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FACOLTÀ DI GIURISPRUDENZA. Master Universitario in MANAGEMENT E FUNZIONI DI COORDINAMENTO DELLE PROFESSIONI SANITARIE - PROJECT WORK -

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FACOLTÀ DI GIURISPRUDENZA

Master Universitario in

“ MANAGEMENT E FUNZIONI DI COORDINAMENTO DELLE PROFESSIONI SANITARIE ”

Anno accademico 2007 – 2008

- PROJECT WORK -

“ PROBLEMI ATTUALI IN TEMA DI SALUTE E SICUREZZA NEI LUOGHI DI LAVORO ”

Docente Professor MICHEL MARTONE

Candidato GIANLUCA PIASER Matricola n. 4249

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INDICE

1. Introduzione……….………4

1.1 Il Rischio Chimico in sala operatoria………..………5

1.2 Classificazione degli anestetici per inalazione……….5

1.3 Descrizione delle apparecchiature per anestesia………..…6

1.4 Fonti di Inquinamento……….7

1.5 Livelli di Inquinamento………8

1.6 Monitoraggio ambientale………..9

1.7 Monitoraggio biologico……….10

1.8 Legislazione e limiti di esposizione……….…..11

1.8.1 Linee guida sale operatorie - Regione Lombardia 17/12/1999……….13

1.8.2 Periodicità monitoraggio e sorveglianza sanitaria………...14

2. Individuazione dei pericoli……….15

2.1 Sopralluoghi presso le Sale Operatorie dell’Azienda Ospedaliera “L.Sacco”………..15

2.2 Condizioni tecniche delle sale operatorie……….15

2.3 Raccolta ed Analisi della letteratura inerente i gas anestetici in uso………15

2.4 Raccolta dati sui compiti lavorativi svolti dagli operatori………16

3. Campagna di Monitoraggio dell’Esposizione………16

3.1 Monitoraggio Ambientale………16

3.2 Monitoraggio Personale………17

3.3 Monitoraggio Biologico………17

4. Analisi dei dati di esposizione e valutazione dei dati clinici………18

4.1 Definizione di un giudizio di rischio………18

5. Risultati ottenuti……….………19

5.1 Individuazione dei pericoli………19

5.1.1 Effetti tossici per la salute connessi all’esposizione occupazionale a gas anestetici……….………..19

5.1.1 Effetti acuti………20

5.1.1.2 Effetti Cronici……….21

5.1.2 Effetti tossici per la salute dovuti all’esposizione a sevoflurano …….24

5.1.2.1 Caratteristiche chimico-fisiche……….24

5.1.2.2 Impiego clinico………..………..24

5.1.2.3 Tossicità nota nei pazienti………24

5.1.2.4 Esposizione occupazionale………..25

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5.1.3 Effetti tossici per la salute dovuti all’esposizione a Isoflurano……….26

5.1.3.1 Tossicità nota nei pazienti………27

5.1.3.2 Tossicità per esposizione occupazionale……….27

5.2 Valutazione della Esposizione………...…29

5.2.1 Dati sui compiti lavorativi svolti dagli operatori……….29

5.2.1.1 Blocco Operatorio Centrale……….30

5.2.1.2 Blocco Operatorio di Cardiochirurgia……….34

5.2.1.3 Blocco Operatorio di Ginecologia………36

5.3 Monitoraggio Ambientale e Biologico………38

5.3.1 Procedure Anestesiologiche presso l’Ospedale “L.Sacco”………38

5.4 Valutazione dei Rischi………51

5.4.1 Analisi dei dati di esposizione e valutazione dei dati clinici……….51

5.4.2 Valutazione Dati Clinici del Campione in Studio……….…52

5.4.3 Valutazione del rischio per figura professionale……….…………..55

6. Discussione……….58

7. Protocollo di sorveglianza sanitaria……….59

8. Giudizio di Idoneità………..64

9. Conclusioni………..66

10. Bibliografia……….67

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1. Introduzione

Infortuni e malattie professionali costituiscono gli aspetti più rilevanti su cui si possono misurare le conseguenze della mancata prevenzione sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori; questo naturalmente tenendo presente che anche altre sono le possibili conseguenze sulle persone delle attività lavorative, per quanto assai meno misurabili.

Si può dire che, pur con diverse implicazioni, infortuni e malattie professionali sono fenomeni che si stanno modificando e che andrebbero tuttora conosciuti meglio, in particolare per quanto si riferisce alle patologie da lavoro, il che sarà possibile solo se si potrà concretizzare un approccio sistematico, integrato e partecipato, che promuova una sistematica “ricerca attiva”. A tale proposito in questa tesi cercherò di analizzare in particolare la gestione della sorveglianza sanitaria negli operatori della sanità esposti a gas anestetici.

Fin dal medioevo la medicina ha cercato di alleviare il dolore nelle pratiche chirurgiche utilizzando varie sostanze; la tecnica anestesiologica moderna è nata il 16 ottobre 1846 al Massachusetts General Hospital quando venne effettuata la prima anestesia con l’uso dell’etere. Da allora molti farmaci sono stati sperimentati nelle tecniche anestesiologiche e molto spesso abbandonati per la tossicità dimostrata nei pazienti.

Questo fatto ha stimolato la ricerca di composti ad azione anestetizzante sempre più maneggevoli e meno tossici per il paziente e l'adozione di tecniche anestesiologiche più efficaci. Un'attenzione relativamente scarsa è stata invece dedicata al problema dei possibili effetti per la salute derivanti dall'esposizione professionale ad anestetici. È stato stimato che circa il 10% degli addetti alla Sanità risulta esposto agli agenti inalatori utilizzati in sala operatoria; sono esposti i medici anestesisti, i chirurghi ed il personale tecnico ed infermieristico di sala: in Italia nel complesso circa 60.000 operatori che fino agli anni '80 potrebbero essere stati esposti ad elevate concentrazioni.

I primi studi epidemiologici retrospettivi (1967-1977) hanno suscitato molte critiche, né è mancato chi ha saputo creare panico prima ancora che detti studi potessero con certezza confermare una correlazione tra esposizione cronica ai gas anestetici e una certa patologia. Le alterazioni della funzione riproduttiva, evidenziate da studi epidemiologici antecedenti gli anni '80, sono state successivamente messe in discussione da studi epidemiologici eseguiti nei Paesi Scandinavi e in Gran Bretagna. Inoltre lavori effettuati in anni più recenti hanno portato a ritenere numerose le incertezze circa l'esistenza, nelle situazioni di

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esposizione odierne, di effetti a carico di organi e apparati ritenuti in passato organi bersaglio.

Con questa tesi cercherò di valutare lo stato dell’arte sugli effetti tossici per la salute dovuti a esposizione occupazionale a gas anestetici in ambito sanitario, il rischio chimico derivante da esposizione a gas anestetici negli addetti di sala operatoria dell’Azienda Ospedaliera Luigi Sacco di Milano e infine di delineare, a fronte dei dati raccolti, le indicazioni per la corretta gestione della sorveglianza sanitaria negli operatori della sanità esposti a gas anestetici ed in particolare proporre un protocollo di sorveglianza sanitaria ed analizzare le criticità nella formulazione del giudizio di idoneità.

1.1 Il Rischio Chimico in sala operatoria

Sono molti i fattori di rischio presenti in una sala operatoria: alcuni noti da tempo e di cui sappiamo caratterizzarne gli effetti, quali i rischi biologico e fisico; altri riconosciuti in anni più recenti e che meritano ancora molti studi, quali il rischio stress correlato o da abuso di sostanze stupefacenti. Vi è poi il rischio chimico che, sebbene noto ormai da molti anni, relativamente ai gas anestetici, presenta ancora oggi un certo grado di incertezza in merito ai possibili effetti per la salute.

Per analizzare il rischio chimico nelle sale operatorie debbono essere considerati i rischi dovuti alla presenza di composti e preparati chimici quali quelli che hanno funzione di disinfettanti e sterilizzanti (formaldeide, glutaraldeide) o che hanno funzioni terapeutiche (farmaci, preparati vari, ecc.) o infine, quelli che hanno la funzione di indurre e mantenere l'anestesia (anestetici gassosi quali protossido di azoto, anestetici volatili). Nel presente studio mi occuperò di questi ultimi.

1.2 Classificazione degli anestetici per inalazione

Si definiscono anestetici quei farmaci che determinano una abolizione dello stato di coscienza ed una inibizione temporanea della sensibilità dolorifica limitatamente al periodo della loro somministrazione.

Si distinguono comunemente due tipi di anestesia:

generale o narcosi, che agisce sulle strutture del SNC;

periferica o locale, ottenuta con la somministrazione di sostanze agenti a livello del SNP.

