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DELL’EDUCAZIONE DELLA MEMORIA

Della memoria

La memoria è la facoltà di ritenere, rischiarare e riconoscere le cognizioni acquistate. Essa non è una potenza diversa dall’intelletto, anzi è l’intelligenza stessa in permanenza. In altre parole: l’intelletto in quanto si ferma e continua a vedere la verità, forma la memoria: essa non è dunque che un modo, una qualità speciale dell’intelligenza.

La memoria varia secondo gli individui, e nei medesimi individui varia secondo l’età. L’infanzia e la puerizia sono le età in cui la memoria è mag-giore. Nei periodi che seguono si acquista maggior attitudine ad estendere e rendere più profonde le cognizioni acquistate; ma quelle acquistate nell’a-dolescenza non si cancellano più dalla memoria, laddove si cancellano più

prontamente quelle acquistate più tardi perché per lo più non ci fanno più tanta impressione.

Nella vecchiezza la memoria diminuisce gradatamente, perché la mente infievolita presta minore attenzione ed avendosi allora maggior molteplicità di cose cui attendere; i fatti trasvolano innanzi [p. 166] alla mente senza che essa si curi di arrestarli nel corso.

In generale la memoria è tanto più attiva e potente quanto più piacevole è l’oggetto percepito: quando un fatto ci colpisce molto ci sta più impresso nella memoria. La durata delle ricordanze dipende anche molto dal grado di atten-zione che vi si è prestato e dal numero delle facoltà impiegate nell’acquisto del-la cognizione. Così per quanta attenzione si presti aldel-la descrizione di un paese o di un fenomeno naturale, non ne riterremo mai l’immagine e la ricordanza così durevole quanto se avessimo avuto l’oggetto avanti gli occhi, perché in que-sto modo si impiegarono maggiori difficoltà nell’acquique-sto di quelle cognizioni.

Perciò giova per imprimere molto le cose principali nei giovani, colpire molto la loro immaginazione, o far vedere, toccare, sentire quelle cose che si vuole restino loro più impresse.

Sua importanza

L’importanza della memoria si deduce da questo, che senza di essa a nulla varrebbero tutte le cognizioni acquistate, poiché tutte si dimenticherebbero;

onde Dante diceva che a nulla vale “senza lo ritenere, avere inteso”. È dunque d’importanza grande il coltivare la memoria, anche perché coltivata essa si accresce, negletta s’irruginisce. Essa tuttavia non devesi sforzare di soverchio, ma educarla, come si disse già altre volte, in armonia colle altre potenze, e tutti i giorni esercitarla un poco. È qui il caso di applicare il nulla dies sine linea. Si ritenga però, a favore dei giovani che appaiono avere minor memoria, che le cognizioni acquistate con maggior fatica, durano poi anche di più, come avvie-ne delle ricchezze acquistate con tanti stenti; mentre [p. 167] quelle avute senza fatica si dilapidano assai più facilmente.

Modo di conservare ed accrescere la memoria

A conservare ed accrescere la memoria giovano tra i mezzi fisici la regola-rità della veglia e del sonno, il moderato esercizio delle forze fisiche e mentali e soprattutto la temperanza e la castità. Tra i mezzi morali giova notare che la

“virtù in generale è mezzo mnemonico per eccellenza, poiché la virtù è ordine, è pace interna, è attitudine a pensare ed a riflettere, condizioni necessarie per la

vigoria della memoria. Il vizio al contrario è disordine, il disordine è sconside-ratezza, sonno dello spirito, oblio, smemorataggine”, Rayneri.16

Il primo aiuto alla memoria deve darlo il maestro con piccole lezioni quo-tidiane. Sono pure di grande giovamento le ripetizioni; giova pertanto che il maestro ripeta al cominciare di una scuola quello che ha detto nella lezione precedente e riepiloghi sul fine quanto ha detto nella medesima lezione.

È anche cosa buona dar comodità ed insistere perché gli allievi ripe-tano tra loro le cose spiegate e studiate e ne facciano esercizi per iscritto. Circulus et calamus fuerunt me, diceva di sé san Gerolamo.

Giova pure far studiare pezzi scelti di classici latini ed italiani ed anche porre emulazione nei giovani eccitandoli a studiare a volontà, oltre le cose as-segnate a tutti, stabilendo qualche ricompensa all’uopo. Solo è da badare che non si sforzino troppo e non si stanchino d’avvantaggio.

