3. I L PROCEDIMENTO GIUDIZIALE E QUELLO ARBITRALE : TUTELE E
3.3. L’efficacia della decisione
Il terzo indice di equiparazione, tra il giudizio statale e quello
arbitrale, individuato dalla Corte Costituzionale, è il raggiungimento
dell’obiettivo fissato dal legislatore con la riforma del 2006
142:
riconoscere al lodo la medesima efficacia della sentenza giudiziale.
Il più volte richiamato articolo 824-bis c.p.c., infatti, usando le
parole della Consulta, «ricollega al lodo, fin dalla sua sottoscrizione,
gli effetti della sentenza pronunciata dall’autorità giudiziaria».
Per non rischiare un’eccessiva divagazione sul tema
143, si deve
142
Come riconosce espressamente F. CORSINI, Prime riflessioni sulla nuova
riforma, op. cit., p. 515, «il cardine intorno al quale ruota tutta la riforma è costituito
dal nuovo art. 824 bis Codice procedura civile: in esecuzione di una precisa direttiva del legislatore delegante, per porre fine alla nota querelle si è previsto a chiare lettere che il lodo ha efficacia “di una sentenza pronunciata dall’autorità giudiziaria”, sin dalla data dell’ultima sottoscrizione». Più che il fulcro, l’articolo in esame dovrebbe piuttosto essere considerato l’espressione più chiara dell’intento legislativo di qualificare l’arbitrato come soluzione sostitutiva e non meramente alternativa alla giurisdizione statale.
143 Oltre alla molteplicità delle innovazioni della riforma del 2006, ciascun istituto ha sollevato una serie di questioni interpretative diverse: con riferimento agli effetti del lodo, attesa l’equiparazione con l’efficacia della sentenza, gli aspetti più discussi attengono l’attitudine al giudicato formale e sostanziale, l’impugnazione del lodo, la natura di questo, il rapporto con la giurisdizione statale e quelle speciali, nonché il riconoscimento dei lodi esteri. Pertanto, si segnalano ex multis, alcuni contributi di approfondimento: F. GALGANO, Il lodo arbitrale vale, dunque, come
sentenza, in Contratto e impresa, 2006, p. 295ss; E. D’ALESSANDRO, Riflessioni
immediatamente circoscrivere la questione agli effetti specifici che
rilevano nella successione a titolo particolare nel diritto controverso:
da un lato, interessano esclusivamente gli effetti del lodo come atto di
accertamento, ossia quelli previsti dall’articolo 2909 c.c.
144; dall’altro
lato, deve aversi riguardo dell’efficacia della decisione nei confronti
dei soggetti rimasti estranei al procedimento.
Come è noto, uno degli aspetti distintivi dell’arbitrato risiede
nell’inidoneità del lodo a produrre efficacia diretti nei confronti di
colui il quale è estraneo all’accordo compromissorio, poiché è con
quest’ultimo che si legittima la potestas iudicandi del collegio.
D’altra parte, si è già visto, prima con riferimento alla disciplina
della trascrizione della domanda arbitrale, poi con riguardo ai terzi
titolari di situazioni soggettive dipendenti dall’oggetto del giudizio,
che il lodo, alla stregua della sentenza, può avere un’efficacia
quantomeno indiretta su soggetti estranei alla convenzione arbitrale.
2007, p. 529ss; S. BOCCAGNA, Appunti sulla nuova disciplina dei rapporti tra
arbitrato e giurisdizione, in AA. VV., Studi in onore di Carmine Punzi, vol. II; Torino, 2008, p. 313ss; A. PANZAROLA, Giudizio di ottemperanza e lodo rituale di
condanna della P.A., in Riv. arb., 2009, p. 108ss; E. F. RICCI, La Cassazione si
pronuncia ancora sulla «natura» della convenzione di arbitrato rituale: tra l’attaccamento a vecchi schemi e qualche incertezza concettuale, in AA.VV., Studi in onore di Modestino Acone, vol. III, Napoli, 2010, p. 1723ss; R. CAPONI, «Natura» dell’arbitrato e controversie arbitrabili, in Sull’arbitrato, Studi offerti a
Giovanni Verde, op. cit., p. 123ss; A. BRIGUGLIO, Funzioni giudiziali ausiliarie e di
controllo ed arbitrato estero, in Riv. arb., 2011, p. 573ss; G. F. RICCI, Diritto
processuale civile, V ed., volume III, Torino, 2016, p. 502ss.