Si ritiene che l’anestesia locale, ottenuta per infiltrazione nei tessuti di liquidi anestetici, così come l’anestesia generale per via endovenosa o rettale, non diano luogo a rischi di natura igienico - ambientale in caso di esposizione per

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contatto e/o inalazione dei prodotti utilizzati. Per quanto concerne invece l’anestesia generale per via inalatoria, definita comunemente “anestesia gassosa”, essa può provocare, per il possibile inquinamento degli ambienti delle sale operatorie, problemi di esposizione professionale negli operatori addetti.

Gli anestetici per inalazione sono distinti in due gruppi:

Gassosi: Protossido d’Azoto (N20). Sono sostanze che a pressione e a temperatura ambiente si trovano allo stato gassoso. Fanno parte di questo gruppo altri anestetici quali etilene, acetilene e ciclopropano che non sono più impiegati per l’elevata infiammabilità ed esplosività. Gli anestetici gassosi sono erogati quasi sempre associati ad un anestetico volatile.

Volatili: sono alcuni composti alogenati ed eteri che, a pressione e a temperatura ambiente, si trovano allo stato liquido e vengono poi vaporizzati in apparecchi termocompensati, ove si miscelano al momento dell’impiego con una corrente gassosa, in genere proveniente da un impianto centralizzato, costituita da aria e ossigeno. La concentrazione di tali composti nella miscela anestetica varia dallo 0,5% al 4% ( 6% nell’induzione in pediatria) in funzione della sostanza utilizzata e del tipo di intervento chirurgico da eseguire e varia nelle diverse fasi dell'intervento chirurgico, con quantità più elevate nel corso dell'induzione, della durata di pochi minuti, rispetto alla fase di mantenimento dell'anestesia.

1.3 Descrizione delle apparecchiature per anestesia

E’ necessario soffermarsi su una descrizione, in linee generali, dei sistemi di induzione e sulle apparecchiature per l’anestesia, prima di descrivere le possibili cause di inquinamento.

La somministrazione dell’anestetico gassoso o volatile può avvenire mediante intubazione orotracheale o applicando la maschera facciale direttamente sul viso del paziente; la presenza di una via per il recupero e riutilizzo dei gas espirati distingue i sistemi di anestesia in aperti e chiusi.

In passato si utilizzavano soprattutto i primi, responsabili di un elevatissimo inquinamento poiché tutta l’aria espirata dal paziente ad alte concentrazioni di anestetico veniva dispersa direttamente nell’ambiente. Attualmente tali dispersioni in ambiente sono impensabili ed evitate grazie a sistemi di evacuazione dei gas che raccolgono e convogliano i gas espirati all’esterno della sala in appositi circuiti di smaltimento.

Oggi si preferisce utilizzare i sistemi chiusi, che permettono il recupero e la riutilizzazione dell’aria espirata dal paziente dopo averla adeguatamente

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depurata dalla CO2, grazie al potere adsorbente della calce sodata presente nel sistema e reintegrata dell’ossigeno consumato e di nuovi gas.

Si distinguono in particolare due tipi di sistema chiuso: il sistema monofasico ed il circuito rotatorio difasico. Il primo, detto anche “va’ e viene”, è costituito da una maschera facciale, da un contenitore cilindrico contenente calce sodata, da un pallone respiratorio e da un tubo, situato generalmente in prossimità di una maschera, che permette l’immissione di gas “freschi”. Attraverso il contenitore cilindrico passa quindi sia l’aria inspirata che espirata dal paziente.

Il circuito rotatorio difasico è il sistema anestetico attualmente più utilizzato;

esso consta di una maschera facciale e di 2 tubi provvisti di valvole respiratorie unidirezionali. L’aria espirata dal paziente passa nel 1° tubo (espiratorio), collegato al contenitore cilindrico contenente calce sodata sulla quale rimane adsorbita la CO2 e ritorna al paziente attraverso il 2° tubo (inspiratorio), dopo eventuale aggiunta di gas nuovi.

I sistemi anestetici chiusi sono poi collegati all’apparecchiatura per l’anestesia che è costituita da:

sistema di rifornimento dei gas, che può essere centralizzato in bombole;

sistema di misura dei gas, formato da flussometri ad orificio fisso o variabile;

sistema di vaporizzazione, che trasforma l’anestetico liquido in gassoso e lo immette in adeguate concentrazioni nel circuito respiratorio dopo averlo miscelato con altri gas nella “camera di miscela”.

1.4 Fonti di Inquinamento

Le sorgenti di inquinamento da gas anestetici nei reparti operatori sono molteplici e vengono di seguito descritte.

Fattori strutturali degli ambienti: sono rappresentati dalla forma e dalla cubatura delle sale operatorie, dalla presenza o meno di un efficiente sistema di ventilazione per assicurare un adeguato ricambio d’aria

Fattori legati alle modalità ed alle linee di erogazione degli anestetici: per quanto riguarda l’erogazione, le cause di inquinamento possono ricondursi alla qualità e quantità degli anestetici utilizzati, alla concentrazione degli anestetici nei gas, alle tecniche di anestesia impiegate (entità dei flussi gassosi, percentuali di vaporizzazione, adozione di valvole deviatrici), al tipo di apparecchiature per l’erogazione dei gas, le cui perdite si verificano soprattutto a livello dei tubi, dei raccordi, dei flussometri e delle valvole, alle caratteristiche dell’apparato di smaltimento dei gas, al tipo e durata dell’intervento.

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Perdite di gas possono inoltre verificarsi per la non perfetta adesione delle maschere facciali, per la diffusione dalla gomma delle apparecchiature quando si fa uso di anestetici ad elevata solubilità in essa e per la presenza di residui nelle apparecchiature per anestesia.

Altra fonte di inquinamento è rappresentata dal disperdersi di gas residui direttamente nell’ambiente, dopo che il paziente è stato estubato.

Il problema dell’inquinamento non interessa esclusivamente la sala operatoria ma anche, sebbene in misura ridotta, gli ambienti ad essa adiacenti: le sale di lavaggio degli strumenti, di sterilizzazione, di preparazione per i chirurghi, i corridoi di accesso ed in particolare le sale di “risveglio”, nelle quali il paziente, continuando ad espirare aria ad elevata concentrazione di anestetico, determina un alto tasso di inquinamento ambientale.

1.5 Livelli di Inquinamento

Gli attuali livelli di inquinamento sono sicuramente inferiori rispetto a quelli rilevabili prima degli anni ’70, ed anche gli anestetici utilizzati sono diversi da quelli allora utilizzati, quali l’etere ed il cloroformio notoriamente neurotossici ed epatotossici.

Negli anni ’70 i livelli di esposizione ad anestetici erano spesso molto elevati, fino ad alcune centinaia di parti per milione, per tutta una serie di motivi, tra i quali innanzitutto una generale sottovalutazione dei rischi da inalazione prolungata di tali sostanze, la quasi assoluta mancanza di impianti per l’evacuazione dei gas, la scarsa efficienza dei sistemi di ventilazione ambientale, l’uso diffuso dei sistemi ad alti flussi come tecnica di anestesia.

L’introduzione dei sistemi di evacuazione dei gas espirati dal paziente ha ridotto le concentrazioni di protossido e di alotano nelle sale. Negli ultimi anni sono sostanzialmente cambiate le modalità di utilizzo degli anestetici volatili in ambito ospedaliero. In primo luogo sono state ampiamente adottate tecniche che non richiedono l’utilizzo di anestetici volatili. Nell’ambito dell’anestesia generale gassosa, inoltre, è stato progressivamente ridotto se non abbandonato l’impiego di protossido di azoto e, almeno nel nostro Paese, i tradizionali alogenati sono stati sostituiti da composti meno tossici, quali il Sevofluorano che rappresenta attualmente l’anestetico volatile più utilizzato.

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1.6 Monitoraggio ambientale

Al fine di accertare i livelli di contaminazione ambientale da gas anestetici nelle sale operatorie, causate dalle emissioni dirette e dal progressivo degrado delle tenute pneumatiche delle attrezzature, ovvero di verificare l’efficacia degli interventi di manutenzione e bonifica, è necessario effettuare in ciascuna area chirurgica un rilevamento periodico delle concentrazioni di gas anestetici aerodispersi.

Il monitoraggio ambientale si avvale di due modalità di campionamento:

in posizione fissa di tipo personale

I prelievi in posizione fissa hanno fondamentalmente lo scopo di valutare le concentrazioni degli anestetici volatili nei reparti operatori; è importante sottolineare come le zone da monitorare non devono essere soltanto le sale operatorie in senso stretto, ma anche gli ambienti adibiti all’induzione ed al risveglio, i corridoi ed altri locali adiacenti dove gli inquinanti possono diffondere.

