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Empatia e Weltanschauung scientifica: contro la metafisica

Nel 1906 Theodor Lipps viene invitato a Stoccarda per tenere una relazione in occasione della 78a riunione dei medici e dei naturalisti tedeschi, relazione che verrà in seguito pubblicata con il titolo Naturwissenschaft und Weltaschauung140. Questo intervento riveste una particolare importanza, non soltanto nell’economia complessiva della riflessione lippsiana considerata in se stessa e all’interno di una visuale volta ad indagare i nessi e le connessioni tra questa riflessione e il successivo sviluppo della psicoanalisi freudiana, ma, forse, potrebbe rivestire una particolare importanza anche dal punto di vista di una prospettiva storiografica orientata a riconsiderare il variegato «dibattito sulla Weltanschaunng che si svolge nel pensiero tedesco ed europeo tra Ottocento e Novecento, attraverso il contributo di pensatori quali Husserl e Weber, Simmel e Groethuysen, Troeltsch e Mannheim, Rickert e Heidegger»141, ai quali bisogna aggiungere, come ricorda Cantillo, anche il fondamentale contributo di Karl Jaspers e della sua Psicologia delle visioni del mondo142. A questo contesto occorre, probabilmente, aggiungere anche i contributi di Lipps con Naturwissenschaft und Weltanschauung, e di Freud con l’ultima lezione, la 35a, di Introduzione alla psicoanalisi (Nuova serie di lezioni), che porta significativamente il titolo Una “visione del mondo”143 e che presenta più di qualche punto di contatto con il precedente lippsiano.

Nello stesso anno 1906 Simmel pubblica la prima edizione di Kant und Goethe. Zur Geschichte der modernen Weltanschauung144, in cui, nella contrapposizione tra questi due autori protagonisti rappresentativi dell’illuminismo e del romanticismo tedesco ed europeo, Simmel cerca, per parte sua, una possibile conciliazione tra questi due modelli paradigmatici delle due visioni del mondo, illuminista e romantica. Due anni prima, invece, nel 1904, in occasione del centenario della morte di Kant, Windelband pubblica il suo Immanuel Kant und seine Weltanschauung145, offrendo un’analisi dettagliata della «visione del mondo dualistica»146

[dualistischen Weltanschauung] di Kant e del suo tentativo, non del tutto riuscito, di «superare» [überwinden]147 quello stesso dualismo. Anche il contributo di Lipps, in effetti, pur senza nominare Kant in alcun modo, né nel titolo né nel corso dell’intera prolusione, si inserisce in una cornice teorica neokantiana, si potrebbe

140

T. Lipps, Naturwissenschaft und Weltanschauung, Carl Winter’s Universitätsbuchhandlung, Heidelberg, 1906.

141 G. Cantillo, Introduzione a Jaspers, Laterza, Roma-Bari, 2001, p. 36.

142 K. Jaspers, Psychologie der Weltanschauungen, Springer, Berlin, 1917-1971; tr. it. di Vincenzo Loriga, Psicologia

delle visioni del mondo, Astrolabio, Roma 1950.

143

S. Freud (1932), Neue Folge der Vorlesungen zur Einführung in die Psychoanalyse, Internationaler Psychoanalytischer Verlag, Wien, in GW, Bd. XV, S. Fischer Verlag, Frankfurt am Main; tr. it. Introduzione alla psicoanalisi (Nuova serie di lezioni), in OSF, vol. 11, Bollati Boringhieri, Torino 1979, pp. 262-284.

144 G. Simmel, Kant und Goethe. Zur Geschichte der modernen Weltanschauung, Kurt Wolff Verlag, Leipzig, 1906-

1916; tr. it. Kant e Goethe, Ibis, Pavia 2008.

145 W. Windelband, Immanuel Kant und seine Weltanschauung, Carl Winter’s Universitätsbuchhandlung, Heidelberg,

1904.

146 Ivi, p. 30. 147

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addirittura sostenere che la prolusione stessa non sia altro che un esercizio applicativo del metodo trascendentale kantiano alla scienza della natura.