144
Infatti, accedendo alla tesi della totale equiparazione tra lodo e sentenza, riconoscendo alla decisione arbitrale la stessa efficacia di accertamento di quella statale, si estenderebbe alla prima anche l’idoneità al giudicato sostanziale di cui all’articolo 2909 c.c. In realtà, v’è chi ritiene come l’autorità della res iudicata sarebbe propria solo della sentenza, come E.ODORISIO, Prime osservazioni, op. cit., p. 267, il quale non accetta la piena equiparazione degli effetti, dovendosi tener conto dei limiti oggettivi, soggettivi e temporali, per cui è opportuno specificare a quali di essi ci si riferisca. Su quelli soggettivi, l’Autore condivide la visione per cui la sentenza opera al pari di un negozio, espressa da F. P. LUISO, Principio del
contraddittorio, op. cit., p. 88, ma ritiene opinabile la possibilità della «c.d. efficacia
riflessa generalizzata verso i terzi» della sentenza. Se quest’ultima è infatti accettabile laddove si ritiene che la decisione statale provenga appunto dall’autorità pubblica giurisdizionale, si paleserebbe il problema di riconoscere tale qualità in caso di un lodo che ha natura negoziale e proviene dai privati.
Ebbene, la questione che rileva ai fini della presente indagine
può essere rappresentata in tali termini: poter garantire l’efficacia
diretta del lodo arbitrale nei confronti dei terzi titolari di un diritto
anteriore alla pronuncia della decisione, ma successivo alla
proposizione della domanda di arbitrato
145, nel caso in cui questi non
siano vincolati dal patto per la devoluzione in arbitri della
controversia.
Infatti, più che agli effetti processuali del lodo rituale
146, in tale
contesto si deve prestare maggiormente attenzione all’efficacia ultra
partes del lodo dal punto di vista sostanziale.
Con quest’ultimo si intende l’obbligo di osservare la decisione
arbitrale, sia essa di natura condannatoria
147ovvero costitutiva, quindi,
145
Osserva F.P.LUISO, I terzi e il lodo arbitrale, op. cit., e spec. nota n. 19, come sia indubbio che, con riferimento all’ultimo comma dell’articolo
816-quinquies c.p.c., il momento rilevante risiede nella proposizione della domanda e, se
necessario, della trascrizione. L’Autore infatti analizza gli effetti del lodo con una classificazione che tiene conto del momento in cui il terzo acquista il titolo in forza del quale sarebbe soggetto agli effetti del lodo, ritenendo che l’articolo 824-bis c.p.c. assuma rilevanza solo nel caso «in cui la situazione del terzo sorge dopo la pronuncia del lodo». Lo stesso evidenzia che il dato normativo non sia sufficiente per individuare i limiti soggettivi del lodo, in relazione all’articolo 2909 c.c., utilizzando anche un riferimento comparatistico, utile anche con riguardo all’ipotesi di successione a titolo particolare nel diritto controverso: nonostante il § 1055 della ZPO dichiari che il lodo abbia gli effetti di una sentenza giurisdizionale passata in giudicato fra le parti, è comunemente accettato dalla dottrina germanica che la decisione arbitrale possa avere effetti anche nei confronti dei terzi.
