CAPITOLO II Business e Cultura: trattative commerciali e marketing
3.1 Edward Hall: culture high context e low context, poli-croniche e mono-croniche
Nel 1987, con l’obiettivo di facilitare la comunicazione tra manager di aziende statunitensi e giapponesi e di evidenziare le differenze culturali nell’ambito del commercio internazionale, Edward Hall pubblica Hidden Differences: Doing Business with the Japanese, in cui riprende la teoria delle culture high context e low-context, già presentata in Beyond Culture nel 19761. Hall mette in evidenza
come l’elemento principale che sottintende la comunicazione tra gli individui sia l’informazione, nella sua forma esplicita ed implicita, affermando2:
“Despite popular beliefs to the contrary, the single greatest barrier to business success is the one erected by culture. Each culture has a hidden code of behavior that can rarely be understood without a code breaker. Even though every culture is experienced personally-indeed, few individuals see its commonality-it is nonetheless a shared system. Members of a common culture not only share information, they share methods of coding, storing, and retrieving that information. Some 80 to 90 percent of the significant features of a culture are reflected in its nonverbal messages. These are usually taken for granted and transmitted unconsciously […] Business depends for its life on information, so anything interfering with the communication process, the way in which people transmit or withhold and control information, can ultimately cripple any transaction. The transmission of business information between different cultures is threatened by different behavioral signals as well as by different languages”.
La cultura costituisce pertanto il principale ostacolo alla comunicazione in quanto ciascun gruppo trasmette le informazioni attraverso dei codici che necessitano di una chiave di lettura, siano questi espliciti o impliciti. In base alle modalità con cui avviene lo scambio di informazioni è possibile bipartire la comunicazione in high context e low context3.
1 Edward T. HALL, Beyond Culture, New York, Anchor, 1977 2 HALL, Hidden Differences…, cit., p.8
“A high context (HC) communication or message is one in which most of the information is already in the person, while very little is in the coded, explicit, transmitted part of the message. A low context (LC) communication is just the opposite; i.e., the mass of the information is vested in the explicit code. Twins who have grown up together can and do communicate more economically (HC) than two lawyers in a courtroom during a trial (LC), a mathematician programming a computer, two politicians drafting legislation, two administrators writing a regulation”
Nella comunicazione high context le informazioni sono contenute nel contesto e nella persona con cui si comunica pertanto, non è necessario un numero eccessivo di informazioni. Queste viaggiano autonomamente all’interno di un sistema di comunicazione implicito, condiviso dall’interlocutore e dal parlante. La comunicazione high context è tipica di paesi come il Giappone, i paesi arabi, i paesi mediterranei e l’India, in cui le relazioni personali rivestono un ruolo centrale all’interno della società. Al contrario, la comunicazione low context, caratterizzata da un maggior numero di informazioni rese esplicite, è tipica di paesi come gli Stati Uniti, la Germania, la Svizzera e alcuni paesi del Nord Europa in cui maggiore enfasi viene data alla figura del singolo individuo4.
