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L’utilizzo dello standard GLOBAL-GAP da parte delle imprese della GDO italiana per l’approvvigionamento di prodott

4.3 Lo standard Global-Gap

Il crescente livello di globalizzazione raggiunto dai mercati agroalimentari ha reso necessaria la creazione di uno standard internazionale di riferimento in grado di armonizzare i criteri per la certificazione di prodotti agricoli su scala mondiale. Nel 1997, i documenti normativi contenuti all’interno del protocollo EurepGap sono stati la risposta dell’Euro-Retailer Produce Working Group (Eurep) a questa esigenza, ovvero la creazione di uno standard privato di sicurezza e qualità alimentare che arginasse le crescenti preoccupazioni dei consumatori e delle imprese distributrici, sempre più sfiduciati ed allarmati dalle frequenti crisi alimentari, prima tra tutte quella della BSE scoppiata l’anno precedente. I soggetti che hanno contribuito in modo determinante alla nascita di questo protocollo sono stati i distributori leader britannici e quelli dell’Europa continentale, che avvertivano la necessità di uno standard sovranazionale che potesse garantirli soprattutto rispetto alle importazioni di prodotti freschi (Henson, 2008).

L’obiettivo dell’Eurep era, in particolare, dotarsi di un protocollo comune di riferimento in materia di Buone Pratiche Agricole (Good Agricultural Practice – Gap), oltre che ricercare un approccio responsabile sia nella protezione ambientale che nella tutela dei lavoratori. Dieci anni più tardi, nel 2007, EurepGap è stato trasformato in Global-Gap (The Global Partnership for Good Agricultural Practice) vista la sua crescente diffusione al di fuori dei confini europei (Schneider e Hubertus, 2006; Malorgio e Grazia, 2007).

L’approccio multistakeholder adottato per lo sviluppo dello standard ha rappresentato un’importante occasione di confronto tra tutti i soggetti interessati, ma allo stesso tempo è stata un’opportunità per i retailer membri di Global-Gap per trasmettere il proprio imprinting tanto sulla struttura quanto sulle finalità dello standard, forti del peso relativo detenuto nel settore agroalimentare. Infatti, nonostante l’ampio risalto dato alla genesi condivisa dello standard, frutto di una progettazione che ha coinvolto tutte le varie categorie di soggetti coinvolti nelle filiere agricole, è evidente come la posizione dominante delle imprese della GDO abbia influito notevolmente sui contenuti di Global-Gap, la maggior parte dei quali vere e proprie risposte ad esigenze e necessità espressione della Moderna Distribuzione.

L’eccessivo peso detenuto dalle imprese della GDO nella creazione e nella modifica dello standard, nonché gli effetti di selezione ed esclusione di alcune tipologie di imprese e territori, sono tra le principali critiche sollevate nei confronti dello standard Global-Gap, come emerso, ad esempio, dallo studio condotto da Tennent e Lockie (2011) sulla produzione di agrumi in Nuova Zelanda. Inoltre, alcuni autori ritengono che la diffusione di Global-Gap ad opera della GDO europea possa essere interpretata come una nuova forma di colonialismo (Campbell, 2005). Altri studi, invece, come nel caso di quello condotto da Bain (2010) in Cile, sottolineano come Global-Gap offra alle imprese e più in generale ai sistemi-paese nuove opportunità di posizionamento sui mercati globali.

L’utilizzo dello standard Global-Gap è cresciuto rapidamente, tanto da passare dalle circa 18.000 aziende certificate a livello mondiale nel 2004, a più di 123.000

nel 2012. L’Europa detiene il numero più alto di imprese che utilizzano questo standard, circa il 72%, ma la presenza dello standard ha raggiunto discreti livelli anche negli altri continenti, in particolare in America ed Asia, che insieme raccolgono circa il 20% del totale. La nazione che vanta il maggior numero di certificazioni è la Spagna con 29.853 aziende, seguita dall’Italia con 18.792, dalla Grecia con 10.764, mentre al di fuori dell’Europa spicca il risultato del Perù con 3.460 aziende, seguita da India e Cile, rispettivamente con 3.319 e 2.82824. Il successo di Global-Gap è frutto anche dell’attività di benchmarking25, che ha permesso di poter equiparare numerosi standard nazionali che includono riferimenti alle Buone Pratiche Agricole, già utilizzati da molte imprese.

Global-Gap è uno standard volontario internazionale per la certificazione di prodotti agricoli, il cui suo spettro d’azione regola l’intero processo di produzione, dal livello pre-agricolo (input agricoli quali concimi, mangimi, ecc.) fino al momento in cui il prodotto lascia l’azienda agricola, escludendo, quindi, tutte le successive fasi di trasformazione, confezionamento e trasporto (Giacomini e Mancini, 2006). Le “buone pratiche agricole” contenute nello standard Global- Gap hanno l’obiettivo di creare sistemi di qualità aziendali per realizzare un’agricoltura sostenibile dal punto di vista socio­economico e ambientale. In definitiva, GAP è presentato sia come best-practice agricola attuabile, sia come il punto di partenza per un progressivo miglioramento del protocollo, anche grazie alla continua opera di feedback tra gli stakeholder coinvolti.

