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3. I L PROCEDIMENTO GIUDIZIALE E QUELLO ARBITRALE : TUTELE E

1.2. L’efficacia processuale della domanda

Sino a questo momento, ogni riferimento alla domanda arbitrale

è stato formulato esclusivamente in relazione alla questione della

litispendenza del giudizio, laddove invece l’atto introduttivo del

procedimento assume una multiforme rilevanza in tema di successione

a titolo particolare.

Senza entrare nel tema specifico del rapporto tra la convenzione

arbitrale e la domanda, è opportuno dapprima soffermarsi sugli effetti

di quest’ultima, quale modalità di esercizio del diritto di azione

garantito dall’articolo 24 della Costituzione.

Si è già accennato

17

agli aspetti di natura sostanziale che

derivano dalla trascrizione della domanda arbitrale e di come tale

riconosciuta facoltà sia stata dagli interpreti addotta a sostegno

dell’applicabilità nell’arbitrato dell’articolo 111 c.p.c., ancor prima

che il legislatore introducesse l’articolo 816-quinquies c.p.c.

Il rapporto tra la trascrizione e la successione a titolo particolare

Suprema Corte nell’affermare che il diritto fatto valere con l’esecuzione in forma specifica sia autonomo rispetto a quello trasferito, ed escludendo pertanto che possa essere applicata la norma predetta, ma al contempo ritenendo che il promissario acquirente sia vincolato dalla decisione, pur senza poter spiegare tutti i poteri propri del successore a titolo particolare nel diritto controverso, ma solo quelli del soggetto che interviene ex articolo 105, secondo comma, c.p.c.

17 Si veda supra Capitolo I, Paragrafo 3.1., laddove sono state affrontate le principali questioni relative alla trascrizione della domanda arbitrale, con riferimento a quale atto sia soggetto alla disciplina di cui agli articoli 2652 e 2653 del Codice Civile e alle vicende particolari del procedimento, rilevanti per tale disciplina.

nel diritto controverso in materia arbitrale presenta, però, ulteriori

aspetti degni di approfondimento.

In via preliminare, deve specificarsi come anche nell’arbitrato il

richiamo alle norme sulla trascrizione, che sono espressamente fatte

salve dall’ultimo comma dell’articolo 111 c.p.c., debba essere inteso

in senso lato

18

.

Inoltre, fermo l’assoluto valore sul piano sostanziale della

trascrizione della domanda arbitrale

19

, quest’ultima ha un’ancipite

18

Una siffatta precisazione è necessaria per replicare a quella parte della dottrina (A. PROTO PISANI, La trascrizione delle domande giudiziali, op. cit., p. 145ss; F. TOMMASEO, L’estromissione di una parte dal giudizio, op. cit., p. 244; V. COLESANTI, La trascrizione della domanda di nullità e i terzi subacquirenti, in ID.,

Scritti scelti, vol. I, Napoli, 2010, p. 407ss) che ritiene che il riferimento della

disciplina di cui al quarto comma dell’articolo 111 c.p.c. alle norme sulla trascrizione debba intendersi limitato ai soli casi di trasferimento di un diritto identico a quello dedotto in giudizio, rinvenibile esclusivamente nelle domande dirette a rivendicare la proprietà o altri diritti reali di godimento su beni immobili e le domande dirette all’accertamento dei diritti stessi, nonché la domanda di devoluzione del fondo enfiteutico. In altre parole, soltanto le domande di cui ai numeri 1 e 2 dell’articolo 2653 c.c., poiché aventi un effetto meramente processuale, non interrompendo il nesso di dipendenza giuridica, rileverebbero in relazione alla deroga degli effetti sostanziali della sentenza dell’articolo 2909 c.c. Una simile lettura della norma però non è condivisibile, proprio in considerazione del fatto che debba aversi riguardo degli effetti di natura sostanziale della trascrizione, ricomprendendo ogni forma di pubblicità della domanda che consenta di “prenotare” il mutamento della situazione giuridica garantito dalla decisione. Se da un lato si ricomprendono allora anche le vicende derivative a titolo costitutivo, si deve precisare che l’articolo 111 c.p.c. non consegue effetti sostanziali diversi da quelli dell’opponibilità, ossia non deroga al regime della prescrizione, e la relativa interruzione, nonché al ripristino delle situazioni giuridiche preesistenti (retroattività reale). In senso più semplificatorio, si deve intendere che l’articolo 111 c.p.c. opera dal punto di vista sostanziale esclusivamente assoggettando l’avente causa agli effetti della decisione, senza nulla aggiungere a quanto già previsto dalle norme del Codice Civile in materia di trascrizione: a tal proposito, si veda W. BIGIAVI,

