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Vendita legittima di immobili ed esenzioni da revocatoria fallimentare

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PISA

Dipartimento di Economia e Management

Corso di laurea in Consulenza Professionale alle Aziende

TESI DI LAUREA

VENDITA LEGITTIMA DI IMMOBILI ED ESENZIONI DA REVOCATORIA FALLIMENTARE

RELATORE

Prof. Amal Abu Awwad

Candidato Daniela Gaddeo

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INDICE

Introduzione p.4

Capitolo primo: La tutela di beni immobili ad uso abitativo

1.1 Le ragioni sottese al riconoscimento di una tutela p.8

1.2 Il D. Lgs. 122 del 2005 approfondimento p.19

1.3 Decreto sulla competitività (D. L. 14 marzo 2005,n.35,

convertito in legge 14 maggio 2005, n.80) p.32

1.4 Legge sulla concorrenza (legge 4 agosto 2017, n. 124) p.37 1.5 I mezzi di tutela introdotti dalla nuova disciplina p.40

1.5.1 Il contenuto del contratto preliminare p.41

1.5.2 La polizza assicurativa decennale p.47

1.5.3 Il diritto di prelazione p.51

1.5.4 Il fondo di solidarietà p.55

Capitolo secondo: vendita e fallimento

2.1 La tutela obbligatoria o recuperatoria: la garanzia fideiussoria p.61 2.2 La sorte dei contratti “in corso” in caso di crisi del costruttore:

confronto tra disciplina previgente e attuale del 72-bis p.74 2.3 Fallimento del venditore e del compratore: nuovo articolo 72

legge fallimentare p.84

2.4 Effetti del fallimento sul preliminare di vendita p.90 2.5 Dalla disciplina dei contratti “in corso” alle esenzioni da

revocatoria fallimentare: l’acquisto della prima casa in base al

preliminare trascritto p.94

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Capitolo terzo: Esenzioni dalla revocatoria fallimentare

3.1 La tutela conservativa e gli effetti dell’azione revocatoria

fallimentare p.99

3.2 Tipologia di atti esonerati p.108

3.3 Il soggetto tutelato p.114

3.4 Il giusto prezzo p.117

3.5 La destinazione dell’immobile p.125

3.6 Confronto tra 67 comma 3 lettera c) LF e art. 10 d.lgs. 122/2005 p.131

Conclusioni p.134

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INTRODUZIONE

Nell’ultimo ventennio la tutela dell’acquirente di immobili ad uso abitativo è stata oggetto di numerosi interventi da parte del legislatore. Si è passati da una mancanza totale di tutela, in cui l’acquirente che aveva investito le proprie risorse per l’acquisto di un immobile si ritrovava a subire gli effetti devastanti dovuti alla crisi o al fallimento del venditore-costruttore, a un vasto panorama legislativo che prevedeva differenti forme di tutela a seconda del momento in cui la crisi si fosse manifestata.

Gli interventi posti in atto dal legislatore derivano dalla necessità di garantire all’acquirente, persona fisica, un diritto essenziale sancito dalla nostra costituzione all’art. 47, ovvero il diritto all’abitazione. La prima forma di protezione è stata attuata con il d.l. n. 669 del 1996, il quale, introducendo l’art. 2645 bis c.c., concede all’acquirente la possibilità di trascrivere il contratto preliminare che abbia ad oggetto la conclusione di un contratto di vendita di immobili o un diritto reale di godimento.

La tutela offerta dall’introduzione dell’art. 2645 bis, seppur rappresentativa di un primo passo importante per la protezione

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dell’acquirente, era ben lontana dal garantire quel tipo di protezione completa, già presente in altri ordinamenti europei, pertanto il legislatore nel 2005 ha introdotto due importanti interventi in materia. Il primo, che riguarda i casi in cui la crisi del costruttore-venditore si manifesti e l’immobile non sia stato ancora ultimato o trasferito all’acquirente, il quale spesso è legato al costruttore da un contratto preliminare di compravendita, viene regolato dalle disposizioni previste dal D. Lgs. 122/2005.

Il d.lgs. 122/2005 ha predisposto una serie di mezzi di tutela che cercano di proteggere l’acquirente dai rischi che l’insolvenza del costruttore può provocare, tra questi ricordiamo, oltre la possibilità di trascrivere un preliminare di vendita, il rilascio da parte del costruttore di una fideiussione di importo pari alle somme che complessivamente ha riscosso o deve ancora riscuotere prima della stipula del contratto definitivo o dell’atto definitivo di assegnazione, la limitazione della esperibilità delle azioni revocatorie, l’istituzione di un fondo di solidarietà a beneficio dell’acquirente, l’introduzione di una polizza assicurativa indennitaria al momento del trasferimento della proprietà e infine si prevede un diritto di prelazione in favore dell’acquirente dell’immobile oggetto di cessione se esso sia stato consegnato e se sia stato adibito ad abitazione principale.

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Il secondo intervento, invece, riguarda gli immobili già ultimati, la cui proprietà sia già stata trasferita all’acquirente, il quale, in caso di fallimento del venditore, si espone al rischio di subire un’azione revocatoria fallimentare da parte della curatela, ex art. 67 legge fallimentare, allo scopo di riacquisire il bene all’attivo fallimentare per soddisfare la massa dei creditori del fallito. L’intervento consiste nell’introduzione di una modifica a tale articolo, attuata dal Decreto sulla Competitività (d. l. 14 marzo 2005, n.35, convertito in legge 14 maggio 2005, n.80) con la quale è stato modificato il 67 e sono stati introdotti dei limiti all’esperibilità dell’azione revocatoria, tra cui quello relativo agli immobili ad uso abitativo descritto al comma 3 lettera c). Meritevole di approfondimenti è la disciplina dei cosiddetti “rapporti pendenti”, cioè i contratti relativi alla cessione di immobili destinati all’uso abitativo che non hanno avuto completa esecuzione al sopraggiungere della dichiarazione di fallimento. Gli articoli 72 e 72 bis L.F. hanno subito delle recenti modifiche che disciplinano la sorte di questi contratti. La novità rilevante è che la scelta riguardante il sospendere o meno l’esecuzione non spetta più solamente al curatore, ma anche all’acquirente che, nell’eventualità in cui escuta la fideiussione, può sciogliere il contratto. L’analisi dei contratti in corso è importante per capire i confini della nuova disciplina, infatti l’ambito di

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applicazione del decreto 122/2005 si esaurisce in caso di fabbricato non ancora ultimato, mentre una volta raggiunto tale stadio chi acquista gode dell’esenzione dall’azione revocatoria fallimentare di cui all’articolo 67.

Infine, per quanto riguarda l’azione revocatoria fallimentare rilevano le due norme, parzialmente coincidenti, di cui all’art. 67 comma 3 lettera c) della legge fallimentare, e all’art. 10 del d.lgs. 122/2005. Le due disposizioni, seppur simili in quanto rappresentano una tutela di tipo conservativo per l’acquirente, hanno ambiti di applicazione differenti. L’ esenzione da revocatoria fallimentare si applica al soggetto persona fisica che abbia rispettato determinati presupposti, tra cui la destinazione dell’immobile ad uso abitativo ed il “giusto prezzo” d’acquisto.

L’ultimissimo intervento in tema di sicurezza pubblica sugli acquisti di immobili è stato emanato dal legislatore lo scorso 4 agosto tramite la legge sulla concorrenza, n. 124 del 2017, entrata in vigore il 29 agosto che introduce l’obbligo di versamento delle somme destinate al pagamento del prezzo dell’immobile oggetto d’acquisto, non più sul conto corrente del venditore, ma su un conto corrente apposito presso il notaio, il quale, una volta ultimato il rogito e trascritto nei registri immobiliari, autorizzerà il pagamento delle somme al venditore.

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La tutela di beni immobili ad uso abitativo

 Le ragioni sottese al riconoscimento di una tutela

Il diritto all’abitazione e quindi la tutela dell’acquirente di immobili ad uso abitativo, trova fondamento nella nostra Costituzione, precisamente all’art. 47, in virtù del quale l’accesso del risparmio popolare alla proprietà dell’abitazione deve essere incoraggiato e favorito.