E’ inoltre opportuno posizionare gli strumenti di campionamento nei punti di maggiore stazionamento del personale ed in prossimità delle apparecchiature anestesiologiche, per identificare eventuali sorgenti di inquinamento e che la durata del campionamento sia tale da fornire un prelievo rappresentativo del livello di esposizione professionale.

I campionamenti in posizione fissa possono a loro volta essere distinti in:

istantanei ambientali o di area, effettuabili con campionatori operanti ad un flusso di aria di 200-300 ml/min per la durata della seduta operatoria, utilizzando fialette contenenti carbone attivo in qualità di adsorbente. Il prelievo deve essere eseguito all’altezza delle vie respiratorie (circa 1.5 m).

campionamenti in continuo, effettuati con analizzatori in continuo, che permettono la determinazione immediata ed in ogni momento degli inquinanti; tale tecnica permette di valutare le dispersioni nelle varie zone della sala operatoria, le eventuali concentrazioni punta e le variazioni di concentrazione nel corso della seduta operatoria. Il metodo comunemente utilizzato è la spettrofotometria all’infrarosso.

Il campionamento di tipo personale serve a valutare l’esposizione individuale delle singole figure professionali impiegate in sala operatoria e viene effettuato tramite dosimetri passivi affidati agli operatori, utilizzando un flusso di

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captazione compreso tra 130 e 150 ml/min, collegati a fiale di carbone attivo. La durata dei campionamenti è quella della seduta operatoria.

La disponibilità di tali sistemi di misura può consentire il raggiungimento dei seguenti obiettivi:

immediata rilevazione di situazioni ambientali non accettabili;

più agevole ricerca delle sorgenti di inquinamento;

ottimizzazione degli interventi manutentivi sulle attrezzature anestesiologiche e sui dispositivi di evacuazione dell’espirato e dell’eccesso di gas anestetico;

documentazione in tempo reale dei livelli di esposizione degli operatori nei reparti chirurgici;

definizione dei cicli di usura e degrado dei componenti più critici delle attrezzature, ai fini della predisposizione dei programmi di manutenzione preventiva.

1.7 Monitoraggio biologico

I compartimenti biologici classicamente scelti o proposti per il monitoraggio biologico degli anestetici assorbiti per via respiratoria sono:

il compartimento alveolare (o espiratorio medio);

il compartimento ematico (venoso);

il compartimento urinario.

Le sostanze ricercate sono i composti non metabolizzati e alcuni prodotti di biotrasformazione noti e analizzabili. Il monitoraggio biologico, eseguito su campioni di aria alveolare (o espirata media) o di sangue venoso, può essere eseguito in momenti diversi, ed in generale: ·

durante l'esposizione;

subito dopo la fine dell'esposizione;

alla fine della settimana lavorativa.

I valori così determinati sono valori istantanei di concentrazione, da riferire a valori di concentrazione istantanea ambientale (se i prelievi sono durante l'esposizione) o a valori di concentrazione ambientale media presente nell'ultimo periodo di esposizione, o nel corso della giornata o delle giornate precedenti (nel caso di prelievi eseguiti dopo l'esposizione). I valori di concentrazione urinaria, al contrario dei precedenti (aria alveolare), non sono istantanei, ma ponderati.

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Il monitoraggio biologico viene quindi eseguito utilizzando dei valori biologici di riferimento; nella circolare n. 5 del Ministero della Sanità del 1989 sono riportati i valori degli indicatori biologici e le relative concentrazioni ambientali equivalenti.

Per l’isofluorano:

Isofluorano urinario: 18 nM/l urina (dosato nelle urine prodotte in 4 h di esposizione e prelevate alla fine dell'esposizione; valore biologico equivalente a 0,5 ppm di concentrazione ambientale media).

Per il protossido di azoto:

N2O urinario 27 µg/l (dosato nelle urine prodotte in 4 ore di esposizione e prelevato alla fine di essa; valore biologico equivalente a 50 ppm di concentrazione ambientale media).

N2O urinario 55 µg/l (dosato nelle urine prodotte in 4 ore di esposizione e prelevato alla fine di essa; valore biologico equivalente a 100 ppm di concentrazione ambientale media).

1.8 Legislazione e limiti di esposizione

Il DPR 303 del 19/03/1956: “Norme generali per l’igiene del lavoro”, dove all’Art.

20 “Difesa dell’aria dagli inquinanti con prodotti nocivi”, prevedeva l’obbligo di predisporre sistemi di aspirazione atti ad impedire o ridurre, per quanto possibile, lo sviluppo e la diffusione di vapori tossici nei luoghi di lavoro. Questi aspetti sono stati ripresi poi da altri dispositivi di legge non più vigenti (DPR 128 e 130/1969).

Nel 1989 la Circolare del Ministero della Sanità n°403 del 14/03/1989

“Esposizione professionale ad anestetici in sala operatoria”, ha indicato le linee guida di comportamento per ridurre l’inquinamento ambientale, nonché gli interventi sanitari nei confronti di tutto il personale professionalmente esposto.

Nel III paragrafo della Circolare vengono indicati i valori limite (TLV-TWA) che l’ACGIH (American Conference of Governmental Industrial Hygienists, 1990-91) raccomanda per le sostanze anestetiche allora più frequentemente utilizzate:

Alotano 50 ppm pari a 400 mg/mc Enflurano 75 ppm pari a 575 mg/mc

Isoflurano 75 ppm (2 ppm se associato a N2O)

N2O 50 ppm pari a 91 mg/mc per le sale operatorie di nuova costruzione o in caso di ristrutturazione

N2O 100 ppm per le sale operatorie esistenti

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Viene inoltre stabilito che nelle nuove sale operatorie dovranno essere previsti impianti di ventilazione che garantiscano il non superamento del limite di 50 ppm per il N2O e comunque il rispetto dei parametri microclimatici e di purezza dell'aria.

Il NIOSH (National Institute for Occupational Safety and Health) ha invece raccomandato dei limiti di esposizione per attività lavorative più restrittivi:

N2O 25 ppm

Anestetici alogenati 2 ppm (se usati da soli) o 0,5 ppm (se associati ad N2O)

Nei Paesi Scandinavi, infine, si adotta un limite di 100 ppm per N2O, 10 ppm per enflurano e 5 ppm per alotano (per quest'ultimo in Danimarca si raccomanda un limite di 1 ppm).

La Regione Lombardia, con la Deliberazione di Giunta Regionale del 17 dicembre 1999 n. 6/47077, ha approvato le Linee Guida sulla Prevenzione e Sicurezza nelle sale operatorie, che indicano indici guida nel controllo della accettabilità delle condizioni igienico ambientali delle sale operatorie, le caratteristiche tecniche che devono avere le sale operatorie e la periodicità della sorveglianza sanitaria a cui si devono sottoporre i lavoratori esposti.

In merito ai livelli di inquinamento da gas anestetici vengono indicati i valori di riferimento espressi in p.p.m. (parti per milione) espressi sia come valori limite, sia come valori guida più restrittivi.

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1.8.1 Linee guida sale operatorie - Regione Lombardia 17/12/1999 Tabella 1: valori di riferimento

Protossido d’azoto Alogenato

Valore limite

Valore guida

Valore limite Valore guida

Sale di nuova costruzione o Ristrutturate

50 25 0,5 < 0,5

Sale di vecchia costruzione (valido per 5 anni)

100 50 2 < 1

La periodicità del monitoraggio ambientale e biologico è in relazione all’entità dell’esposizione, facendo riferimento a livelli crescenti di protossido d’azoto atmosferico e/o urinario.

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1.8.2 Periodicita monitoraggio e sorveglianza sanitaria

Tabella 2: Sale operatorie di “vecchia costruzione” (precedenti 1998)

RISULTATI MONITORAGGIO PERIODICITA’

N2O ambientale

(ppm)

N2O urinario (µg/l)

Monitoraggio Sorveglianza sanitaria

< 50 < 27 Annuale Annuale

50 –150 27 – 72 Semestrale Annuale

> 150 > 72 Trimestrale Annuale

Tabella 3: Sale operatorie di “nuova costruzione” (posteriori 1998)

RISULTATI MONITORAGGIO PERIODICITA’

N2O ambientale

(ppm)

N2O urinario (µg/l)

Monitoraggio Sorveglianza sanitaria

< 25 < 13 Annuale Biennale

25 –100 13 – 55 Semestrale Annuale

> 100 > 55 Trimestrale Annuale

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2. Individuazione dei pericoli

L’analisi dei rischi per la salute negli operatori sanitari esposti a gas anestetici è stata condotta attraverso la metodologia sotto descritta.

