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5. Risultati ottenuti

5.1.1 Effetti tossici per la salute connessi all’esposizione occupazionale a

In passato numerosi effetti avversi sono stati associati all’esposizione professionale ad anestetici volatili: principalmente alterazioni della salute riproduttiva e varie patologie d’organo, fra cui epatopatie, nefropatie, e tumori del collo dell’utero.

Alcuni effetti avversi a livello ematologico, immunologico e neurologico furono riportati per esposizioni in ambiente odontoiatrico a livelli abnormi di N2O, prevalentemente per abuso personale. Questi studi nel loro complesso risalgono a parecchi anni fa e si riferiscono a situazioni in cui erano usati, oltre al N2O, anche anestetici alogenati quali l’enflurano e l’alotano, poi abbandonati in favore di sostanze meglio tollerate dal paziente, e in cui le sale operatorie erano prive di sistemi di gas-evacuazione, per cui i livelli di inquinamento ambientale (peraltro mai documentati nelle indagini epidemiologiche) verosimilmente erano più elevati di quelli attuali.

Tuttavia, i primi lavori che evidenziavano danni alla salute furono successivamente criticati per le carenze metodologiche, ed indagini successive non evidenziarono aumentata incidenza di neoplasie o altre patologie croniche.

Lavori effettuati in anni più recenti hanno portato a ritenere numerose le incertezze circa l'esistenza, nelle situazioni di esposizione odierna, di effetti a carico di organi e apparati ritenuti in passato organi bersaglio.

Per questa ragione nel 1992 il Gruppo di Studio sull'Esposizione Professionale ad Anestetici per Inalazione della Associazione Lombarda di Medicina del Lavoro e Igiene Industriale ha redatto un documento nel quale concludeva affermando:

"L'analisi della letteratura ha evidenziato che numerose sono le incertezze circa l'esistenza, nelle attuali situazioni di esposizione, di effetti a carico di organi e apparati ritenuti in passato organi bersaglio".

Negli anni successivi la ricerca in questo ambito non si è interrotta, facendo sì che in breve si accumulasse molto materiale scientifico inerente ai possibili effetti sulla salute dovuti all’esposizione professionale a gas anestetici. Appare quindi importante per prima cosa valutare le attuali conoscenze su questo argomento, nell’ipotesi che alcuni delle incertezze presenti nel 1992 siano state chiarite.

5.1.1.1 Effetti acuti

Evidenze a favore di possibili effetti neurocomportamentali precoci, sebbene dimostrate, risultano di difficile attribuzione al solo fattore di rischio rappresentato dai gas anestetici. Nei soggetti professionalmente esposti in sala operatoria gli anestetici volatili sono in grado di determinare disturbi come cefalea, astenia, sonnolenza pomeridiana, insonnia, ansia, crisi depressive, perdita della memoria, alterazioni della capacità di concentrazione e di attenzione e disturbi neurovegetativi, il che fa pensare a un coinvolgimento delle strutture nervose superiori con possibile riduzione delle prestazioni psicomotorie e psicologiche. Tuttavia si è anche puntata l’attenzione sui molteplici fattori che sono in grado di influire, sia in senso favorevole che negativo, sul livello di performance degli operatori delle sale chirurgiche, quali le condizioni di salute fisica e psichica, l’uso di farmaci stimolanti o sedativi, le condizioni microclimatiche, la motivazione, lo stato di allerta e l’affaticamento. Si ritiene inoltre che data l’assenza di una reazione dose-risposta tra l’esposizione agli anestetici e la riduzione dell’efficienza psicomotoria, le alterazioni rilevate siano da condurre verosimilmente oltre che all’esposizione ai gas anestetici, anche ad altri fattori legati allo stress e all’organizzazione del lavoro; non sono presenti differenze tra esposti e controlli all’inizio settimanale del turno di lavoro e ciò escluderebbe la presenza di effetti cumulativo-cronici.

È del 2008 lo studio longitudinale di Scapellato et al., in cui è stata esclusa la comparsa di effetti neurocomportamentali per livelli di esposizione fino a 50 ppm di protossido d’azoto.

