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Elogio dell’ambiguità

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nsieme alla rappresentazione delle pulsioni inconsce, alla catastrofe che esse possono pro- durre una volta liberate, e alla poetica della cru- deltà, un altro aspetto essenziale al film, e a gran parte dell’opera del regista, è la sua ambiguità. Un’ambiguità che riguarda tanto le motivazioni dei personaggi, quanto le loro modalità di rappresen- tazione.

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uando Kyung-hee si reca, dopo l’allontana- mento dalla fabbrica della prima operaia a causa della rivelazione di Dong-sik, nell’abitazione dell’uomo per chiedergli lezioni di piano, che cosa è davvero a spingerla? Un sentimento d’amore nei suoi confronti, o dei propositi di vendetta? Allo stesso modo, quali sono le reali intenzioni che muovono la domestica a tentare di sedurre Dong- sik? Quale è la vera Myung-sook – ammesso e non concesso che la verità sia una e una sola –,

(7) Altri momenti del film che sostengono l’ipotesi relativa alla sua dimensione di classe sono le accuse che la madre dell’operaia suicida rivolge al protagonista, la scena in cui le altre operaie, sempre dopo il suicidio, manifestano pro- positi di rivolta e il momento in cui il figlio dei Kim dice alla domestica che non potrà guardare la televisione. Da nota- re, anche, come il titolo del film sia scritto non con l’alfabeto coreano ma con due ideogrammi giapponesi che significa- no sì domestica, ma che, presi separatamente, indicano “la donna che sta sotto”. Il film, in sostanza, è la storia di una donna che stanca di “stare sotto” ha deciso di provare con ogni mezzo a ‘stare sopra’.

(8) Hubert Niogret, La Servante, cit., pag. 159.

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The Housemaid — Kim Ki-young

quella disperata che implora pietà inginocchiata ai piedi dell’uomo che afferma di amare, o quella demoniaca che dice al figlioletto dei Kim di avergli appena fatto bere dell’acqua col veleno per topi?

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e due maschere che si vedono appese sopra il pianoforte, e che sono spesso associate alla do- mestica [7], non sono forse lì a indicare quel gioco di mascheramenti, apparenze, sovrapposizioni di identità che rendono tutto infinitamente ambiguo?

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uando, ad esempio, mentre moglie e figli rientrano a casa, si vede la domestica scen- dere le scale – provenendo da quel primo piano dove la seduzione è avvenuta – e sistemarsi i ca- pelli, come se fossero fuori posto [8], il film vuole indicare che sino a un attimo prima i due amanti stavano amoreggiando, oppure che la domestica vuole assumere a tutti i costi la parte dell’amante, immaginarsi comunque in tale veste, indipenden- temente dal l’essere o meno riconosciuta in quel ruolo da Dong-sik (che, di fatto, dopo “averla presa” cerca di tenerla “al suo posto”?).

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7] [8]

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’ambiguità del film, tuttavia, non sta solo negli atteggiamenti di Myung-sook o dell’amica Kyung-hee. Nel momento in cui la domestica cade dalle scale, un’inquadratura rimane a lungo sui coniugi Kim, che esitano prima di correre in soccorso della donna; si tratta di un’attesa che potrebbe – il condizionale d’obbligo è quello dell’ambiguità – alludere al loro recondito deside- rio che Myung-sook possa morire, o perlomeno perdere il bambino, prima del loro intervento? Quel che è certo è che qui è in gioco il classico con- flitto fra l’Es (“speriamo di liberarcene”) e il Super Io (“dobbiamo soccorrerla”), presente in buona parte dell’opera del regista.

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he Housemaid si presenta come un testo ambi- guo anche a partire dal suo discorso filmico. Si pensi alla scena in cui Myung-sook, subito prima della caduta dalle scale del piccolo Kim, afferra il veleno per topi dall’armadietto [9]. All’immagine segue uno stacco che porta alla domestica men- tre esce dalla cucina con un bicchiere in mano [10]. L’ellissi fra le due inquadrature omette il momento in cui questa ha (o non ha) versato il veleno nel bicchiere.

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ubito dopo, quando il piccolo Kim, diffidente, rifiuta di bere l’acqua, la domestica se ne versa una parte in bocca, per poi sputarla dopo che il ragazzo ha a sua volta bevuto. A questa punto, la donna gli dice di avervi versato il veleno, ma, dopo la caduta del bambino dalle scale, lo nega. Anco- ra una volta, dove sta la verità? Attraverso i modi reticenti della propria narrazione, il film sceglie di essere ambiguo quanto lo sono i suoi personaggi.

