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Capitolo 3: HEDGE ACCOUNTING: LA

3.3. La contabilizzazione dei derivati

3.3.2. Elementi coperti

Gli elementi oggetto di copertura nello IAS 39 continuano ad essere considerati come tali anche nell’IFRS 9; questo include anche la rilevazione di attività e passività finanziarie, gli impegni irrevocabili non iscritti, le operazioni previste aventi alta probabilità di realizzo e gli investimenti netti relativi ad operazioni estere. Oltre a quanto detto, il nuovo Principio prevede un ampliamento della gamma di strumenti finanziari designati come poste coperte (di seguito saranno analizzati).

Lo IAS 39 prevedeva che gli strumenti finanziari derivati potevano essere designati come strumenti di copertura ma non come elementi coperti con la sola eccezione delle opzioni di acquisto47. Il divieto era rivolto anche ai derivati inclusi in un’esposizione aggregata.

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Questa posizione ha destato fin da subito molte preoccupazioni per tale motivo nella stesura dell’IFRS 9 tale tematica è stata oggetto di attenta analisi. Ciò che ha suscitato perplessità da parte del Consiglio riguardava che le imprese erano solite intraprendere transazioni commerciali che comportavano l’assunzione di un duplice rischio: di tasso d’interesse e di cambio in valuta estera. Si notò come le imprese, al posto di gestire questi due tipi di esposizioni insieme, nello stesso momento e per intero, preferivano invece, utilizzare due diverse strategie di gestione del rischio. Di fronte a tale situazione, il Consiglio decise di modificare quanto previsto nel vecchio Principio permettendo quindi anche agli strumenti finanziari derivati facenti parte di un’esposizione aggregata, di essere designati come elementi coperti.

La proposta fu accolta positivamente da parte di tutti gli interessati poiché, così facendo si assiste ad un migliore allineamento delle regole di hedge accounting con la gestione del rischio da parte dell’imprese (obiettivo chiave dell’hedge accounting) permettendo inoltre, di eliminare tutte quelle restrizioni arbitrarie previste dallo IAS 39.

Le parti interessate, in aggiunta, chiesero allo IASB di fornire maggiori esempi in grado di illustrare il nuovo meccanismo contabile concernete le esposizioni aggregate di derivati; di chiarire il concetto riguardante il fatto che la contabilizzazione delle esposizioni aggregate non equivale ad un meccanismo di contabilità sintetica e di offrire delucidazioni riguardo a se l’impresa deve raggiungere, in prima battuta o successivamente, la combinazione tra il derivato e l’esposizione, i quali messi assieme formano l’esposizione aggregata oggetto di qualifica come elemento coperto all’interno della relazione di copertura.

Il Consiglio rispose fornendo esempi riguardanti il meccanismo di contabilizzazione delle esposizioni aggregate, rilevando che a questa non può mai essere applicato un meccanismo di tipo sintetico e anche per questo secondo aspetto, fornì degli esempi illustrativi. In merito all’ultimo aspetto, fu stabilito che, al fine di ridurre il livello di complessità di contabilizzazione, l’esposizione aggregata di un derivato deve essere raggiunta in un secondo momento.

All’interno della bozza furono chiariti altri due aspetti. Il primo concerneva che all’interno della nozione di esposizione aggregata erano comprese anche le operazioni previste con alta probabilità di realizzo; la seconda invece, riguardava l’identificazione della migliore applicazione dei requisiti generali di designazione del derivato come elemento coperto all’interno di un’esposizione aggregata. Il modo con cui un derivato, facente parte di un’esposizione aggregata, è incluso in una posta coperta, deve essere

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coerente con la designazione di tale strumento derivato come strumento di copertura a livello di esposizione aggregata; se così non dovesse risultare, il derivato deve essere designato per intero o come parte di essa.

In conclusione, si evince come la decisione adottata dal Consiglio, inerente la possibilità di utilizzare gli strumenti finanziari derivati come elementi coperti, porti ad una serie di benefici, in quanto rende possibile l’applicazione della disciplina di hedge accounting per le comuni strategie di gestione del rischio.

Con riguardo sempre alla tematica degli elementi coperti un’analisi va fatta riguardo alle componenti di rischio.

Lo IAS 39 distingueva l’eleggibilità alla designazione come elemento coperto della componente di rischio dal tipo di elemento che comprende la componente. Se riguardava gli elementi finanziari, l’impresa la designava come un elemento di rischio qualora questa risultava identificabile separatamente e realmente misurabile; se invece, era di pertinenza degli elementi non finanziari, l’impresa poteva designare, come componente di rischio, solo il rischio di cambio.

Nella stesura della bozza, furono sollevate molte contestazioni in merito alla proibizione alla designazione come componente di rischio degli elementi non finanziari.

Il Consiglio notò che quanto stabilito dallo IAS 39 poteva compromettere i principi di identificazione delle poste coperte e il test d’efficacia; a tal riguardo, nelle delibere, fu considerato se le componenti di rischio da eleggersi come elemento coperto sono o no contrattualmente specificate; dopo un’attenta analisi si decise che, in entrambi i casi era ammessa la designazione purché queste siano identificate separatamente e attendibilmente misurate. Pertanto, i cambiamenti introdotti nella bozza, consentono una più ampia gamma di componenti di rischio di elementi non finanziari i quali possono rientrare nell’ambito dell’hedge accounting.

Il principale beneficio derivante da tale scelta riguarda che così facendo, lo strumento di copertura deve solo compensare la variabilità della componente di rischio identificato piuttosto che l’intero rischio dell’elemento non finanziario. Tutto questo fa si che vi sia, all’interno del conto economico, un minor livello d’inefficienza.

Riassumendo, l’Exposure Draft, permette alle specifiche componenti di rischio di essere designate come elemento coperto a condizione che siano identificate separatamente e realmente misurabili, senza riguardo se fanno parte di elementi finanziari oppure no; inoltre, stabilì che la componente di rischio può essere specificata contrattualmente

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oppure può essere implicita nella determinazione del fair value o dei flussi di cassa dell’elemento intorno alla quale la componente appartiene.

Un ultimo aspetto da analizzare riguarda il rischio di credito.

Molte istituzioni finanziarie utilizzano derivati di credito (esempio sono i Credit Default

Swaps o CDS) per gestire il rischio di credito che deriva dall’esercizio delle loro attività

di prestito. Quest’attività è svolta all’interno dell’impresa tenendo presente che, la gestione del rischio di credito dipende dalle varie circostanze e solo in minima parte dipende dalle caratteristiche dei prestiti emessi. In base alle regole fornite nello IAS 39, la maggior parte delle imprese non erano in grado di rispettare le regole di hedge accounting concernenti il rischio di credito delle attività finanziarie valutate al costo ammortizzato quando, a copertura di tale rischio, era stato siglato un CDS. Ciò è dovuto al fatto che l’elemento coperto, secondo quanto stabiliva il vecchio Principio, doveva essere realmente misurabile. La differenza tra il risk free del tasso d’interesse e il tasso d’interesse del mercato dall’attività finanziaria, incorpora non solo il rischio di credito, ma anche una serie di altri rischi difficili da identificare separatamente. Considerando quindi la difficoltà di isolare e misurare separatamente le variazioni di fair value attribuibili solo al rischio di credito, il Consiglio decise che anche per l’IFRS 9 , il rischio di credito non può essere eletto come una componente di rischio e pertanto non rientra nella categoria degli elementi coperti.