Risoluzione per inadempimento e alienazione di cosa litigiosa, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1954, p 129ss.

19 Come è noto, le norme sulla trascrizione, con la pubblicità della domanda, garantiscono anzitutto di sanare il conflitto sostanziale tra l’attore vittorioso e l’avente causa del convenuto soccombente, destinato nel senso di essere risolto a favore di chi per primo trascrive la domanda o l’atto di trasferimento. Anzi, nei casi in cui il predetto conflitto si risolve a beneficio dell’attore vittorioso, si prescinde dalla sequenza cronologica delle trascrizioni rispettivamente dell’atto di alienazione e della domanda, sia essa giudiziale o arbitrale, e quest’ultima ha effetti meramente processuali, nel senso che la decisione pronunciata avverso il dante causa spiega i propri effetti nei confronti dell’avente causa, solo se la trascrizione dell’acquisto della res litigiosa è successiva a quella della domanda. Viceversa, se la trascrizione

valenza processuale: da un lato, pone al riparo la potestas iudicandi

degli arbitri dalle possibili alienazioni della res litigiosa, in quanto il

lodo spiegherà i suoi effetti anche nei confronti del terzo non facente

parte del giudizio; dall’altro, invece, fissa all’atto della trascrizione il

momento dal quale, in caso di accoglimento della domanda, tali effetti

saranno opponibili.

Se sul primo aspetto ci si riserva di tornare a breve per

affrontare il tema del subingresso dell’avente causa nella convenzione

arbitrale, sul secondo è invece opportuno soffermarsi subito, per

risolvere la questione del rapporto tra gli effetti processuali della

litispendenza e quelli sostanziali della domanda trascritta.

La funzione della trascrizione della domanda, ossia la

limitazione all’efficacia riflessa della decisione nei confronti del

soggetto titolare del diritto alienato in corso di causa

20

e la

“prenotazione” degli effetti diretti, si è evidenziato che debba essere

coordinata, per espressa previsione normativa, con quanto previsto

dall’ultimo comma dell’articolo 111 c.p.c.

Ciò con la precipua finalità di garantire la piena tutela del diritto

dell’atto derivativo è anteriore a quella dell’atto introduttivo del giudizio, l’attore vittorioso dovrà promuovere un nuovo procedimento contro l’acquirente: valutazioni valevoli anche con riguardo all’arbitrato, in quanto la tassatività delle ipotesi di trascrizione della domanda è riferita ai soli diritti sostanziali sottesi, ma non alle procedure nelle quali degli stessi è chiesta la tutela (cfr. G. MICCOLIS, Nuovi

orientamenti della cassazione sulla trascrizione delle domande giudiziali, in Corr. giur., 1994, p. 583ss).

