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Vantaggi e criticità legati all’implementazione degli standard per gli stakeholder del settore agroalimentare

2.4 Effetti sugli Organismi di Controllo

Gli Organismi di Controllo hanno trovato nell’ascesa degli standard agroalimentari, soprattutto di quelli di parte terza, un mercato molto remunerativo e, fino ad oggi, in costante espansione (Hatanaka et. al, 2005; Hatanaka et Busch, 2008; Albersmeier et al., 2009). Proprio l’alta remuneratività rappresenta il principale beneficio per questi soggetti. Infatti, l’elevato numero di standard presenti nel settore agroalimentare e l’affidamento di verifiche ed ispezioni da parte di soggetti terzi che, utilizzando standard propri per referenziare i fornitori, consento numerose opportunità per il business di questi soggetti. La crescita del numero di OdC grazie all’ingresso di nuovi operatori, ma soprattutto alla scelta di

costituire sezioni specializzate nelle certificazioni agroalimentari da parte di OdC già attivi in altri settori produttivi, evidenzia come questo nuovo mercato sia stato percepito da subito come un’importante opportunità di business. Le buone prospettive di ritorno economico hanno accresciuto, quindi, l’interesse dei vari operatori, traducendosi in un rapido incremento del numero di OdC attivi nel settore, aumentando, però, anche il livello di concorrenza interna. Se da un lato questo processo dovrebbe portare con sé importanti benefici, quantomeno per le aziende agroalimentari, sia in termini di maggiore qualità dei servizi offerti sia di costi più contenuti, al contrario è percepito come un fattore di criticità. Infatti, questa competizione può gettare ombre sulla struttura stessa del sistema di certificazione, in quanto la verifica di aspetti socialmente importanti, come la gestione della sicurezza degli alimenti, è affidata a operatori che sono in tutto e per tutto imprese che mirano a massimizzare il proprio business perseguendo i propri obiettivi (Albersmeier et al., 2009). Proprio per questo, Hatanaka et Busch (2008) hanno posto l’accento su due aspetti ritenuti molto critici nell’attività degli OdC: da un lato il problema dell’indipendenza, caratteristica fondamentale per i sistemi di certificazione di parte terza, dall’altro la loro efficacia, soprattutto alla luce dei numerosi nuovi soggetti, verosimilmente privi dell’esperienza necessaria nell’ambito agroalimentare.

Il rapporto economico che lega controllore (OdC) e controllato (azienda produttrice) è l’aspetto più controverso che rischia di minare la struttura su cui poggia il sistema di certificazione, fondato sull’indipendenza e la professionalità degli OdC (Albersmeier et al, 2009). La possibilità che si verifichino comportamenti opportunistici nel tentativo ridurre la pressione delle verifiche, minimizzando i rischi di non conformità, è molto alta. Infatti, le aziende agroalimentari, tenute a pagare la prestazione fornita dagli OdC non soltanto nel caso in cui non siano riscontrate irregolarità, ma anche in presenza di non conformità che impediscono, quindi, l’ottenimento della certificazione, possano tentare di ridurre al minimo questo rischio cercando di individuare strategie volte ad eludere il sistema, ovvero, ricercando OdC meno rigorosi e più flessibili nei controlli. Dall’altro lato gli OdC, per non rischiare di veder ridotto il numero di

aziende clienti e per minimizzare i propri costi, possono a loro volta assumere una condotta non del tutto trasparente, assumendo atteggiamenti meno severi nel rilascio delle certificazioni. Come sostenuto da Albersmeier et al. (2009), gli OdC rischiano di diventare dipendenti dai propri clienti a causa della modalità con cui individuano i prezzi di riferimento delle proprie prestazioni. Infatti, nel tentativo di riuscire a battere la concorrenza, la tariffa praticata ai clienti è solitamente al di sotto del costo reale della prestazione, ponendo gli OdC in una posizione di debolezza, perché l’ottenimento di profitti sarà possibile solo nel medio periodo, attraverso la loro fidelizzazione. Questa situazione, nota come “low-balling”, evidenzia la conflittualità che emerge nel rapporto tra le parti, dove la trasparenza ed imparzialità dei controlli entra in contrasto con la necessità di non entrare in conflitto con le aspettative e le esigenze dei clienti, rendendo, di fatto, gli ispettori dipendenti dalle scelte delle aziende agroalimentari (Makkawi e Schick, 2003).