Risulta pertanto come sia improbabile che disturbi aspecifici quali cefalea, riduzione dei livelli di vigilanza e alterazioni della capacità di attenzione si possano verificare ai livelli di inquinamento presenti attualmente nelle moderne sale operatorie dotate di sistemi di evacuazione dei gas e di ventilazione

ambientale. Tale evenienza potrà verificarsi invece in seguito a dispersioni accidentali, principalmente dovute a perdite dalle apparecchiature per l’erogazione, capaci di causare concentrazioni per cui l’inalazione della sostanza potrà causare effetti sul sistema nervoso centrale (vertigine, cefalea, sonnolenza) e sistema cardiovascolare (abbassamento della pressione arteriosa, diminuzione della frequenza cardiaca).

5.1.1.2 Effetti Cronici

Negli anni Settanta del secolo passato l’esposizione professionale a gas anestetici fu inizialmente sospettata di essere responsabile di rischi per la salute riproduttiva: la più recente meta-analisi riguarda 19 studi pubblicati fra il 1984 e il 1992, e riporta un rischio relativo per aborto spontaneo di 1.48. Pure debole è l’associazione fra esposizione prenatale ad anestetici volatili e malformazioni congenite. Una meta-analisi relativa a 6 studi pubblicata nel 1985 indicava un rischio relativo per la prole delle anestesiste pari a 1.2.

Altri aspetti studiati, con risultati inconsistenti, sono la natimortalità, la prematurità e il basso peso alla nascita. Due studi pubblicati nel 1972 e nel 1992 rilevarono una ridotta fertilità tra le donne esposte ad anestetici volatili. Cinque lavori, che coprono gli anni fra il 1968 e il 1985, basati su dati registrati e quindi meno soggetti a errori, in Svezia e negli Stati Uniti, non evidenziarono associazione fra esposizione a gas anestetici ed effetti riproduttivi avversi. Infine un ampio studio prospettico fu condotto in Gran Bretagna fra il 1977 e il 1984 tra quasi 14.000 medici donna, al di sotto dei 40 anni, che lavoravano per il Servizio Sanitario Nazionale. L’analisi di oltre 10.000 gravidanze non mise in luce incrementi di rischio per aborto spontaneo, malformazioni della prole, o infertilità, in relazione all’esposizione ad anestetici volatili.

Gli effetti sul fegato da parte degli anestetici volatili sono suggeriti dal fatto che queste sostanze vengono metabolizzate a livello epatico. Ormai ampiamente dimostrata è la correlazione tra l’insorgenza di effetti epatotossici e l’impiego di alotano, ragione per cui oggi tale composto alogenato non viene più utilizzato.

Quando successivamente sono stati introdotti nuovi composti alogenati nella pratica clinica si è temuto che potessero causare effetti avversi al pari del loro predecessore. Per tale ragione già negli anni ’80 sono stati condotti molti studi che hanno confutato una possibile relazione tra danno epatico ed esposizione a composti quali isoflurano ed enflurano.

Grazie a tali studi vi è oggi un largo consenso nel ritenere una esposizione prolungata a concentrazioni subcliniche di questi composti priva di effetti epatotossici. Tale giudizio si è dimostrato valido anche nei confronti dei più recenti Sevoflurano e Desflurano.

Si deve tenere conto che un aumentato rischio di epatopatia in addetti chirurghi e anestesisti può essere correlato ad altre cause, quali la esposizione a sangue e il conseguente rischio biologico.

L’azione nefrotossica dei gas anestetici è stata ipotizzata a carico degli anestetici alogenati, data la loro capacità di liberare lo ione fluoro durante il loro metabolismo. Esempio classico di tale azione tossica è ciò che è stato osservato in pazienti che venivano anestetizzati con metossifluorano, composto poi abbandonato dall’impiego clinico, nei quali si riscontrava deterioramento della funzione renale. Gli studi che hanno indagato gli anestetici alogenati introdotti successivamente nell’impiego clinico, hanno escluso un’azione nefrotossica degli ioni fluoro da essi prodotti, sia sull’animale sia sull’uomo (paziente o figura professionale), anche se già affetto da patologia renale. Storicamente gli studi effettuati sui medici anestesisti esposti ad anestetici gassosi e volatili hanno portato a risultati contrastanti in merito alla possibile cancerogenicità di tali composti. Si possono ricavare indirettamente informazioni sugli effetti genotossici e mutageni ricercando nei linfociti di un soggetto il numero di aberrazioni cromosomiche e degli scambi tra due cromatidi fratelli di un singolo cromosoma. I primi studi effettuati non mostrarono differenze significative nel personale di sala operatoria se confrontati con soggetti non esposti, escludendo così un possibile effetto mutageno.