La crisi finanziaria di un costruttore, che spesso sfociava in un fallimento, produceva effetti devastanti ai danni di chi, senza richiedere adeguate garanzie, aveva investito le proprie risorse finanziarie nell’acquisto di un immobile1. Il legislatore è intervenuto per disciplinare un ambito

rischioso e preoccupante all’interno del settore degli acquisti immobiliari, dove l’acquirente, sovente, si imbatteva in imprenditori edili senza scrupoli e non solventi. Spesso gli investitori anticipavano una congrua parte del prezzo al venditore al momento della stipula del preliminare di vendita o per effetto di un semplice compromesso, con il rischio di non poter ottenere la disponibilità dell’immobile o con

1 E.MARIO APPIANO, La tutela degli acquirenti d’immobili: dal preliminare alla stipula dell’atto, Gruppo editoriale

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l’ulteriore pericolo di subire, una volta entrato in possesso dello stesso, azioni di rivendicazione, di recupero o di attrazione alla massa fallimentare. Le disastrose conseguenze finali per gli investitori sono differenti a seconda del momento in cui la crisi del costruttore si manifesti: si distingue, infatti, a seconda che la crisi sopraggiunga quando ancora l’immobile debba essere terminato dal costruttore, e la relativa proprietà non sia stata ancora trasferita alla controparte, ovvero in epoca successiva a tale momento. Nel primo caso il promissario acquirente, solitamente persona fisica desiderosa di divenire proprietaria della “prima casa” e legata al costruttore da un contratto preliminare di compravendita, effettuava dei cospicui versamenti in misura tale, talvolta, da coprire l’intero prezzo pattuito per la vendita. Questa prassi era comune perché sovente i costruttori operavano senza mezzi finanziari propri, ma con le risorse versate anticipatamente da clienti e banche. Qualora il venditore fosse stato dichiarato insolvente, i promissari acquirenti perdevano ogni diritto al trasferimento della proprietà degli immobili nei quali avevano investito, in quanto l’art. 72 della legge fallimentare consentiva al curatore di sciogliere discrezionalmente il contratto preliminare. L’unico rimedio consentito era quello di fare domanda di insinuazione al passivo per le somme anticipate al costruttore, per cui il credito veniva ammesso allo

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stato passivo, ma naturalmente in via chirografaria, con possibilità di recupero alquanto ridotte.

Anche nel caso in cui la proprietà fosse già stata trasferita dal costruttore in bonis, l’acquirente si ritrovava spesso ad essere proprietario di un immobile sul quale gravava un’ipoteca, iscritta precedentemente dal venditore e mai cancellata per garantire altri propri debiti, con il risultato di perdere la proprietà dell’immobile. Altra particolare situazione si aveva quando, manifestatasi l’insolvenza del costruttore, il curatore promuoveva l’azione revocatoria fallimentare avverso i nuovi proprietari dell’immobile, al fine di recuperarlo all’attivo della procedura, anche in questo caso il risultato era il medesimo, perdita dell’immobile e delle somme anticipate.

Si è avuto modo di rilevare, quindi, che l’acquirente di immobili da costruire è colui che è maggiormente esposto al pericolo di dissesto economico del costruttore; inoltre, stante la mancanza della res al momento della contrattazione, è altresì esposto al rischio di stipulare un contratto dal contenuto generico e talvolta così indeterminato da provocare la nullità dello stesso per indeterminatezza dell’oggetto2.

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In materia di compravendita, la prassi negoziale prevedeva la stipulazione di “compromessi”, nella prevalente forma del contratto preliminare, mentre solo successivamente le parti pervenivano alla redazione del contratto definitivo e alla relativa trascrizione. I due tipi di contratti hanno natura ed effetti differenti: il contratto preliminare, avendo come oggetto l’obbligo di concludere un contratto futuro, produce solo effetti obbligatori, comportando per le parti l’impegno a prestare, in un tempo successivo, il consenso per il trasferimento della proprietà di un bene o di un altro diritto; il contratto definitivo, invece, produce il trasferimento della proprietà senza necessità di ulteriori manifestazioni di volontà. Fino al 1996 non vi era alcuna forma di protezione preventiva per chi concludesse un contratto preliminare, quindi la posizione del promissario acquirente era assai debole rispetto alle prerogative conservate dal promittente venditore: questo disequilibrio discendeva dalla non trascrivibilità del preliminare. Gli unici mezzi di tutela per reagire a situazioni pregiudizievoli e all’inadempimento, senza giustificato motivo, dell’obbligo del promittente di stipulare il definitivo erano rappresentati dall’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di contrarre ex art. 2932 c.c. e dalla trascrizione della relativa domanda ex art. 2652 n. 2 c.c., che peraltro

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presuppone l’inadempimento della controparte e dunque non costituisce un sistema preventivo di tutela3.

Il legislatore si pone, quindi, l’esigenza di tutelare la parte debole del rapporto, il cui pregiudizio deriva dall’impossibilità originaria di conoscere lo stato di solvenza dell’alienante. Le sempre più frequenti e rilevanti frodi ai danni degli acquirenti hanno indotto il primo potere a concepire una serie di garanzie, in modo da ridurre il rischio di insolvenza debitoria.

Il primo intervento è avvenuto con la legge n.30 del 28 febbraio 1997, la quale, da un lato sancì la trascrivibilità del preliminare, introducendo nel sistema l’articolo 2645 bis c.c., da un altro lato introdusse nell’ambito delle norme sui privilegi l’art. 2775-bis c.c., in virtù del quale i crediti del promissario acquirente che conseguono alla mancata esecuzione del contratto preliminare trascritto hanno privilegio speciale sull’immobile che ne costituiva oggetto; infine aggiunse un comma all’art. 72 l. fallimentare (in tema di effetti del fallimento sul contratto di compravendita non ancora compiutamente eseguito), ai sensi del quale: “ Qualora l’immobile sia stato oggetto di preliminare di compravendita trascritto… e il curatore… scelga lo scioglimento del

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contratto, l’acquirente ha diritto di far valere il proprio credito nel passivo, senza che gli sia dovuto il risarcimento del danno e gode del privilegio di cui all’art. 2775-bis del codice civile a condizione che gli effetti della trascrizione del contratto preliminare non siano cessati anteriormente alla data della dichiarazione di fallimento”. 4 In sostanza,

il legislatore, mediante l’introduzione degli articoli 2645-bis, 2775-bis, 2825-bis e del comma 7 del 72 l.f., ha previsto la trascrivibilità presso le conservatorie dei registri immobiliari, dei preliminari riguardanti contratti a efficacia traslativa, costitutiva o modificativa di diritti reali su beni immobili, e inoltre l’attribuzione di un privilegio particolare a favore del promissario acquirente. Attraverso la trascrizione del preliminare che abbia ad oggetto uno degli atti previsti ai numeri 1, 2, 3 e 4 dell’art. 2643 c.c., i quali siano stati però stipulati per atto pubblico o scrittura privata autenticata, l’effetto che ne deriva è che la trascrizione successiva del definitivo prevale sulle trascrizioni e iscrizioni eseguite contro l’alienante in data successiva. Il promissario acquirente beneficia dei diritti reali immobiliari dalla data della trascrizione del preliminare, con la conseguenza che non sono a lui opponibili le eventuali vicende che possono interessare l’immobile oggetto del

4 NICCOLò NISIVOCCIA, L’acquirente dell’immobile ad uso abitativo di fronte al fallimento del venditore, in Giur.comm.,

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contratto, a condizione che si faccia luogo alla stipula del contratto definitivo entro un anno dalla data convenuta per la conclusione dello stesso ed in ogni caso entro tre anni dalla trascrizione del preliminare. In caso di mancata esecuzione del preliminare, per quanto riguarda gli acconti di prezzo già versati dal promissario acquirente, si è previsto che il diritto alla restituzione di questi ultimi goda di un privilegio speciale a condizione che gli effetti della trascrizione non siano cessati al momento della risoluzione del contratto risultante da atto avente data certa, ovvero al momento della trascrizione del pignoramento o dell’intervento nell’esecuzione promossa da terzi, oppure al momento della domanda giudiziale di risoluzione del contratto o di condanna al pagamento. In seguito a questi interventi si realizza la prima forma di tutela cosiddetta obbligatoria, che privilegia il promissario acquirente rispetto ad altri creditori, non vanificando più la speranza di una restituzione, anche parziale, degli acconti versati precedentemente. Tali possibilità sono state però poco sfruttate soprattutto a causa dei costi, piuttosto ingenti, richiesti per la trascrizione dell’atto e per il fatto che le parti indicavano un prezzo inferiore nel definitivo per ottenere dei risparmi ai fini fiscali.