20 Il soggetto che acquista dal convenuto un diritto, sia esso la res litigiosa in senso stretto ovvero un diritto ad essa connesso, è sempre pregiudicato dalla decisione di accoglimento della pretesa attorea: l’ordinamento non può dunque non approntare all’acquirente adeguati strumenti di tutela idonei a incidere sul contenuto dell’emananda decisione. Tale condivisibile principio, però, comporta due ulteriori questioni che dovranno essere approfondite nel prosieguo: l’una si è già parzialmente risolta con riferimento ai soggetti che si possono intendere interessati dalla disciplina successoria, che devono intendersi in senso ampio come i titolari di quei diritti non solo identici, ma financo dipendenti da quello dedotto in giudizio; l’altra attiene i poteri dell’avente causa, che come detto devono essere idonei a tutelare a pieno l’esercizio del diritto di azione.

di azione della parte che risulterà vittoriosa al passaggio in giudicato

della decisione, sin dal momento in cui il predetto diritto è stato

esercitato: la trascrizione della domanda non serve a ridurre tale lasso

temporale e l’alienazione della res litigiosa, che diviene tale nel

momento in cui l’azione è stata proposta, non inficia l’opponibilità

degli effetti della decisione.

In altre parole, affinché l’articolo 111 c.p.c. possa trovare piena

applicazione anche nell’arbitrato, il presupposto temporale di questo

regime processuale dovrà prescindere dalla trascrizione, dovendo

individuarsi esclusivamente con riferimento all’eventuale

litispendenza arbitrale: la disciplina di cui agli articoli 2652 e 2653 del

Codice Civile, in relazione agli effetti meramente processuali della

domanda arbitrale, infatti, non potrà avere alcuna incidenza ulteriore o

diversa rispetto a quella che altrimenti si avrebbe dalla tempestiva

trascrizione dell’atto di trasferimento del diritto

21

.

21 Una simile considerazione muove dalla natura negoziale del lodo e dagli effetti perseguibili, ad esempio, con la trascrizione del preliminare di cui si anticipano gli effetti del contratto definitivo. Sorge allora il problema di coordinare siffatta considerazione con situazioni in cui v’è un più rilevante aspetto pubblicistico, come ad esempio nel caso del fallimento. A tal proposito, si segnala che la giurisprudenza di legittimità è solita escludere l’applicabilità delle norme sulla successione a titolo particolare nel diritto controverso nel caso di alienazioni realizzatesi in pendenza di azioni revocatorie, come affermato da Cass. Civ., Sez. I, 19 novembre 2014, n. 24655, in Mass. giust. civ., 2014, secondo cui «colui che ha acquistato un bene, oggetto di azione revocatoria (fallimentare, nella specie), dal subacquirente del medesimo bene, non è legittimato a proporre ricorso per cassazione avverso la sentenza che abbia accolto la domanda, atteso che egli non assume le condizioni di successore a titolo particolare ex art. 111 c.p.c., ma quella di ulteriore terzo subacquirente, poiché non ha ricevuto il diritto controverso - come sarebbe se gli fosse stato ceduto il contratto di (sub)acquisto - ma l’immobile oggetto dei plurimi negozi avvenuti in successione» (nello steso senso anche Cass. Civ., Sez. I, 17 novembre 2005, n. 23255, in Mass. giust. civ., 2005). Contra, seppur parzialmente, si registra un diverso orientamento della Cass. Civ., Sez. I, 31 agosto 2015, n. 17339, in Mass. giust. civ., 2015, e prima di Cass. Civ., Sez. II, 28 dicembre 2011, n. 29385, Mass. giust. civ., 2015, p. 1878, secondo le quali «qualora il concordato fallimentare con assunzione preveda la cessione delle azioni revocatorie, la chiusura del fallimento conseguente alla definitività del provvedimento di omologazione determina una successione a titolo particolare dell’assuntore nel diritto controverso regolata dall’art. 111 c.p.c., sicché quest’ultimo, pur potendo intervenire nel giudizio pendente dinanzi alla Corte di cassazione, ma non come

Ad ogni modo, ritornando agli effetti processuali della domanda

arbitrale, come detto, ciò che rileva rispetto all’ultimo comma

dell’articolo 816-quinquies c.p.c., è la litispendenza: ossia il momento

in cui può dirsi correttamente azionato il diritto di devolvere agli

arbitri la risoluzione di una controversia

22

.

parte necessaria né in sostituzione del curatore fallimentare, non è tuttavia legittimato a rinunciare al ricorso già proposto dalla curatela».