2.1 Sopralluoghi presso le Sale Operatorie dell’Azienda Ospedaliera

“L.Sacco”

Il Servizio Medico Competente della U.O. di Medicina del Lavoro dell’Ospedale

“L.Sacco” effettua periodici sopralluoghi presso le sale operatorie della propria Azienda Ospedaliera. Vengono esaminati il Blocco Operatorio Centrale ed i Blocchi Operatori di Ginecologia e Cardiochirurgia, per un totale di 13 sale operatorie.

Nel periodo 2006-2008 i sopralluoghi si sono svolti in contemporanea all’esecuzione dei periodici controlli dell’inquinamento da gas anestetici, effettuato mediante campagne di monitoraggio ambientale e biologico. Il Servizio Medico Competente ha fornito supporto e chiarimenti al personale di sala presente durante le operazioni di monitoraggio ed inoltre si è reso possibile verificare la corretta esecuzione delle procedure di monitoraggio.

I sopralluoghi sono stati mirati inoltre alla raccolta di dati in merito ai compiti lavorativi svolti dagli operatori, informazioni indispensabili per valutare l’esposizione a gas anestetici.

Inoltre i sopralluoghi sono stati effettuati in accordo e con la partecipazione del Servizio Prevenzione e Protezione, con il quale si è proceduto a valutare il rispetto dei requisiti strutturali e tecnologici minimi previsti per legge.

2.2 Condizioni tecniche delle sale operatorie

In collaborazione con il Servizio Prevenzione e Protezione abbiamo verificato il rispetto dei requisiti strutturali e tecnologici; di particolare importanza, ai fini del contenimento dell’inquinamento da gas anestetici, la presenza in ciascuna sala operatoria di un adeguato impianto di ventilazione per il ricircolo dell’aria ambiente e la presenza di sistemi di evacuazione dei gas espirati dal paziente.

2.3 Raccolta ed Analisi della letteratura inerente i gas anestetici in uso Individuati i gas anestetici utilizzati è stata effettuata una consultazione della letteratura scientifica disponibile al fine di valutare lo stato dell’arte in merito ai possibili effetti tossici per la salute dovuti a esposizione occupazionale a gas anestetici negli operatori della sanità

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2.4 Raccolta dati sui compiti lavorativi svolti dagli operatori

Al fine di determinare l’esposizione degli operatori di sala a gas anestetici sono stati raccolti, tramite interviste agli operatori e consultazione dei registri, dati in merito al numero degli interventi chirurgici svolti mediamente in un anno relativamente a ciascuna sala operatoria, e al tipo e durata media degli interventi.

È stata inoltre calcolata la quota di interventi chirurgici per cui è stato scelto, da parte del medico anestesista, l’impiego di anestesia inalatoria, specificando il tipo di gas utilizzato e la durata dell’utilizzo. Abbiamo segnalato inoltre se nella sala la somministrazione dell’anestetico gassoso o volatile può avvenire in presenza di una via per il recupero e riutilizzo dei gas espirati dal paziente, metodica che distingue i sistemi di anestesia in aperti e chiusi.

Infine viene descritta la composizione dell’equipe presente in sala, così da poter successivamente delineare i profili di rischio specifici per singola figura professionale.

3 Campagna di Monitoraggio dell’Esposizione

Per valutare i livelli di inquinamento da gas anestetici nelle sale operatorie sono state effettuate attività di monitoraggio nel periodo 2006-2008 che hanno compreso:

Valutazione dei livelli di protossido d’azoto (N2O) rilevati con monitoraggio ambientale;

Valutazione dei livelli di alogenati in uso rilevati con monitoraggio ambientale;

Valutazione dell’esposizione personale ad alogenato su personale operante in sala (figure professionali coinvolte: chirurgo, anestesista, strumentista);

Valutazione della dose interna di N2O e alogenati con monitoraggio biologico mediante campione urinario.

3.1 Monitoraggio Ambientale

I prelievi per individuare le condizioni di inquinamento degli ambienti esaminati sono stati realizzati in posizione fissa con campionamenti in continuo utilizzando un rilevatore Analizzatore Ambientale "SAPPHIRE" a spettrometro infrarosso per 4 gas in contemporanea. La durata totale dei campionamenti non doveva essere inferiore a 5 ore in modo tale da determinare sia la concentrazione media che eventuali picchi di inquinamento.

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II controllo dell'inquinamento ambientale delle sale avviene in modo coordinato con gli anestesisti e gli operatori presenti in sala. Le posizioni monitorate sono quelle in cui il personale sanitario staziona maggiormente durante la seduta chirurgica, cioè l’interno della sala operatoria presso l’apparecchiatura anestesiologica e il centro della sala stessa (in prossimità del chirurgo).

Le sale operatorie monitorate sono tutte le sale operatorie presenti presso l’Ospedale “L:Sacco” e la durata totale di campionamento è stata di minimo 5 ore per sala operatoria.

3.2 Monitoraggio Personale

Per valutare i livelli di esposizione a gas anestetici delle singole figure professionali sono stati eseguiti campionamenti personali mediante campionatore passivo Orsa 5 contenuto in fialette di vetro con coperchio avvitabile aperte solo durante il campionamento.

La posizione ottimale di campionamento è garantita dal posizionamento del campionatore su una pinza applicata all'operatore, sul collo della divisa sulla parte posteriore per evitare che il campionatore venga coperto dal camice chirurgico sterile. Effettuato il campionamento il cilindro contenente il carbone attivo viene inserito nuovamente nella sua fiala d'origine e conservato in una borsa frigo a bassa temperatura (riducendo così sensibilmente le reazioni chimiche e le trasformazioni fisiche catalizzate dallo stesso carbone attivo in altri composti) e consegnato il giorno stesso in laboratorio per l'analisi. Il metodo analitico utilizzato è Gascromatografia/Spettrometria di massa ( GC-MS ) con Spazio di Testa. Le figure professionali monitorate sono il chirurgo, l’anestesista e lo strumentista.

3.3 Monitoraggio Biologico

Nell’ambito del monitoraggio biologico dell’esposizione a gas anestetici vengono indagati:

il livello urinario di protossido d’azoto il livello urinario di isoflurano

il livello di esafluoroisopropanololo, metabolica del Sevoflurano

È stata effettuata la raccolta dei campioni di urine al termine della seduta operatoria o dopo almeno quattro ore dall’inizio dell’intervento. La raccolta dei campioni urinari è stata condotta al di fuori del comparto operatorio, nel minor tempo possibile (entro 5 minuti dal termine dell’attività in sala), utilizzando

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contenitori con 0.2 ml di acido solforico 9N, immediatamente sigillati. I campioni raccolti sono stati conservati a 4°C ed analizzati entro una settimana. Le determinazioni di SF e PA sono state effettuate mediante analisi in gas- cromatografia con la tecnica dello spazio di testa.

I dosaggi sono stati effettuati presso il Laboratorio di Tossicologia del Dipartimento di Medicina Preventiva, del Lavoro e dell’Ambiente-“Clinica del Lavoro L.Devoto” Milano. Le figure professionali monitorate sono il chirurgo, l’anestesista e lo strumentista.

4 Analisi dei dati di esposizione e valutazione dei dati clinici

Abbiamo effettuato una caratterizzazione del rischio per la salute attraverso:

Confronto delle esposizioni con i limiti di riferimento: sono stati confrontati i valori risultati nelle indagini di monitoraggio ambientale svolte presso la nostra azienda ospedaliera con i valori di riferimento proposti dalle Linee Guida sulla Prevenzione e Sicurezza nelle sale operatorie emanate dalla Regione Lombardia e dalla circolare n. 5 del Ministero della Sanità del 1989. I risultati delle campagne di monitoraggio biologico sono stati confrontati con gli indici biologici di esposizione suggeriti nelle Schede Informative per il monitoraggio biologico proposte da S.Ghittori e A.Alessio e pubblicate dal GIMLE nel 2002.

Analisi di dati sanitari relativi ad accertamenti cui sono stati sottoposti i lavoratori: abbiamo analizzato i dati sanitari del campione in studio, rappresentato dagli operatori sanitari delle sale operatorie della nostra azienda ospedaliera, per verificare se ai livelli di esposizione documentati fossero presenti patologie causate dai gas anestetici.

La sorveglianza sanitaria del personale prevede una visita medica preventiva e periodica e la determinazione dei parametri di laboratorio esploranti la funzionalità emopoietica, renale ed epatica, oltre alla determinazione dei livelli urinari di anestetici e loro metaboliti, in corrispondenza delle determinazioni ambientali.

4.1 Definizione di un giudizio di rischio

Grazie alle informazioni raccolte è stato possibile formulare un giudizio di rischio per la salute attraverso la valutazione della possibilità di accadimento di effetti sulla salute dei lavoratori alle condizioni di lavoro osservate.

