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Obiettivi e metodologia di ricerca

3.3 Metodologia di ricerca

L’approccio qualitativo è stata la metodologia utilizzata per analizzare e riuscire a comprendere meglio le motivazioni alla base del non utilizzo o del grado di utilizzo dei diversi standard da parte degli stakeholder coinvolti nel processo. La ricerca è stata condotta attraverso indagini dirette di particolari casi di studio, così da riuscire a delineare in modo puntuale un quadro di insieme che raccogliesse tutti gli elementi più significativi che influenzano il livello di adozione, criticità e punti di forza in primis. L’analisi di tipo qualitativo è stata individuata quale strumento più adatto a questo tipo di indagine, permettendo di apprezzare direttamente tutti gli aspetti che contraddistinguono i punti di vista propri delle diverse categorie di operatori, che sono coinvolte in modo piuttosto eterogeneo all’interno dei processi, e delle dinamiche che caratterizzano l’adozione e gli effetti generati dagli standard.

L’analisi della letteratura che si è occupata del ruolo degli standard nel settore agroalimentare, ed in particolare degli effetti che coinvolgono aziende agroalimentari, Moderna Distribuzione e Organismi di Controllo, è stato il primo passaggio, necessario per delineare la cornice a partire dalla quale costruire gli strumenti necessari per elaborare i successivi casi di studio. Infatti, sviluppare un quadro d’insieme che raccogliesse i diversi effetti che gli standard generano sulle varie categorie di stakeholder è stato un passaggio propedeutico alla definizione degli aspetti più significativi che possono andare ad influenzare il grado di utilizzo ed il livello di adozione.

In particolare, sono stati condotti due casi di studio in modo da analizzare tipologie diverse sia di standard che di stakeholder coinvolti, con l’obiettivo di fornire un’immagine del settore agroalimentare che riuscisse a comprendere la posizione di alcuni dei soggetti che più di tutti sono coinvolti e risentono delle dinamiche proprie del sistema:

1. Livello di adozione dello standard Global-Gap nelle politiche di referenziamento della GDO italiana;

2. Grado di utilizzo delle Indicazioni Geografiche da parte delle aziende produttrici: il caso del Pecorino Toscano DOP e del Fagiolo di Sorana IGP;

I casi di studio sono stati condotti in via preliminare ricorrendo all’analisi delle principali ricerche in materia e successivamente attraverso la raccolta, la sistematizzazione e l’analisi di dati statistici disponibili presso varie fonti, integrati da informazioni statistiche sia di tipo quantitativo che qualitativo rilevate direttamente attraverso le indagini.

Una volta costruita una conoscenza adeguata sia sullo standard che del contesto in cui esso è adottato, sono stati realizzati questionari semi-strutturati, diversificati in funzione della diversa categoria di appartenenza, e selezionate tematiche rilevanti da approfondire durante le interviste dirette. Lo studio ha coinvolto non soltanto gli stakeholder oggetto della ricerca, ma anche le altre tipologie di attori,

così da poter beneficiare di un quadro maggiormente dettaglio che integrasse punti di vista talvolta antitetici. Questa estensione che ha portato ad un approccio più completo ha permesso di reperire informazioni e spunti di riflessione utili per approfondire tematiche e sollevare questioni che difficilmente sarebbero emerse adottando l’unico focus della categoria di stakeholder oggetto diretto dell’indagine.

All’interno di ciascun capitolo sono specificate nel dettaglio le caratteristiche metodologiche adottate, con particolare riferimento ai soggetti coinvolti, alla tipologia di strumento utilizzato e alle tematiche oggetto di indagine.

Il primo caso di studio riguarda Global-Gap, uno dei numerosi standard privati volontari, del tipo B2B, che regola, in particolare, i processi produttivi agricoli, e le politiche di referenziamento dei fornitori adottate dalle principali insegne della GDO italiana. A differenza di molti altri standard, GlobalGap è riuscito ad affermarsi sullo scenario europeo e mondiale. Tuttavia la diffusione dello standard appare diversificata a livello territoriale e tra le imprese. Attraverso i risultati ottenuti dall’analisi di questo caso specifico è stato possibile determinare sia le principali motivazioni che gli ostacoli alla diffusione degli standard privati di qualità presso le imprese della Moderna Distribuzione in Italia. Inoltre, l’indagine condotta ha permesso di individuare alcune spiegazioni dell’apparente anomalia che vede da un lato un elevato numero di imprese agricole certificate Global-Gap in Italia, e dall’altro uno scarso utilizzo di questo standard da parte delle maggiori imprese della GDO operanti in Italia come criterio di referenziamento dei propri fornitori, contrariamente a quanto accade presso le imprese della GDO europea dove Global-Gap è un pre-requisito di accesso per i fornitori di ortofrutta.