Nonostante questi primi passi per risolvere il problema, il vuoto di tutela che si apriva dinanzi all’acquirente, in caso di fallimento del venditore,

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non era ancora stato colmato. La gravità del problema generato da tale mancanza era facilmente riscontrabile osservando gli innumerevoli fallimenti nel 2005, novemila fallimenti di imprese costruttrici che coinvolgevano circa duecentomila famiglie di acquirenti5.

Il secondo intervento avvenne nel 2005, quando il legislatore, preso atto della gravità e dell’estensione del fenomeno dei fallimenti delle imprese costruttrici-venditrici, introdusse norme di tutela particolarmente intense mediante il d.lgs. n. 122 del 20 giugno 2005 (in attuazione della legge delega n. 210 del 2 agosto 2004). Tra le innovazioni del decreto si ha l’introduzione dell’art. 72-bis l.f e una nuova disciplina di esenzione dall’azione revocatoria fallimentare per gli immobili in fase di costruzione.

Sempre nel 2005 venne la riforma del diritto fallimentare mediante la l. 14 maggio 2005, n.80, di conversione del “decreto sulla competitività” (d.l.14 marzo 2005, n.35) che riscrisse l’art 67 della legge fallimentare, introducendo una serie di atti esenti dall’azione revocatoria.

Nel settembre 2007 con la nuova riforma del diritto fallimentare è stato modificato l’art 67 terzo comma lettera c) l.f. prevedendo l’esclusione dalla revocatoria anche dei preliminari di vendita, purché trascritti.

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Inoltre ha modificato la disciplina dei rapporti pendenti in caso di fallimento e vendita di immobili ad uso abitativo destinati a costituire l’abitazione principale dell’acquirente o di suoi parenti e affini fino al terzo grado.

Il d.lgs. 122/2005 e la riforma della legge fallimentare meritano un attento esame, in quanto apparentemente sembrerebbe siano sovrapponibili perché entrambe disciplinano medesimi aspetti, ad esempio la revocatoria fallimentare, ma in realtà hanno ambiti applicativi molto diversi. Attraverso queste due normative vedremo come il legislatore ha disciplinato le nuove esenzioni da revocatoria fallimentare e la sorte dei contratti in corso di esecuzione al momento della dichiarazione di fallimento.

Il d.lgs n.169 del 2007, le cui norme, sono entrate in vigore il primo gennaio 2008, è intervenuto incisivamente sul testo degli articoli 72 e 72-bis l.f.

L’ultimo intervento risale invece al 2012 con il D.L. 22 giugno 2012 n.83, convertito in legge 7/08/2012 n. 134 che modifica l’art. 72, comma 8, legge fallimentare. L’innovazione ha importanti conseguenze, poiché il fallimento viene a trovarsi, quale parte del rapporto, nella stessa posizione del fallito, con particolare riferimento all’obbligo di procurare

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il trasferimento della proprietà. Tale situazione si verifica solamente quando si tratta di un contratto preliminare di vendita trascritto, che abbia ad oggetto un immobile ad uso abitativo destinato a costituire l’abitazione principale dell’acquirente o di suoi parenti e affini entro il terzo grado.

Il panorama legislativo è piuttosto ampio, frammentato e di difficile interpretazione, e questi interventi non sempre si sono rivelati efficaci, ma si caratterizzano per una progressione in termini di intensità della tutela apprestata. In caso di fallimento del costruttore possono prospettarsi in astratto differenti esigenze di tutela:

 “Una tutela reale o acquisitiva, che mira a consentire il compimento del programma contrattuale con l’acquisto della proprietà da parte del promissario acquirente;

 Una tutela obbligatoria o recuperatoria o restitutoria, che tenta di salvaguardare l’acquirente dal rischio di perdere le somme versate in anticipo e che costituiscono una forma di finanziamento dell’attività d’impresa;

 Una tutela conservativa, per l’ipotesi in cui il programma contrattuale si sia realizzato in epoca prefallimentare ed il rischio sia quello

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dell’assoggettabilità dell’acquisto all’azione revocatoria fallimentare, con la conseguente perdita del bene da parte dell’acquirente”6.

Si viene a delineare un sistema che, per l’ipotesi di promissario acquirente persona fisica interessata all’acquisto della casa di abitazione, può essere così riassunto:

 Immobili da costruire: valgono le tutele offerte dal d.lgs. 122/2005 e dall’art 72 della legge fallimentare, in particolare la garanzia fideiussoria e la prelazione. Per quanto riguarda i contratti in corso, il curatore ha il potere di sciogliersi, ma anche il contraente può di propria volontà provocarne lo scioglimento escutendo la fideiussione prestata a garanzia di quanto versato al costruttore;

 Immobili ultimati: in questo caso, oltre a godere delle esenzioni da azioni revocatoria di cui al 67 comma 3 lettera c), il promissario acquirente, con preliminare trascritto, può pretendere la conclusione del definitivo.7

6 F. PETRUCCO TOFFOLO, La tutela dell’acquirente di immobili: problematiche fallimentari, relazione svolta al Convegno

organizzato dalla Camera Civile di Pordenone, 26 ottobre 2007, p.1.

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 Il D. Lgs. 122 del 2005 approfondimento:

L’intervento più incisivo a tutela del promissario acquirente è stato disposto da questo decreto, il cui art. 11 ha introdotto nella legge fallimentare l’art. 72-bis. L’obiettivo perseguito dal legislatore è quello di rafforzare la posizione del promissario acquirente, considerando gli inconvenienti e le lacune derivanti dalle precedenti regolamentazioni contrattuali: in modo particolare, la normativa riguarda la tutela dei diritti patrimoniali degli acquirenti di immobili per i quali è stato chiesto il permesso di costruire e che sono ancora da edificare, ovvero di immobili per i quali, benché già esistenti, lo stato dei lavori non consente ancora il rilascio del relativo certificato di agibilità. “Lo scopo primario del decreto è stato quello di conferire maggiore organicità e completezza alla tutela dei promissari acquirenti, questi, infatti, nonostante le innovazioni in materia di trascrizione del contratto preliminare, rischiavano di non essere tutelati proprio nei casi più gravi, ossia in caso di insolvenza dell’impresa costruttrice. In questa ipotesi il promissario acquirente, nonostante la regolare trascrizione del

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preliminare rischiava di rimanere esposto sia alla perdita dell’immobile, sia delle somme versate a titolo di acconto”8.

Un’ulteriore novità è stata l’introduzione dell’obbligo, da parte del costruttore, a pena di nullità, in caso di stipula di un contratto diretto al trasferimento non immediato della proprietà o di altro diritto reale di godimento su un immobile da costruire o di un atto avente le medesime finalità, di consegnare all’acquirente una fideiussione di importo pari alle somme che sono state e saranno riscosse dal costruttore prima del trasferimento del diritto reale.

Inoltre viene limitato l’ambito di operatività dell’azione revocatoria fallimentare (art. 10) in relazione agli atti di alienazione di case di abitazione da destinarsi a residenza dell’acquirente o di parenti e affini dello stesso.