Al contrario altri studi mostrarono un aumento significativo nel numero di aberrazioni e frequenza di scambi tra cromatidi fratelli in personale di sala operatoria.

Questi ultimi furono successivamente criticati perchè non avevano tenuto conto di possibili elementi di confondimento dovuti alla contemporanea esposizione a radiazioni ionizzanti negli addetti di sala.

Studi condotti su animali quali roditori, esposti cronicamente a concentrazioni subcliniche di protossido d’azoto, alotano, enflurano, o isoflurano, soli o in associazione, non hanno dato prova di alcun effetto cancerogeno, né tantomeno di tossicità d’organo.

Diversamente è stato riscontrato un effetto teratogeno legato a N20 in esperimenti su animali, ma esclusivamente per esposizioni croniche superiori a 1000 ppm.

Allo stato attuale pertanto le prove a favore di una genotossicità dei gas anestetici sono considerate deboli. In tal senso si colloca lo studio condotto da Wiesner et al. nel 2001, da cui è risultato che l’esposizione a concentrazioni al di sotto dei limiti raccomandati dalle principali organizzazioni sanitarie pubbliche appare sicura e non associabile ad azione genotossica.

Riassumendo, la rassegna a cura di Burm e colleghi è giunta alla conclusione che, tralasciando gli studi retrospettivi che sono stati ampiamente criticati, poche sono le evidenze relativamente a rischi per la salute o per la salute riproduttiva negli uomini. Test atti a verificare una possibile mutagenicità dei gas anestetici sono principalmente negativi; solo studi su animali con esposizioni croniche a concentrazioni di protossido d’azoto oltre 1000 ppm hanno mostrato teratogenicità. L’esposizione a anestetici inalatori può anche determinare una riduzione nella performance degli operatori, ma le concentrazioni soglia oltre le quali tali effetti si manifestano sono considerevolmente piu’ alte delle concentrazioni che si registrano nelle moderne sale operatorie.

Complessivamente le evidenze scientifiche a favore di rischi connessi all’esposizione a gas anestetici sono da considerarsi deboli. Nonostante cio’ viene raccomandato, quale buona pratica, la ricerca dei piu’ bassi valori di esposizione per il personale.

Si noti che la maggior parte degli studi non considerano separatamente i possibili effetti provocati dal singolo composto, ma sono stati condotti quasi sempre su soggetti con esposizioni miste. Al fine di una corretta caratterizzazione del rischio, relativamente agli addetti esposti della nostra azienda ospedaliera, è importante notare che essi attualmente hanno un’esposizione trascurabile se non assente a N2O e, relativamente agli anestetici volatili, non sono esposti a composti di comprovata tossicità quali gli ormai abbandonati alotano o metossiflurano.

Gli anestetici volatili maggiormente impiegati presso l’ospedale “L.Sacco” sono attualmente Sevoflurano e Isoflurano.

5.1.2 Effetti tossici per la salute dovuti all’esposizione a sevoflurano 5.1.2.1 Caratteristiche chimico-fisiche

Il Sevoflurano è un etere alogenato introdotto nell’utilizzo clinico relativamente in tempi recenti, nel 1990 in Giappone, nel 1996 negli Stati Uniti e nel 1997 in Italia. È frutto della ricerca volta a sviluppare nuovi composti in grado di garantire una riduzione degli effetti tossici a livello d’organo ed una ottimizzazione dell’anestesia.

Il sevoflurano è un anestetico volatile, non infiammabile, utilizzato per l’induzione e il mantenimento dell’anestesia generale per via inalatoria.