Le aziende agroalimentari hanno la facoltà di decidere autonomamente a quale OdC affidarsi per le verifiche, purché idoneamente accreditato secondo le disposizioni di legge. Nel caso vengano riscontrate non conformità, soprattutto se tale evento si verifica più volte, si può generare tensione tra le parti: da un lato l’azienda che necessità dell’attestazione formale della propria regolarità per poter avviare/continuare relazioni commerciali su quel mercato e che deve sostenere i costi dei controlli addizionali, dall’altro l’OdC che percepisce il disagio e le difficoltà del cliente, consci della possibilità che l’insoddisfazione possa tramutarsi nell’interruzione del rapporto a vantaggio di un concorrente (Albersmeier et al., 2009). Laddove l’OdC sia un soggetto forte tanto in termini di immagine quanto di solidità sul mercato, il rischio di essere sopraffatti dalla pressione del meccanismo opportunistico è molto basso, contrariamente a quanto può verificarsi per realtà più fragili. Adottare livelli diversi di rigore nei controlli e nel rilascio delle certificazioni di regolarità, oltre a compromettere l’immagine stessa del sistema, genera effetti negativi anche nella concorrenza tra le aziende agroalimentari. Infatti, le imprese non in grado di sanare le proprie fonti di non conformità non dovrebbero poter accedere a questi canali, a garanzia di un livello di competenze e di sicurezza congruo con le aspettative dei clienti. La forte

competizione tra OdC porta alcuni di essi, solitamente quelli che cercano di ritagliarsi uno spazio nel sistema, a causa del loro basso livello di notorietà, ad avere un approccio più flessibile verso le aziende, minando, quindi, la solidità dell’intero sistema di certificazione. Tutto ciò porta i clienti a non attribuire più allo standard in oggetto la giusta credibilità ed affidabilità, declassando la sua importanza come strumento di selezione dei fornitori. L’immagine e la reputazione consolidata nel tempo degli OdC può essere un parziale correttivo a questa inefficienza, spingendo i clienti ad accreditare le aziende produttrici non soltanto in funzione della certificazione, ma anche del soggetto che ha condotto le verifiche. Anche se da un lato questo criterio riesce a riequilibrare almeno in parte la presenza di comportamenti opportunistici, dall’altro può distorcere la concorrenza tra OdC, a vantaggio dei più grandi ed affermati, limitando le opportunità di accesso e sopravvivenza dei più piccoli, che, molto probabilmente, si troveranno ad attuare pratiche poco trasparenti, alimentando ulteriormente questo processo verso il basso.

La possibilità che tra aziende produttrici e OdC si possano instaurare legami poco trasparenti che inficiano, quantomeno in parte, la credibilità dello strumento della certificazione, ha effetti negativi sulla solidità dell’intero sistema, nato proprio per infondere fiducia e certezza tra gli operatori.

Un altro aspetto controverso del sistema di certificazione è lo scarso favore con cui è percepita, dagli OdC più importanti e strutturati in particolare, l’opportunità di operare verso una maggiore armonizzazione degli standard, in modo da ridurre i costi di certificazione per le aziende agroalimentari e di accreditamento per gli OdC stessi. Tutto ciò evidenzia come la natura profit di questi soggetti sia dominante rispetto a soluzioni migliorative per il sistema nel suo complesso. Allo stesso modo, riemerge il conflitto esistente tra terzietà nella verifica di elementi socialmente critici e strategie commerciali volte alla massimizzazione dei risultati (Hatanaka et Busch, 2008).