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5 Risultati ottenuti

5.1 Individuazione dei pericoli

Si registra un radicale mutamento, avvenuto in questi ultimi anni, nella scelta dei composti anestetici da parte del medico anestesista: il protossido d’azoto risulta ormai pressoché abbandonato, a favore dei più sicuri e maneggevoli composti volatili alogenati ed eteri.

Di seguito viene presentata una rassegna aggiornata delle evidenze inerenti gli effetti tossici connessi all’esposizione a gas anestetici. Sono riassunti gli studi che hanno indagato l’esposizione a gas anestetici nel suo complesso, successivamente sono riassunte le evidenze inerenti gli specifici gas anestetici attualmente in uso (sevoflurano e isoflurano).

5.1.1 Effetti tossici per la salute connessi all’esposizione occupazionale a gas anestetici

In passato numerosi effetti avversi sono stati associati all’esposizione professionale ad anestetici volatili: principalmente alterazioni della salute riproduttiva e varie patologie d’organo, fra cui epatopatie, nefropatie, e tumori del collo dell’utero.

Alcuni effetti avversi a livello ematologico, immunologico e neurologico furono riportati per esposizioni in ambiente odontoiatrico a livelli abnormi di N2O, prevalentemente per abuso personale. Questi studi nel loro complesso risalgono a parecchi anni fa e si riferiscono a situazioni in cui erano usati, oltre al N2O, anche anestetici alogenati quali l’enflurano e l’alotano, poi abbandonati in favore di sostanze meglio tollerate dal paziente, e in cui le sale operatorie erano prive di sistemi di gas-evacuazione, per cui i livelli di inquinamento ambientale (peraltro mai documentati nelle indagini epidemiologiche) verosimilmente erano più elevati di quelli attuali.

Tuttavia, i primi lavori che evidenziavano danni alla salute furono successivamente criticati per le carenze metodologiche, ed indagini successive non evidenziarono aumentata incidenza di neoplasie o altre patologie croniche.

Lavori effettuati in anni più recenti hanno portato a ritenere numerose le incertezze circa l'esistenza, nelle situazioni di esposizione odierna, di effetti a carico di organi e apparati ritenuti in passato organi bersaglio.

Per questa ragione nel 1992 il Gruppo di Studio sull'Esposizione Professionale ad Anestetici per Inalazione della Associazione Lombarda di Medicina del Lavoro e Igiene Industriale ha redatto un documento nel quale concludeva affermando:

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"L'analisi della letteratura ha evidenziato che numerose sono le incertezze circa l'esistenza, nelle attuali situazioni di esposizione, di effetti a carico di organi e apparati ritenuti in passato organi bersaglio".

Negli anni successivi la ricerca in questo ambito non si è interrotta, facendo sì che in breve si accumulasse molto materiale scientifico inerente ai possibili effetti sulla salute dovuti all’esposizione professionale a gas anestetici. Appare quindi importante per prima cosa valutare le attuali conoscenze su questo argomento, nell’ipotesi che alcuni delle incertezze presenti nel 1992 siano state chiarite.

5.1.1.1 Effetti acuti

Evidenze a favore di possibili effetti neurocomportamentali precoci, sebbene dimostrate, risultano di difficile attribuzione al solo fattore di rischio rappresentato dai gas anestetici. Nei soggetti professionalmente esposti in sala operatoria gli anestetici volatili sono in grado di determinare disturbi come cefalea, astenia, sonnolenza pomeridiana, insonnia, ansia, crisi depressive, perdita della memoria, alterazioni della capacità di concentrazione e di attenzione e disturbi neurovegetativi, il che fa pensare a un coinvolgimento delle strutture nervose superiori con possibile riduzione delle prestazioni psicomotorie e psicologiche. Tuttavia si è anche puntata l’attenzione sui molteplici fattori che sono in grado di influire, sia in senso favorevole che negativo, sul livello di performance degli operatori delle sale chirurgiche, quali le condizioni di salute fisica e psichica, l’uso di farmaci stimolanti o sedativi, le condizioni microclimatiche, la motivazione, lo stato di allerta e l’affaticamento. Si ritiene inoltre che data l’assenza di una reazione dose-risposta tra l’esposizione agli anestetici e la riduzione dell’efficienza psicomotoria, le alterazioni rilevate siano da condurre verosimilmente oltre che all’esposizione ai gas anestetici, anche ad altri fattori legati allo stress e all’organizzazione del lavoro; non sono presenti differenze tra esposti e controlli all’inizio settimanale del turno di lavoro e ciò escluderebbe la presenza di effetti cumulativo-cronici.

È del 2008 lo studio longitudinale di Scapellato et al., in cui è stata esclusa la comparsa di effetti neurocomportamentali per livelli di esposizione fino a 50 ppm di protossido d’azoto.

Risulta pertanto come sia improbabile che disturbi aspecifici quali cefalea, riduzione dei livelli di vigilanza e alterazioni della capacità di attenzione si possano verificare ai livelli di inquinamento presenti attualmente nelle moderne sale operatorie dotate di sistemi di evacuazione dei gas e di ventilazione

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ambientale. Tale evenienza potrà verificarsi invece in seguito a dispersioni accidentali, principalmente dovute a perdite dalle apparecchiature per l’erogazione, capaci di causare concentrazioni per cui l’inalazione della sostanza potrà causare effetti sul sistema nervoso centrale (vertigine, cefalea, sonnolenza) e sistema cardiovascolare (abbassamento della pressione arteriosa, diminuzione della frequenza cardiaca).

5.1.1.2 Effetti Cronici

Negli anni Settanta del secolo passato l’esposizione professionale a gas anestetici fu inizialmente sospettata di essere responsabile di rischi per la salute riproduttiva: la più recente meta-analisi riguarda 19 studi pubblicati fra il 1984 e il 1992, e riporta un rischio relativo per aborto spontaneo di 1.48. Pure debole è l’associazione fra esposizione prenatale ad anestetici volatili e malformazioni congenite. Una meta-analisi relativa a 6 studi pubblicata nel 1985 indicava un rischio relativo per la prole delle anestesiste pari a 1.2.

Altri aspetti studiati, con risultati inconsistenti, sono la natimortalità, la prematurità e il basso peso alla nascita. Due studi pubblicati nel 1972 e nel 1992 rilevarono una ridotta fertilità tra le donne esposte ad anestetici volatili. Cinque lavori, che coprono gli anni fra il 1968 e il 1985, basati su dati registrati e quindi meno soggetti a errori, in Svezia e negli Stati Uniti, non evidenziarono associazione fra esposizione a gas anestetici ed effetti riproduttivi avversi. Infine un ampio studio prospettico fu condotto in Gran Bretagna fra il 1977 e il 1984 tra quasi 14.000 medici donna, al di sotto dei 40 anni, che lavoravano per il Servizio Sanitario Nazionale. L’analisi di oltre 10.000 gravidanze non mise in luce incrementi di rischio per aborto spontaneo, malformazioni della prole, o infertilità, in relazione all’esposizione ad anestetici volatili.

Gli effetti sul fegato da parte degli anestetici volatili sono suggeriti dal fatto che queste sostanze vengono metabolizzate a livello epatico. Ormai ampiamente dimostrata è la correlazione tra l’insorgenza di effetti epatotossici e l’impiego di alotano, ragione per cui oggi tale composto alogenato non viene più utilizzato.

Quando successivamente sono stati introdotti nuovi composti alogenati nella pratica clinica si è temuto che potessero causare effetti avversi al pari del loro predecessore. Per tale ragione già negli anni ’80 sono stati condotti molti studi che hanno confutato una possibile relazione tra danno epatico ed esposizione a composti quali isoflurano ed enflurano.

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Grazie a tali studi vi è oggi un largo consenso nel ritenere una esposizione prolungata a concentrazioni subcliniche di questi composti priva di effetti epatotossici. Tale giudizio si è dimostrato valido anche nei confronti dei più recenti Sevoflurano e Desflurano.

Si deve tenere conto che un aumentato rischio di epatopatia in addetti chirurghi e anestesisti può essere correlato ad altre cause, quali la esposizione a sangue e il conseguente rischio biologico.

L’azione nefrotossica dei gas anestetici è stata ipotizzata a carico degli anestetici alogenati, data la loro capacità di liberare lo ione fluoro durante il loro metabolismo. Esempio classico di tale azione tossica è ciò che è stato osservato in pazienti che venivano anestetizzati con metossifluorano, composto poi abbandonato dall’impiego clinico, nei quali si riscontrava deterioramento della funzione renale. Gli studi che hanno indagato gli anestetici alogenati introdotti successivamente nell’impiego clinico, hanno escluso un’azione nefrotossica degli ioni fluoro da essi prodotti, sia sull’animale sia sull’uomo (paziente o figura professionale), anche se già affetto da patologia renale. Storicamente gli studi effettuati sui medici anestesisti esposti ad anestetici gassosi e volatili hanno portato a risultati contrastanti in merito alla possibile cancerogenicità di tali composti. Si possono ricavare indirettamente informazioni sugli effetti genotossici e mutageni ricercando nei linfociti di un soggetto il numero di aberrazioni cromosomiche e degli scambi tra due cromatidi fratelli di un singolo cromosoma. I primi studi effettuati non mostrarono differenze significative nel personale di sala operatoria se confrontati con soggetti non esposti, escludendo così un possibile effetto mutageno.