Il secondo approfondimento riguarda, invece, le certificazioni comunitarie DOP e IGP, ed il loro impatto nelle scelte strategiche delle singole aziende agroalimentari. In questo caso gli strumenti oggetto di ricerca sono standard volontari del tipo B2C, il cui livello di adozione da parte dei produttori è influenzato da vari fattori tanto interni quanto esterni al sistema stesso. L’analisi è stata condotta su due indicazioni geografiche opportunamente selezionate, in relazione al tipo di prodotto, alla dimensione economica ed alle caratteristiche del

sistema produttivo: il Pecorino Toscano DOP ed il Fagiolo di Sorana IGP. Per entrambe le indagini sono stati utilizzati i medesimi strumenti, opportunamente modificati in funzione delle rispettive peculiarità, con l’obiettivo di indagare le motivazioni della decisione delle imprese di usare le denominazioni IGP o DOP ed analizzare le modalità di impiego. La scelta di due prodotti estremamente diversi non soltanto come tipologia, ma che per metodi produttivi e mercati di riferimento ha consentito di metterli a confronto, evidenziando importanti spunti di riflessione sugli impatti e sul funzionamento delle denominazioni geografiche.

La natura dell’obiettivo della ricerca, ovvero lo studio delle motivazioni che stanno alla base della scelta di adottare o meno uno standard, con un livello di attenzione particolare sugli aspetti che influenzano l’effettivo grado di utilizzo da parte dei vari stakeholder, ha richiesto un approccio qualitativo fondato sulla verifica della rispondenza dei risultati emersi dall’analisi dei casi, ottenibili soltanto attraverso il contatto diretto con i vari operatori del settore, con quanto già emerso in letteratura, oltre alla ricerca di nuovi elementi ancora da approfondire. Come evidenziato in precedenza, questo tipo di approccio metodologico è risultato necessario per riuscire a cogliere il fenomeno nella sua completezza e per realizzare una struttura d’insieme a partire dalla quale costruire successive analisi in profondità che tentino di quantificare o misurare l’intensità dei singoli effetti.

L’approccio metodologico “qualitativo” è stato adottato in numerosi studi che si sono occupati degli standard nel settore agroalimentare, finalizzati ad analizzare questi strumenti sotto varie chiavi di lettura. Di seguito è riportata una rassegna sintetica di ricerche che hanno adottato un approccio di questo tipo per condurre i propri approfondimenti.

Il ruolo degli standard nei paesi in via di sviluppo e gli effetti che possono generare sulle aziende locali è il tema oggetto dell’indagine condotta da Garcia Martinez e Poole (2004). L’incremento dell’attenzione ai temi della sicurezza e della qualità dei prodotti alimentari da parte dei retailer europei ha rappresentato un ulteriore ostacolo per le esportazioni dei paesi in via di sviluppo, per i quali i nuovi standard richiesti sono vere e proprie barriere al

commercio. Attraverso l’analisi svolta mediante sia interviste semi-strutturate tra i retailer dell’Europa continentale e sia visite condotte presso un campione di produttori dei paesi della sponda sud del Mediterraneo, gli autori hanno identificato le fonti delle criticità e proposto possibili soluzioni per ridurre la distanza tra le due posizioni.

Fulponi (2006) ha analizzato in profondità le motivazioni che hanno portato all’ascesa degli standard privati tra imprese della GDO, assumendo il punto di vista della Moderna Distribuzione, visto il ruolo predominante all’interno delle filiere agroalimentari. L’indagine diretta, attraverso interviste a 16 retailer internazionali e a 4 tra i più richiesti e diffusi standard volontari, ha permesso di evidenziare come questi strumenti stiano ridisegnando la struttura del settore e i rapporti tra i vari soggetti, diventando veri e propri elementi attraverso cui regolare, anche in modo puntuale, i molteplici aspetti relativi a prodotti e produzioni. Attraverso l’indagine sono emerse molte tra le principali motivazioni che hanno spinto le imprese della GDO ad affidarsi a standard per gestire i rapporti con i propri fornitori, prima tra tutte la tutela dell’immagine aziendale.

Belletti et al. (2007) hanno svolto un’analisi sui costi ed i benefici legati all’implementazione delle certificazioni comunitarie DOP e IGP da parte delle aziende agroalimentari, fornendo una loro qualificazione e categorizzazione. Inoltre, grazie alle informazioni ottenute attraverso l’analisi di tre prodotti certificati DOP o IGP, condotta con indagini dirette presso i principali stakeholder coinvolti e con la sistematizzazione di dati statistici, è stata realizzata un’analisi costi/benefici che ha evidenziato come i costi legati direttamente ai processi di certificazione siano si importanti, ma non determinanti per la scelta di implementare questi strumenti, e come un insieme di altri fattori debbano essere, invece, oggetto di valutazione prima dell’avvio dell’iter di certificazione.