“Gli strumenti di tutela introdotti dal d.lgs.122/2005 hanno un ambito di applicazione che viene rigidamente delimitato dal legislatore, da un lato mediante l’individuazione delle operazioni contrattuali rilevanti, dei beni che possono costituirne l’oggetto e dei soggetti contraenti, e dall’altro, mediante la determinazione sia dei rischi sia degli eventi che

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di essi possono costituire la causa contro i quali quelle tutele sono predisposte”9.

Il decreto esordisce all’ art. 1 con le “definizioni” soggettive e oggettive che delimitano il campo di applicazione della normativa, rendendone operativi i precetti. Per quanto concerne le parti dei contratti assoggettati alla nuova disciplina, emerge dalla definizione dell’art 1 lettera a) e dall’art 6 comma 1 del decreto che l’acquirente (o promissario acquirente) deve essere una persona fisica: sono pertanto escluse le ipotesi di contratti stipulati tra imprese. Soltanto chi rientra nella nozione di “acquirente” può beneficiare degli strumenti di tutela offerti dal decreto, tuttavia ciò potrebbe non essere sufficiente perché vi sono ulteriori specifici requisiti richiesti dalla legge. All’art 1 lettera a) l’acquirente è individuato come segue:

“1. Ai fini del presente decreto devono intendersi:

a) Per “acquirente”: la persona fisica che sia promissaria acquirente o

che acquisti un immobile da costruire, ovvero che abbia stipulato ogni

altro contratto, compreso quello di leasing, che abbia o possa avere per

effetto l’acquisto o comunque il trasferimento non immediato, a sé o ad

un proprio parente in primo grado, della proprietà o della titolarità di un

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diritto reale di godimento su di un immobile da costruire, ovvero colui il

quale, ancorché non socio di una cooperativa edilizia, abbia assunto

obbligazioni con la cooperativa medesima per ottenere l’assegnazione

in proprietà o l’acquisto della titolarità di un diritto reale di godimento

su di un immobile da costruire per iniziativa della stessa;”

Alcuni strumenti di tutela sono offerti a chi sia semplicemente un acquirente: è il caso della fideiussione a garanzia della restituzione delle somme versate al costruttore, della garanzia per il risarcimento dei danni derivanti da gravi vizi presenti nell’immobile da costruire, del contenuto del contratto preliminare. Altri strumenti di tutela, invece, sono concessi solo agli acquirenti che abbiano determinate caratteristiche, non individuate dalla citata nozione: è il caso del diritto di prelazione, dell’esenzione dall’azione revocatoria fallimentare e del fondo di garanzia. A prima vista l’ambito di applicazione della norma sembrerebbe ricomprendere un’ampia categoria di soggetti, in realtà invece è piuttosto ristretto. Innanzitutto esso tutela le persone fisiche, inoltre, affinché gli acquirenti-persone fisiche possano usufruire di particolari strumenti di tutela devono sussistere ulteriori requisiti oggettivi, tra cui ricordiamo la destinazione dell’immobile a costituire l’abitazione principale dell’acquirente o di un parente in primo grado10.

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Le finalità generali che caratterizzano l’intervento normativo e i frequenti riferimenti ai parenti o affini dell’acquirente e alla destinazione abitativa dell’immobile oggetto del contratto indirizzano l’interpretazione della norma in senso restrittivo, nel senso che le tutele legali sono circoscritte agli acquisti immobiliari finalizzati all’investimento del risparmio della famiglia. La volontà del legislatore sembrerebbe indirizzata a tutelare la parte debole del rapporto, individuata nel privato che stipula un contratto con l’imprenditore. La disciplina in esame sembra volersi rivolgere anche a chi si inserisce nel mercato per un semplice investimento immobiliare. Sono state sollevate alcune perplessità riguardo la scelta di designare l’acquirente con il mero riferimento alla “persona fisica”, senza precisare, come tipicamente accade nelle regole a protezione del contraente debole, che il contratto sia posto in essere per scopi estranei all’attività professionale o imprenditoriale eventualmente svolta. È stata proprio questa mancanza di precisazione a ritenere ammissibili a godere della tutela offerta dalla legge anche i professionisti e gli imprenditori individuali che contrattano nell’ambito della propria attività, con una conseguente disparità di trattamento però rispetto alle società entrate in contatto con l’impresa sempre a titolo professionale: si pensi ad esempio alle società di persone e alle società a responsabilità limitata

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unipersonali. Quindi mentre una parte della letteratura, basandosi su un’interpretazione letterale della norma, considerava l’”acquirente” ogni persona fisica e quindi anche coloro che agivano nell’esercizio dell’impresa o della professione, altri invece sostenevano che il legislatore intendesse assimilare la locuzione persona fisica, non ai soggetti imprenditori, ma a quella del “consumatore”, interpretazione fondata “sulla considerazione che l’intera disciplina in esame debba essere ricondotta nell’ambito della recente e vasta produzione normativa dettata a tutela del consumatore al fine di porre rimedio a tutte le situazioni di asimmetria contrattuale”11. Sempre a favore di

quest’ultima tesi viene utilizzato un riferimento nell’art 1 lett. A) del decreto, nella parte in cui specifica che il trasferimento è a favore di un “parente di primo grado”, fatto che risulta inidoneo ad essere collocato in un contesto imprenditoriale. Un’altra questione molto dibattuta, anche in relazione alla legittimità costituzionale della norma, è quella relativa all’ipotesi di contratto a favore di terzi o per persona da nominare, riguardante il “parente in primo grado” del contraente, con l’esclusione però del coniuge. L’esclusione è ritenuta illogica al punto che si considera una “svista” da parte del legislatore, tanto più se

11 GIANLUCA SICCHIERO, La tutela degli acquirenti di immobili da costruire: Commento al D.Lgs n. 122 del 2005,

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l’acquisto dell’immobile ricade nei casi di comunione dei beni dei coniugi.

Un’altra definizione ai fini dell’applicazione del decreto è quella relativa agli “immobili da costruire”, anch’essa ricompresa all’art. 1, ma alla lettera d), il quale contiene la seguente nozione:

“1. Ai fini del presente decreto devono intendersi:

d) per “immobili da costruire”: gli immobili per i quali sia stato richiesto

il permesso di costruire e che siano ancora da edificare o la cui

costruzione non risulti essere stata ultimata versando in stadio tale da

non consentire ancora il rilascio del certificato di agibilità”.

Gli immobili che il legislatore prende in considerazione sono quelli il cui processo costruttivo non sia completato, quindi gli immobili che al momento della conclusione del contratto sono da edificare o in corso di edificazione e comunque da completare a spese dell’alienante. Per poter applicare la disciplina di protezione occorre tuttavia un presupposto ulteriore, e cioè che sia stato già chiesto il permesso di costruire o un titolo abilitativo equivalente. Questa formula legislativa sembra voler qualificare come “costruito” quell’immobile che si trovi in uno stadio tale da consentire il rilascio del certificato di abitabilità.

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Vi sono dunque due limiti per determinare cosa sia un Immobile da costruire, il primo è il “permesso di costruire” e l’altro, successivo rispetto al momento della sua creazione, è il “certificato di agibilità”. La disciplina in esame non prende in considerazione la mera compravendita di un fabbricato allo stato di “rustico”, cui non segua sotto alcuna forma di sorta l’impegno del venditore ad ultimare l’opera rendendola abitabile.

Per poter configurare un immobile da costruire si parte dal presupposto che sia stata presentata la richiesta per “il permesso di costruire”, pertanto restano escluse dalla disciplina diverse situazioni, tra cui: il soggetto che voglia rendersi acquirente di un immobile che sia in costruzione, ma illecitamente realizzato; chi, prima ancora che abbia inizio l’attività di progettazione e di richiesta del necessario permesso di costruire, intenda già stipulare un accordo con il costruttore relativo all’acquisto di un immobile che dovrà poi essere costruito sull’area nuda: in questo caso l’oggetto del contratto viene considerato indeterminato o impossibile dalla giurisprudenza. La definizione di permesso di costruire la ritroviamo nel Testo Unico per l’Edilizia all’art. 3, comma 1, e anche all’art 10, sempre del TUE, che disciplina gli interventi subordinati al permesso di costruire.

