CAPITOLO 2. Analisi dei singoli strumenti deflattivi del contenzioso
2.1 Accertamento con adesione
2.1.3 Effetti dell’adesione
Con riguardo agli effetti derivanti dal perfezionamento dell’accordo possiamo, in linea di massima, distinguere su tre piani diversi: in primo luogo, dal punto di vista dell’imposizione l’effetto principale sta nel fatto che il contribuente, come si è già detto, beneficia di uno “sconto” più o meno sostanzioso sulla pretesa erariale che era già stata formalizzata nell’atto di accertamento o che si sarebbe palesata a seguito dei controlli effettuati. Anzitutto, per ciò che concerne il trattamento sanzionatorio, abbiamo già visto come il contribuente benefici della riduzione a 1/3 del minimo edittale delle sanzioni. È bene precisare che, nel caso di più violazioni, trova applicazione l’istituto del cumulo giuridico delle sanzioni, con la conseguenza che verrà applicata una sanzione unica riferita a ciascun tributo oggetto di adesione, nell’ambito del periodo d’imposta per il quale si è proceduto alla definizione. Ulteriore riflesso sul piano fiscale è rinvenibile nel fatto che l’atto di accertamento originale, notificato al
contribuente prima del perfezionamento dell’adesione, perde ogni efficacia65. Sul punto, parte della
dottrina ha rilevato che “[…] è indubbio che l’accertamento con adesione comporti l’annullamento
ex lege dell’avviso di accertamento. Tale effetto si manifesta, innanzitutto, sotto forma di sospensione
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dell’efficacia; in secondo tempo, come improduttività di effetti giuridici sotto forma di vera e propria sostituzione dell’atto impositivo. Attraverso il contraddittorio, infatti, l’amministrazione riconosce l’esistenza di un vizio (l’infondatezza parziale della sua pretesa) provvedendo alla redazione di un nuovo atto che, a differenza del primo, è formalmente accettato ponendosi come strumento di definizione dell’imponibile”66.
In secondo luogo, non possiamo dimenticare benefici in termini di riduzione delle sanzioni penali, in questo senso l’art. 13 del D.Lgs. 74/2000 stabilisce che “sono diminuite fino ad un terzo e non si
applicano le pene accessorie indicate all’art. 12 se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari sono stati estinti […] mediante il pagamento, anche a seguito delle speciali procedure conciliative o di adesione all’accertamento previste dalle norme tributarie”. Come si vedrà anche per quanto attiene ogni altro strumento deflattivo, in questo
specifico caso si parla proprio di “adesione all’accertamento” come circostanza attenuante delle eventuali violazioni rilevanti sul piano penale commesse dal contribuente interessato.
Infine, altro rilevante riflesso scaturente dall’adesione risiede nella definizione di un limite all’esercizio di ulteriore azione accertatrice da parte dell’ente impositore. Il perfezionamento dell’accertamento con adesione comporta, in linea di massima, la definizione dei rapporti d’imposta che hanno formato l’oggetto del procedimento (ragion per cui sarà nella maggioranza dei casi definitivo). Tuttavia, il co. 4 dell’art. 2 cerca di bilanciare due contrapposte esigenze: da un lato, il contribuente che ha necessità di certezza nel definire il proprio rapporto controverso con l’ufficio; dall’altro, il Fisco che ha interesse a recuperare a tassazione imponibili non dichiarati o dichiarati parzialmente e non già emersi in sede di adesione. Sulla scorta di queste due divergenti ragioni, l’Amministrazione potrà esercitare l’ulteriore azione accertatrice soltanto ove ricorrano una di quelle quattro ipotesi richiamate al co. 4 dell’art. 2, ossia: 1)“Sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi
che consentano di accertare un maggior reddito imponibile superiore al 50% di quello definito e comunque non inferiore a lire 150 milioni (77.468,53 euro)”; 2)“Se la definizione riguarda accertamenti parziali”; 3) “Se la definizione riguarda i redditi derivanti da partecipazione nelle società o nelle associazioni indicate nell'articolo 5 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, ovvero in aziende coniugali non gestite in forma societaria”; 4) “Se l'azione accertatrice è esercitata nei confronti delle società o associazioni o dell'azienda coniugale di cui alla lettera c), alle quali partecipa il contribuente nei cui riguardi è intervenuta la definizione”. Relativamente alla prima ipotesi menzionata, affinché
l’ulteriore azione accertatrice possa essere espletata è necessario sussistano ambedue i presupposti,
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ossia: la sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi67 e il fatto che sulla base di essi possa essere