È pure cosa necessaria il non far studiare macchinalmente, bensì badare che si capisca e si pensi a quel che si studia, poiché la memoria [p. 168] non va alimentata di parole non comprese o di idee affatto sconnesse, incongruen-ti, disordinate, affastellate insieme. Pedissequa ed ancella delle altre facoltà pensanti essa è chiamata a seguirle passo passo nel loro progressivo cammino, mettendone in serbo i loro acquisti ideali e tenendoli pronti in servigio del loro interiore sviluppo.

Un mezzo, riguardo al tempo, da molti encomiato, consiste nel rileggere attentamente quanto vogliosi mandare a memoria la sera prima di andare a letto. È certo che le ultime impressioni della veglia durano nel sonno, e che si fa allora, senza che ce ne accorgiamo, un lento e spontaneo lavoro, il quale si ripiglia poi volontariamente e con frutto al mattino seguente.

Vari pedagogisti, raccomandano agli alunni, per imprimersi più presto una lezione, di ripeterla più volte ad alta e misurata voce.

Giova anche a fissare l’idea nella mente, il linguaggio simbolico (favole e parabole) e la poesia, con cui gli antichi raccomandavano alla memoria i punti fondamentali delle leggi, delle scienze e delle arti.

Giova anche alla memoria qualche amminicolo, il trascurare i quale sareb-be vera temerità mettendosi a rischio di trasgredire i propri doveri. Tra questi principale è tenersi le cose anche materialmente ben ordinate, è il formarsi qualche segno convenzionale, e specialmente il prendersi le convenienti note e quali richiamano a memoria cose che devonsi sapere o che devonsi fare. Che specialmente avesse più uffici e cariche importanti conviene prenda nota per non dimenticare nulla. [p. 169]

16 Il brano citato tra virgolette da Barberis, ma senza indicare il titolo dell’opera citata, è tratto probabilmente da: G. A. rayneri, Della pedagogica…, p. 288.

Studio alla lettera e studio a senso

Giova qui toccare la questione della preferenza da darsi allo studio lette-rale ed allo studio che si dice a senso. Lo studio lettelette-rale di un testo: 1° giova17 soprattutto ai principianti, per apprendere la lingua e lo stile di cui non hanno ancora acquistata la conoscenza ed il facile maneggio; 2° avvezza alla preci-sione e stampa profondamente nell’animo il tipo letterario e scientifico, che dovranno imitare in avvenire; 3° li obbliga ad un lavoro ostinato e difficile domando l’impazienza giovanile e avvezzandoli a vincere le troppo frequenti distrazioni; 4° è tal lavoro, che, ove non si faccia nella prima età ricca di memo-ria, difficilmente e forse mai non si farà più nelle successive; alle quali per altra parte somministra tali materie di riflessione, che gioveranno per tutta la vita.

Vi sono dei vecchi educati per tempo agli studi classici, i quali rammentano e citano con compiacenza sentenze e versi di autori antichi, che forse da mezzo secolo non poterono più rivedere18.

Lo studio a senso poi reca con se: 1° il particolare vantaggio di volgere l’attenzione assai più alle idee che alle parole. 2° Richiede maggior tensione dello spirito nella recitazione, e questa ginnastica mentale accresce il vigore e l’agilità del pensiero. 3° Prepara ed avvezza i giovani ai discorsi estempora-nei a tutti necessari più o meno e specialmente a quelli che più abbisognano dell’arte della parola19.

Di qui si scorge che l’un metodo e l’altro sono assai utili, che non bisogna escludere né l’uno né l’altro; che nella giovinezza la preferenza da darsi allo studio alla lettera; poi allo studio [p. 170] a senso; che però sempre le cose

17 ante giova om 1° B

18 Lo studio letterale… più rivedere.] Lo studio letterale di un testo giova sovrattutto ai prin-cipianti, per apprendere la lingua e lo stile di cui non hanno ancora acquistata la conoscenza, ed il facile maneggio; 2° avvezza alla precisione, e stampa profondamente nell’animo il tipo letterario e scientifico che dovranno imitare in avvenire; 3° Li obbliga ad un lavoro ostinato e difficile domando l’impazienza giovanile e avvezzandoli a vincere le troppo frequenti distrazioni. 4° È tal lavoro che, ove non si faccia nella prima età ricca di memoria, difficilmente e forse mai non si farà più nelle successive; alle quali per altra parte somministra tali materie di riflessione che gioveranno per tutta la vita. Vi sono dei vecchi educati per tempo agli studi classici, i quali rammentano e citano con com-piacenza sentenze e versi di autori antichi, che forse da mezzo secolo non poterono più rivedere. (G.