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Per quanto riguarda, invece, il certificato di agibilità, per l’applicazione della disciplina è necessario che lo stadio in cui si trovano i lavori sia tale da non consentire il rilascio del suddetto certificato. Per non essere più considerato “immobile da costruire”, deve presentare gli elementi necessari per ottenere il certificato di agibilità, disciplinato dall’art. 24 del TUE e dal 115. È importante ricordare, a tal proposito, una sentenza della Suprema Corte di Cassazione, secondo cui il controllo effettuato in sede di rilascio del certificato di agibilità deve comportare “l’accertamento sia della conformità della costruzione alla concessione edilizia e agli strumenti urbanistici vigenti, sia della esistenza delle condizioni igienico-sanitarie per la concreta abitabilità, comprese quelle imposte dalla normativa in materia di inquinamento”, giacché “il degrado dell’ambiente si ripercuote inevitabilmente sull’abitabilità complessiva di una determinata costruzione e dell’area circostante”12.

Il d.lgs. 122/2005 definisce anche un’altra parte, il “costruttore- venditore”, il cosiddetto soggetto “forte”, all’art. 1, lettera b):

“1. Ai fini del presente decreto devono intendersi:

b) Per “costruttore”: l’imprenditore o la cooperativa edilizia che

promettano in vendita o vendano un immobile da costruire, ovvero che

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abbiano stipulato ogni altro contratto, compreso quello di leasing, che

abbia o possa avere per effetto la cessione o il trasferimento non

immediato in favore di un acquirente della proprietà o della titolarità di

un diritto reale di godimento su di un immobile da costruire, sia nel caso

in cui lo stesso venga edificato direttamente dai medesimi, sia nel caso

in cui la realizzazione della costruzione sia data in appalto o comunque

eseguita da terzi”.

È considerato Costruttore l’imprenditore o le cooperative edilizie, che concludano un contratto tale per cui l’acquirente, in un momento successivo, diviene proprietario o titolare di un diritto reale di godimento su di un immobile da costruire. La nozione in questione appare piuttosto ampia, nel senso che si riferisce a qualsiasi soggetto, qualunque sia la sua forma, cui sia attribuibile la qualifica di imprenditore, a prescindere poi dal fatto che il fabbricato sia realizzato da terzi con contratto d’appalto, ovvero sia oggetto di una catena di vendite di cosa futura. A tal proposito sono ricomprese nella definizione anche le imprese che si limitano alla semplice commercializzazione del fabbricato ancorché costruito da terzi, questo perché la normativa in questione veniva facilmente elusa attraverso lo strumento delle società di comodo, create per effettuare compravendite fittizie. Vengono escluse, invece, dall’applicazione della disciplina le imprese operanti in

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via esclusiva o principale nel settore immobiliare e delle costruzioni perché considerate alla stregua di imprenditori che effettuano solo occasionalmente un’operazione immobiliare.

Infine l’ultima nozione è quella relativa alla “situazione di crisi” definita all’art. 1 lett. C) del decreto:

“1. Ai fini del presente decreto devono intendersi:

c) Per “situazione di crisi”: la situazione che ricorre nei casi in cui il

costruttore sia sottoposto o sia stato sottoposto ad esecuzione

immobiliare, in relazione all’immobile oggetto del contratto, ovvero a

fallimento, amministrazione straordinaria, concordato preventivo,

liquidazione coatta amministrativa”.

La legge considera in crisi l’imprenditore soggetto a fallimento, amministrazione straordinaria, concordato preventivo o liquidazione coatta amministrativa, inoltre aggiunge che vi è crisi nel caso in cui il costruttore-venditore sia sottoposto o stato sottoposto ad esecuzione immobiliare in relazione al bene oggetto del contratto. È importante stabilire il concetto di crisi perché questo requisito condiziona direttamente l’applicazione delle tutele al verificarsi di questa situazione, tutele tra le quali: l’escussione della fideiussione relativa alle somme versate dall’acquirente prima del trasferimento della proprietà

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dell’immobile; l’attivazione del diritto di prelazione e l’esenzione dall’applicazione della revocatoria fallimentare; l’accesso alle prestazioni del fondo di garanzia. La situazione di crisi è ravvisabile anche qualora il costruttore si trovi in bonis; è necessario, però, che l’immobile oggetto del contratto, non ancora in proprietà dell’acquirente, sia sottoposto ad esecuzione forzata da parte di terzi. “Evidentemente, benché il concetto di “crisi” sia peraltro definito con riguardo all’apertura di una procedura concorsuale, e benché potrebbe sulle prime sembrare che esso debba pertanto coincidere con quello (concorsuale) di insolvenza, in questa fattispecie (processo esecutivo sull’immobile in tutto o parzialmente edificato) la legge non si riferisce all’insolvenza concorsuale, ma all’insolvenza civile. All’insolvenza, pertanto, considerata non con attenzione all’attività svolta dal soggetto, ma con attenzione al rapporto in cui tale soggetto è coinvolto.”13

La tutela del d.lgs. 122/2005 non è applicabile ai soggetti diversi dalle persone fisiche, il legislatore non ha avvertito l’esigenza di proteggerli, perché la tutela è nata con lo scopo preciso di salvaguardare le famiglie che avevano investito i propri risparmi per l’acquisto di una casa di abitazione e in caso di fallimento del venditore si ritrovavano a perdere

13 Cit. ALBERTO JORIO, MASSIMO FABIANI, Il nuovo Diritto Fallimentare, Art.72 bis: Fallimento del venditore e contratti

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le somme anticipate mentre qualora fossero già all’interno dell’abitazione venivano sfrattati come se fossero dei coinquilini morosi. Pertanto agli acquirenti diversi dalle persone fisiche non resta che avvalersi degli strumenti di tutela già esistenti prima dell’emanazione del decreto, tra cui: la trascrizione del preliminare, la richiesta di garanzie convenzionali e la sorveglianza dei lavori di edificazione. Il legislatore ha previsto che l’ambito di applicazione del decreto 122/2005 si arresta una volta che l’immobile abbia raggiunto lo stadio di “ultimato”. Se i contratti hanno per oggetto immobili già completamente ultimati, cioè fabbricati che sono in uno stato tale da conseguire il certificato di agibilità, allora l’acquirente non beneficerà delle tutele del decreto, ma rimarrà comunque protetto potendo avvalersi dell’esenzione dall’azione revocatoria fallimentare, disciplinata dal nuovo articolo 67 modificato dalla recente riforma del diritto fallimentare.

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Decreto sulla competitività (D. L. 14 marzo 2005, n.35,

convertito in legge 14 maggio 2005, n.80)

Con questo decreto, il legislatore ha inteso disciplinare vari settori dell’ordinamento, tra cui quelli della procedura civile, dell’esecuzione immobiliare e del diritto fallimentare. I commi 1 e 2 dell’art 2 del D.L. 35/2005 contengono importanti modificazioni al R.D. 16 marzo 1942, n. 267 per quanto riguarda la riforma della legge fallimentare, in particolare vi sono stati interventi sugli articoli 67 e 70 e sulla disciplina del concordato fallimentare, i quali hanno avuto una portata talmente ampia, soprattutto la modifica all’istituto della revocatoria, che hanno portato a una completa riscrittura dell’articolo 67. L’intento legislativo è stato quello di ridurre l’utilizzo da parte del curatore dello strumento dell’azione revocatoria attraverso la riduzione dei tempi del periodo sospetto e prevedendo una serie di specifiche esclusioni da quest’ultima. In particolare si tratta di capire i riflessi della nuova azione revocatoria in materia immobiliare e specificatamente in rapporto agli atti a titolo oneroso con prestazioni sproporzionate a danno del fallito e all’introduzione di una nuova esenzione dall’azione revocatoria in caso di contratti aventi ad oggetto l’acquisto dell’abitazione principale ad un giusto prezzo. Attraverso questi due canali (dimezzamento del periodo

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sospetto e introduzione di nuove esenzioni), si è avuto un forte depotenziamento dell’azione revocatoria fallimentare. La volontà politica del legislatore di ridimensionare gli effetti, spesso devastanti, delle azioni revocatorie era già stata riscontrata nei disegni di legge presentati nella precedente legislatura, ciò avveniva attraverso la riduzione del periodo sospetto e la rielaborazione dei presupposti e della casistica degli atti ad essa sottoposti, ma non era mai stato utilizzato lo strumento delle esenzioni. Solamente con il disegno di legge n. 1243 che riguardava le “modifiche urgenti al R.D. 16 marzo 1942, n.267”, deliberato nel 2002 sono comparse una serie di esenzioni analoghe a quelle poi risultanti al terzo comma dell’art 67 L.f.