Il riferimento a Kant non può stupire né all’interno di un dibattito sulla visione del mondo, essendo stata attribuita proprio a Kant la paternità di questo termine148, né all’interno delle riflessioni di un autore dichiaratamente kantiano come Lipps, ciò che stupisce, semmai, è proprio l’assenza di un riferimento diretto ed esplicito che, invece, Lipps sceglie di evitare di fronte a un uditorio di “non filosofi”149. Eppure, nonostante questa assenza, si potrebbe sostenere la tesi che Naturwissenschaft und Weltanschauung costituisca, in fondo, una versione divulgativa del metodo trascendentale kantiano, oppure, forse più correttamente, una versione appositamente pensata per essere presentata a un pubblico di naturalisti. In ogni caso, la presenza della riflessione kantiana è da considerarsi imprescindibile per la comprensione del testo lippsiano ed è necessario mantenerla sempre sullo sfondo, mettendola in contatto, poi, con le questioni della visione del mondo e, soprattutto, dell’empatia, che invece costituisce la parte più originale del contributo lippsiano.

2. 5.1 Scienza della natura e visione del mondo

Dopo i saluti di rito e addirittura all’interno dei ringraziamenti, Lipps si presenta immediatamente al suo uditorio di naturalisti e medici definendosi un «non-naturalista» [Nichtnaturforscher]150 e, appunto, ringraziando per aver avuto, da non-naturalista, l’occasione di poter parlare di fronte a un pubblico di naturalisti. Lipps enfatizza questa sua condizione di non-naturalista151, non tanto per rivendicare banalmente e con orgoglio una sua appartenenza alla cultura filosofico-umanista, ma, anzi, rammaricandosi della sua ignoranza per ciò che attiene alle conoscenze scientifiche della natura, sebbene, nonostante questo rammarico, l’enfatizzazione della sua condizione di non- naturalista gli sia in realtà funzionale per il tipo di discorso che intende intraprendere, ovvero un discorso filosofico. Infatti, Lipps sostiene che nel campo della scienza della natura, così come nel campo della filosofia, è chiamato ad esprimersi e a giudicare, nel primo caso, esclusivamente il naturalista e, nel secondo, esclusivamente il filosofo e, non essendo lui un naturalista, non avrebbe diritto ad esprimersi neanche sul più piccolo fatto appartenente al campo della scienza della natura, ma, essendo la scienza della natura, intesa in senso generale, un concetto astratto e, soprattutto, un prodotto intellettuale, lui, da filosofo e non-naturalista può affrontare un discorso filosofico sulla

148 Cfr. I. Kant, Kritik der Urteilskraft, KGS, Bd. V, Zweites Buch, § 26. Von der Größenschätzung der Naturdinge, die

zur Idee des Erhabenen erforderlich ist, s. 255; tr. it. Critica della facoltà di giudizio, Libro II, § 26 Della valutazione della grandezza delle cose della natura che è richiesta per l'idea del sublime.

149

Utilizzo qui l’espressione “non filosofi” sul calco dell’espressione “non naturalista” [Nichtnaturforscher] che lo stesso Lipps utilizza per presentare se stesso al suo uditorio. Cfr. T. Lipps, Naturwissenschaft und Weltanschauung, Carl Winter’s Universitätsbuchhandlung, Heidelberg, 1906, p. 3.

150 Ivi, p. 3. 151

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scienza della natura in generale, cioè, senza parlare di singoli accadimenti, fatti o dimostrazioni scientifiche152. In altri termini, è come se Lipps stesse dicendo di poter considerare la scienza della natura dall’esterno come quando si guarda una foresta, senza necessariamente dover conoscere i singoli alberi che compongono quella foresta, visibili solo da un osservatore interno.

Una volta fatta questa premessa sul tipo di discorso che intende intraprendere e una volta specificato l’oggetto di tale discorso, ovvero la scienza della natura considerata nel suo insieme, Lipps mette subito in questione l’opinione di coloro i quali credono che la scienza della natura sia una descrizione, semplificata e sintetica, dei fenomeni. Ciò che viene messo in questione da Lipps non è tanto la questione relativa alla distinzione tra descrizione e spiegazione, quanto, piuttosto, kantianamente, il significato della parola “fenomeno” [Erscheinung]153. Considerato che il fenomeno è la risultante dell’incontro tra le capacità percettive e cognitive del soggetto, da una parte, e gli oggetti del mondo esterno, dall’altra, allora, prima di poter parlare di descrizione dei fenomeni, nei termini in cui solitamente lo fa la scienza della natura, bisognerebbe sapere quanto, in quella descrizione, ci sia di soggettivo e quanto, invece, di oggettivo. A tal fine la scienza della natura dovrebbe preliminarmente interrogarsi sulle proprie capacità conoscitive, prima di intraprendere una descrizione di ciò che, a quelle capacità conoscitive appare in quanto fenomeno. Secondo Lipps questa indagine preliminare in direzione di una propedeutica epistemologica di derivazione kantiana, non viene affrontata né dall’uomo dalla coscienza prescientifica, né dall’uomo della scienza della natura154