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n altro motivo centrale di The Housemaid è il suo voyeurismo (9), che passa attraverso le innumerevoli scene in cui la domestica (soprattutto, ma a dire il vero anche gli altri personaggi) spia dalla finestra l’intimità altrui, ad esempio quando

Dong-sik dà lezioni di piano a Kyung-hee [11-12]. Si tratta di scene che hanno la funzione sia di rivelare il carattere subdolo del personaggio di Myung- sook, il suo agire di nascosto, sia di suggerire la possibilità che sia anche l’invidia – nel senso del voler essere al posto dell’amica – a motivare il suo comportamento.

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uel che è certo, è che l’insistito voyeurismo del- la donna, il suo spiare qualcuno oltre una fine- stra, rimanda alla figura dello spettatore, in certo modo doppiandola, e contribuisce fortemente a

(9) Le ambiguità del racconto, il bicchiere forse avvelenato e il suo voyeurismo testi- moniano il carattere hitchcockiano del film, attraverso espliciti rimandi a Il sospetto (Suspicion, 1941) e a La

finestra sul cortile (The Rear Window, 1954). [7] [8] [9] [10] [11] [12]

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determinare la natura metacinematografica del film. Una na- tura che si ritrova anche attraverso altre soluzioni: dalla diffusa presenza di lampade nella casa dei Kim, i cui paralumi ricor- dano una pellicola cinematografica [13] alla scena in cui alla moglie, che vorrebbe acquistare un televisore, il marito replica che invece potrebbero andare al cinema, proprio sotto una di quelle lampade [14]; dallo sconcertante epilogo che sembra fare apparire l’intera storia come una semplice fantasia (quale è sempre un film) alle vere e proprie immagini finali, in cui il protagonista si rivolge direttamente allo spettatore, interpel- landolo attraverso gesti e sguardi in macchina, per ammonirlo a non commettere i suoi stessi errori [15].

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ale la pena di soffermarsi sull’incipit del film, che introdu- ce la famiglia Kim, e sulla presentazione del personaggio della domestica. L’inizio di Housemaid è, indubbiamente, un inizio-matrice, ovvero un incipit che prelude a molti degli aspetti a venire della storia. L’immagine che lo apre è un totale della famiglia che introduce i suoi quattro membri: il padre, la madre e i due figli. La ripresa è dall’esterno della casa, e i Kim sono inquadrati oltre le sbarre della finestra [16]. Si introducono così, sin da subito, due motivi fondanti il film: quello di uno sguardo indiscreto che spia attraverso una finestra una certa intimità, e che sarà ripreso dal voyeurismo della domestica e degli altri personaggi, e quello della prigio- ne, simboleggiato dalle sbarre che torneranno innumerevoli volte, come a voler subito mostrare i Kim come una famiglia in gabbia, quale poi di fatto si ritroverà a essere [17-19].

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l piano iniziale si sviluppa poi con un movimento di macchina in avanti, che stringe il campo sui due genitori: si tratta di un movimento che sarà anch’esso ripetuto più volte nel cor- so del film, un andare “oltre le sbarre” che è indice di quel voler osservare da vicino il comportamento umano secondo uno sguardo da entomologo che è proprio del cinema del regista: una sorta di lente d’ingrandimento con cui osservare personaggi che, guidati dai propri istinti, si comportano in modo animalesco.

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l successivo dialogo fra marito e moglie segue la lettura di un articolo di giornale da parte della donna che fa rife- rimento alle disgrazie di un uomo che ha intrattenuto una relazione con la sua domestica, cosa che rappresenta la più evidente delle anticipazioni del prologo. La sequenza, infine, termina con i titoli di testa del film che si sovrappon- gono alle immagini ravvicinate delle mani dei due figli che giocano a ripiglino [20-21], dando vita a un ossessivo farsi e disfarsi di diverse forme che sembrano anch’esse prelu- dere ai fatali movimenti e intrecci cui saranno in qualche modo obbligati i protagonisti della storia.

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eniamo adesso all’interessante presentazione di Myung-sook, la futura domestica. Si tratta di una pre- sentazione differita, in cui il momento dell’enunciazione dell’immagine propria del personaggio – di solito quella in cui ne viene mostrato il volto, in modo da renderlo ricono- scibile e consentire così l’identificazione di quel determina- to personaggio nelle sue successive apparizioni – è prece- duto da altri riferimenti, ad esempio da altre sue immagini, ma parziali o distanti, o da dialoghi che lo citano. L’aspetto interessante della presentazione della donna è che si trat- ta non solo di una presentazione differita ma anche, e so- prattutto, surrettizia. Prima che ne venga mostrato il volto, Myung-sook appare in tre altre inquadrature: due volte in un corridoio, di spalle, e un’altra sulle scale, di profilo ma in campo lungo [22-24]. [13] [14] [15] [16] [17] [18] [19] [20] [21]