• Non ci sono risultati.

Elementi di morfologia

Canto XXI: a c 297v i vv 76-93 (differenti); poi lacerti.

PER LA CONSTITUTIO TEXTUS

3.4 Varianti formali tra R e R

3.4.1 Elementi di morfologia

La morfologia flessionale è il più importante ed evidente banco di prova delle variazioni ortografiche tra i due codici. La concorrenza di sistemi flessionali differenti nel fiorentino colto del XV secolo (e del principio del secolo successivo), infatti, genera una forte oscillazione nell’uso morfologico tra gli

80 Per questo capitolo si sono tenuti presente, in particolare, lo studio di G. GHINASSI, Il volgare

letterario del Quattrocento e le «Stanze» del Poliziano, Firenze, Le Monnier, 1957; e quello di P.

MANNI, Ricerche sui tratti fonetici e morfologici del fiorentino quattrocentesco, in «Studi di grammatica italiana», VIII (1979), pp. 115-71.

scribi, ma anche tra i testi di un unico scrivente, come nel caso di Giovanni Nesi. Fiorentino letterario e fiorentino parlato si mescolano in tutte le redazioni del

Poema, complice anche l’incompiutezza dell’opera e la conseguente mancanza di

una revisione ortografico-linguistica. Pur nella consapevolezza di non esaurire, quantitativamente e qualitativamente, la questione, si cercherà qui di esemplificare le oscillazioni nella flessione dei verbi, degli articoli determinativi, degli aggettivi possessivi, degli aggettivi numerali, dei sostantivi.

a. verbi: per quanto riguarda il presente indicativo, l’alternanza principale è

tra tema in -a- e tema in -o- della III persona plurale. Entrambi i codici oscillano da un paradigma all’altro, con percentuali relative non dissimili: a V, 176 R1

sostituisce «saluton» a «salutan» di R; d’altra parte, a XV, 96 «monstran» di R1

prende il posto di «monstron» di R, e a XXV, 96 R1 scrive «forman» in luogo di

«formon». In entrambi i codici, tuttavia, il tipo in -ono appare leggermente preferito, come già nelle Stanze di Poliziano81. Un caso isolato è invece quello di

I, 200, dove il popolare «fure» di R viene sostituito dal letterario «fura» in R1.

Simile al presente indicativo è il caso dell’imperfetto, dove si trova di nuovo l’alternanza tra tema in -a- e tema in -o-: «eron(o)» di R1 sostituisce «eran(o)» di

R in XVIII, 178, ma «eran(o)» di R1 sostituisce «eron(o)» di R in XI, 218 e XXI, 99;

allo stesso modo in XXI, 121 «givan» di R1 sostituisce «givon» di R. In generale,

in R1 si contano dodici occorrenze di «eron(o)» e sette di «eran(o)»: i rapporti di

forza sono di nuovo troppo simili per delineare una chiara differenza tra i due scribi nell’uso del paradigma morfologico. Più omogenea è la flessione del passato remoto: l’unico elemento da rilevare è la sostituzione, da parte di R1, di

«fecion» con «feron» in XIX, 47 – ma nello stesso R1 «fecion» di R rimane

inalterato in XIX, 129 e XI, 230. Notevoli oscillazioni si registrano invece nel caso del condizionale presente, dove la flessione «havria», «paria», «saria» alterna sia con il vocalismo (assai raro) «harie», «parie», «sarie», sia con le forme piene

81 Cfr. G. GHINASSI, Il volgare letterario cit., p. 35.

come «sarebbe» (e la corrispondente accorciata «sare’») e «farebbe», mentre la prima persona del verbo «avere» compare soltanto con la caduta di -v-: «hare(i)». Nel passaggio da R a R1, tuttavia, le varianti si limitano al vocalismo

del primo tipo. Per quanto riguarda il congiuntivo, infine, si segnalano: la presenza della forma rara «haggi» in R, sostituita da R1 con «habbi» (XV, 141); e

l’oscillazione del vocalismo finale nell’imperfetto: «temprassi» in R, ma «temprasse» in R1 (XII, 186), meno frequente in entrambi i codici.

b. articoli determinativi: l’alternanza è tra il tipo “dialettale” el/e e il tipo

“‌letterario” il/i. R1 sostituisce «el» a «il» ben quarantuno volte, mentre assume

l’atteggiamento opposto soltanto sette volte: ciò non di meno, le occorrenze del tipo il/i superano circa del doppio quelle del tipo concorrente anche nella copia non autografa. L’influsso della tradizione letteraria è presumibilmente determinante, anche se la grafia meno colta continua a essere presente in modo consistente. Per quanto riguarda il maschile plurale, la palatizzazione di «li» in «gli» è ben attestata anche nel passaggio tra i due codici, mentre «i» ed «e» si alternano pressapoco in ugual misura.