Il dosaggio dell’HFIP urinario nei soggetti professionalmente esposti è stato proposto come indicatore di esposizione.

A tale scopo esso viene preferito al dosaggio dei fluoruri urinari, che sono meno specifici e la cui escrezione è influenzata dal grado di deposizione ossea. Viene inoltre ritenuto preferibile al dosaggio diretto del sevorano nell’urina in quanto quest’ultimo è maggiormente influenzato dall’esposizione nel periodo immediatamente precedente alla raccolta delle urine, periodo che spesso è contraddistinto da picchi di esposizione dovuti ad esempio alle procedure di estubazione del paziente. Nonostante ciò, alcuni autori ritengono il sevoflurano urinario un biomarker di esposizione più affidabile, soprattutto per quanto riguarda le esposizioni di breve durata, poiché non risulta influenzato da variazioni genetiche e fisiologiche del metabolismo.

5.1.2.2 Impiego clinico

Per l’induzione il sevoflurano viene somministrato in concentrazione del 1,8-5%

in miscela di ossigeno e produce un’induzione rapida (meno di 2 min).La profondità dell’anestesia può essere variata rapidamente e il risveglio è rapido (fra 4 e 14 min dopo la sospensione della somministrazione del farmaco).

5.1.2.3 Tossicità nota nei pazienti

Gli effetti farmacodinamici dei gas anestetici sui vari sistemi corporei sono di tipo deprimente e in genere dose-dipendenti: gli organi bersaglio sono fondamentalmente il fegato e il rene deputati alla biotrasformazione ed eliminazione di queste sostanze, il midollo emopoietico e il sistema nervoso dove le interferenze sono di sicuro significative. Si hanno effetti tossici acuti; i principali effetti collaterali del sevoflurano sono la depressione respiratoria e cardiovascolare dose-correlate, i movimenti eccitatori all’induzione (6-18% dei

casi), la nausea e il vomito nella fase postoperatoria. Convulsioni e casi di ipertermia maligna sono stati correlati all’uso di sevoflurano. Non è invece riportata nefrotossicità. L’inalazione di composti potenzialmente tossici (composto A) derivati dalla degradazione del sevoflurano in presenza di adsorbenti di CO2 non sembra associata a comparsa di tossicità d’organo nell’uomo.

5.1.2.4 Esposizione occupazionale Effetti acuti:

Apparato Cardiovascolare e Apparato Respiratorio. Per esposizione occupazionale a concentrazioni subcliniche non si rilevano la depressione respiratoria e cardiovascolare dose-correlate che si evidenziano nel soggetto sottoposto ad anestesia. Altrettanto puo’ dirsi in merito agli effetti eccitatori con movimenti spontanei o volontari.

Sistema Nervoso Centrale. Anche per esposizione a S, da solo o associato ad anestetico gassoso, è stato dimostrato che non si manifestano effetti neurocomportamentali a livelli di esposizione entro i limiti raccomandati.

Tuttavia, in seguito ad accidentali aumenti dei livelli di inquinamento ambientali, sono stati segnalati disturbi acuti tra i quali ricordiamo;

cefalea, sonnolenza, astenia, vertigine, lipotimia, rallentamento della memoria, attenzione e coordinazione (riduzione della performance).

Elevate concentrazioni in atmosfera determinano carenza di ossigeno con rischio di perdita di conoscenza o morte.

Nefrotossicità/Epatotossicità. Non sono segnalati effetti tossici acuti a carico di rene e fegato in soggetti esposti a concentrazioni subcliniche di S.

Effetti cronici:

Nefrotossicità. Tuttora solo pochi studi si sono occupati di valutare l’eventuale nefrotossicità del fluoro ionico in seguito a esposizione professionale a S. In operatori di sala, esposti a S in concentrazioni entro i valori limite raccomandati nelle Linee Guida della Regione Lombardia, si è proceduto a dosare indicatori di effetto quali le proteine totali urinarie (TUP), marcatore generico e aspecifico di coinvolgimento renale, l’N-acetil-β-D-glucosaminidasi (NAG). I valori riscontrati sono risultati tutti nei range di norma mostrando l’assenza di effetti a carico del rene in soggetti esposti a concentrazioni subcliniche. Un altro elemento di rischio è dovuto ai prodotti di degradazione degli alogenati frutto della reazione di questi

ultimi con le basi forti (NaOH e KOH) degli assorbenti a CO2 del circuito di ventilazione nei sistemi di anestesia a basso flusso a circuito chiuso.

