Studi pedagogici…, pp. 133-134).

7 E questa continuità… educazione intellettuale] E questa continuità medesima si riscontra pur anco nelle successive e ripetute operazioni, che il pensiero eseguisce esercitando l’una o l’altra delle sue funzioni; anche gli atti del pensiero, come le sue funzioni, formano una catena, i cui anelli sono tutti compenetrati insieme, ed il pensiero va dall’uno all’altro senza sbalzo di sorta, essendoché il soggetto pensante è sempre il medesimo essere sostanziale, qualunque sia la funzione che esercita, e l’operazione che eseguisce. Quell’io che ha intuito, è quel medesimo, che poi giudica e ragiona;

quell’io, che percepisce ed apprende è quel medesimo che astrae e che ricorda: l’omo maturo di età possieda ancora e riconosce come sua quell’intelligenza medesima che gli apparteneva nella fanciul-lezza sua. Orbene: questa continuità, con cui procede l’intelligenza nello sviluppo delle sue funzioni e nella serie delle sue operazioni, deve pure governare il processo dell’educazione intellettuale. (G.

allieVo, Studi pedagogici…, pp. 134-135).

operazioni intellettuali. Sarebbe un procedere a ritroso di questa legge il colti-vare l’astrazione prima che la percezione, o l’obbligare l’alunno a mandare a mente ciò che non apprese.

Per riguardo alla coltura materiale della mente, ossia del processo inse-gnativo, legge conosciuta da tutti è la gradazione. Il difficile sta nel ben de-lineare questa legge. Tutti concordano in generale che l’insegnamento ha da procedere dal semplice al composto, dal noto all’ignoto, dal facile al difficile, ma poi quando è da precisare in che propriamente dimori il semplice, il noto, il facile, scelti come punti di mossa; ed il composto, l’ignoto, il difficile stabiliti come punti d’arrivo, in pratica non riesce facile a definirlo.

Si suole anche dire, che pel vero concetto della gradazione, si richiede che le notizie, le quali voglionsi comunicare al discente, vanno distribuite in ordine siffatto che le precedenti ad essere [p. 135] intese non abbisognano delle conseguenti; ma questo in pratica è sempre difficile e quasi inseguibi-le, e le notizie matematiche son le sole che non abbisognano, ad essere intese, di verun altra notizia che riguardi gli esseri viventi della natura o qualsiasi realtà susseguente.

Il prof. Allievo pertanto formola meglio la legge della gradazione in questi termini: procedere dall’implicito all’esplicito. Il procedere a grado a grado da quel poco che già si sa a quel tanto che ancor si ignora, ciò non è tutto; è altresì giuocoforza che le notizie da cui si pigliano le mosse non solo si capiscano da sé senza l’aiuto di altre che le precedan logicamente, ma racchiudano implica-te in germe quelle a cui si inimplica-tende arrivare. Il fanciullo apprende da prima un fiore, un cavallo, una statua e simili quale sussiste nella sua integrale ed indi-vidua realtà, senza divisarne per anco gli elementi e distinguerne i caratteri8; però in quella notizia ancora primordiale affatto giacciono implicate parecchie altre notizie elementari che vengono poi districate e disvolte per opera della riflessione, giusta il loro intrinseco ordine. Così dalla vaga apprensione di un cavallo, la mente del fanciullo procede spontanea alle molteplici idee in essa racchiuse, che riguardano il movimento di esso, la forma, il colore ecc.

Questo dunque è il giusto concetto della legge di gradazione, secondo la quale deve procedere la coltura materiale della mente.

8 Il procedere a grado… i caratteri] Il procedere adunque a grado a grado da quel poco, che già si sa a quel tanto che ancor si ignora, ciò non è tutto; è altresì giuocoforza che le notizie, da cui si piglian le mosse, non solo si capiscano da sè senza il sussidio di altre, che le precedano logicamente, ma racchiudano implicate in germe quelle a cui s’intende arrivare. […] Parmi impertanto, che la legge di gradazione, abbia ad essere intesa e formolata in questi termini: procedere dall’implicito all’esplicito. Il fanciullo apprende da prima un fiore, un cavallo, una statua, il tale o tal altro oggetto, quale sussiste nella sua integrale ed individua realtà, senza divisarne per anco gli elementi e distin-guerne i caratteri. (G. allieVo, Studi pedagogici…, p. 136).