A. rayneri, Della pedagogica…, p. 303).

19 Lo studio a senso… della parola] Lo studio a senso poi reca con sè: 1° il particolare van-taggio di volgere l’attenzione assai più alle idee che alle parole. […] 2° Richiede maggior tensione dello spirito nella recitazione; e questa ginnastica mentale accresce il vigore e l’agilità del pensiero.

3° Prepara ed avvezza i giovani ai discorsi estemporanei che sono un genere di eloquenza non solo necessario agli insegnanti ed agli oratori parlamentari e forensi, ma a tutti gli uomini più o meno e specialmente a quelli che più abbisognano dell’arte della parola. (G. A. rayneri, Della pedagogi-ca…, pp. 303-304).

principali, come le definizioni, i testi, le formole scientifiche vanno studiate letteralmente, come le poesie che è impossibile studiarle a senso.

Mezzi mnemonici

Per aiutare la memoria giovano grandemente le ripetizioni, i sunti, le ta-vole sinottiche, l’applicazione delle cose insegnate e specialmente i compiti scolastici al cui riguardo sono da darsi regole per assegnarli e per correggerli.

Ripetizioni. Vale immensamente il far ripetere ai giovani le cose insegna-te. Repetita iuvant: anzi è necessario che il maestro ripeta più volte le stesse regole in varie circostanze, quindi le faccia ripetere dai giovani e vi insista fintantoché siano state capite bene e da tutti. Le ripetizioni possono essere fatte a memoria o per iscritto: sono entrambi assai importanti. A questo scopo sono stabiliti gli esami bimestrali, semestrali e annuali. È da dare molta importanza anche agli esami bimestrali e semestrali sia perché ripetendosi in essi le varie materie, si imprimono assai più nella memoria; sia anche perché l’alunno viene a conoscere meglio le sue forze ed il punto in cui si trova, sia perché il maestro viene a capire la portata dei suoi giovani ed il modo di imprimere meglio in loro le cose. L’esame finale ha di per se stesso la sua importanza, perché decide della promozione dell’allievo.

Sunti. In cose scientifiche sunto vale quanto dire in breve ciò che altri ha espresso in lungo, cioè dire solo l’essenziale lasciando da parte le spiegazioni e le cose accessorie. Il sunto pertanto [p. 171] non si estende sui particolari, ma pone sott’occhio il più importante di una scienza. In tal caso perciò i sunti giovano molto a far ricordare le cose udite; e quindi il maestro procura di farne fare con frequenza. Anzi sarebbe sommamente desiderabile che il maestro non lasciasse passare una lezione senza farne fare il sunto. È chiaro che i sunti devono venir dietro allo studio accurato e preciso di tutti quei particolari che in essi si trala-sciano e che sono implicitamente contenuti in quelle idee madri e cardinali che essi ritengono e dispongono ordinatamente e metodicamente. Può anche giovare sul fine del mese o dell’anno far fare il sunto dei sunti, riducendo tutto ad uno specchietto. Si guardi tuttavia l’istitutore dall’abuso che dei sunti scientifici o dai quadri storici può venir fatto dai suoi allievi, i quali pervenuti a coteste conclu-sioni, non si curano più di rifare di quando in quando la via che li condusse a tali risultati, tanti che perdono a poco a poco ogni frutto dei loro studi. A riparare co-testo inconveniente bisogna avvezzare gli alunni a fare oralmente di più o meno ampie dichiarazioni e svolgere in vari modi le cose sunteggiate.

Fatti in questo modo è innegabile l’utilità dei sunti. Quel ridurre in breve ciò che si è detto in diffuso serve sia a far ritenere meglio le cose apprese, sia

per farne meglio vedere l’ordine, sia per darci con facilità in mano un bandolo da poter richiamare a memoria le cose insegnate.