Rispetto ad altri ambiti, appare più arduo un completo parallelismo in materia fallimentare tra il procedimento giudiziale e quello arbitrale: quest’ultimo non è affatto insensibile al fallimento, ma rispetto al giudizio statale gli effetti sull’arbitrato sono meno incisivi. Ad ogni modo, per quanto può rilevare ai fini della presente indagine, si segnala la questione relativa alla possibilità di interruzione del procedimento arbitrale, in caso sopraggiunga il fallimento, e sull’applicabilità dell’articolo 816-sexies c.p.c. per la successione universale (a tal proposito, si veda A. CASTAGNOLA, Procedimento arbitrale, lodo e fallimento, in Riv. trim. dir. proc.

civ., 2016, p. 821ss). Infatti, ragionando come si è proposto in termini di efficacia

negoziale del lodo, è interessante osservare che se il procedimento arbitrale prosegue nei confronti o da parte del curatore, attesa la salvezza dell’accordo compromissorio dell’arbitrato già pendente, questi non potrebbe disconoscere i poteri degli arbitri già nominati, trattandosi di un mandato sul quale il fallimento non ha effetti. Queste paiono considerazioni che potrebbero ben valere, si approfondirà infra, anche nelle più classiche ipotesi di successione a titolo particolare nel diritto controverso. Del pari, per sostenere che il fallimento non impedisca la prosecuzione del procedimento arbitrale, v’è anche il diverso argomento sostanziale relativo al tema già trattato della trascrizione del contratto preliminare e dell’esecuzione in forma specifica, il quale si è visto è uno degli elementi a sostegno dell’applicazione totale dell’articolo 111 c.p.c. in materia arbitrale. Ebbene, la questione è se le trascrizioni precedenti al fallimento siano opponibili ai terzi, in particolare ai creditori del fallito: il contratto preliminare trascritto è opponibile, ai sensi dell’articolo 45 della Legge fallimentare, al fallimento e così ragionando, se lo è la domanda giudiziale (cfr. L. RUSSO, Gli

effetti della trascrizione della domanda di esecuzione in forma specifica del contratto preliminare in relazione all’art. 72 l. fall., in Giur. comm., 2016, p. 769ss),

non v’è motivo per escludere anche la domanda arbitrale ed i suoi effetti, se trascritta.

22

Si è già fatto riferimento nel Capitolo I, Paragrafo 3.1., e spec. nota n. 97, al contenuto minimo della domanda in relazione all’atto da presentare al fine della relativa trascrizione al Conservatore. Per non entrare nel merito di una questione particolarmente annosa, quale la forma ed il contenuto dell’atto di parte idoneo ad introdurre il procedimento arbitrale, ci si limita a descrivere il fine essenziale della domanda arbitrale. Il legislatore non ha infatti fissato i requisiti della domanda arbitrale, la quale deve intendersi allora contenuta in qualsiasi atto di iniziativa della parte con cui questa esprima la propria volontà di adire il collegio arbitrale, determinando l’oggetto della controversia, ma senza necessità di dover formulare puntualmente i quesiti o precisare le domande. Sul punto, si veda ex multis, G. TRISORIO LIUZZI, La fase introduttiva del procedimento arbitrale, in AA.VV., Studi

di diritto processuale civile in onore di Giuseppe Tarzia, vol. III, Milano, 2005, p.

2223ss; E. OCCHIPINTI, Il procedimento arbitrale, in AA.VV., Il nuovo processo

Nella farraginosità dell’impianto normativo vigente, la Suprema

Corte di Cassazione

23

ha preferito fissare nella notificazione della

c.p.c., in La nuova disciplina dell’arbitrato, op. cit., p. 188s. Ad ogni modo, seppur

non definito il contenuto della domanda, ai sensi dell’articolo 810 c.p.c. l’atto in tal guisa identificabili deve essere comunque notificato per iscritto, adempimento che la Suprema Corte ritiene essenziale per l’instaurazione del contraddittorio, nonostante appunto il principio di libertà delle forme (cfr. Cass. Civ., Sez. I, 14 settembre 2012 n. 15445, in Riv. arb., 2013, p. 117ss, con nota di F. CAMPIONE, La domanda di

arbitrato tra libertà delle forme e principio del contraddittorio, p. 123ss).