Per quanto riguarda la decorrenza delle nuove disposizioni in materia di revocatoria, queste si applicano a tutte le procedure iniziate dopo l’entrata in vigore del decreto, ovvero alle procedure dichiarate dal 17 marzo 2005 in avanti. Inoltre vengono proposti dei nuovi termini per l’esercizio dell’azione da parte della curatela: il cosiddetto periodo sospetto viene, infatti, dimezzato da due anni ad un anno per gli atti previsti al primo comma dell’art. 67, cioè per i contratti a prestazione sperequate e pagamenti effettuati con mezzi anormali, e si dimezza da un anno a sei mesi per gli atti previsti dal comma 2 del 67, quindi per i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili e atti a titolo oneroso. Le

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differenze tra il testo originario e quello riformato emergono non solo in tema di periodo sospetto, ma anche con riferimento all’entità della sproporzione che da “notevole” è divenuta di “oltre un quarto”. Pertanto saranno escluse dall’azione revocatoria solamente le prestazioni eseguite o le obbligazioni assunte dal fallito sproporzionate per oltre un quarto, qualora l’atto sia stato compiuto entro l’anno dal fallimento.

“Da parte del Legislatore è stato - a nostro avviso opportunamente abbandonato il criterio "mobile" della sproporzione notevole" (che lasciava indubbiamente una eccessiva libertà all'interprete), optando per un criterio rigido costituito dalla sproporzione "di oltre un quarto". Come osservato in dottrina le conseguenze immediate saranno di una minor incertezza interpretativa anche se, sotto questo punto di vista, l'impatto della riforma sarà tutto sommato limitato, in quanto la giurisprudenza aveva da tempo elaborato criteri ormai consolidati in forza dei quali dichiarare l'atto revocabile.”14

La revocatoria degli atti con prestazioni sproporzionate richiede dunque due requisiti, oggettivo e soggettivo: la sproporzione deve essere pari al 25 % tra il valore delle prestazioni eseguite o le obbligazioni assunte del

14 Cit. GIUSEPPE BERSANI, Le recenti modifiche alla revocatoria fallimentare operate dal D.L. 14 marzo 2005, n. 35,

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fallito e ciò che è stato a lui dato o promesso; il convenuto in revocatoria deve essere a conoscenza dello stato di insolvenza del debitore. Il requisito oggettivo deve essere provato dal curatore, che agisce in revocatoria, mentre la presunzione di conoscenza del convenuto riguardo lo stato di insolvenza si presume ex lege; ovviamente si tratta di una presunzione per la quale è ammessa la prova contraria.

Nell’ambito della compravendita immobiliare si verificavano frequentemente delle situazioni in cui le parti coinvolte, pur di pagare le minori imposte possibili sul trasferimento, tendevano a dichiarare il valore minimo fiscalmente accettabile, corrispondendo la restante parte “in nero”. In caso di fallimento, quindi, il curatore poteva ritrovarsi dinanzi a un contratto a prestazione sperequate, e l’unico modo per l’acquirente di sfuggire all’azione revocatoria era quello di sperare che il valore di mercato dell’immobile non fosse superiore di oltre un quarto al corrispettivo pagato ufficialmente.

Nell’ambito delle esenzioni da revocatoria introdotte con la nuova legge si può notare che si ricalca, con qualche modifica, ciò che prevedeva la vecchia normativa all’ultimo comma dell’art 67. “Ciò significa da un lato che le ˂nuove˃ esenzioni si sommano, e non si sostituiscono, alle ˂vecchie˃, e d’altro lato, che nella sede di un intervento normativo d’urgenza il legislatore ha rinunciato a quel generale riordino della

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materia che tutti auspicavano, dopo vari decenni di leggi e leggine che avevano escluso la revocabilità in sede fallimentare delle più disparate operazioni, senza un (almeno visibile) disegno organico, e per la protezione dei più svariati interessi. Dunque non si prospettava un ˂colpo di spugna˃ sul passato, ma un razionale riordino e, soprattutto, la necessità di giustificare le esenzioni con la tutela di ben individuati ˂interessi oggettivamente forti˃ (piuttosto che per la tutela di ˂soggetti forti˃, come invece è spesso accaduto).”15

15 Cit. GIORGIO TARZIA, Le esenzioni (vecchie e nuove) dall’azione revocatoria fallimentare nella recente riforma, in

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Legge sulla concorrenza (legge 4 agosto 2017, n. 124)

Un breve cenno merita la nuova legge sulla concorrenza, entrata in vigore lo scorso 29 agosto, la quale amplia la tutela dell’acquirente che stipula contratti di compravendita aventi ad oggetto l’abitazione. La novità risiede nell’utilizzo di un conto corrente predisposto appositamente presso il notaio rogante allo scopo di proteggere le somme versate dall’acquirente per il pagamento di acconti o dell’intero corrispettivo al venditore. I soldi per la vendita della casa devono rimanere depositati sul conto del notaio fino all’effettivo passaggio di proprietà. La prassi nell’acquisto di un’abitazione è che dopo aver firmato il compromesso e pagato gli acconti, ci si reca dal notaio per il rogito e il pagamento del residuo prezzo al venditore. Sovente accade però che l’acquirente abbia consegnato gli assegni o eseguito i bonifici alla ditta costruttrice e il notaio si accorga, nel successivo momento in cui esegue la trascrizione dell’atto nei pubblici registri, che sulla casa è stata nel frattempo iscritta un’ipoteca o avviato un pignoramento. A questo punto potrebbe essere difficile per l’acquirente recuperare il prezzo e potrebbe essere costretto ad avviare una causa, col rischio che nel frattempo l’azienda chiuda e rimanga senza nulla in mano. Per evitare questi problemi, la legge sulla concorrenza, di recente approvata

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dal Parlamento, ha predisposto delle norme a tutela dell’acquirente. In particolare si prevede che i soldi rimangano depositati a cura del notaio fino al momento della trascrizione della vendita e, quindi, fino al definitivo passaggio di proprietà. In questo modo, se qualcosa dovesse andare storto, l’acquirente potrebbe recuperare in qualsiasi momento la somma versata poiché la stessa viene conservata sul conto del professionista sino a che il trasferimento della proprietà non avviene regolarmente e senza intoppi. La legge sulla concorrenza stabilisce che, al momento dell’acquisto della casa, tutte le somme corrisposte dall’acquirente al venditore o a titolo di pagamento delle imposte, debbano confluire su un conto “dedicato” al notaio. Non quindi il conto personale o dello studio, ma uno appositamente destinato a incamerare detti importi al fine di evitare la confusione con i guadagni personali. La normativa ha effetto retroattivo e si applica anche ai compromessi stipulati prima del 29 agosto 2017, data di entrata in vigore della legge sulla concorrenza. Secondo i primi pareri, inoltre, il venditore non potrà includere, nel compromesso, una clausola con cui impone il versamento del prezzo sul proprio conto corrente piuttosto che su quello del notaio. Sembra che tale previsione normativa non possa essere derogata dalle parti in quanto si tratta di una disposizione dettata in ossequio al cosiddetto “ordine pubblico di protezione”, finalizzata cioè a tutelare il

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contraente più debole. In questo modo chi non trascrive il preliminare ha uno strumento in più per evitare l’esposizione a rischi diversi: come l’eventualità che tra la data del rogito e quella della sua trascrizione nei registri venga pubblicato un gravame inaspettato a carico del venditore, oppure che il venditore venda più volte lo stesso immobile a diversi acquirenti, con la conseguenza che tra essi prevalga chi per primo trascrive. In sostanza, finché l’acquisto non sia stato trascritto, non si ha la certezza che esso sia andato a buon fine. Se per caso non va a buon fine, si tratta spessissimo di situazioni in cui è praticamente impossibile avere la restituzione del denaro consegnato al venditore al momento della firma del rogito.

