CAPITOLO VIII : MARGINALI E IL MONDO DELLA PIAZZA
8.1 Emigrazione cassana
La tendenza al nomadismo che possiamo dire caratterizzi la comunità ertana e cassana in diversa misura è visibile sia nelle occupazioni lavorative degli abitanti sia nella storia del ventesimo secolo delle stesse due comunità.
Nell'ambito ertano la tendenza allo spostamento è rinvenibile ad esempio nel periodico spostamento estivo degli allevatori con le proprie mandrie di ovini e poi di bovini per effettuare l'alpeggio sul versante sinistro del Monte Toc, ove erano anche locati i pochi terreni oggetti di coltivazione da parte dei contadini della zona. Altro ambito dominato dalla non stanzialità è la pratica del commercio ambulante svolto da parte delle donne di artigiani, contadini ed allevatori, donne ertane nella maggioranza o di altre paesi come la vicina Claut, che partivano sopratutto durante il periodo invernale per vendere oggetti di vario tipo.
In ambito cassano invece, tolto il naturale spostamento giornaliero tra abitazione e luogo di taglio o di combustione del legno per quanto riguarda i carbonai, l'emigrazione verso l'Austria e la Germania prima e verso i paesi del sudamerica quali Argentina e Brasile ha dominato la storia della comunità.
Per quanto riguarda l'emigrazione verso i territori di lingua germanica essa era a carattere stagionale ed intrapresa da capifamiglia o da giovani adatti ad essere impiegati come forza lavoro nelle acciaierie ed industrie estrattrici legate soprattutto alla costruzione e manutenzione della rete ferroviaria austriaca.
Le condizioni di vita erano quasi del tutto assimilabili allo sfruttamento ed alla schiavitù con orari provanti e nessuna tutela sindacale.
Dalla comunità cassana i giovani uomini partivano in gruppo per darsi forza durante l'intera esperienza e per mantenere viva la comunità anche lontano da casa:
“Mio nonno era partito giovane poco dopo maggio per andare a costruire le ferrovie dell'impero austroungarico. Mia nonna ricordava quando in paese si raggruppavano nella piazza gruppetti di uomini e di giovani pronti per partire. La maggior parte di loro lasciava mogli e fidanzate e sarebbero tornati all'inizio dell'inverno con qualche soldo in più in tasca.”
Il viaggio stesso era un'avventura. Dopo molte ore, gli uomini raggiungevano Vienna e da lì venivano smistati verso le sedi delle aziende presso le quali avrebbero lavorato per i sucessivi mesi.
Come ho detto le condizioni di vita erano molto dure e la paga inadeguata al carico di lavoro. Senza alcuna difesa sindacale, gli stessi incidenti sul lavoro erano frequenti:
“Mi ricordo che mia nonna diceva che il nonno lavorava dalle sei della mattina fino alle sei di sera in cava senza sosta a parte il breve momento del pranzo. Lo pagavano dodici fiorini all'ora, qualcosa si era soprattutto per integrare l'economia della famiglia.”
“Mio nonno mi diceva che aveva visto due suoi amici finire schiacciati tra il rullo che portava il ferro tagliato e la pressa che doveva dar a questo ferro la forma. Si era inceppata la macchina e questo suo amico, Bepin, era andato a controllare se non si fosse incastrato un residuo o piccolo pezzo di ferro. La macchina ripartì improvvisamente e lui poverino rimase sotto.”
L'azienda ovviamente non aveva alcun interesse a divulgare tutti i vari piccoli incidenti che capitavano sul posto di lavoro e la famiglia veniva risarcita con una somma che può benissimo corrispondere ad una sorta di elemosina:
“Sempre di Bepin, ricordo che mio nonno disse che mandarono a casa della signora Lorena, sua moglie, una lettera fredda e breve ed una somma di soldi per nulla adeguata alla perdita. Purtroppo i sindacati erano deboli e della vita di un lavoratore emigrato dalle montagna che vuoi che interessasse!. Tanto poi un altro disgraziato da mandare lì a lavorare come un mulo lo trovavano sicuramente.”
Bisogna ricordare che l'obiettivo della emigrazione stagionale era quella di integrare le economie domestiche che si basavano prevalentemente sui proventi dell'abbattimento e della lavorazione del legno e della combustione del legno per produrre carbone vegetale da vendere e spedire verso Venezia a bordo di zattere ed imbarcazioni.
“Mia nonna mi diceva che un anno era partito anche io padre che aveva 19 anni, lo mandarono vicino Francoforte e lì rimase circa 4 mesi in un'industria che lavorara il rame. Non aveva alcuna conoscenza di questo lavoro però serviva manodopera. Nel frattempo mio nonno era impegnato a produrre carbone nelle pojat.”
“Ogni anno era così. I maschi del paese partivano e tornavano mesi dopo con qualche soldo da dare alla famiglia. Le moglie e le fidanzate rimanevano a governare la casa e gli animali della famiglia. Per fortuna eravamo famiglie allargate quindi c'era tanta manodopera.”
Quando però la situazione economica per la famiglia si era fatta troppo gravosa, si sceglieva di emigrare verso il sud America. Qui gli uomini era impiegati come forza lavoro nelle piantagioni di caffè, nelle fazendas, e nell'estrazione del carbone.
In questi casi la somma di denaro raggruppata dal parente ed inviata a casa era di gran lunga superiore e continua nel tempo rispetto al lavoratore stagionale.
La stessa città brasiliana di Urussanga, nello stato di Santa Catarina, è abitata per la maggior parte da discendenti di lavoratori emigrati veneti.
Per questo tipo di spostamento non si può certamente parlare di emigrazione stagionale in quanto il capofamiglia o comunque l'uomo impiegato rimaneva lontano da casa per periodi molto lunghi quando non si trasferiva definitivamente.
Alcune famiglie scelsero di ricongiungersi al parente emigrato mentre altre decisero di rimanere in Italia.
Molti uomini emigrati sposarono donne del posto vendendosi così a creare due nuclei familiari divisi. La famiglia d'origine continuava comunque a ricevere da parte del parente emigrato un sostegno economico. Interessante è il fatto che ancora oggi alcune famiglie tengano vivi i rapporti con i discendenti di quel dato parente emigrato.
“Ogni due anni mio figlio va in Brasile e viene ospitato dalla famiglia di Luca, mio nonno, e dalla sua moglie brasiliana. E' bello che continuino a condividere i racconti sul nonno e sui suoi discendenti italiani e brasiliani. Ci sono altre famiglie qui che fanno lo stesso. Poi ora con i telefoni e Internet ci si può vedere e sentire con una telefonata quindi non serve nemmeno andare lì.”