23 La pietra miliare in tal senso è la sentenza Cass. Civ., Sez. I, 21 luglio 2004, n. 13516, in Giust. civ., 2005, p. 1885 ed in Riv. arb., 2005, p. 523ss, con nota di G. SANTAGADA, Rapporti tra giurisdizione ordinaria e arbitrato: una peculiare

questione di diritto intertemporale, p. 527ss. La decisione infatti si segnala per una

molteplicità di aspetti, attinenti in particolare il rapporto tra giudice statale e collegio arbitrale, ma quello che principalmente qui rileva è la parte della sentenza in cui la Suprema Corte afferma che «in tema di arbitrato, a seguito dell’entrata in vigore della legge n. 25 del 1994 il momento iniziale del giudizio arbitrale va determinato non più - come accadeva nella vigenza del precedente quadro normativo - con riguardo alla costituzione del collegio, bensì con riguardo alla notificazione della domanda di accesso agli arbitri, in quanto idonea a costituire un rituale rapporto procedimentale». La stessa Corte richiama altresì i propri precedenti in tal senso, ossia Cass. Civ., Sez. I, 12 dicembre 2003, n. 19025, in Riv. arb., 2005, p. 71ss, con nota di G. GRASSO, Istituzione del procedimento arbitrale, carenza di potestas

iudicandi e fase rescissoria del giudizio di impugnazione per nullità, p. 76ss; Cass.

Civ., Sez. I, 28 maggio 2003, n. 8532; Cass. Civ., Sez. I, 25 luglio 2002, n. 10922, in

Giust. civ. Mass., 2002, 1342.

Per i fini che qui rilevano, di particolare interesse è però la pronuncia della Cass. Civ., Sez. I, 8 aprile 2003, n. 5457, in Mass. giust. civ., così massimata: «deve ritenersi che tale procedimento si instauri con la notificazione della domanda di accesso all’arbitrato, e non anche con la costituzione del collegio arbitrale, con la conseguenza che, determinatosi l’effetto della pendenza del giudizio con la detta notifica, il giudizio si radica fin da tale momento tra i soggetti sottoscrittori della clausola compromissoria (i soggetti, cioè, legittimati attivamente e passivamente ad agire e resistere nella procedura arbitrale fino alla sua definizione), e con l’ulteriore conseguenza che l’eventuale subingresso di un altro soggetto nel rapporto controverso, dopo l'inizio del procedimento, non incide sulla ritualità della nomina dell’arbitro di parte effettuata dal destinatario della domanda di arbitrato nei termini e con le modalità di cui all’art. 810 c.p.c. Nella diversa ipotesi in cui l’arbitro di parte, mai nominato dal dante causa, sia stato, invece, nominato direttamente dal subentrante “ex lege” nel rapporto controverso - con ciò stesso intervenendo questi nella procedura - deve ritenersi, attesa la natura sostanziale e non meramente processuale dell'atto di nomina dell’arbitro (nonché la circostanza che la titolarità del rapporto controverso, e della stessa clausola compromissoria, è passata al successore a titolo particolare), che sia il successore a titolo particolare stesso il soggetto legittimato alla nomina dell’arbitro, senza che tale nomina possa in alcun modo dirsi, pertanto, affetta da nullità (come erroneamente ritenuto, nella specie, dal giudice di merito)». Oltre dunque a fissare correttamente il momento della litispendenza arbitrale nella notificazione della domanda arbitrale, la decisione si distingue per aver non solo ammesso la successione a titolo particolare nel diritto controverso prima dell’introduzione dell’articolo 816-quinquies c.p.c., anche per

domanda il momento esatto in cui il giudizio può ritenersi avviato e

dunque può dirsi intervenuta la litispendenza arbitrale, al pari di ciò

che avviene nel giudizio statale ai sensi dell’articolo 39 c.p.c.