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 I mezzi di tutela introdotti dalla nuova disciplina

Nei precedenti paragrafi abbiamo potuto osservare l’evoluzione normativa che ha modificato nell’ultimo ventennio la posizione dell’acquirente di immobili da destinare ad uso abitativo, passando da una mancanza completa di tutela a una serie di, svariati e spesso di difficile interpretazione, interventi contenuti in varie disposizioni. Nei prossimi paragrafi si procederà ad analizzare le forme principali di tutela, in particolare: il contratto preliminare, la polizza assicurativa decennale, il diritto di prelazione e il fondo di solidarietà.

I temi relativi alla garanzia fideiussoria e le esenzioni da revocatoria fallimentare, invece, saranno oggetto dei prossimi capitoli, in quanto ritenuti gli interventi di maggior portata relativamente alla tutela dell’acquirente di immobili.

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 Il contenuto del contratto preliminare

L’art. 6 del d.lgs. 122/2005 disciplina il contenuto del contratto

preliminare e si prefigge lo scopo di rendere più trasparente l’attività

negoziale immobiliare in modo da garantire una maggior tutela al promissario acquirente, permettendogli di porsi al riparo da possibili pregiudizi conseguenti ad una lacunosa e approssimativa stesura del contratto. Innanzitutto bisogna delimitare l’ambito di applicazione della norma ai soggetti che sottoscrivono il contratto preliminare facendo riferimento al codice civile nella parte in cui disciplina i cosiddetti “contratti del consumatore”, cioè quegli accordi conclusi tra un professionista ed una persona fisica cui sia attribuibile la qualifica di consumatore. L’art. 1469-bis, comma 2, ora art. 3 del Codice del Consumo sancisce che il costruttore è sicuramente un professionista e il contratto preliminare da lui stipulato, relativo all’immobile da costruire, ricade “nel quadro della sua attività imprenditoriale”16.

L’acquirente-persona fisica, invece, viene considerato Consumatore e pertanto verrà tutelato dalla norma in questione, esclusivamente se acquisti l’immobile da costruire “per la soddisfazione di esigenze della

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vita quotidiana estranee all’esercizio di dette attività”17(per “dette

attività” si intendono attività imprenditoriali o professionali).

La legge non specifica chi sia tenuto a predisporre il contratto preliminare, stabilisce il contenuto in maniera minuziosa, ma i termini del contratto possono essere frutto di un’elaborazione congiunta delle parti, oppure predisposti unilateralmente da una delle due parti e accettati dalla controparte, oppure possono essere il risultato di modifiche, congiuntamente apportate, al modello proposto da uno dei contraenti. Quanto al contenuto, esso deve rivestire la forma scritta, a pena di nullità, ed è disciplinato dal comma 1 dell’art.6:

a) Le indicazioni previste agli articoli 2659, primo comma, n.1) e 2826

del codice civile; tali elementi rappresentano dei requisiti del contratto

necessari al fine di individuare le parti del contratto e il suo oggetto. b) La descrizione dell’immobile e di tutte le sue pertinenze di uso

esclusivo oggetto del contratto; al fine di rendere determinabile

l’oggetto del contratto bisognerà quindi inserire l’indicazione riassuntiva della composizione dell’immobile e della sua tipologia. c) Gli estremi di eventuali atti d’obbligo e convenzioni urbanistiche

stipulati per l’ottenimento dei titoli abilitativi alla costruzione e

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l’elencazione dei vincoli previsti; in questo caso si cerca di favorire la

conoscenza dell’acquirente riguardante ogni elemento utile alla valutazione dell’acquisto ed in particolare degli eventuali oneri che, una volta divenuto proprietario, potrebbero in qualche modo coinvolgerlo. d) Le caratteristiche tecniche della costruzione, …; anche sotto questo punto di vista si mira a chiarire in maniera particolareggiata l’oggetto del contratto, garantendo all’acquirente una consapevolezza maggiore circa la consistenza del proprio acquisto.

e) I termini massimi di esecuzione della costruzione, anche

eventualmente correlati alle varie fasi di lavorazione; spesso accade che

il termine massimo di esecuzione della costruzione potrebbe non coincidere con il termine per la stipulazione del contratto definitivo, anche in questo caso lo scopo è garantire la massima informativa possibile all’acquirente nell’ambito della valutazione di convenienza dell’acquisto.

f) L’indicazione del prezzo complessivo…, i termini e le modalità per il

suo pagamento,… la prova certa dell’avvenuto pagamento; la

previsione, a proposito delle modalità di pagamento del prezzo, precisa che queste devono essere rappresentate da bonifici bancari o versamenti diretti su conti correnti bancari o postali intestati al venditore, o comunque da altre forme che siano in grado di accertare

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l’avvenuto pagamento. La ratio della disposizione è quella di tutelare il soggetto terzo che ha versato le somme garantite con la fideiussione ex art. 3 d. lgs. 122, mediante la documentazione comprovante l’ammontare delle somme complessivamente pagate al costruttore. g) Gli estremi della fideiussione di cui all’art 2;

h) L’eventuale esistenza di ipoteche o trascrizioni pregiudizievoli di

qualsiasi tipo sull’immobile…; anche questa prescrizione è volta a

favorire la conoscenza dell’acquirente riguardo la situazione dell’immobile.

i) Gli estremi del permesso di costruire o della sua richiesta se non

ancora rilasciato, nonché di ogni altro titolo, denuncia o provvedimento

abilitativo della costruzione;

l) L’eventuale indicazione dell’esistenza di imprese appaltatrici con la

specificazione dei relativi dati identificativi; indicazioni utili

all’acquirente per conoscere la situazione complessiva.

Qualora il contratto preliminare fosse privo dei requisiti elencati precedentemente, il d.lgs. 122/2005 nulla dice a riguardo, pertanto sorge un dubbio su quali siano le conseguenze derivanti da questa mancanza. Vi sono elementi che portano a sostenere tanto la nullità quanto la mera irregolarità del contratto, al riguardo si possono riassumere in tre categorie: una prima categoria riguarda gli elementi

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che coincidono con i requisiti del contratto, la cui mancanza comporterà la sua nullità ex art. 1418 secondo comma del codice civile, in quanto risulterebbe contrario ad una norma imperativa, quest’ultima rappresentata proprio dall’art 6 in questione18; altri elementi invece

risultano essere meramente eventuali, poiché l’obbligo della loro indicazione deriva dalla circostanza che le parti abbiano inteso pattuirli, pertanto la mancanza dei suddetti elementi non comporta alcuna sanzione proprio per il fatto che esistono in quanto voluti esplicitamente dalle parti, ad esempio la mancanza di indicazione della caparra non comporterà mai la nullità del contratto, stesso ragionamento se non si dovessero indicare i termini e le modalità di pagamento; l’ultima categoria, invece, tratta i requisiti di forma diretti a garantire all’acquirente una piena conoscenza sulla situazione connessa con l’acquisto oggetto del contratto. L’interesse che ha spinto il legislatore a prevedere tali contenuti obbligatori del contratto sembrerebbe ricondursi alla corretta informazione dell’acquirente: da ciò deriva che il mancato rispetto di queste prescrizioni di carattere formale non fa conseguire la nullità del contratto. In questi casi una delle conseguenze possibili è il risarcimento del danno, derivante da responsabilità precontrattuale, che l’acquirente dovrà dimostrare di

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aver subito come conseguenza della mancanza dei contenuti obbligatori del contratto e delle informazioni che avrebbero dovuto essere fornite dal costruttore. In altre occasioni il rimedio risarcitorio non è applicabile, in quanto si presentano situazioni ben più gravi, ad esempio il caso in cui le non corrette informazioni riguardanti l’oggetto del contratto portano ad un’erronea percezione della realtà tale da provocare un vizio del consenso. In tale situazione si potrebbe optare per un’azione di annullamento, nei limiti in cui è ammissibile. In conclusione “la mancata indicazione di tali elementi o comporta nullità, in quanto rappresentano un requisito del contratto, o si concreta in un vizio del consenso oppure è al più fonte di risarcimento del danno subito dall’acquirente, ove nel caso concreto vi sia: nelle altre ipotesi si tratterà di irregolarità, prive di sanzione”19.

