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Effetti del fallimento sul preliminare di vendita

La disciplina fallimentare previgente non prevedeva nessuna norma per regolare nel fallimento la sorte dei contratti preliminari in genere e in particolare per il preliminare di vendita. L’argomento è stato oggetto di numerosi dibattiti finché dottrina e giurisprudenza prevalenti hanno ritenuto applicabile al preliminare di vendita le regole dettate per la vendita dall’art. 72 l.f., consentendo così al curatore di decidere se subentrare o sciogliersi dal contratto. Infatti analizzando l’art. 72 al terzo comma, così come riscritto dal legislatore nella nuova riforma fallimentare, si osserva che il regime del contratto in corso di esecuzione previsto per il primo comma è altresì applicabile anche al contratto preliminare.

Nel 2004 si sono pronunciate in merito anche le Sezioni Unite della cassazione al fine di risolvere la questione, in quanto vigevano indirizzi contrastanti. L’intervento si basava su un percorso argomentativo che trattava le seguenti questioni:

- La disciplina generale dei rapporti giuridici pendenti alla data del fallimento;

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- La disciplina particolare degli effetti del fallimento sul contratto di compravendita;

- La disciplina applicabile al contratto preliminare ed, in particolare, al contratto preliminare di compravendita immobiliare, nel caso di fallimento del promittente venditore.

I Supremi Giudici hanno concluso affermando che:

“… in ipotesi di domanda di esecuzione in forma specifica proposta anteriormente alla dichiarazione di fallimento del promittente venditore e riassunta nei confronti del curatore, il curatore mantiene la titolarità del potere di scioglimento del contratto, ma se la domanda è stata trascritta prima del fallimento, l’esercizio del diritto di scioglimento non è opponibile nei confronti dell’attore promissario acquirente. Se poi la domanda trascritta non viene accolta, l’effetto prenotativo della trascrizione della domanda cessa, con la conseguente opponibilità all’attore della sentenza dichiarativa di fallimento, essendo, in tal modo, efficace, nei suoi confronti, la scelta del curatore di sciogliersi dal rapporto26.

Dal contratto preliminare derivano effetti obbligatori e tali obbligazioni hanno per oggetto la stipulazione del contratto definitivo. Questa

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tipologia contrattuale si considera ineseguita da entrambe le parti se al momento della dichiarazione di fallimento il contratto definitivo non sia ancora stato concluso, con la conseguenza che spetta al curatore, in tale ipotesi, optare per il subentro o per lo scioglimento del contratto, così come dettato dall’art. 72 comma 1. Qualora, invece, al momento della dichiarazione di fallimento sia stata stipulata la compravendita, non saremo più in presenza di un preliminare, ma di un vero e proprio contratto di vendita, la cui sorte nel fallimento è assoggettata alla regola prevista al primo comma dell’art. 72 che riguarda i contratti ad effetti reali. Nel caso in cui uno dei contraenti si rifiutasse di stipulare il contratto definitivo, l’altro può ricorrere all’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di contrarre ex art. 2932 c.c., in modo tale da ottenere una sentenza costitutiva che tiene conto del contratto definitivo non concluso. La sentenza produce così l’effetto traslativo del diritto a favore del promissario acquirente. Se l’effetto traslativo si è prodotto prima della sentenza di dissesto deve essere opponibile al fallimento, in quanto in caso contrario il curatore potrebbe limitarsi ad eccepire l’inopponibilità del trasferimento ex art. 45 l.f., sempre che non vi rinunci.

Il curatore, in caso si abbia un preliminare trascritto ai sensi del 2645 bis c.c. prima della dichiarazione di fallimento, ha comunque la facoltà di

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sciogliersi dal contratto. Tale soluzione interpretativa deriva direttamente dal comma 7 dell’art. 72 l.f., il quale sancisce tale facoltà del curatore.

Nel momento in cui il curatore decide di subentrare nel contratto preliminare, dovrà adempiere ad alcuni obblighi e provvedere alla stipula della vendita definitiva, cui corrisponderanno crediti in prededuzione dell’altra parte. Viceversa se dovesse sciogliere il contratto, le parti saranno tenute alla restituzione, con effetti retroattivi, delle eventuali prestazioni eseguite, inoltre il contraente in

bonis potrà vantare un credito concorsuale senza però richiedere il

risarcimento del danno ai sensi dei commi 4 e 7 dell’art. 72 l.f.

Vi sono ulteriori disposizioni volte a favorire la posizione del promissario acquirente di beni immobili che abbia trascritto il contratto ex art. 2645

bis c.c. prima della dichiarazione di fallimento del promittente

venditore. La principale disposizione è il comma 7 dell’art. 72 l.f., applicabile solamente nel caso in cui gli effetti della trascrizione del preliminare non siano cessati prima del fallimento, e stabilisce che, qualora il curatore opti per lo scioglimento del contratto, il promissario acquirente che abbia già corrisposto in tutto o in parte il prezzo, può insinuare il proprio credito al passivo e godere del privilegio di cui all’art. 2775 bis c.c. sull’immobile negoziato.

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 Dalla disciplina dei contratti “in corso” alle esenzioni da

revocatoria fallimentare: l’acquisto della prima casa in base al

preliminare trascritto

Attraverso l’introduzione del contratto preliminare trascritto, del privilegio speciale sull’immobile negoziato e del credito di restituzione del prezzo pagato anticipatamente al promittente venditore, il legislatore ha rafforzato la tutela del promissario acquirente di immobili. Nonostante ciò, era presente comunque un limite, dato dall’estrema frequenza dei casi in cui il promissario acquirente, spesso e volentieri, era vittima delle situazioni di crisi che nella maggior parte dei casi sfociavano in fallimento del promissario venditore, con la conseguente perdita del diritto di divenire proprietario dell’immobile. Ciò che il legislatore si è prefissato per risolvere questa situazione è un tipo di tutela che si discosta dai precedenti: non si mira a una tutela di tipo recuperatorio, ma piuttosto a una tutela specifica che garantisca il diritto alla proprietà del bene.