, i quali, entrambi, non si preoccuperebbero di osservare i propri contenuti di coscienza [Bewußtseinsinhalte], ma si limiterebbero ad osservare il mondo delle cose [Welt der Dinge]155 in maniera immediata e non riflessiva. Una tale argomentazione, però, non costituisce, nella prospettiva lippsiana, una critica, né nei confronti dell’uomo della coscienza prescientifica, né, tanto meno, nei confronti del naturalista, i quali, entrambi, secondo Lipps, non sono chiamati a questa analisi critica dei contenuti di coscienza. Chi, invece, è chiamato ad assolvere questo compito è la coscienza stessa, o meglio, una scienza della coscienza che, in questa prospettiva, è la filosofia in quanto metodo trascendentale, o la psicologia intesa come scienza della coscienza fondata su quel metodo filosofico-trascendentale.

A questo punto si potrebbe avanzare l’obiezione che una tale analisi preliminare delle condizioni di possibilità della conoscenza debba considerarsi un compito impossibile, tanto per la scienza della

152

Ibidem «es ist hier nicht meine Absicht, über irgendwelche, sei es auch die kleinste naturwissenschaftliche Tatsache, vor Ihnen zu sprechen, sondern mein Gegenstand ist pinzi die große und erstaunliche Tatsache, die den Namen “die Naturwissenschaft” trägt».

153

Cfr. Ivi, p. 4.

154 Ibidem «Aber schon der Mensch des vorwissenschaftlichen Bewußtseins und erst recht der Mann der

Naturwissenschaft pflegt nicht Bewußseinsinhalte zu beobachten».

155 Ivi, p. 5 «was beide zu beobachten pflegen, ist das Wirkliche oder die vom Bewußtsein unabhängige Welt der

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natura, quanto per la filosofia, basando l’obiezione sull’analogia con l’occhio, ovvero nel senso che l’occhio può osservare potenzialmente tutto tranne se stesso che osserva, oppure, per usare l’analogia utilizzata da Lipps per descrivere questa possibile obiezione, un uomo non può saltare sulla propria ombra156. In realtà, secondo Lipps, risiederebbe nella natura stessa della coscienza questa capacità di riuscire a saltare sulla propria ombra, o, in altre parole, di osservare se stessa, sdoppiandosi, come se si osservasse dall’esterno, vagliando così anche le proprie condizioni di possibilità conoscitive. In effetti è proprio l’analogia con la capacità visiva dell’occhio che chiarisce la posizione lippsiana intorno alla questione della possibilità di un’autosservazione critica; secondo Lipps «l’Io è un occhio doppio; vale a dire da un lato empirico [sinnliches] e dal’altro mentale [geistiges]»157. Proprio questo sdoppiamento o doppia natura dell’Io, permette allora una conoscenza delle proprie capacità conoscitive. Il pensiero, sia esso scientifico, filosofico o di qualsiasi altro genere, è, nella prospettiva lippsiana, l’incontro tra l’Io e il mondo delle cose: «Il pensiero è, secondo la sua natura, una relazione di scambio tra l’Io pensante e gli oggetti da lui differenti che lo trascendono, in particolare è una relazione di scambio tra l’Io pensante e il mondo delle cose esistente indipendentemente da lui»158.

Se le cose stessero effettivamente in questo modo, tanto per il pensiero scientifico quanto per quello filosofico, allora sarebbe possibile anche dimostrare che la scienza della natura, o meglio i naturalisti in quanto soggettività pensanti che con il loro lavoro contribuiscono a formare il pensiero scientifico nella sua generalità, partecipano anch’essi, proprio in quanto soggettività pensanti, in quanto Io, alla costruzione dei fenomeni che pretendono di descrivere in maniera asettica e neutrale. In effetti, questa è esattamente la tesi sostenuta da Lipps, il quale afferma che la scienza della natura è una scienza ideale che si occupa di fatti ideali e non, come invece si potrebbe credere ingenuamente, una scienza empirica che si occupa dell’esperienza. Per chiarire questa posizione a tutta prima decisamente controintuitiva, Lipps adduce l’esempio della legge di gravitazione universale di Newton; questa legge non descrive come i gravi cadano e, soprattutto, non è mai riferita a un determinato grave, ma, al contrario, descrive le condizioni ideali per la caduta di un grave ideale159. Anche in questo caso si potrebbe muovere l’obiezione che la scienza della natura non ha a che fare con gravi ideali, ma che invece ottiene la sua legge di gravità tramite induzione e

156 Ibidem «das Bewußtsein könne nicht über sich selbst hinaus, so wenig wie ein Mensch über seinen Schatten zu

springen vermöge».

