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Coerentemente con quanto rilevato nei capitoli introduttivi, il testo critico qui proposto segue la lezione di R1, sia nella sostanza che nella forma. Gli unici casi

in cui il testo si discosta dalla lezione del manoscritto calligrafico sono, naturalmente, quelli di manifesta erroneità del testimone. La possibilità di un eventuale “restauro” delle abitudini ortografiche e linguistiche dell’autografo è stata scartata, dal momento che gli usus scribendi sono raramente sistematici; si è creduto dunque più prudente accogliere la forma di R1 e rimanervi fedeli. Per

compensare l’assenza della veste linguistica dell’autore si è provveduto a registrare in una apposita fascia di apparato tutte le varianti formali tra R1 e R,

così da poter ricostruire rapidamente la forma scrittoria dell’autografo, laddove si discosta dalla copia calligrafica. D’altra parte, le varianti formali costituiscono la grande maggioranza delle discordanze tra i due codici, e la loro registrazione in apparato costituisce un prezioso strumento per l’analisi storico-linguistica.

Per quanto concerne i criteri di trascrizione del testo contenuto in R1 si è

cercato di conservare il più possibile, anche per le ragioni esposte sopra, le caratteristiche formali del testimone. Gli unici interventi riguardano la separazione delle parole (quando necessaria), l’aggiunta della punteggiatura moderna e la distinzione tra «u» e «v»; inoltre si è scelto di trascrivere «ç» e «z», che nella copia calligrafica sono liberamente alternate, con un unico grafema («z»). Per il resto non si sono introdotte modernizzazioni grafiche, conservando anche la distinzione «et» - «e» (puramente grafica, ma significativa dal punto di vista storico-ortografico e metrico) e i vari nessi consonantici.

L’apparato critico è dunque composto da cinque fasce, che cercano di rendere ragione della complessità della situazione testuale, nonostante la relativa esiguità dei testimoni. La prima e la seconda fascia registrano due diversi

aspetti dell’apparato redazionale: nella prima, sono registrate le lezioni di R che divergono dal testo critico in modo sostanziale, e dunque plausibilmente appartenenti ad una fase redazionale precedente; nella seconda sono riportate le varianti alternative, lasciate in sospeso dall’autore e testimoniate da un solo codice o da entrambi. Si può dunque affermare che, nell’unica fattispecie delle varianti d’autore (vere o presunte), la prima fascia riguarda le varianti diacroniche, la seconda quelle sincroniche - che convivono cioè con la lezione a testo. Questa scelta è stata fatta per evitare di dover distinguere all’interno di un’unica fascia fenomeni diversi. Si noti tuttavia che essa può generare confusione, allorquando il testimone R ha una lezione a testo diversa da quella di R1 (la quale, a sua volta, può coincidere con la lezione in interlinea di R); in

questi casi, nella seconda fascia di apparato, la lezione a sinistra della parentesi quadra sarà diversa da quella del testo critico - che naturalmente riporta la plausibile “ultima volontà” dell’autore. Per ricostruire la corretta trafila redazionale sarà dunque necessario considerare quanto esplicitato nella prima fascia: cioè, che la lezione a testo di R diverge da quella di R1.

La terza fascia di apparato segnala le varianti formali (ortografiche e linguistiche) di R1 rispetto a R, sulle quali già si è detto.

La quarta e la quinta fascia di apparato registrano infine gli errori accertati, già anticipati e discussi ampiamente nei capitoli introduttivi. In primo luogo vengono segnalati gli errori di R1, in corrispondenza dei quali il testo critico si

discosta dal codice di riferimento. Nell’ultima fascia vengono invece registrati gli errori dell’autografo. Anche in questo caso la scelta di registrare lezioni non immediatamente funzionali alla constitutio textus dipende dalla scelta di seguire la lezione della copia: in questo modo dunque è possibile ricostruire il comportamento dell’autografo prima dell’ultimo intervento redazionale dell’autore.

Quando l’errore di R1 non è condiviso da R, esso è stato naturalmente corretto ope codicum, recuperando la lezione della redazione precedente; nei pochi casi in

cui gli errori sono comuni ai due testimoni, essi sono stati corretti ope ingenii; solo i versi irrimediabilmente anisosillabici sono stati conservati. Le integrazioni

ope ingenii (o anche ope codicum, se la lezione è stata recuperata da redazioni

precedenti) sono state segnalate a testo tra parentesi uncinate: es. <disparte>. L’edizione riporta anche le postille marginali presenti su uno dei codici, ovvero su entrambi. Esse sono segnalate a margine del testo, in corpo minore, e seguono tendenzialmente la lezione di R1.

In virtù dei limiti del programma informatico che si è scelto di usare - per altri versi assai adeguato a rispondere alle necessità di un’edizione critica - non è stato possibile riportare tutte le fasce di apparato in ogni pagina: il programma infatti non consente di stampare le fasce prive di registrazioni. Per ovviare a questo inconveniente si è provveduto a distinguere le varie fasce attraverso il carattere tipografico del numero del verso; più precisamente:

- il numero del verso della prima fascia (varianti genetiche) è riportato in grassetto e corsivo; es.: 32 tua virtù ] tuo furor R;

- il numero del verso della seconda fascia (varianti alternative “sincroniche”) è riportato in corsivo; es. 32 furor ] virtù R;

- il numero del verso della terza fascia (varianti formali) è riportato in tondo grassetto; es. 1 Phoebo ] Phebo R;

- il numero del verso della quarta fascia (errori di R1) è riportato in tondo; es.

172 et ] ee R1;

- il numero del verso della quinta fascia (errori di R) è riportato in corpo più piccolo rispetto al resto della nota; es. 105 lo ] la R.

Ad ogni pagina sarà dunque necessario individuare le fasce di apparato

registrate ricorrendo a questa distinzione tipografica; le fasce non riportate non contengono registrazioni per quella porzione di testo.

Le poche informazioni registrate come note a piè di pagina sono complementari alle postille marginali – qualora la postilla risultasse troppo lunga per essere registrata a margine – o, in un caso soltanto, all’intervento dell’editore sul testo, che non è stato illustrato in altra sede.