Al contrario altri studi mostrarono un aumento significativo nel numero di aberrazioni e frequenza di scambi tra cromatidi fratelli in personale di sala operatoria.

Questi ultimi furono successivamente criticati perchè non avevano tenuto conto di possibili elementi di confondimento dovuti alla contemporanea esposizione a radiazioni ionizzanti negli addetti di sala.

Studi condotti su animali quali roditori, esposti cronicamente a concentrazioni subcliniche di protossido d’azoto, alotano, enflurano, o isoflurano, soli o in associazione, non hanno dato prova di alcun effetto cancerogeno, né tantomeno di tossicità d’organo.

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Diversamente è stato riscontrato un effetto teratogeno legato a N20 in esperimenti su animali, ma esclusivamente per esposizioni croniche superiori a 1000 ppm.

Allo stato attuale pertanto le prove a favore di una genotossicità dei gas anestetici sono considerate deboli. In tal senso si colloca lo studio condotto da Wiesner et al. nel 2001, da cui è risultato che l’esposizione a concentrazioni al di sotto dei limiti raccomandati dalle principali organizzazioni sanitarie pubbliche appare sicura e non associabile ad azione genotossica.

Riassumendo, la rassegna a cura di Burm e colleghi è giunta alla conclusione che, tralasciando gli studi retrospettivi che sono stati ampiamente criticati, poche sono le evidenze relativamente a rischi per la salute o per la salute riproduttiva negli uomini. Test atti a verificare una possibile mutagenicità dei gas anestetici sono principalmente negativi; solo studi su animali con esposizioni croniche a concentrazioni di protossido d’azoto oltre 1000 ppm hanno mostrato teratogenicità. L’esposizione a anestetici inalatori può anche determinare una riduzione nella performance degli operatori, ma le concentrazioni soglia oltre le quali tali effetti si manifestano sono considerevolmente piu’ alte delle concentrazioni che si registrano nelle moderne sale operatorie.

Complessivamente le evidenze scientifiche a favore di rischi connessi all’esposizione a gas anestetici sono da considerarsi deboli. Nonostante cio’ viene raccomandato, quale buona pratica, la ricerca dei piu’ bassi valori di esposizione per il personale.

Si noti che la maggior parte degli studi non considerano separatamente i possibili effetti provocati dal singolo composto, ma sono stati condotti quasi sempre su soggetti con esposizioni miste. Al fine di una corretta caratterizzazione del rischio, relativamente agli addetti esposti della nostra azienda ospedaliera, è importante notare che essi attualmente hanno un’esposizione trascurabile se non assente a N2O e, relativamente agli anestetici volatili, non sono esposti a composti di comprovata tossicità quali gli ormai abbandonati alotano o metossiflurano.

Gli anestetici volatili maggiormente impiegati presso l’ospedale “L.Sacco” sono attualmente Sevoflurano e Isoflurano.

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5.1.2 Effetti tossici per la salute dovuti all’esposizione a sevoflurano 5.1.2.1 Caratteristiche chimico-fisiche

Il Sevoflurano è un etere alogenato introdotto nell’utilizzo clinico relativamente in tempi recenti, nel 1990 in Giappone, nel 1996 negli Stati Uniti e nel 1997 in Italia. È frutto della ricerca volta a sviluppare nuovi composti in grado di garantire una riduzione degli effetti tossici a livello d’organo ed una ottimizzazione dell’anestesia.

Il sevoflurano è un anestetico volatile, non infiammabile, utilizzato per l’induzione e il mantenimento dell’anestesia generale per via inalatoria.

Il dosaggio dell’HFIP urinario nei soggetti professionalmente esposti è stato proposto come indicatore di esposizione.

A tale scopo esso viene preferito al dosaggio dei fluoruri urinari, che sono meno specifici e la cui escrezione è influenzata dal grado di deposizione ossea. Viene inoltre ritenuto preferibile al dosaggio diretto del sevorano nell’urina in quanto quest’ultimo è maggiormente influenzato dall’esposizione nel periodo immediatamente precedente alla raccolta delle urine, periodo che spesso è contraddistinto da picchi di esposizione dovuti ad esempio alle procedure di estubazione del paziente. Nonostante ciò, alcuni autori ritengono il sevoflurano urinario un biomarker di esposizione più affidabile, soprattutto per quanto riguarda le esposizioni di breve durata, poiché non risulta influenzato da variazioni genetiche e fisiologiche del metabolismo.

5.1.2.2 Impiego clinico

Per l’induzione il sevoflurano viene somministrato in concentrazione del 1,8-5%

in miscela di ossigeno e produce un’induzione rapida (meno di 2 min).La profondità dell’anestesia può essere variata rapidamente e il risveglio è rapido (fra 4 e 14 min dopo la sospensione della somministrazione del farmaco).

5.1.2.3 Tossicità nota nei pazienti

Gli effetti farmacodinamici dei gas anestetici sui vari sistemi corporei sono di tipo deprimente e in genere dose-dipendenti: gli organi bersaglio sono fondamentalmente il fegato e il rene deputati alla biotrasformazione ed eliminazione di queste sostanze, il midollo emopoietico e il sistema nervoso dove le interferenze sono di sicuro significative. Si hanno effetti tossici acuti; i principali effetti collaterali del sevoflurano sono la depressione respiratoria e cardiovascolare dose-correlate, i movimenti eccitatori all’induzione (6-18% dei

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casi), la nausea e il vomito nella fase postoperatoria. Convulsioni e casi di ipertermia maligna sono stati correlati all’uso di sevoflurano. Non è invece riportata nefrotossicità. L’inalazione di composti potenzialmente tossici (composto A) derivati dalla degradazione del sevoflurano in presenza di adsorbenti di CO2 non sembra associata a comparsa di tossicità d’organo nell’uomo.

5.1.2.4 Esposizione occupazionale Effetti acuti:

Apparato Cardiovascolare e Apparato Respiratorio. Per esposizione occupazionale a concentrazioni subcliniche non si rilevano la depressione respiratoria e cardiovascolare dose-correlate che si evidenziano nel soggetto sottoposto ad anestesia. Altrettanto puo’ dirsi in merito agli effetti eccitatori con movimenti spontanei o volontari.

Sistema Nervoso Centrale. Anche per esposizione a S, da solo o associato ad anestetico gassoso, è stato dimostrato che non si manifestano effetti neurocomportamentali a livelli di esposizione entro i limiti raccomandati.

Tuttavia, in seguito ad accidentali aumenti dei livelli di inquinamento ambientali, sono stati segnalati disturbi acuti tra i quali ricordiamo;

cefalea, sonnolenza, astenia, vertigine, lipotimia, rallentamento della memoria, attenzione e coordinazione (riduzione della performance).

Elevate concentrazioni in atmosfera determinano carenza di ossigeno con rischio di perdita di conoscenza o morte.

Nefrotossicità/Epatotossicità. Non sono segnalati effetti tossici acuti a carico di rene e fegato in soggetti esposti a concentrazioni subcliniche di S.

Effetti cronici:

Nefrotossicità. Tuttora solo pochi studi si sono occupati di valutare l’eventuale nefrotossicità del fluoro ionico in seguito a esposizione professionale a S. In operatori di sala, esposti a S in concentrazioni entro i valori limite raccomandati nelle Linee Guida della Regione Lombardia, si è proceduto a dosare indicatori di effetto quali le proteine totali urinarie (TUP), marcatore generico e aspecifico di coinvolgimento renale, l’N-acetil- β-D-glucosaminidasi (NAG). I valori riscontrati sono risultati tutti nei range di norma mostrando l’assenza di effetti a carico del rene in soggetti esposti a concentrazioni subcliniche. Un altro elemento di rischio è dovuto ai prodotti di degradazione degli alogenati frutto della reazione di questi

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ultimi con le basi forti (NaOH e KOH) degli assorbenti a CO2 del circuito di ventilazione nei sistemi di anestesia a basso flusso a circuito chiuso.

Questa reazione produce quantità indefinite del composto A (pentafluoroisopropenil-fluorometil-etere). Studi effettuati su modello animale hanno messo in evidenza nefrotossicità dovuta al composto A.