Con il d.lgs. 169/2007 è stata introdotta una disposizione, precisamente il comma 8 dell’art. 72, con la quale si è stabilito che la regola generale della sospensione dell’esecuzione del contratto bilateralmente

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ineseguito non si applica al contratto preliminare di vendita trascritto ai sensi dell’art 2645 bis c.c. avente ad oggetto un immobile destinato a costituire l’abitazione principale dell’acquirente o dei suoi parenti e affini entro il terzo grado. Questo è considerato il primo vero e proprio intervento volto a garantire una tutela specifica a favore del promittente acquirente che abbia trascritto il contratto preliminare o la domanda giudiziale ex art. 2932 c.c.

Il principio ispiratore, fin dai primi interventi risalenti al 1996, è sempre stato l’art. 47 della Costituzione che garantisce l’accesso del risparmio alla proprietà dell’abitazione, da aggiungersi ad altre disposizioni, quali l’art 67 comma 3 lettera c) della legge fallimentare e l’art. 10 del d.lgs. 122/2005 in tema di esenzione dall’azione revocatoria fallimentare, che rappresenta il punto di incontro tra l’esigenza di protezione di coloro che si rendono promissari acquirenti di immobili ad uso abitativo e la tutela in sede fallimentare dei creditori del costruttore. Pertanto nei casi in cui il promissario acquirente ha trascritto il preliminare e si impegna ad acquistare la prima casa, il potere del curatore di sciogliersi dal contratto viene escluso. Questa disposizione, a causa della sua formulazione poco precisa, ha causato una serie di problemi interpretativi e ha sollevato numerosi interrogativi riguardo alla volontà prefissata nel disegno di legge dal legislatore.

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Un primo problema si ha riguardo agli obblighi del curatore al momento del subingresso nel contratto: cioè il contratto prosegue ex lege, ma non è chiaro se il curatore se ne debba assumere tutti gli obblighi. Una risposta a questo quesito è stata fornita da numerosi interpreti, i quali

congiuntamente asseriscono che il curatore, subentrando

automaticamente nel contratto, assume a carico della massa le obbligazioni da esso nascenti, cui dovrà adempiere in applicazione delle norme comuni sul contratto. D’altro canto l’acquirente in bonis conserva integro il diritto di ottenere l’esecuzione del preliminare e quindi la pretesa di stipulare la vendita definitiva e conseguire la disponibilità giuridica e materiale dell’immobile oggetto del contratto. Una parte minoritaria della dottrina, invece, sostiene che l’esclusione della facoltà del curatore di sciogliersi dal contratto implica l’obbligo del curatore, sempre che la proprietà sia già passata al compratore, di rispettare il diritto alla proprietà acquisito dal contraente in bonis, non

necessariamente subentrando nel contratto, ma piuttosto

impegnandosi a trasferire la proprietà dell’immobile destinato ad abitazione nello stato in cui si trova, senza che ne sia dovuto l’eventuale completamento.

Un altro argomento molto dibattuto è se la disciplina in esame debba essere applicata solo nel caso in cui l’immobile sia ultimato, oppure

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anche nelle ipotesi in cui il contratto preliminare trascritto abbia ad oggetto immobile ancora da costruire o in corso di costruzione alla data della dichiarazione di fallimento. La parte maggioritaria della dottrina è giunta alla conclusione che, se l’immobile è da costruire o in corso di costruzione la sorte del preliminare è lo scioglimento e quindi l’art. 72 comma 8 può essere applicato solamente nelle ipotesi di immobili già ultimati al momento della dichiarazione di fallimento.

Di differenti vedute è, invece, l’altra parte della dottrina che ritiene che la disposizione in esame comporti non l’obbligo di subentro del curatore nel contratto, bensì l’obbligo di rispettare il diritto alla proprietà e quindi di procedere al trasferimento dell’abitazione nello stato in cui verte senza che ne sia dovuto il completamento.

Il legislatore, attraverso l’introduzione dell’ottavo comma dell’art. 72, ha mosso i primi passi per rafforzare un particolare tipo di tutela e soprattutto per garantire al promittente acquirente il diritto all’abitazione, ma vi sono ulteriori forme di tutela collegate e complementari a quest’ultima, si tratta solo di capire qual è il confine di applicazione dell’una o dell’altra. L’acquirente, infatti, anche qualora riesca a concludere il definitivo e a divenire proprietario dell’immobile, non è comunque esonerato dal rischio di incorrere in altre azioni volte a garantire, stavolta, il soddisfacimento dei creditori della massa. Si

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tratta delle cosiddette azioni revocatorie, uno degli strumenti maggiormente utilizzati nella procedura per reintegrare il patrimonio e proteggere i creditori da eventuali azioni poste in essere dal fallito volte a sottrarre beni dall’attivo fallimentare.

In conclusione il discrimine tra l’applicazione della disciplina relativa all’azione revocatoria fallimentare e quella attinente ai contratti in corso è rappresentato dal fatto che la proprietà dell’immobile sia stata trasferita o meno in modo definitivo all’acquirente. Sostanzialmente in caso di situazioni di crisi del costruttore i contratti preliminari si attengono alle regole dei contratti in corso, mentre gli atti definitivi di trasferimento della proprietà, relativa a immobili ultimati, possono essere assoggettati all’azione revocatoria ordinaria o fallimentare, sempre che ne sussistano i presupposti.

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