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Elogio del relativismo

Nel documento Compagni !! tutti insieme cresciamo. (pagine 56-58)

PARTE II – UN LUNGO CAMMINO VERSO LA MODERNITA’ (PORRE CORRETTAMENTE SOLO DOMANDE PENULTIME)

6. Elogio del relativismo

Alte cattedre ecclesiastiche sono solite vituperare il relativismo che può invece costituire un’interessante sintesi critica di atteggiamenti culturali, capaci di muoversi dalla biodiversità al meticciato, fino ad un vero e proprio politeismo culturale. Il relativismo è un vaccino contro l’intolleranza che si diffonde ogniqualvolta una qualsiasi realtà tende ad istituzionalizzarsi e, forse ancora prima, quando la stessa si pone l’obiettivo della conquista del potere. In aperta opposizione all’intolleranza dell’ortodossia, è certamente d’interesse citare lo spirito libero dei moti ereticali, dal mondo tardo antico a tutto il medioevo, come quello della riforma, prima della sua rapida istituzionalizzazione in nuove chiese. In Italia, in particolare, dove la riforma ha diffusione limitata e vita brevissima, sono i moti ereticali medioevali ad avere un certo rilievo, come i patarini, i valdesi ed i fraticelli francescani (tuttavia, da una parte di questi ultimi, tradendo l’insegnamento di libertà e povertà Francesco d’Assisi 67, derivano anche ordini conventuali).

Ognuno è afferrato dalla parvenza singolarmente conclusiva del suo stadio e da ciò proviene da quella confusione di opinioni e di concetti che rende cosi difficile orientarsi in questo campo. Ma donde viene questo senso definitivo che causa tanta ostinazione autoritaria da tutte le parti? Non lo posso altrimenti spiegare se non con il fatto che, in ogni studio, è proprio implicita anche una verità definitiva e che si hanno sempre casi per dimostrare, in modo schiacciante, quella particolare verità. Una verità è cosa tanto preziosa, in questo mondo ricchissimo di illusioni, che nessuno si adatta a rinunciarvi, solo per quel paio di cosiddette eccezioni, non concordanti con essa. E chi mette in dubbio la verità fa inevitabilmente la figura di un perfido guastafeste; perciò nella discussione si mescola dappertutto una nota di fanatismo e d’intolleranza. Eppure ciascuno non fa che portare innanzi di un certo tratto la fiaccola della conoscenza, finché un altro la raccoglie. Se si potesse comprendere questo processo in una maniera non personale, ad esempio, se si riuscisse ad ammettere che non si è creatori personali delle verità, ma i loro esponenti: semplici portavoce delle necessità spirituali contemporanee, allora molto veleno e molta asprezza sarebbero evitati, e lo sguardo sarebbe libero di vedere i nessi soprapersonali e profondi dell'anima dell’umanità (Carl Gustav Jung, Il problema dell’inconscio nella psicologia moderna 68).

Relativismo non significa che tutto sia insignificante e permesso. Relativismo significa muoversi per ricercare e ricostruire le verità, a partire da insegnamenti ricevuti, piccole parti note, preziose intuizioni, fortuite scoperte e possibili fallimenti. Relativismo vuol dire concordare e condividere norme di comportamento, senza rigide idee preconcette, ma anche senza farsi travolgere da pericolosi percorsi distruttivi e/o autodistruttivi 69. Relativismo è confrontarsi, senza credere di possedere qualcosa di più, sia esso pensiero, potere, denaro, charme od altro. Relativismo è sapere e voler ricercare il bello, nelle sue tante e differenti forme, perché sono belle le cose buone e buone le cose giuste. Relativismo è accettare pazientemente le contraddizioni, date dal male, dalle malattie e dalla morte, tentando quantomeno di contenerne gli effetti negativi e cercando, se possibile, di ricavare un insegnamento positivo. Relativismo è molto altro ancora, così come la fantasia è capace di concepire e la volontà di mettere in atto 70.

67 Un’antica tradizione vuole che, nella chiesa di San Damiano ad Assisi, Francesco Giovanni di Pietro Bernardone (altrimenti noto

come Francesco d’Assisi) fa scelte di libertà e povertà. A riguardo di Damiano, si precisa che insieme al fratello gemello Cosma, è un medico, d’origine araba e formazione siriana, vissuto in un’epoca sicuramente antecedente il V secolo d.C. in un ambiente partecipe di quei movimenti culturali che lottano per conservare la sapienza e la scienza delle scuole antiche. Infatti il trionfo del cristianesimo ed il suo avvento a religione di stato, fa rapidamente passare la stessa religione da una chiesa clandestina degli oppressi alla religione dominante dei potenti, fortemente intollerante verso ogni diversità e dissenso.

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Il pensiero junghiano esprime, in termini attuali, la sostanza e la forma del relativismo, dove tutto, dalle scienze della natura a quelle della storia, dà ragione dell’esistenza di confini sfumati della verità e tra le diverse verità, talvolta per l’incertezza nell’acquisizione ed elaborazione dell’informazione, altre volte per l’arbitrarietà e la convenzionalità dei confini stessi.

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Oltre ovviamente al cannibalismo (forse nemmeno tanto bestiale), in un crescendo progressivo di rigetto, non possono essere certamente accettati, tra l’altro: i veli integrali (come niqab e burqa), la sudditanza delle donne agli uomini della famiglia, le spose bambine, le mutilazione genitali femminili, gli stupri (a riguardo, nessuno stupro è giustificabile, ma quelli di familiari, parenti, amici, vicini e conoscenti, purtroppo frequenti, sono proprio spregevoli), l’infanticidio delle neonate e la soppressione assassina delle vedove.

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Relativismo, con se stesso e verso gli altri, è saper sorridere di poche certezze e non aver paura dei dubbi che, per quanto si tenti di dissipare, rimangono e mutando s’accrescono. Frequentando le conferenze culturali della Tavola Valdese, da qualche anno, il secondo autore ha imparato a saper stare in minoranza ed il valore del relativismo, non segno di contraddizione, ma una grande ricchezza.

Sai, c’è il cippo che, si dice, segna il confine fra Asia ed Europa sui quale è scritto “Asia” … Da casa si vede che questa è Asia? … Si sono accordati per tracciare il confine naturale, ecco tutto

(Boris L. Pasternak, La fanciullezza di Ženja Ljuvers).

Fig. 2.7 – Paul Gauguin, Visione dopo un sermone (National Gallery of Scotland, Edinburgo) 71 – Giacobbe lotta contro l’angelo

Fig. 2.8 – Paul Gauguin, Girasoli (Ermitage, San Pietroburgo)

Fig. 2.9 – Vincent Van Gogh, La chiesa di Auvers (Museo d'Orsay, Parigi)

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Seppure in una comune commistione di colori, tra pittura e chimica, notevole è il contrasto culturale tra la completa libertà espressiva, a prescindere dall’eventuale ambientazione esotica, di Gauguin e la libera ricerca stilistica, entro i confini di un’etica protestante (che si ritrova anche nell’esplosione di luce dei Girasoli), di Van Gogh. Si badi tuttavia come, nel periodo in cui i due pittori convivono ad Arles,

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