accertato un reddito imponibile superiore alla soglia indicata (i “vecchi” 150 milioni di lire). Con riferimento alla seconda circostanza, per comprendere le ragioni per cui l’ulteriore azione accertatrice non sarebbe pregiudicata da una definizione riguardante un accertamento parziale, è opportuno comprendere cosa si intende con l’espressione “accertamento parziale”: con tale istituto, si è superato il principio dell’unicità dell’accertamento tributario, secondo cui l’ufficio notificava un solo atto di rettifica della dichiarazione per ogni periodo d’imposta; così da evitare di aggravare il diritto di difesa
del contribuente, ma anche per snellire l’attività dell’Amministrazione68. Prima dell’introduzione
dell’art. 41-bis del D.P.R. n. 600/73, l’accertamento parziale era subordinato al sopravvenire di “nuovi elementi”. L’ufficio, di conseguenza, ritardava il più possibile l’azione, esercitando i propri poteri solo quando gli elementi probatori a disposizione fossero sufficienti per poter sostenere in modo efficace la propria posizione. La formulazione originaria dell’art. 41-bis, limitava l’esercizio dell’accertamento parziale soltanto alle casistiche nelle quali la struttura interessata otteneva informazioni dal Centro Informativo delle imposte dirette, dalle quali fossero risultanti elementi altamente attendibili idonei a stabilire un reddito non dichiarato o un maggior imponibile di quello dichiarato parzialmente. Una svolta si è avuta con i due interventi realizzati con la L. n. 311/2004 e la L. n. 220/2010, difatti la nuova formulazione della suddetta disposizione permette di adoperare l’accertamento parziale, oltre che nei casi già menzionati, anche sulla base delle risultanze di accessi,
ispezioni e verifiche69. Inoltre, l’art. 41-bis nella sua nuova formulazione, ammette l’uso
dell’accertamento parziale anche nel caso di esercizio degli “altri” poteri istruttori di cui all’art. 32, co. 2 e 4 del D.P.R. 600/73, ossia dati desumibili da inviti a comparire (anche dati bancari e finanziari) e da questionari inviati a contribuenti. In pratica, gli unici elementi che non possono essere utilizzati dall’ufficio nel contesto dell’accertamento parziale, rimangono solo tre: le risultanze dei questionari inviati a terzi; i documenti trasmessi da terzi all’ufficio riguardanti il soggetto accertato; i recuperi
67 La circolare n. 235/E richiama l’attenzione sulle istruzioni di servizio n. 7/1496 del 30 luglio 1977, prevedendo che “a proposito della necessità di specificare nell’ulteriore atto di accertamento gli elementi sopravvenuti e il modo in cui l’ufficio ne è venuto a conoscenza, curando di porre in rilievo non soltanto che trattasi di fatti sconosciuti alla data del precedente accertamento, ma anche che non era possibile rilevarli né dal contenuto della dichiarazione né dagli atti in possesso dell’ufficio alla data medesima”.
68 “L’accertamento parziale, perciò, rappresenta un punto di equilibrio tra due esigenze diverse e talora contrapposte, quali, da un lato, quelle di recuperare sollecitamente le imposte non versate e di evitare inefficienze nell’azione amministrativa, e, dall’altro, quella di risparmiare al contribuente uno “stillicidio” di rettifiche in ordine allo stesso presupposto d’imposta” così Pistolesi F., Evoluzione ed abusi nell’impiego dell’accertamento parziale, in La
concentrazione della riscossione nell’accertamento, a cura di Uckmar V., Glendi C., CEDAM, Padova, 2011, pag. 287.
69 Cfr. Ingrao G., Frammentazione dell’accertamento tributario e violazione del principio di unicità, in Riv. dir. trib.,
Giuffrè, Milano, n. 1/2005, pag. 86 ss., per l’Autore già con l’intervento del 2004, il legislatore avrebbe generalizzato il ricorso all’accertamento parziale e, più in generale, la frammentazione dell’attività di accertamento per ogni recupero di imponibile o di imposta, ciò in palese violazione del principio di unicità dell’accertamento e in modo incoerente con il permanere del sistema delineato dall’art. 43, co. 3, D.P.R. n. 600/73.
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d’imposta previsti dagli artt. 36-bis e 36-ter del D.P.R. n. 600/7370. Per quanto attiene la terza
circostanza di cui al suddetto art. 41-bis, l’ulteriore azione accertatrice potrà essere espletata solo per categorie reddituali diverse da quella di partecipazione. In effetti, appare del tutto logico consentire l’emissione di ulteriori accertamenti su categorie di reddito non già esaminate. Infine, con riguardo all’ultima delle quattro ipotesi prese in esame, l’ulteriore azione accertatrice potrà riguardare soltanto il maggior reddito attribuibile al socio o all’associato. Detta ipotesi, praticamente inversa di quella precedente, trova legittimazione nel fatto che la definizione ha carattere parziale, riferita al singolo associato o socio, senza che l’ufficio abbia verificato la correttezza del reddito complessivo imputato alla società o all’associazione.