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CAPITOLO II Business e Cultura: trattative commerciali e marketing

2.1 L’influenza degli aspetti culturali nelle trattative commerciali

2.1.1 Il tempo

La modalità con cui gli individui esperiscono il tempo non è da considerarsi universalmente condivisa. Lo evidenziano Usunier e Lee in Marketing Across Culture individuando quattro macro differenze4. La prima, definita come “economicità del tempo”, è la tendenza degli individui a

concepirlo come qualcosa di concreto e tangibile. Seguendo questo approccio, fissano delle scadenze e creano dei programmi ai quali attenersi scrupolosamente. Questa visione è tipica delle culture mono-croniche, contrapposte a quelle poli-croniche, il cui binomio costituisce la seconda macro differenza. L’argomento sarà approfondito nel prossimo capitolo (paragrafo 3.1-3.2). Al momento è sufficiente sapere che il temine mono-croniche si riferisce alle culture che esperiscono il tempo in maniera lineare, privilegiando un approccio consequenziale. Al contrario, con il termine poli-croniche si identificano le culture che privilegiano una concezione del tempo situazionale, anteponendo le relazioni personali ai programmi prestabiliti. Ne consegue pertanto un’ulteriore dicotomia: visione lineare-visione ciclica del tempo. Questa la terza macro-differenza evidenziata da Usunier e Lee che risulta fortemente influenzata dalla religione, dal rapporto uomo-natura e dalla società stessa. Infine, l’orientamento temporale: al passato, al presente o al futuro. Alcuni individui enfatizzano il ruolo del passato nel determinare la posizione che occupano nel presente. Altri invece lo considerano qualcosa che non c’è più e percepiscono il futuro come incerto, prediligendo un approccio orientato al vivere “in questo luogo ed in questo momento”. Altri ancora infine, ritengono che l’uomo, attraverso la scienza e la tecnologia, possa controllare il corso della natura, privilegiando un orientamento al futuro. Tuttavia, non necessariamente la linea che divide una cultura da un’altra, ad esempio mono-cronica e poli-cronica, può essere tracciata in maniera netta. Alcune persone possono appartenere a più culture contemporaneamente, spostandosi da un modello temporale all’altro, in base al coinvolgimento degli

individui o alla situazione, sperimentando diverse “operating cultures”5. Come afferma E.Hall “The

Japanese are polychronic when looking and working inward toward themselves. When dealing with the outside world…they shift to the monochromic mode…The French are monochromic intellectually, but polychronic in behavior”6.

Queste macro-differenze nella modalità di esperire il tempo rivestono un ruolo fondamentale nelle trattative commerciali. In tale contesto, infatti, alcuni individui tendono ad attribuire maggiore importanza alle scadenze, alla puntualità e al rispetto dei programmi laddove altri preferiscono dedicare quanto più tempo possibile alle relazioni personali. Ne consegue ad esempio che, durante un incontro di lavoro, alcuni tenderanno a seguire nel dettaglio l’agenda prestabilita laddove altri daranno priorità alla posizione degli individui in merito ad una determinata questione, indipendentemente dal tempo necessario o dal programma.

Un orientamento all’individuo, è da considerarsi più dispendioso in termini di risorse ed energie. Per alcuni però la costruzione di un buon rapporto con i propri partner commerciali è indispensabile per il conseguimento di un accordo. Altri, al contrario, lo ritengono uno “spreco di tempo” in quanto, probabilmente, hanno acquisito, nel corso delle proprie esperienze, una visione mono-cronica che associa la quantità e la rapidità al concetto di efficienza. Tuttavia, sottovalutare le numerose sfumature che tale concetto può assumere all’interno dei vari contesti culturali, può rivelarsi un errore. Per fornire un esempio concreto sarà utilizzato un aneddoto tratto da un’esperienza vissuta in prima persona e pertanto frutto di una riflessione personale.

Lo scorso anno, durante un soggiorno all’estero di sei mesi per motivi di studio, ho lavorato part-time presso una catena di ristoranti italiani. Mi occupavo principalmente dell’accoglienza clienti, della reception e, quando necessario, servivo i tavoli. Uno dei primi giorni di lavoro, in cui ancora non avevo ben capito il funzionamento dell’organizzazione interna e la barriera linguistica mi impediva di comunicare fluentemente, uno dei miei superiori mi ha ripresa mentre accompagnavo i clienti al tavolo dicendomi: “Sei troppo veloce e non va bene”. Avevo compreso il significato letterale della frase ma non riuscivo a capire cosa intendesse dire. Fuori vi erano una decina di persone in attesa e mio compito era quello di farle accomodare. Muovendomi più rapidamente sarei riuscita ad accontentarli il prima possibile. Questa la mia idea. Appunto, mia, ma non dei miei superiori i quali identificano la soddisfazione del cliente, non in base alla velocità con cui li si fa accomodare, ma in base al tempo che viene loro dedicato. Per tale motivo, mostrarmi frettolosa ed agitata risultava maleducato agli occhi dei nostri ospiti.

5 Ward H. GOODENOUGH, “Culture Language and Society”, Modular Publications, 7, USA, Addison-Wesley: Reading, 1971 6 Edward T. HALL, The Dance of Life, New York, Anchor Press/Doubleday, 1983, p. 58

In un primo momento ho cercato risposta nella cultura nazionale dei miei colleghi. Tuttavia, in seguito ad una più approfondita riflessione, ho valutato la possibilità che la differenza nella percezione del concetto di efficienza fosse dettata dal fatto che il ristorante per cui ho lavorato è considerato un ristorante di alto livello e pertanto il servizio che viene offerto al cliente non può essere sbrigativo e frettoloso ma deve rispecchiare determinati parametri. Ad ogni modo, non sarei in grado di affermarlo con certezza. Ciò che è possibile constatare, è che tali parametri sono condivisi da uno stesso grande gruppo e incomprensibili ed indescrivibili ad un individuo esterno, fintanto che non ne fa esperienza diretta.