CAPITOLO IV Caso studio: il mercato del vino italiano in Giappone
4.3 Le interviste
4.3.2 Intervista B
L’intervistato B attualmente si occupa di ricerca nel campo delle neuroscienze e sta lavorando alla realizzazione di una guida per l’autoapprendimento del giapponese commerciale. Tuttavia, è anche un sommelier ed ha lavorato per una decina di anni nel mondo del vino a contatto con la realtà giapponese, dapprima come impiegato presso un’azienda importatrice in Giappone, dove ha svolto
anche dei corsi di formazione sempre nel settore enoico, e successivamente in proprio, occupandosi di consulenza per le aziende italiane intenzionate ad espandere la propria attività in Giappone. Il suo contributo risulta pertanto fondamentale ai fini dell’indagine in quanto offre un punto di vista alternativo che oltrepassa i confini della realtà commerciale.
Analogamente a quanto emerso dall’analisi precedente, anche nel corso dell’intervista B è stata confermata la presenza di differenze, culturali e non, tra i vari paesi, che rappresentano un potenziale ostacolo al commercio internazionale. Nello specifico risulta che, tra le numerose barriere da affrontare (economiche, politiche, linguistiche, …), qualora un’azienda decida di espandere la propria attività all’estero, quelle culturali rappresentano le più difficili, laddove per culturali si intende “capire cosa vuole il mercato a cui ci si rivolge”. L’accento viene dunque posto non sulla diversità di valori bensì sulle aspettative, che variano di mercato in mercato. In Italia, ad esempio, si tende a non dare troppa importanza ad un’etichetta leggermente storta o ad una bottiglia imperfetta che ha subito dei piccoli urti durante il trasporto. Ciò che conta è che il vino sia buono. Al contrario, in Giappone tali aspetti risultano fondamentali e, qualora non rispondano alle aspettative, il prodotto viene rimandato indietro e necessita di una sostituzione, procedura che inevitabilmente porta all’aumento dei costi e, di conseguenza, del prezzo finale. Tuttavia, il problema non è da riscontrarsi nella precisione maniacale dei “giapponesi” bensì nel sistema mercato che si basa su certe aspettative e non consente di uscire da determinati parametri. Tali affermazioni appaiono non troppo distanti da quanto sostenuto dall’intervistato A riguardo alla diversa percezione del concetto di qualità in Giappone e in Italia. La maggiore difficoltà dunque risiede nell’andare incontro a delle esigenze che sono diverse dalle proprie perché legate appunto ad aspetti, se così possono essere definiti, culturali. E proprio la comprensione di tali aspetti può fare la differenza tra il successo e l’insuccesso. L’impatto che possono avere sul commercio internazionale è incalcolabile e, pur non essendo l’unico fattore, hanno la capacità di determinare le sorti delle relazioni con i propri clienti.
L’intervistato B tiene a precisare come le differenze culturali non necessariamente debbano essere confinate all’interno di un determinato territorio. Tuttavia, laddove è possibile trovare degli elementi di unicità che distinguono gli individui l’uno dall’altro, è altrettanto probabile che vi siano delle caratteristiche comuni dettate dalla condivisione di uno stesso sistema scolastico, legislativo, linguistico diffuso su base nazionale e che inevitabilmente influenza il comportamento degli individui. Di conseguenza, gli studi basati sul sistema dei value orientations e sulle culture nazionali, non sono da considerarsi privi di significato o inutili in quanto, seppur in chiave semplicistica, contengono degli aspetti veritieri. Questi hanno però un valore puramente statistico, se effettuati con i dovuti criteri. Non offrono quindi nessuna certezza, solo una probabilità. Rappresentano inoltre un buon punto di partenza per coloro che intendono commerciare con un paese straniero. Se alimentati
dall’ignoranza possono portare alla costruzione di stereotipi e pregiudizi, pericolosi per il business e per la società, perché creano delle aspettative che non hanno alcun fondamento e che possono condurre ad errori irreparabili. Ma se presi “con le pinze” possono rivelarsi utili. L’intervistato B fa infatti riflettere su un aspetto importante. Per coloro che ad esempio non hanno mai avuto a che fare con il Giappone, partire da uno studio che definisce le modalità di commerciare dei “giapponesi” in un certo modo, seppur in chiave semplicistica, è sicuramente meglio che provare a fare affari peccando di etnocentrismo e volendo imporre la propria visione. Certo, sta poi all’individuo contestualizzare e non costruire un’immagine stereotipata.
Per quanto riguarda il marketing internazionale emergono degli aspetti simili a quelli evidenziati dall’analisi precedente. L’intervistato B evidenzia come, una delle barriere principali al commercio del vino in Giappone, sia quella legislativa, a causa di numerose restrizioni e tassazioni. A questa si aggiunge la natura stessa del prodotto che necessita di particolari accorgimenti, come ad esempio la refrigerazione o l’utilizzo di specifiche condizioni di trasporto. Un’ulteriore problematica nasce dalla difficoltà di comunicare il valore del prodotto, un tema già affrontato nell’intervista precedente. Spesso infatti si fatica a far comprendere le specificità di ogni singola tipologia di vino, dalle varietà di uva alle peculiarità del territorio in cui viene coltivata. Infine, esistono delle barriere di tipo tecnico-legale, come ad esempio l’obbligo di indicare sul retro dell’etichetta i dati del produttore, dell’importare e le informazioni sul vino in lingua giapponese o l’utilizzo di una certa tipologia di tappi. Al contrario, la strategia di marketing in sé, non presenta alcuna differenza. L’obiettivo è sempre lo stesso: far comprendere al potenziale cliente il valore aggiunto del prodotto offerto rispetto a quello dei concorrenti. Ancora una volta però, la principale difficoltà risiede nel comprendere le richieste di ciascun mercato, inevitabilmente differenti, per riuscire a soddisfarle.
Proprio l’accento sulla necessità di realizzare le aspettative dei vari mercati, e di conseguenza degli individui, porta l’intervistato B a concludere che, una delle caratteristiche essenziali per poter commerciare in ambiente domestico ed internazionale, e che può essere estesa in generale ai rapporti umani, fondamentali in ogni ambito, è la capacità di ascolto, dove per ascolto si intende “il riuscire ad interessarsi alle necessità dell’altra persona che, nel caso della trattativa, saranno legate a finalità comuni”. Tale abilità porta con sé anche un significato pragmatico in quanto consente di risparmiare tempo e focalizzare l’attenzione su determinati aspetti piuttosto che su altri, quelli richiesti dal proprio interlocutore. È inoltre indice della presenza di sensibilità interculturale negli individui in quanto rivela la capacità di mettere le proprie conoscenze e il proprio punto di vista da parte per “ascoltare un’altra campana”.