Ancora pochi sono gli studi effettuati per valutare i possibili effetti correlati a tale composto negli operatori addetti a sala operatoria. Tuttavia ad oggi si tende ad escludere una azione nefrotossica, poiché un lieve ma significativo aumento degli indici di effetto (GS e NAG urinari), seppur ancor nel range di norma, è stato dimostrato solamente in personale esposto a gas erogati mediante circuiti aperti, e non dove puo’ avvenire la formazione del composto, cioè nei circuiti chiusi.

Epatotossicità. Quando isoflurano ed enflurano sono stati introdotti nella pratica clinica si è temuto che potessero causare effetti avversi al pari dell’alotano. Per tale ragione negli anni ’80 sono stati condotti molti studi che hanno confutato una possibile relazione tra danno epatico ed esposizione ad Isoflurano. Grazie a tali studi vi è oggi un largo consenso nel ritenere una esposizione prolungata a concentrazioni subcliniche di questi composti priva di effetti epatotossici. Tale giudizio si è dimostrato valido anche nei confronti dei più recenti Sevoflurano e Desflurano. È altresì vero che un aumentato rischio di epatopatia in addetti chirurghi e anestesisti può essere correlato ad altre cause, quali la esposizione a sangue e il conseguente rischio biologico.

Effetti cancerogeni. Come detto in precedenza, per esposizione occupazionale ad anestetici inalatori le prove a favore di una genotossicità sono attualmente considerate deboli per esposizioni a concentrazioni inferiori ai limiti raccomandati.

5.1.3 Effetti tossici per la salute dovuti all’esposizione a Isoflurano

L’isoflurano è un potente anestetico alogenato per via inalatoria. E’ un liquido chiaro, incolore, con odore di etere, non infiammabile. E’ stabile senza conservanti e non reagisce con i metalli; può essere conservato a temperatura ambiente (15-30° C) per più di 5 anni. Esso è utilizzato nell’induzione e nel mantenimento dell’anestesia generale, ma il suo preciso meccanismo d’azione non è noto anche se risulta essere un anestetico molto stabile e scarsamente metabolizzato.

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L’isoflurano nell’uomo è principalmente eliminata per via respiratoria. Esso è scarsamente biotrasformato (0,17%) e solo piccole quantità della dose assorbita vengono escrete come metaboliti urinari. Le concentrazioni urinarie di fluoro-ioni normalmente prodotte in corso dianestesia sono comprese fra 3 e 30 µmoli/l.

5.1.3.1 Tossicità nota nei pazienti

L’uso dell’isoflurano è stato associato a numerosi effetti avversi comprendenti nausea, vomito, ileo postoperatorio, leucocitosi, nefrotossicità, depressione respiratoria, epatite acuta immunomediata. Le concentrazioni di isoflurano abitualmente usate in anestesia non provocano una significativa depressione della funzione miocardica o una riduzione della gittata cardiaca e della perfusione tessutale. La riduzione delle resistenze periferiche e della pressione arteriosa sistemica è dosecorrelata: il ritmo cardiaco durante anestesia rimane stabile. E’

tuttavia stata ipotizzata una possibile correlazione fra uso di isoflurano e ischemia miocardica in pazienti coronaropatici. Quest’ultimo aspetto comunque non si è mai verificato a concentrazioni cliniche.

L’assenza di rischio durante la gestazione e durante le procedure ostetriche non è stabilita. Gli studi su animali hanno dimostrato alterazioni della fertilità, della performance riproduttiva in generale, embriotossicità, teratogenicità ed effetti sulla lattazione a concentrazioni dello 0,1-0,6%. Per il rischio in gravidanza, il farmaco è classificato in categoria C dalla U.S. Food and Drug Administration e in categoria B3 dall’Australian Drug Evalutation Committee.

5.1.3.2 Tossicità per esposizione occupazionale

Attualmente sono stati studiati i seguenti possibili effetti a carico di organi e apparati ritenuti possibili organi bersaglio. Effetti acuti:

Apparato Cardiovascolare e Apparato Respiratorio. Per esposizione occupazionale a concentrazioni subcliniche non si rilevano la depressione respiratoria e cardiovascolare dose-correlate che si evidenziano nel soggetto sottoposto ad anestesia.

Effetti Neurocomportamentali. Nel 1997 è stato pubblicato uno studio multicentrico, coordinato dalle Università di Milano e Brescia, che ha cercato di valutare la sintomatologia neuropsichica, la velocità di risposta psicomotoria e i livelli di stress soggettivo nelle persone professionalmente esposte a basse concentrazioni di anestetici volatili (precisamente di N2O e isoflurano). Questo studio ha esaminato, con diverse metodiche, due

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gruppi di lavoratori, uno esposto a gas anestetici e uno non esposto, appartenenti a 10 ospedali italiani e ha dimostrato che i due gruppi esaminati non differivano tra loro in nessun parametro considerato. Si è quindi potuto concludere che i valori limite biologici di esposizione, pari a 13 µg/l per N2O urinario ed a 1,8 µg/l per l’isoflurano urinario, sembrano essere adeguati affinché sia mantenuta un’integrità delle funzioni neuropsichiche esplorate. Per livelli d’esposizione superiori a tali valori si ha un evidente rallentamento dell’attività psicomotoria del personale sanitario esposto; ciò è stato notato maggiormente alla fine delle sedute operatorie degli ultimi giorni della settimana, mentre non sono apprezzabili alterazioni prima dell’inizio del turno lavorativo (per cui queste alterazioni sembrano essere temporanee e reversibili).

Nefrotossicità/Epatotossicità. Non sono segnalati effetti tossici acuti a carico di rene e fegato in soggetti esposti a concentrazioni subcliniche di Isoflurano.

Effetti collaterali dermatologici. L’isoflurano può causare dermatite da contatto, probabilmente su base immune, con un incidenza inferiore allo 0,1%: eritema ed edema periorbitari monolaterali sono stati descritti in casi in cui l’apparecchio di anestesia era posizionato da un lato dell’operatore. In questi casi, nei quali vi è una correlazione con la durata dell’esposizione, la limitazione dell’esposizione cutanea ai vapori e l’uso di maschere protettive porta a miglioramento dei sintomi. La diagnosi di ipersensibilità è possibile mediante applicazioni di patch imbevuti di 1 ml di isoflurano, due volte al giorno per tre giorni, sulla superficie volare dell’avambraccio.

Effetti cronici:

Tossicità epatica. Quando Isoflurano ed enflurano sono stati introdotti nella pratica clinica si è temuto che potessero causare effetti avversi al pari dell’alotano. Per tale ragione negli anni ’80 sono stati condotti molti studi che hanno confutato una possibile relazione tra danno epatico ed esposizione ad Isoflurano. È altresì vero che un aumentato rischio di epatopatia in addetti chirurghi e anestesisti può essere correlato ad altre cause, quali l’esposizione a sangue e il conseguente rischio biologico.

Nefrotossicità. Studi con gli altri anestetici alogenati hanno escluso la capacità nefrotossica di tali sostanze sia per gli animali sia per l’uomo (paziente o figura professionale esposta) anche se già affetto da patologia

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renale. In operatori esposti a isoflurano (forane) e N2O non sono state rilevate variazioni significative di azotemia, creatininemia e uricemia.

Effetti citogenetica. Come detto in precedenza, per esposizione occupazionale ad anestetici inalatori le prove a favore di una genotossicità sono attualmente considerate deboli per esposizioni a concentrazioni inferiori ai limiti raccomandati. Gli studi condotti su roditori, esposti cronicamente a concentrazioni subcliniche di protossido d’azoto, alotano, enflurano, o isoflurano soli o in associazione non hanno dato prova di alcun effetto cancerogeno, né tantomeno di tossicità d’organo.

5.2 Valutazione della Esposizione

5.2.1 Dati sui compiti lavorativi svolti dagli operatori

Ogni anno presso la nostra Azienda Ospedaliera vengono effettuati mediamente 5000 interventi chirurgici che vedono diversamente impegnati chirurghi, medici anestesisti e personale infermieristico e tecnico di sala operatoria. Tale attività viene svolta su di un totale di 13 Sale Operatorie che compongono i tre Blocchi Operatori presenti: il Blocco Operatorio Centrale, Blocco Operatorio di Cardiochirurgia e Blocco Operatorio di Ginecologia.

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5.2.1.1 Blocco Operatorio Centrale

Il Blocco Operatorio Centrale è costituito da 9 Sale Operatorie utilizzate dalle Divisioni di Urologia, Chirurgia Generale 1°, Chirurgia Generale 2°, Urgenze, Ortopedia, Otorinolaringoiatria, Oculistica, Pediatria e Chirurgia Vascolare, così denominate:

Sala A Chirurgia

Sala B Chirurgia (Ch. Vascolare)

Sala Emergenza

Sala Urologia (Pediatria)

Sala Day Hospital

Sala ORL

Sala di Ortopedia

Sala di Oculistica

Sala gessi

Tabella 4: sale presenti presso il Blocco Operatorio Centrale

Nella “Sala Urologia” vengono effettuati anche gli interventi chirurgici della Divisione di Pediatria, mentre la Divisione di Chirurgia Vascolare utilizza la “Sala Chirurgia 2°”.