19 Cit. MARCO TICOZZI, Contenuto del contratto preliminare, in La tutela degli acquirenti d’immobili da costruire, a cura

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 La polizza assicurativa decennale

Il legislatore, con il d. lgs. 122/2005, ha previsto a favore dell’acquirente un’ulteriore tutela sancita dall’art. 4 del decreto, la quale prevede un obbligo per il costruttore di contrarre e consegnare all’acquirente una

polizza assicurativa decennale per il risarcimento al quale potrebbe

essere tenuto a seguito dei danni materiali e diretti all’immobile, compresi i danni a terzi, ai sensi dell’art. 1669 c.c. Si ha un espresso rinvio all’art. 1669 che chiarisce quali siano i vizi per i quali deve operare la polizza; vi è inoltre una particolarità consistente nel fatto che la disposizione in esame indica espressamente che la garanzia riguarda anche i danni subiti da terzi, mentre nel 1669 c.c. manca una tale previsione: la giurisprudenza si è pronunciata estendendo a questi soggetti la legittimazione ad agire ex 1669 c.c. La garanzia prevista dal 1669 tutela l’acquirente in caso di rovina, gravi difetti dell’edificio o per vizio del suolo manifestatosi successivamente alla stipula del contratto definitivo di compravendita o assegnazione. I beneficiari della polizza sono gli acquirenti persone fisiche, sorgono tuttavia dei dubbi sull’espressione “persone fisiche”, infatti si sono schierati coloro che prediligono un’interpretazione estensiva e ritengono che la disciplina

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sia applicabile a tutti gli acquirenti o promissari acquirenti persone fisiche, indipendentemente dalle ragioni dell’acquisto, escludendo però l’applicazione alle persone giuridiche. Dall’altro lato vi sono i sostenitori della tesi cosiddetta restrittiva, secondo i quali i beneficiari della polizza sono gli acquirenti persone fisiche che non agiscono nell’esercizio dell’attività d’impresa o professionale. La polizza deve essere consegnata all’acquirente all’atto del trasferimento della proprietà dell’immobile: possiamo osservare quindi che il momento di consegna della polizza potrebbe non coincidere con la stipulazione del contratto. Si pensi ai casi di stipula del preliminare, che non comporta il trasferimento della proprietà, o a un contratto definitivo che abbia ad oggetto la vendita di cosa futura, in questo caso il trasferimento avrà luogo solamente quando il bene oggetto del contratto verrà ad esistenza. Ai sensi dell’art. 1669 la garanzia del costruttore è dovuta per dieci anni sia all’acquirente, sia ai suoi aventi causa: ciò si giustifica per il fatto che il periodo sia molto lungo e quindi vi può essere l’eventualità che l’immobile venga trasferito, per cui il soggetto su cui ricade il danno può essere differente dal proprietario originario. Nel caso in cui il venditore non sia anche il costruttore dell’immobile questi avrà l’obbligo di procurarsi dal costruttore una copia della polizza e di consegnarla all’acquirente per adempiere ai propri obblighi inerenti al

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contratto di compravendita. Gli effetti della polizza iniziano a decorrere al momento della conclusione dei lavori, momento che può anche essere successivo a quello del trasferimento della proprietà e quindi della consegna della polizza. Quindi il termine decennale della copertura assicurativa inizierà a decorrere solo nel momento in cui i lavori sono ultimati, indipendentemente dal fatto che la polizza sia già stata consegnata in precedenza. L’art. 1669 c.c. prevede dei termini di decadenza e prescrizione per l’esercizio dell’azione e impone al soggetto che intende invocare la responsabilità del costruttore di denunciare i vizi lamentati nel termine di un anno dalla scoperta degli stessi e di agire in giudizio entro un anno dalla denuncia effettuata. Il legislatore non ha specificato quali conseguenze derivino dalla mancata prestazione della polizza assicurativa. È controverso se la mancanza della polizza dia luogo a una semplice irregolarità o sia una causa di nullità, o se possa consentire all’acquirente di ottenere la risoluzione del contratto preliminare. È chiaro che il fatto che la polizza venga consegnata al momento del trasferimento della proprietà, quindi in un momento successivo alla stipulazione del preliminare o dei contratti anche definitivi che non prevedono l’immediata trasferibilità del bene, non incide sulla validità del precedente contratto. Vi è chi ritiene che la mancanza della polizza dia luogo ad una semplice

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irregolarità, quindi a tutela dell’acquirente opereranno esclusivamente le norme di carattere generale in tema di risoluzione del contratto per inadempimento o adempimento inesatto. Contro il costruttore che si rifiuta di prestare la polizza, l’acquirente potrà, mediante una diffida ad adempiere entro un congruo termine, avvertire che l’inosservanza di tale termine per la consegna della polizza comporterà la risoluzione del contratto.

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 Il diritto di prelazione

Il d.lgs. 122/2005 attribuisce all’acquirente di immobili da costruire un ulteriore tutela rappresentata dal diritto di prelazione con lo scopo di consentire l’effettivo conseguimento della proprietà dell’immobile. Qualora il fabbricato oggetto del contratto preliminare venga sottoposto a vendita forzata, cioè subisca un’espropriazione forzata scaturente da una procedura esecutiva immobiliare trascritta o iscritta precedentemente nei pubblici registri immobiliari, scatta questa forma di tutela. Il diritto di prelazione è il diritto dell’acquirente ad essere preferito ad ogni altro soggetto, a parità di condizioni, nella stipula di un determinato contratto. Il diritto in questione trova la sua fonte o nella legge o nell’accordo delle parti, distinguendosi, in tal modo, la prelazione legale da quella convenzionale. L’esercizio di tale diritto, però, è sottoposto alle condizioni stabilite dall’art.9 del d.lgs. 122/2005, il quale recita:

“Qualora l’immobile sia stato consegnato all’acquirente e da questi

adibito ad abitazione principale per sé o per un proprio parente in primo

grado, all’acquirente medesimo, anche nel caso in cui abbia escusso la

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dell’immobile al prezzo definitivo raggiunto nell’incanto, anche in esito

alle eventuali offerte ai sensi dell’articolo 584 del codice di procedura

civile.”

La fattispecie in questione è quella relativa all’acquirente che abbia ottenuto la consegna dell’immobile ultimato, lo abbia adibito a propria abitazione principale e si venga a trovare in una situazione tale per cui vedrà l’immobile sottoposto ad una procedura di espropriazione forzata perché su di esso erano state iscritte ipoteche o trascritti pignoramenti in epoca precedente. L’acquirente che si trovi nella suddetta situazione potrà beneficiare del diritto di prelazione nell’acquisto dell’immobile al prezzo definitivo raggiunto nell’incanto. Qualora l’acquirente abbia trascritto il contratto di acquisto anteriormente, l’esecuzione forzata non può aver luogo. Anche in questo caso appare singolare la mancata menzione del coniuge, si ritiene che ciò sia frutto di una svista da parte del legislatore, non comprendendosi altrimenti le ragioni di una simile disparità di trattamento, soprattutto nei casi assai frequenti in cui l’immobile venga acquistato da un coniuge in favore dell’altro.

Per poter esercitare il diritto di prelazione, l’autorità che procede alla vendita dell’immobile dovrà comunicare la definitiva determinazione del prezzo all’acquirente, in modo che questi possa valutarne l’effettiva convenienza. Dal momento in cui si procede alla comunicazione

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