Dal punto di vista operativo, lo standard è articolato su tre distinti livelli per ciascuno dei quali è preposta un’apposita documentazione regolamentare. Il primo livello individua l’orientamento generale di questo schema di certificazione attraverso un insieme di “Regole Generali”; il secondo, invece, si occupa di aspetti più specifici e riguarda i requisiti globali di GAP, raccolti nel documento “Punti di Controllo e Criteri di Adempimento (PCCA)”; infine, l’ultimo livello,

24 Dati aggiornati al 2012, fonte: “Global-Gap Annual Report 2012”. 25

Global-Gap prevede la possibilità di poter equiparare standard che si occupano di Buone Pratiche Agricole attraverso un processo indipendente di verifica. Alcuni esempi di standard riconosciuti perfettamente equivalenti a Global-Gap sono Chile-Gap, Viet-Gap, e Mexico-Gap (Van der Valk e Van der Roest, 2009).

attraverso le “Check-list”, regola gli aspetti relativi alla parte ispettiva ed alle modalità di controllo.

Il secondo livello è il più importante perché individua tutte le pratiche da attuare per poter implementare lo standard e ottenere quindi la certificazione. I PCCA sono articolati in moduli suddivisi su due livelli (fig 4.1): “Campi di applicazione” (modulo base per coltivazioni, modulo base per zootecnia e modulo base per acquacoltura) e “Sotto­campi di applicazione”, classificati per tipologia di prodotto, tra i quali quello relativo alle produzioni ortofrutticole, denominato “Frutta e Ortaggi”.

Fig. 4.1 – Struttura modulare della sezione PCCA di Global-Gap

Ciascun modulo contiene varie sezioni, ognuna delle quali composta dai requisiti da soddisfare; quest’ultimi indicano in modo concreto le azioni che l’azienda agricola deve compiere per ottenere la certificazione e, per questo motivo, viene attribuito loro un peso relativo diverso in relazione all’influenza che hanno nel raggiungere gli obiettivi indicati dallo standard. Pertanto, Global-Gap li suddivide in Requisiti Maggiori (Major Must), Requisiti Minori (Minor Must) e Raccomandazioni (Recommended), e inoltre impone per l’ottenimento della certificazione la conformità al 100% dei requisiti maggiori e al 95% dei minori, valutata tramite le Check-list.

Vista la struttura piramidale in cui è articolato lo standard, le aziende sono tenute a rispettare innanzitutto i requisiti disciplinati nel modulo comune a tutti i tipi di attività agricole, successivamente quelli contenuti nel proprio “campo di applicazione” di riferimento, ed, infine, quelli indicati nel “sotto-campo di applicazione” specifico. Anche la tipologia di parametri rispecchia in tutto e per tutto questa struttura. Infatti, le indicazioni contenuti nel modulo base hanno una connotazione notevolmente generale e di inquadramento, accrescendo la loro specificità e puntualità nei moduli successivi, nei quali sono disciplinati aspetti critici quali la gestione di fertilizzanti e fitofarmaci, nonché le fasi di raccolta e manipolazione dei prodotti.

Global-Gap prevede che la certificazione possa essere richiesta sia singolarmente da una sola azienda agricola (Opzione 1), sia da un gruppo di aziende (Opzione 2). In entrambi i casi, le procedure prevedono sostanzialmente lo stesso iter di certificazione, con due importanti eccezioni: diverso piano di verifiche ispettive annuali e l’obbligo di predisporre un sistema di gestione della qualità per l’Opzione 2. La possibilità di richiedere la certificazione da parte di un gruppo di aziende è stata un’opportunità aggiuntiva introdotta in successive modifiche dello standard per tentare di agevolare e facilitare l’adesione di aziende provenienti da paesi in via di sviluppo, le cui caratteristiche strutturali e le limitate dimensioni rendevano estremamente oneroso e complicato il processo di adeguamento ed implementazione.

Global-Gap ha raggiunto nel tempo una posizione di primissimo piano all’interno del mercato della distribuzione europea dei prodotti ortofrutticoli freschi, non coincisa, però, da una sua diffusione omogenea dal punto di vista territoriale: mentre i retailer dei paesi dell’Europa continentale lo hanno adottato in molti casi come credenziale obbligatoria di accesso per i propri fornitori, le imprese della GDO dei paesi mediterranei, al contrario, hanno assunto un atteggiamento più scettico, nutrendo maggiori riserve sulla possibilità di adottare questo standard come criterio di referenziamento.

Il numero e la distribuzione geografica delle imprese europee della GDO membri di Global-Gap è un ulteriore elemento che va ad avvalorare questa tendenza. Infatti, delle 49 imprese di distribuzione associate, ben 11 sono tedesche, 6 britanniche e 4 olandesi, mentre paesi del sud dell’Europa o non hanno rappresentanti come nel caso della Grecia o il numero è decisamente limitato e poco rappresentativo del proprio mercato nazionale, come per Francia e Spagna. La situazione italiana è molto simile a quella delle altre nazioni che si affacciano sul Mediterraneo: l’unico retailer membro Global-Gap è infatti CONAD. Tuttavia la decisione di CONAD di aderire nel 2009 come membro dello standard può essere spiegata non tanto come scelta strategica per il referenziamento dei fornitori, quanto come scelta concertata in ottica Coopernic26, centrale di acquisto fondata assieme ad altri 4 retailer europei già membri Global-Gap.

26 Coopernic (Cooperation Européenne de Référencement et de Négoce des Indépendants

Commerçant), costituita nel febbraio del 2006 da cinque imprese di distribuzione europee, ovvero Conad (Italia), Rewe (Germania), E.Leclerc (Francia), Coop Suisse (Svizzera) e Colruyt (Belgio), è una società cooperativa creata per competere con le principali centrali d’acquisto europee. Il principale obiettivo dei 5 retailer è stato creare un unico soggetto che permettesse di ampliare l'offerta commerciale e ridurre i costi logistici, oltre all’opportunità di scambiarsi know-how.

4.4 L’utilizzo dello standard Global-Gap da parte delle imprese della GDO