Questa reazione produce quantità indefinite del composto A (pentafluoroisopropenil-fluorometil-etere). Studi effettuati su modello animale hanno messo in evidenza nefrotossicità dovuta al composto A.

Ancora pochi sono gli studi effettuati per valutare i possibili effetti correlati a tale composto negli operatori addetti a sala operatoria. Tuttavia ad oggi si tende ad escludere una azione nefrotossica, poiché un lieve ma significativo aumento degli indici di effetto (GS e NAG urinari), seppur ancor nel range di norma, è stato dimostrato solamente in personale esposto a gas erogati mediante circuiti aperti, e non dove puo’ avvenire la formazione del composto, cioè nei circuiti chiusi.

Epatotossicità. Quando isoflurano ed enflurano sono stati introdotti nella pratica clinica si è temuto che potessero causare effetti avversi al pari dell’alotano. Per tale ragione negli anni ’80 sono stati condotti molti studi che hanno confutato una possibile relazione tra danno epatico ed esposizione ad Isoflurano. Grazie a tali studi vi è oggi un largo consenso nel ritenere una esposizione prolungata a concentrazioni subcliniche di questi composti priva di effetti epatotossici. Tale giudizio si è dimostrato valido anche nei confronti dei più recenti Sevoflurano e Desflurano. È altresì vero che un aumentato rischio di epatopatia in addetti chirurghi e anestesisti può essere correlato ad altre cause, quali la esposizione a sangue e il conseguente rischio biologico.

Effetti cancerogeni. Come detto in precedenza, per esposizione occupazionale ad anestetici inalatori le prove a favore di una genotossicità sono attualmente considerate deboli per esposizioni a concentrazioni inferiori ai limiti raccomandati.

5.1.3 Effetti tossici per la salute dovuti all’esposizione a Isoflurano

L’isoflurano è un potente anestetico alogenato per via inalatoria. E’ un liquido chiaro, incolore, con odore di etere, non infiammabile. E’ stabile senza conservanti e non reagisce con i metalli; può essere conservato a temperatura ambiente (15-30° C) per più di 5 anni. Esso è utilizzato nell’induzione e nel mantenimento dell’anestesia generale, ma il suo preciso meccanismo d’azione non è noto anche se risulta essere un anestetico molto stabile e scarsamente metabolizzato.

L’isoflurano nell’uomo è principalmente eliminata per via respiratoria. Esso è scarsamente biotrasformato (0,17%) e solo piccole quantità della dose assorbita vengono escrete come metaboliti urinari. Le concentrazioni urinarie di fluoro-ioni normalmente prodotte in corso dianestesia sono comprese fra 3 e 30 µmoli/l.

5.1.3.1 Tossicità nota nei pazienti

L’uso dell’isoflurano è stato associato a numerosi effetti avversi comprendenti nausea, vomito, ileo postoperatorio, leucocitosi, nefrotossicità, depressione respiratoria, epatite acuta immunomediata. Le concentrazioni di isoflurano abitualmente usate in anestesia non provocano una significativa depressione della funzione miocardica o una riduzione della gittata cardiaca e della perfusione tessutale. La riduzione delle resistenze periferiche e della pressione arteriosa sistemica è dosecorrelata: il ritmo cardiaco durante anestesia rimane stabile. E’

tuttavia stata ipotizzata una possibile correlazione fra uso di isoflurano e ischemia miocardica in pazienti coronaropatici. Quest’ultimo aspetto comunque non si è mai verificato a concentrazioni cliniche.