146 Un punto fermo dell’indagine sugli effetti del lodo è, come rilevato da C. PUNZI, Disegno sistematico, op. ult. cit., p. 402ss, la necessità di interpretare i pretesi “effetti della sentenza”, riconosciuti al lodo dall’articolo 824-bis c.p.c., «alla luce dei principi fondamentali del sistema (e dell’istituto arbitrale in particolare)»: questo, come già evidenziato, è il medesimo approccio che deve utilizzarsi per la comprensione dell’ultimo comma dell’articolo 816-quinquies c.p.c. Ad ogni modo, l’Autore correttamente distingue tra gli effetti processuali e quelli sostanziali della sentenza, e dunque del lodo, rientrando nei primi l’idoneità della decisione arbitrale a costituire titolo esecutivo e la previsione di un particolare regime di impugnazione. 147 Premesso che non si debba confondere l’esecutorietà con l’autorità del lodo a costituire una statuizione d’imperio nei confronti delle parti, il cui rapporto controverso è quindi “alterato” dalla decisione del collegio quale specificazione dello stesso rapporto demandata ad un soggetto terzo, investito del potere di definire la controversia, è bene rimarcare che la giustificazione di tale imperatività risiede nella possibilità della parte soccombente di impugnare il lodo (rituale) sia per ragioni di fatto che di diritto.
idonea a mutare lo stato giuridico preesistente
148, che deriva
dall’autorità di res iudicata riconosciuta al lodo non più impugnabile.
Si pone così la questione dei limiti soggettivi del lodo rituale, la
cui efficacia sarebbe giustificata esclusivamente dal conferimento agli
arbitri del potere di decidere la controversia: limiti che si vorrebbero
estesi ai soli soggetti firmatari dell’accordo compromissorio
149.
Ebbene, se si volesse subordinare l’efficacia del lodo nei
confronti dei terzi alla soggezione di questi alla convenzione arbitrale,
simili considerazioni dovrebbero in astratto valere anche per il
successore a titolo particolare nel diritto controverso.
Accedendo alla visione per cui l’efficacia di giudicato non può
essere estesa a fattispecie, ma soprattutto a parti, estranee alla
convenzione arbitrale, l’avente causa non potrebbe allora subire gli
effetti del lodo, quando non risulti partecipe anche dell’accordo
compromissorio, per una carenza di potere degli arbitri nei suoi
confronti.
La successione dell’acquirente della res litigiosa non solo dal
148
Nell’ambito delle controversie compromettibili in arbitri, infatti, il lodo sarebbe allora idoneo a realizzare delle modificazioni sostanziali al di là dei casi di giurisdizione costitutiva necessaria. In altre parole, l’effetto modificativo si potrebbe perseguire anche sul piano negoziale, che è quello proprio del lodo, anche senza che la decisione arbitrale sia dotata di esecutorietà. In realtà, la matrice privata del tribunale arbitrale, oltre alla questione relativa appunto all’efficacia costitutiva del lodo tra chi è a favore (specie prima della riforma del 2006, come C.CAVALLINI,
Alcune riflessioni in tema di efficacia del lodo, in Riv. dir. proc., 1997, p. 725ss e L.
MONTESANO, Sugli effetti del nuovo lodo arbitrale e sulle funzioni della sua
omologazione, in Riv. trim. dir. proc., 1997, p. 822ss) e chi contro (C. CONSOLO,
Spiegazioni di diritto processuale civile, op. cit., p. 117ss), rileva in quanto ritenuta
ostativa dell’efficacia del lodo nei confronti dei terzi.
149 La questione si coglie ancor più nella sua completezza se si distingue, come suggerito da C. PUNZI, «Efficacia di sentenza» del lodo, in E. FAZZALARI (a cura di), La riforma della disciplina dell’arbitrato (L. n. 80/2005 e D.lgs. n.