c. pronomi e aggettivi possessivi: al maschile singolare la forma letteraria e

moderna «mio» alterna con la forma «mie», con una percentuale relativa analoga in entrambi i codici; al femminile singolare invece l’alternanza è tra «mia» e «mie», «tua» e «tuo», «sua» e «suo», con il tipo in -a preferito da R1 per

la terza persona: in XXI, 162 R1 sostituisce «suo fronte» di R con «sua fronte», e a

XXVI, 59 «suo bontà» con «sua bontà». Al maschile plurale il tipo moderno «miei/tuoi/suoi» è alternato con le forme in -a «mia/tua/sua», forse in analogia con il neutro plurale latino; da notare, soprattutto in R1, la frequente apocope

della vocale finale nelle forme del primo tipo: «tuo’», «suo’». Al femminile plurale si trovano ancora tre alternative, poiché al tipo moderno «mie/tue/sue» si affiancano il tipo in -a «mia/tua/sua» e il tipo in -o «tuo/suo», che non prevede

la prima persona. Anche in questo caso non è possibile individuare una coerenza nell’uso di uno o dell’altro codice, che alternano le varie forme in maniera pressoché indiscriminata. Per quanto riguarda le persone plurali, la declinazione è stabile e sistematica.

d. numerali: la forma oscillante è in particolare quella del numerale due, che

contempla tre possibili varianti: «dua», «duo» (anche: «duoi»), e il moderno «due». La seconda forma è maggioritaria in entrambi i codici (la variante «duoi» si trova una volta sola, sia in R che in R1, a XXIII, 26 – peraltro subito dopo un

«duo» al verso precedente); la forma in -a è minoritaria, e R1 tende a ridurla

ulteriormente a favore di «due»; quest’ultima è regolare nei composti con «ambo-/ambe-» in R1, che a XXVI, 101 sostituisce «ambodua» di R con

«ambedue».

e. plurale dei sostantivi: in questa categoria gli esempi sono molto diversi tra

loro, anche se è possibile raggruppare la maggior parte di essi sotto l’etichetta di «metaplasmi». I nomi femminili con uscita -a al singolare, ad esempio, danno luogo a due forme diverse di plurale, in -e o in -i: in I, 14 «fronde» di R è sostituito (erroneamente) con «frondi» in R1, e così accade in V, 59 («arme» >

«armi») e XV, 109 («spalle» > «spalli»). Simile è il caso dei femminili singolari in

-e, ove l’incertezza, nel passaggio da R a R1, è ancora più marcata: in IV, 144

«parti» di R diventa «parte» in R1, mentre a IX, 194 e XIII, 174 accade

esattamente il contrario, con «luce» sostituito da «luci» e «mente» sostituito da «menti». In questi casi, l’oscillazione tra tipo analogico e tipo «dell’uso» avrà una soluzione soltanto con la riforma bembesca. Altre volte pare essere l’influsso della morfologia latina a generare oscillazione nei plurali: così a XV, 53 «fratri» di R è ricalcato sulla forma latina «fratres», mentre «fratei» di R1

accoglie pienamente lo sviluppo volgare. Certamente equivalente dal punto di vista della pronuncia, ma significativa sul piano ortografico, è l’alternanza della

vocale scempia o doppia nei plurali di parola con -i- pre-desinenziale: «mysterii» di R dà «mysteri» di R1 in VIII, 180, e lo stesso accade in III, 190

(«mysterii» > «mysteri»). Tra i nomi maschili, infine, si registra un minor numero di oscillazioni nel passaggio dal singolare al plurale; interessante è comunque il caso di «pianeta», il cui plurale è reso «pianeti» da R e «pianete» da R1 (VIII, 128): in quest’ultimo caso è probabile che il sostantivo sia volto al

femminile, complice l’assenza di concordanze aggettivali o verbali dirimenti, come già nel Corbaccio: «tutte le buone cose son femine: le stelle, le pianete, le Muse, le virtù, le riccheze»82.

In generale, dunque, si può notare che i codici nesiani rispecchiano in maniera eloquente la situazione di una morfologia dell’italiano in continuo movimento tra paradigmi diversi, spesso applicati in maniera incoerente e incostante. Alcune scelte singolari di ciascuno dei due scriventi, tuttavia, sembrano confermare un atteggiamento reciprocamente autonomo nei confronti della lingua del Poema, particolarmente da parte del copista di R1, che

talvolta applica inopinatamente i propri allomorfi anche laddove l’aspetto fonologico della parola ha una ricaduta sulla correttezza del testo poetico.

3.4.2 Varianti ortografiche