Trienekens e Zuurbier (2008) hanno esaminato le opportunità e gli aspetti critici legati agli standard di qualità e sicurezza alimentare. L’indagine, condotta con interviste dirette e workshop, ha analizzato il fenomeno nei paesi

appartenenti a tre aree distinte (Unione Europea, Mercosur e ACP), così da poter verificare ed individuare aspetti comuni e differenze che le contraddistinguono, identificando, poi, possibili opportunità e potenziali sviluppi futuri.

Il ruolo dell’International Food Standard (IFS) per le imprese di trasformazione tedesche è stato il tema affrontato da Gawron e Theuvsen (2009). In particolare, gli autori hanno indagato vantaggi e svantaggi percepiti dalle aziende rispetto all’implementazione dello standard. Grazie all’indagine diretta condotta attraverso la somministrazione di questionari strutturati a 65 imprese attive in Germania, è stato possibile suddividere i trasformatori in tre categorie, in funzione della posizione assunta rispetto ad IFS: gli utilizzatori, i sostenitori ed i contrari.

Malorgio e Grazia (2007) hanno condotto uno studio sugli effetti generati dall’implementazione dello standard Eurep-Gap/Global-Gap sulla struttura della filiera e sul ruolo delle Organizzazioni di Produttori (OP) in questo processo. Dall’analisi, condotta attraverso indagini dirette su un campione di Organizzazioni di Produttori, è emersa la presenza di alcuni benefici, tra cui il miglioramento delle condizioni di produzione e del coordinamento verticale, ma anche criticità, in particolare il mancato riconoscimento di un premio di prezzo alle aziende che producono prodotti certificati.

Lo studio condotto da Bain (2010) ha approfondito il tema degli effetti che lo standard Global-Gap ha prodotto sulle condizioni di lavoro delle donne in Cile. In particolare, questa ricerca attraverso l’indagine diretta svolta sia attraverso visite in azienda, sia attraverso interviste dirette che hanno coinvolto produttori, lavoratori, certificatori, responsabili di retailer internazionali e altri stakeholder, ha evidenziato i limiti degli standard privati, mostrando come l’interesse e le finalità della Moderna Distribuzione siano preponderanti. Infatti, le stringenti richieste necessarie per implementare Global-Gap costituiscono nuovi fattori di stress per le aziende anche sotto il profilo della tutela dei lavoratori, e, nonostante l’inclusione di specifici requisiti in materia, l’impatto di questo strumento è parziale e limitato.

Gli effetti degli standard sulla governance della filiere del thè prodotto in Tanzania è il tema della ricerca condotta da Loconto (2010). In particolare, lo studio esamina la struttura e l’evoluzione di 4 filiere legate al thè, ciascuna delle quali caratterizzate da un tipo di verso di standard B2C: Ethical Trading Initiative, Fairtrade, Biologico e Rainforest Alliance. A fianco della sistematizzazione dei dati e dei documenti, sono state condotte sia interviste dirette, che hanno coinvolto vari stakeholder, sia focus group con lavoratori di vario livello provenienti da aziende certificate e non.

Ouma (2010) ha analizzato come l’affermazione degli standard nel settore agroalimentare ha modificato la struttura ed i rapporti che legano gli attori delle filiere. Ricorrendo ad un’indagine diretta condotta sia con il supporto di interviste dirette che hanno coinvolto vari stakeholder, sia attraverso la somministrazione di questionari ad un campione di esportatori, nonché con visite dirette, l’autore ha approfondito le modalità in cui lo standard Global-Gap abbia influenzato e trasformato la filiera dei prodotti ortofrutticoli in Kenya, assumendo, in particolare, il punto di vista degli esportatori e dei piccoli produttori. Inoltre, lo studio vengono esaminati opportunità e criticità collegate all’implementazione dello standard, con l’obiettivo di individuare modalità attraverso cui garantire la competitività sui mercati globali.

L’impatto sulle aziende agroalimentari degli standard volontari richiesti obbligatoriamente dai retailer internazionali per essere accreditati è stato l’oggetto dell’indagine condotta da Tennent e Lockie (2011). In particolare, lo studio, condotto attraverso un’indagine diretta su un campione di imprese aderenti ad una cooperativa di produttori di agrumi in Nuova Zelanda, si è concentrato sugli effetti generati dallo standard Global-Gap nei rapporti tra fornitori e Moderna Distribuzione.

L’analisi degli effetti dell’implementazione di standard da parte delle imprese agroalimentari è stato il focus della ricerca condotta da Lombardi et al. (2011). Lo studio si è concentrato sull’individuazione degli effetti generati dall’implementazione dello standard BRC, seguita, successivamente, dalla loro quantificazione attraverso la valutazione della percezione di un campione di

aziende italiane. L’indagine è stata condotta inizialmente attraverso 7 interviste dirette ai responsabili qualità di aziende agroalimentari certificate BRC Food, grazie alle quali sono stati costruiti i questionari, somministrati, successivamente, ad un campione selezionato di imprese.

Capitolo 4

L’utilizzo dello standard GLOBAL-GAP da parte delle imprese