40/2006), Milano, 2006, p. 155ss, e spec. p. 169, tra efficacia di giudicato del lodo
c.d. negativa, ossia tesa ad escludere una doppia pronuncia arbitrale e giudiziale, e quella positiva-confermativa. Se sulla prima non vi potrebbero essere dubbi, è sulla seconda che si apre il dibattito relativo l’idoneità dell’accertamento contenuto nel lodo di fare stato ad ogni effetto, alla stregua di quanto l’articolo 2909 c.c. prevede per la sentenza, e quindi ad avere riflessi anche su diritti connessi ma diversi da quello controverso.
punto di vista sostanziale, ma financo nella convenzione arbitrale, è
dunque condizione profondamente legata all’efficacia di giudicato del
lodo, specie nella misura in cui si riconosca, come pare opportuno
150,
alla decisione degli arbitri l’efficacia prevista dall’articolo 2909 c.c. e
- conseguentemente - la capacità di derogare a tale regime, da parte
dell’ultimo comma dell’articolo 816-quinquies c.p.c., nel richiamo
all’articolo 111 c.p.c.
150 L’applicabilità dell’efficacia della res iudicata, desumibile dall’articolo 2909 c.c., all’arbitrato non è un punto condiviso e scevro da visioni diverse, per non dire antitetiche. Da un’interpretazione letterale della normativa sostanziale, ad esempio, dovrebbe escludersi tale estensione laddove si parla espressamente di efficacia della sentenza, per cui si ritiene che gli effetti ivi previsti debbano essere riconosciuti solo a questa e non a decisioni aventi altra fonte o diversa natura. Di avviso diverso, e condivisibile, è però E. D’ALESSANDRO, Riflessioni sull’efficacia
del lodo arbitrale rituale, op. cit., p. 543ss, secondo cui l’autorità del giudicato
arbitrale si estenderebbe alla qualificazione dell’intera res litigiosa e, pertanto, dei diritti ad essa connessi. Le difficoltà allora sollevate in relazione alla presunta identità di effetti sul piano sostanziale del lodo e della sentenza, oltre all’estensione a fattispecie estranee a quelle devolute agli arbitri, si riscontrano anche con riguardo all’efficacia verso soggetti diversi dalle parti, sia con riguardo alla cd. efficacia riflessa generalizzata (quale classico esempio è la subconduzione di cui all’articolo 1595 c.c.), sia all’efficacia diretta, ma ciò è avversato, come detto, in virtù della provenienza privata del lodo: in altri termini, l’identità tra lodo e sentenza si arresterebbe proprio dinanzi ai terzi estranei al patto compromissorio.
C
APITOLOII
L
A SUCCESSIONE NEL DIRITTO CONTROVERSO E NELL’
ACCORDO COMPROMISSORIOS
OMMARIO: 1. L
A LITISPENDENZA ARBITRALE E L’
INDIVIDUAZIONE DELLA RES LITIGIOSA. 1.1. La rilevanza del momento e dell’oggetto
della successione. 1.2. L’efficacia processuale della domanda. 1.3.
Nomina e accettazione degli arbitri. 2. I
L SUCCESSORE A TITOLO PARTICOLARE ED IL VINCOLO DEL PATTO COMPROMISSORIO2.1.
L’accordo compromissorio in pendenza di arbitrato. 2.2. La
successione nella convenzione arbitrale. 2.3. La circolazione della
clausola compromissoria. 2.4. In particolare: l’arbitrato societario. 3.
P
ROFILI COMPARATISTICI SULLA SUCCESSIONE NEL DIRITTO CONTROVERSO.3.1. L’azione quale accessorio del credito secondo il
diritto francese: l’arbitrage et l’accessoire d’une créance. 3.2.
L’aliénation de l’objet du litige au cours d’une procédure d’arbitrage
e la possibile applicazione della successione a titolo particolare nel
diritto francese con riferimento a l’arbitrage à l’égard des tiers. 3.3.
Brevi cenni sulla disciplina processuale statale tedesca e svizzera.
1. L
A LITISPENDENZA ARBITRALE E L’
INDIVIDUAZIONE DELLA RESLITIGIOSA