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Sala

Interventi Chirurgici/

anno

Durata media Interventi

Chirurgici (ore)

Percentua le Interventi

con utilizzo

gas Anestetici

Sistema di evacuazi

one dei gas

Circuito chiuso

Sala A

Chirurgia 750 2 90% Sì Sì

Sala B Chirurgia

770 Ch.

120 Vasc. 2 90% Sì Sì

Sala

Emergenza 35 - - Sì No

Sala Urologia

950 Uro.

50 Pediatria

1,5 90% Sì Sì

Sala Day

Hospital 250 1 90% Sì Sì

Sala ORL 480 1 90% Sì No

Sala di

Ortopedia 800 1,5 20% Sì No

Sala di

Oculistica 750 1 2% Sì No

Sala gessi - - 0% - -

TOTALE 5000

Tabella 5: classificazione degli interventi chirurgici effettuati presso il Blocco Operatorio Centrale

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C’e da notare che la sala urgenze viene tenuta sempre pronta e libera a disposizione per eventuali pazienti ricoverati o giunti in PS, in cui sia necessario intervenire immediatamente. La sala è dotata di un sistema di anestesia a circuito aperto e di un impianto di evacuazione dei gas. Vengono effettuati 35 interventi/anno mediamente. Nella sala oculistica gli anestetici gassosi vengono utilizzati solo per gli interventi chirurgici di vitrectomia; questo tipo di intervento viene effettuato mediamente 3 volte al mese, con utilizzo di gas per circa due ore. Nella sala gessi non vengono effettuati interventi chirurgici. Come si evince dalla tabella il maggior numero di interventi chirurgici è svolto nelle sale di chirurgia (A e B), urologia, ortopedia e oculistica. Tra queste sale, in quelle dove la scelta dell’impiego di gas anestetici è pressoché costante (90%), è presente un sistema di ventilazione a circuito chiuso difasico, che permette di erogare i composti anestetici a bassi flussi. Condizione che in caso di dispersione accidentale per perdite o scollegamenti dal sistema di erogazione causa un inquinamento tendenzialmente contenuto grazie ai sistemi di ventilazione e ricircolo dell’aria. Nelle sale di ortopedia e oculistica, in cui è presente un sistema di ventilazione a circuito aperto che prevede erogazione dei gas a flussi elevati, vi è invece un utilizzo di gas anestetici poco frequente (20%), se non raro (2%).

L’attività di Sala è organizzata su 5 giorni/settimana dalle ore 7:30 alle ore 14:00, anche se sovente gli interventi chirurgici si prolungano oltre tale orario.

Tutte le sale sono provviste di un sistema di ventilazione ambientale per assicurare il corretto ricircolo dell’aria. Le equipe operatorie delle Divisioni di Urologia, Chirurgia Generale 1°, Chirurgia Generale 2°, Ch. Pediatrica e Vascolare sono composte da: medico chirurgo primo operatore, medico chirurgo secondo operatore, medico anestesista, infermiere strumentista, infermiere di sala e infermiere di supporto all’anestesista.

In sala Day Hospital l’equipe è così composta: medico chirurgo primo operatore, medico chirurgo secondo operatore, medico anestesista, infermiere strumentista, infermiere di supporto all’anestesista e operatore socio sanitario (OSS) di sala.

Le equipe delle Divisioni di Ortopedia, Otorinolaringoiatria, Oculistica sono composte da: medico chirurgo primo operatore, medico chirurgo secondo operatore, medico anestesista, infermiere strumentista e due infermieri di sala.

L’infermiere Professionale ha un’attività lavorativa con mansione di strumentista e, secondo turnazione, di infermiere di sala per assistenza ai pazienti sia nella fase pre-operatoria, ausiliando il medico anestesista nell'attuazione della pre- anestesia, sia nella fase post-operatoria, per assistenza al medico anestesista

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nelle manovre di estubazione e per il monitoraggio dello stato di coscienza e dei parametri vitali. Inoltre si occupa del riordino del magazzino e farmacia. Ha un organizzazione del lavoro strutturata su 5 giorni settimanali, da lunedì a venerdì, con orario 7,30 - 15,12 (con 30’ per pausa pranzo); segnalata reperibilità notturna e festiva per eventuali urgenze chirurgiche (6/7 mese). Mediamente la permanenza in sala operatoria è dalle ore 7:30 alle ore 12:30 (tot. 5 ore/die): i compiti svolti dagli infermieri prevedono una permanenza all’interno della sala operatoria durante tutto l’intervento.

Al rientro dalla pausa pranzo generalmente viene svolta attività di sterilizzazione dei ferri chirurgici o ripristino/riordino del magazzino.

L’anestesista ha attività lavorativa svolta prevalentemente in sala operatoria: da induzione della preanestesia e successiva anestesia generale con relativo monitoraggio: mantenimento dell'adeguato grado di anestesia e della corretta ventilazione; controllo e sostegno del circolo ematico: pressione arteriosa, volemia, compenso cardio-circolatorio, diuresi; monitoraggio della funzionalità cardiaca: frequenza cardiaca, valutazione di eventuali cardioaritmie e modificazioni del tracciato elettrocardiografico. Inoltre, esecuzione di manovre per l'intubazione endotracheale e l'estubazione e per il posizionamento di CVC.

Segnalata, infine, induzione di anestesia loco-regionale: spinale, peridurale e spino-peridurale e blocchi del plesso.

Collateralmente, ha un riferito impegno professionale presso il Pronto Soccorso e attività di guardia medica presso l'U.O. di Rianimazione.

L’organizzazione del lavoro è strutturata su turni che prevedono un impegno medio in sala operatoria di 3 giorni/settimana per 6 ore/die. Gli anestesisti sostano nei pressi dell’apparecchiatura anestesiologica e della bocca del paziente, principalmente all’inizio ed alla fine dell’intervento chirurgico, cioè quando viene regolata la somministrazione della miscela ad alti flussi.

Il chirurgo ha una prevalente attività chirurgica e, in subordine, attività clinica presso il reparto degenze e gli ambulatori specialistici. Inoltre, ha turni di guardia medica divisionale e interdivisionale e presso il Pronto Soccorso (6/mese in media).

L’organizzazione del lavoro è strutturata su turni che prevedono un impegno medio in sala operatoria di 2 giorni/settimana per 6 ore/die.

L’operatore socio sanitario si occupa del trasporto dei pazienti da reparto al blocco operatorio mediante letto mobile, mobilizzazione manuale dei pazienti,

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partecipazione in aiuto agli infermieri nella gestione dell'assistenza al paziente in sala operatoria.

L’organizzazione del lavoro strutturata su turni che prevedono un impegno medio in sala operatoria di 1 giorno/settimana mediamente per 4 ore/die.

I medici anestesisti addetti a svolgere la loro attività presso il Blocco Operatorio Centrale attualmente utilizzano quasi esclusivamente Sevoflurano, composto alogenato di tipo volatile. Viene segnalato come pressoché abbandonato l’impiego di composti diversi, e precisamente Isoflurano o anestetici gassosi quali il protossido d’azoto, utilizzato solo o in associazione con un alogenato.

5.2.1.2 Blocco Operatorio di Cardiochirurgia

Sono presenti due sale operatorie in cui vengono effettuati circa 700 interventi/anno. Gli interventi consistono in sostituzioni valvolari, by-pass aorto- coronarici e sostituzioni di aorta toracica; la durata media è di 6 ore.

Sala

Interventi Ch./anno

Durata media

Int.

Ch.

(ore)

Percentuale Int. Ch. con utilizzo gas anestetici

Percentuale Int.Ch. con

impiego CEC

Circuito chiuso

Cardiochirurgia 700 6 100% 80% No

Tabella 6: classificazione degli interventi chirurgi effettuati presso il Blocco Operatorio di Cardiochirurgia

L’attività di sala prevista è di 5 giorni alla settimana dalle ore 8:15 alle ore 19:00. In entrambe le sale vi è un ventilatore a circuito aperto ed un sistema di evacuazione dei gas. Lavoro effettuato perciò solo ad alti flussi (circa 8 litri/minuto). Entrambe le sale sono provviste di un sistema di ventilazione ambientale per assicurare un corretto ricircolo dell’aria. L’equipe operatoria composta da: cardiochirurgo primo operatore, cardiochirurgo aiuto, cardiochirurgo secondo operatore, medico anestesista, tecnico perfusionista, infermiere strumentista e infermiere di sala.

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