Fini dell’istruzione

Far conoscere e praticare il bene, deve essere l’istruzione educativa, può considerarsi come fine [p. 136] remoto dell’istruzione. Ma dal sopradetto si ricava che oltre a questo fine remoto, l’istruzione ha un fine prossimo tutto proprio, che possiamo dire esclusivamente suo. È di massima importanza che ogni maestro procuri di rendere l’istruzione pienamente rispondente a questo fine prossimo. Esso è duplice:

1° Primo fine proprio dell’istruzione e che il maestro deve proporsi avanti tutto è di sviluppare la mente del suo allievo, cioè rendergli la ragione più atten-ta, più riflessiva, più capace di intendere, padrona della fantasia, in una parola più ragionevole.

Ad ottenere questo intento l’educatore può procedere in due guise, in modo cioè negativo ed in modo positivo.

Il modo negativo consiste nel tenersi lontano dai due estremi, che sono:

o di lasciare pressoché inerte il pensiero dell’alunno convertendo lo studio in un divertevole passatempo e, direi, in un mero giuoco, o affaticandolo troppo, vuoi per eccessiva durata di applicazione, vuoi per difficoltà di studi superiori alle forze mentali; nel primo caso la mente s’intorpidisce, nel secondo si spos-sa: in entrambi non si forma né acquista il dominio di sé.

Si esercita invece in modo positivo il pensiero dell’alunno, eccitandolo a lavorare, proponendogli oggetti da osservare, argomenti in cui egli debba met-tere a prova il suo ingegno, lettura in cui scomponga e rifaccia sotto altra forma e giudichi la mente dell’autore, insomma formando in lui l’abitudine dell’os-servare, del riflettere e del ragionare, e lasciandogli sempre tempo e modo di raccogliersi entro di sé per riandar [p. 137] mentalmente il lavoro eseguito e far sue le ricevute notizie.

Di più, il maestro non perda mai di vista l’avvenire intellettuale del giova-ne; pensi al giorno in cui egli, compiuto il periodo della sua educazione, avrà da pensare al suo perfezionamento intellettuale, e lo prepari alla futura coltura autonoma del pensiero. Giova a tale intento l’inspirare all’alunno l’amore della scienza, che nobilita l’uomo in faccia a se stesso, lo eleva nel concetto degli altri, lo rende potente a fare poi del bene. Giova il confortarlo nelle difficoltà degli studi, si che non si lascii incogliere dallo scoraggiamento e dalla diffiden-za di sé, e vegliare ad un tempo che non presuma troppo di sé e non invanisca del suo sapere e del suo ingegno.

2° Siccome poi non è possibile sviluppare e perfezionare la mente senza proporle verità sulle quali esercitarsi, così diviene secondo fine dell’istruzione questo: comunicare all’educando quelle verità che valgono ad un tale svilup-po, e per questo è necessario formarsi al principio d’ogni anno un programma

didattico o seguire quelli che vengono indicati dal programma scolastico di ciascuna classe.

Per tal modo il maestro, tenendo il programma scolastico tra mano, può dire a se stesso: io devo in quest’anno attendere a sviluppare ed invigorire la mente di questi giovani, e la materia degli esercizi adottati a questo sviluppo è quella che mi viene indicata da questi programmi. Il programma adunque è il mezzo e lo sviluppo della mente è il fine. Gli allievi così passano alla classe superiore non già solo per avere esaurito il [p. 138] programma della classe

Per tal modo il maestro, tenendo il programma scolastico tra mano, può dire a se stesso: io devo in quest’anno attendere a sviluppare ed invigorire la mente di questi giovani, e la materia degli esercizi adottati a questo sviluppo è quella che mi viene indicata da questi programmi. Il programma adunque è il mezzo e lo sviluppo della mente è il fine. Gli allievi così passano alla classe superiore non già solo per avere esaurito il [p. 138] programma della classe