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CAPITOLO IV : IDENTITA' COLLETTIVA E MODIFICAZION

4.2 Mondo giovanile e tecnologia

Per finire voglio fare un cenno al mondo giovanile che, pur in misura fortemente minoritaria, è presente in Erto e Casso.

I giovani, per la loro stessa posizione sociale, si trovano a rappresentare meglio di qualsiasi altra categoria, a mio modo di vedere, lo sviluppo di idee ed identità locali. Essi sono, utilizzando un concetto di Francesco Remotti, depositari di quelle che l'antropologo chiama “idee in divenire” (REMOTTI 2010)

In questo senso, posti come sono tra l'influenza degli adulti, dei più anziani e delle nuove tecnologie che avanzano, vengono a rappresentare ed incarnare la loro intersecazione.

I giovani ertani e cassani rappresentano in pieno la loro gioventù.

Ho avuto la possibilità, dietro autorizzazione delle relative madri, di fare quattro chiacchiere con 3 giovanissimi ragazzini di 13,14 e 12 anni.

Queste le parole di Mirko, 13 anni:

“Mi piace essere di qui però non rinuncerei mai al cellulare o alla playstation D: Dove ti vedi un giorno? Qui o da un'altra parte?

R: MI dispiace lasciare la mia famiglia però penso andrò via a valle sicuramente... voglio anche io andare in discoteca e fare le cose che fanno gli altri ragazzi.”

I giovani subiscono molto forte l'influenza dei mass media e delle nuove tecnologie. Inoltre grazie all'utilizzo di applicazioni multimediali quali Facebook ed Instagram, essi hanno accesso ad immagini ed immaginari diversi da quelli tradizionali che appartengono ai loro genitori e nonni.

Potremmo addirittura sostenere che le due applicazioni sopra citate sono esse stesse dei serbatoio di immagini. Sono quindi esse stesse immaginari che informano l'identità dei giovani e trasmettono loro modelli con i quali costruirsi una percezione di sé:

“noi siamo animali incompleti o non finiti che si completano e si perfezionano attraverso la cultura – e non attraverso la cultura in genere, ma attraverso forme di cultura estremamente particolari: dobuana e giavanese, hopi e italiana, di classe superiore e inferiore, accademica e commerciale.” (GEERTZ 1973: 64)

Essi sono il prodotto per eccellenza di quel grande concetto chiamato

postcolonialismo e del fenomeno della globalizzazione che al primo va di pari passo:

“Il postcolonialismo è stato definito da uno dei suoi maggiori studiosi come una postura intellettuale che 'rivendica il diritto di tutti i popoli della terra ad avere lo stesso benessere materiale e culturale (YOUNG 2005: 8). Per quanto la definizione possa risultare sintetica e sembrare di conseguenza alquanto riduttiva[...], essa ci rivela tuttavia che l'aspirazione a beneficiare dei vantaggi di un benessere materiale e culturare equamente ripartito non avrebbe potuto prendere forma se non fosse stato per quel complesso di fenomeni cui attribuiamo il nome di globalizzazione. È il processo di globalizzazione che ha posto in contatto tra loro più rapidamente e più intensamente che in passato i popoli e le culture, sottoponendo all'attenzione, e soprattutto alla vita di soggetti sia individuali che collettivi, differenza, squilibrio[...]” (FABIETTI 2007: 2).

In questo senso possiamo interpretare e contestualizzare meglio le affermazione dei giovani citati sopra. I giovani di Erto e Casso a tutti questi discorsi non fanno eccezione. Attraverso l'utilizzazione di apparecchi elettronici capaci di navigare nella rete vengono a contatto con immagini, immaginari e culture diametralmente

atti e dai discorsi dei loro genitori ma forte in loro è il richiamo ad una vita altra fatta, come abbiamo visto, di città ed agi di una vita più comoda lontano dalle difficoltà della vita quotidiana ad alta quota. Se già l'identità “montanara” arriva loro molto edulcorata, la percezione di sé di essere delle “vittime del Vajont e della tecnologia” è in loro assolutamente inesistente.

Ad essi l'eco del disastro del Vajont arriva tramite le parole ed i discorsi con i loro genitori e nonni ma ciò che successe non è certamente al centro dei loro discorsi. Così Luca, il più giovane, 12 anni, dei tre:

“Ne sento parlare spesso dai miei o a scuola si o nei discorsi dei parenti ma non l'ho vissuto quindi non so bene che cosa sia in verità. Non ho provato le loro emozioni.”

Marco, 14 anni, è sulla sulla stessa lunghezza d'onda:

“D: Parlate mai con gli amici di quello che è successo con la diga?

R: No, parliamo di altro... di giochi per la playstation, di macchine, di belle donne, di sesso. Ne parliamo con i nostri genitori si, loro ce ne parlano e vedo che per loro è molto importante ma a me non dice quasi nulla se non, vabbè, un senso di dispiacere, ma quello è normale insomma.”

Possiamo quindi riassumere in modo più articolato l'argomento dopo questa nuova aggiunta. L'identità collettiva attuale domimante, essendo Erto e Casso formate per la maggior parte, come vedremo tra poco, da adulti ed anziani sopra i 40 anni, è fortemente dominata dal disastro del Vajont, dall'idea di essere delle “vittime” non in senso pietistico ma fattuale.

A ciò si aggiunge una sostanziale diffidenza se non odio verso la tecnologia.

Le nuove generazioni di contro hanno un rapporto ottimo con le nuove tecnologie, essi le utilizzano ed esse informano e formano i loro immaginari e i loro desideri sul futuro. Essi non si sentono provati dal disastro del Vajont tanto che esso non rientra nei loro argomenti a differenza di quanto avviene per i loro genitori/nonni.

Essi si vedono come giovani delle città, regno di discoteche e nelle quali agiscono le belle donne da conquistare.

Dal connubio di queste due generazioni, proprie di identità contrapposte, e dal modo secondo il quale riusciranno ad amalgamarsi dipenderà il futuro sociale di queste due comunità.