Tavole sinottiche. Valgono anche molto ad aiutare la memoria, come a schiarire le idee le tavole sinottiche, ossia il [p. 172] ridurre in poche linee, ma con particolari connessioni le cose apprese. Esse sono una distribuzione ordinata di verità riguardanti un unico argomento fatta in modo che quasi sen-sibilmente faccia capire agli occhi le idee principali e secondarie.

Applicazione delle cose insegnate. Ad ottenere molto progresso, contri-buisce il far applicare le cose insegnate cioè: spiegata una regola farla tosto mettere in pratica con svariati esercizi sia verbalmente nella scuola, sia per compito in iscritto. Quintiliano dice: Longum sane iter per praecepta, breve et efficax per exempla. Norma pratica per non annoiare gli allievi si è questa:

che traducendosi un autore non si continui tutti i giorni a tradurre questo solo;

ma di tanto in tanto conviene interromperlo per dettare come compito di casa qualche tema di cose diverse, che serva specialmente di applicazione diretta delle cose insegnate.

Compiti scolastici. Scopo dell’insegnamento si è che i giovani imparino e ritengano a memoria le cose imparate. Non vi è modo più pratico e più efficace a quest’uopo che il dare i compiti scolastici; cioè l’assegnare quotidianamente dei lavori e delle lezioni.

Norme secondo cui assegnare i lavori. Se ne assegnino tutti i giorni; siano graduati; non troppo lungi, affinché lo scuolaro per la fretta di terminarli non li faccia con disattenzione. È ben necessario che si lascia al discente il tempo conveniente perché ei possa compiere il suo lavoro ed aggiungere l’opera pro-pria a quella del maestro, essendo che lo studio è attività meditativa mercé cui l’alunno rifacendo l’opera dell’insegnante ricompone nel [p. 173] proprio20 pensiero la materia sentita fino ad assimilarsela e farla sua. Allora soltanto i lavori scolastici giovano davvero agli studi.

Perché poi i lavori siano graduati il maestro deve meditarli bene, e co-noscere bene lo stato dei suoi scuolari, in modo che non vi entrino regole non ancora spiegate o ripetano sempre alcune poche regole già impresse d’avvan-taggio. I lavori non siano troppo facili: un lavoro è troppo facile per una scuola quando anche gli ultimi e più indietro riescono a farlo bene senza difficoltà. In questo uso gli ultimi vi pongono diligenza ed i primi si annoiano e non lavo-rano più. Non siano troppo difficili: il lavoro è troppo difficile quando in una

20 Proprio iter B

classe numerosa quasi nessuno riesce a farlo veramente bene; poiché in tal caso la maggior parte si scoraggia e sicuri di non riuscirci lasciano di lavorare.

È tuttavia sempre bene che in ogni lavoro entri qualche regola o qual-che tratto piuttosto difficile per esercitare e conoscere le forze dei più forti o per accertarsi chi è stato attento alla spiegazione e chi no.

Norme per la correzione dei compiti scritti. La concezione dei lavori è anche più necessaria, sia per animare tutti a farli con impegno, sia per inse-gnare nei singoli casi a superare le difficoltà. Bisogna che il maestro con santa pazienza si proponga di correggerli sempre tutti. Conviene che abbia segni convenzionali sempre fissi, conosciuti dagli allievi e che restituisca sempre le pagine per far eseguire dai giovani le correzioni. [p. 174]

Lezioni. Quanto agli esercizi memonici, cioè le lezioni che si assegnano per studiarsi a memoria, si osservino queste quattro cose:

1° Si procuri che gli allievi capiscano ciò che devono studiare e non si assoggetti l’allievo alla tortura di mandare a memoria quel che non intende.

2° Quanto alla qualità di ciò che devesi assegnare per lezione si ritenga che per l’italiano è preferibile assegnare poesia che prosa, nel latino il contra-rio. Quanto allo studiare a senso od alla lettera, si avverta che, benché sia cosa rara, tuttavia non è impossibile trovare allievi, i quali, pur di ottimo ingegno, non riescono a studiare alla lettera. Il maestro però prima di ammettere tale scusa, s’industrii di accertarsene.

3° Verificare le lezioni col farle recitare col raccoglierne i voti.

4° Nella recita delle lezioni, il maestro procuri che si correggano i difetti di pronuncia, il balbettare e simili. [p. 175]

PARTE TERZA