Ai fini che qui rilevano, si deve dare però contezza di un diverso

orientamento dottrinario sul punto, il quale ritiene che l’inizio del

processo arbitrale si abbia nel momento dell’accettazione del mandato

da parte degli arbitri

24

e, quindi, della costituzione del collegio.

Peraltro, rispetto a coloro i quali accolgono la posizione della

giurisprudenza poc’anzi descritta

25

, si segnala altresì l’esistenza di una

soluzione interpretativa intermedia secondo cui, sebbene si possa

ritenere la litispendenza effettivamente raggiunta con la notificazione

della domanda, gli effetti processuali di questa si spiegherebbero con

aver affrontato il tema della nomina degli arbitri, su cui si tornerà infra, anche se con riferimento al sistema normativo previgente.

24

Una concezione certamente risalente e maggiormente diffusa prima della riforma del 1994, che muoveva dalla visione di F. CARNELUTTI, Istituzioni del

processo civile italiano, Roma, 1951, p. 68ss., secondo cui il patto compromissorio

non era idoneo di per sé soltanto a far ritenere il procedimento arbitrale pendente, sia perché non può essere qualificato come atto processuale, sia perché gli arbitri restano estranei ad esso, ricevendo il mandato dal cd. “contratto di arbitrato” che nasce al momento della loro accettazione, in cui acquisiscono la potestas iudicandi. La giurisprudenza (Cass. Civ., 28 settembre 1973, n. 2439; Cass. Civ, Sez. I, 8 luglio 1996, n. 6205; Cass. Civ, Sez. I, 15 luglio 1996 n. 6403, in Giust. civ., 1997, p. 1923; Cass. Civ, Sez. I, 20 febbraio 1999, n. 1452) e la dottrina (T. CARNACINI, voce Arbitrato rituale, op. cit., p. 881ss; V. ANDRIOLI, Commento al Codice di

Procedura Civile, op. cit., p. 824ss; G. VERDE, L’introduzione del processo

arbitrale (premesse ricostruttive), in Riv. arb., 1996, p. 22; G. F. RICCI, Commento

sub articolo 816-bis c.p.c., in CARPI F.(a cura di), Arbitrato, op. cit.) successive, anche alla riforma del 1994, hanno allora affermato che il procedimento arbitrale potesse dirsi pendente solo dalla combinazione della nomina e dell’accettazione dell’intero collegio, momento in cui veniva ad esistenza il tribunale arbitrale.

25 Sarebbe meglio dire che la giurisprudenza di legittimità ha accolto quelle che erano le posizioni in tal senso espresse dalla più attenta dottrina già all’indomani della riforma del 1994, come sottolineato da L. SALVANESCHI, La domanda di

arbitrato, op. cit., p. 667, secondo cui «l’esistenza di una norma che indica oggi

nella notificazione della domanda qualificata di arbitrato il momento iniziale del procedimento arbitrale debba indurre a ritenere che, dopo l’entrata in vigore della l. 25/1994, non possa che essere questo il momento da cui si determina, a tutti gli effetti, la pendenza del procedimento stesso». In tal senso, cfr. anche A. SALETTI, La

domanda di arbitrato e i suoi effetti, in Riv. arb., 2002, p. 678ss; D. BORGHESI, La

una diversificata decorrenza temporale

26

.

Pur potendosi, in linea di principio, accettare le osservazioni in

merito alla diversità tra la struttura del procedimento giudiziale e

quello arbitrale

27

, non v’è motivo per cui eventuali differenze debbano

26 Siffatta visione, per cui la fase introduttiva del procedimento arbitrale non può essere individuata univocamente in un singolo momento, ma deve essere intesa quale fenomeno complesso costituito da una serie di atti, ciascuno idoneo a produrre diversi effetti sostanziali e processuali, ha ricevuto maggior riscontro proprio alla