L’assenza di rischio durante la gestazione e durante le procedure ostetriche non è stabilita. Gli studi su animali hanno dimostrato alterazioni della fertilità, della performance riproduttiva in generale, embriotossicità, teratogenicità ed effetti sulla lattazione a concentrazioni dello 0,1-0,6%. Per il rischio in gravidanza, il farmaco è classificato in categoria C dalla U.S. Food and Drug Administration e in categoria B3 dall’Australian Drug Evalutation Committee.

5.1.3.2 Tossicità per esposizione occupazionale

Attualmente sono stati studiati i seguenti possibili effetti a carico di organi e apparati ritenuti possibili organi bersaglio. Effetti acuti:

Apparato Cardiovascolare e Apparato Respiratorio. Per esposizione occupazionale a concentrazioni subcliniche non si rilevano la depressione respiratoria e cardiovascolare dose-correlate che si evidenziano nel soggetto sottoposto ad anestesia.

Effetti Neurocomportamentali. Nel 1997 è stato pubblicato uno studio multicentrico, coordinato dalle Università di Milano e Brescia, che ha cercato di valutare la sintomatologia neuropsichica, la velocità di risposta psicomotoria e i livelli di stress soggettivo nelle persone professionalmente esposte a basse concentrazioni di anestetici volatili (precisamente di N2O e isoflurano). Questo studio ha esaminato, con diverse metodiche, due

gruppi di lavoratori, uno esposto a gas anestetici e uno non esposto, appartenenti a 10 ospedali italiani e ha dimostrato che i due gruppi esaminati non differivano tra loro in nessun parametro considerato. Si è quindi potuto concludere che i valori limite biologici di esposizione, pari a 13 µg/l per N2O urinario ed a 1,8 µg/l per l’isoflurano urinario, sembrano essere adeguati affinché sia mantenuta un’integrità delle funzioni neuropsichiche esplorate. Per livelli d’esposizione superiori a tali valori si ha un evidente rallentamento dell’attività psicomotoria del personale sanitario esposto; ciò è stato notato maggiormente alla fine delle sedute operatorie degli ultimi giorni della settimana, mentre non sono apprezzabili alterazioni prima dell’inizio del turno lavorativo (per cui queste alterazioni sembrano essere temporanee e reversibili).

Nefrotossicità/Epatotossicità. Non sono segnalati effetti tossici acuti a carico di rene e fegato in soggetti esposti a concentrazioni subcliniche di Isoflurano.

Effetti collaterali dermatologici. L’isoflurano può causare dermatite da contatto, probabilmente su base immune, con un incidenza inferiore allo 0,1%: eritema ed edema periorbitari monolaterali sono stati descritti in casi in cui l’apparecchio di anestesia era posizionato da un lato dell’operatore. In questi casi, nei quali vi è una correlazione con la durata dell’esposizione, la limitazione dell’esposizione cutanea ai vapori e l’uso di maschere protettive porta a miglioramento dei sintomi. La diagnosi di ipersensibilità è possibile mediante applicazioni di patch imbevuti di 1 ml di isoflurano, due volte al giorno per tre giorni, sulla superficie volare dell’avambraccio.

Effetti cronici:

Tossicità epatica. Quando Isoflurano ed enflurano sono stati introdotti nella pratica clinica si è temuto che potessero causare effetti avversi al pari dell’alotano. Per tale ragione negli anni ’80 sono stati condotti molti studi che hanno confutato una possibile relazione tra danno epatico ed esposizione ad Isoflurano. È altresì vero che un aumentato rischio di epatopatia in addetti chirurghi e anestesisti può essere correlato ad altre cause, quali l’esposizione a sangue e il conseguente rischio biologico.

Nefrotossicità. Studi con gli altri anestetici alogenati hanno escluso la capacità nefrotossica di tali sostanze sia per gli animali sia per l’uomo (paziente o figura professionale esposta) anche se già affetto da patologia

renale. In operatori esposti a isoflurano (forane) e N2O non sono state rilevate variazioni significative di azotemia, creatininemia e uricemia.

Effetti citogenetica. Come detto in precedenza, per esposizione occupazionale ad anestetici inalatori le prove a favore di una genotossicità

Effetti citogenetica. Come detto in precedenza, per esposizione occupazionale ad anestetici inalatori le prove a favore di una genotossicità

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