La modalità di gestione delle informazioni si riflette anche nella percezione della dimensione temporale. Culture low context sono, in genere, considerate mono-croniche; culture high context, invece, sono definite poli-croniche. L’appartenenza ad uno o all’altro gruppo determina uno specifico concetto di storia così come la percezione delle priorità all’interno della vita quotidiana. Culture poli- croniche, come ad esempio quelle dei paesi mediterranei e latini, tendono infatti a concepire il tempo come una pluralità di eventi, talvolta sovrapposti, e a privilegiare le relazioni personali. Ne consegue pertanto che, nel business, gli individui avranno la priorità su orari e scadenze. Al contrario, culture mono-croniche, percepiscono la dimensione temporale come una linea retta, dal passato al futuro, in cui gli eventi si susseguono, singolarmente, in ordine cronologico. Il tempo è inoltre percepito come un’entità, concreta e tangibile, e pertanto un qualcosa che deve essere “guadagnato” non “sprecato” o “perduto”. Come risultato, nell’ambito commerciale, le culture mono-croniche presteranno maggiore attenzione agli orari e alle scadenze piuttosto che alle relazioni con gli individui. A quest’ultimo gruppo appartengono paesi come gli Stati Uniti, la Svizzera, la Germania e la Scandinavia. La “cultura giapponese” rappresenta infine un caso eccezionale. Nonostante Hall paragoni le due modalità di percezione temporale all’acqua e all’olio5, sostenendo dunque che sia
impossibile mischiarle, rivela come in Giappone vi sia un’attitudine ad utilizzare un approccio mono-
4 HALL, Hidden Differences…, cit., pp. 8-9 5 HALL, Hidden Differences…, cit., p.16
cronico per ciò che concerne la tecnologia e, in generale le cose materiali e, un approccio poli-cronico per le relazioni personali. Oltre alla dimensione temporale, nei suoi lavori Hall dimostra come le differenze culturali siano riscontrabili anche nella gestione dello spazio, delle relazioni personali, dei beni materiali e nelle modalità di prendere decisioni6.
CRITICA AL MODELLO DI EDWARD HALL
Le teorie di Edward Hall hanno fornito un enorme contributo agli studi sulla comunicazione interculturale e, nello specifico, alla letteratura nell’ambito del commercio internazionale. Tuttavia, non sono esenti da numerose critiche.
In primo luogo, viene messo in discussione l’eccessivo riferimento alla bipartizione culturale in termini di context e time, che sottovaluta le circostanze in cui avviene la comunicazione e il comportamento del singolo individuo. Taran Patel7, esaminando l’esempio dei due gemelli, giunge a
conclusione che:
1. Le circostanze influenzano le modalità di comunicazione tra gli individui. Di conseguenza numerose variabili hanno un impatto rilevante sul contesto (high e low). I due gemelli comunicano infatti economicamente, non perché provenienti dalla stessa nazione, ma perché cresciuti insieme nella stessa casa e uniti da un legame familiare.
2. La lontananza e la frequenza delle interazioni modificano le modalità con cui gli individui comunicano. Se una volta cresciuti i gemelli intraprendono strade differenti (frequentano diverse scuole, diverse compagnie di amici, …) nel momento in cui si incontrano potranno utilizzare una comunicazione high context per eventi che riguardano un passato condiviso ma non per ciò che concerne i cambiamenti presenti.
Allo stesso modo, osserva Taran Patel, colleghi di lavoro che inizialmente utilizzano una comunicazione low-context dopo aver condiviso delle esperienze insieme possono comunicare in maniera più economica (high context). Pertanto, categorizzare intere nazioni come high context e low
context potrebbe risultare un’over semplificazione.
Un’ulteriore critica viene mossa nei confronti di un eccessivo focus sulle differenze culturali in termini nazionali. Hall, focalizzandosi su come “i francesi”, “gli americani”, “i tedeschi” agiscono in determinate situazioni, è stato accusato di rafforzare le differenze che esistono tra i vari paesi del mondo8. Il tentativo di enfatizzare le culture locali, spento da un insistente riferimento alla nazionalità,
6 HALL, Hidden Differences…, cit.
7 Taran PATEL, Cross-Cultural Management. A transactional Approach, Routledge, New York, 2014, p.45
8 Joseph OFORI-DANKWA and David RICKS, “Research emphasis on cultural differences and/or similarities: Are we asking the right questions?”,
ha creato quelli che Osland e Bird hanno definito come “sophisticated stereotypes”9 e, che come sarà
evidenziato nei paragrafi successivi (paragrafo 3.4), hanno contribuito alla diffusione di un’idea di cultura plasmata da una visione essenzialista.
9 Joyce OSLAND and Allan BIRD, “Beyond sophisticated stereotyping: cultural sensemaking in context”, Accademy of Management Executive, 14,1,