157 Ivi, pp. 12-13 «Das Ich ist ein doppeltes Auge; nämlich einmal ein sinnliches und zum anderen ein geistiges Auge»

tr. mia.

158 Ivi, p. 5 «Denken ist seiner Natur nach eine Wechselbeziehung zwischen dem denkenden Ich und von ihm

verschiedenen und ihm transzendenten Gegenständen, insobesondere eine Wechselbeziehung zwischen dem denkenden Ich und einer von ihm unabhängig existierenden Welt der Dinge» tr. mia.

159 Cfr. Ivi, p. 8 «des Fallgesetz […] sagt nicht, wie Körper fallen, sondern wie sie zu fallen “tendieren” […], wie die

Körper fallen würden, wenn die Bedingungen des Fallens rein gegeben wären. Es charakterisiert das reine oder ideale Fallen, das nirgendwo anders als im Geiste des Naturforschers vorkommt».

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generalizzando l’osservazione empirica di gravi reali: si osserva un grave cadere in un determinato modo, si osservano altri mille gravi cadere allo stesso modo e, infine, si presume che tutti i gravi cadranno allo stesso modo, formulando poi una legge che ne descriva la caduta in tutti i casi possibili. In realtà, il ragionamento lippsiano non è volto a negare la componente induttiva ed empirica della scienza della natura, ma a mettere in risalto la componente soggettiva che contribuisce alla formazione dei fenomeni che la scienza della natura descrive. Per offrire un’immagine più precisa di questo intreccio tra la componente empirica dell’osservazione della caduta dei gravi e quella ideale della formulazione della legge, Lipps formula un altro esempio, forse maggiormente chiarificatore, sebbene non abbia nulla a che fare con la legge di gravitazione universale: l’esempio lippsiano descrive un costruttore edile intento nella sua impresa di costruttore. L’attività del costruttore, secondo Lipps, è paragonabile a quella del ricercatore nel campo della scienza della natura. Se la scienza della natura fosse una semplice descrizione dei fenomeni, allora, questa dovrebbe limitarsi a raccogliere e catalogare le pietre da costruzione, suddividendole in mucchi di pietre grandi, piccole, oppure di determinate forme e, anche in questo modo, la classificazione non sarebbe comunque una classificazione “naturale”, ma “imposta”. L’attività del ricercatore nel campo della scienza della natura, invece, secondo Lipps, non si limita neanche a una classificazione di questo tipo, ma prende parte, in un senso più profondo, al processo di costruzione dell’edificio delle conoscenze scientifiche, plasmando le pietre, tagliandole e dando loro la forma più adeguata per poter essere poi legate tra loro attraverso la malta, prodotta a sua volta dal ricercatore e, infine, venendo disposte secondo un preciso ordine, anch’esso stabilito dalla mente del ricercatore160. In questo senso, allora, la scienza della natura non si limita a classificare il semplice dato empirico, ma conforma quest’ultimo ai propri scopi scientifici, anzi, secondo Lipps, il compito della scienza della natura è proprio quello di “traslare” [übertragen] il semplice dato empirico, portandolo su un piano ideale161, in altri termini, trasformare la percezione empirica in percezione mentale, oppure, detto ancora altrimenti, vedere con gli occhi della mente ciò che è stato visto con l’occhio empirico. Questa operazione, inoltre, non è affatto immediata, ma, anzi, avviene solo a seguito di un vero e proprio “cambio di mentalità”, un “pensare diversamente” [umdenken]162

le cose e, questo cambio di mentalità modifica addirittura la percezione stessa del fenomeno osservato. Se la scienza della natura fosse una semplice descrizione e catalogazione di ciò che viene osservato, si continuerebbe ancora a sostenere che il Sole gira intorno alla Terra proprio perché è esattamente questo che la coscienza empirica percepisce, mentre, invece, la scienza della natura, comportando un “cambio di mentalità”, conduce a vedere, al di là del movimento apparente del

160 Ivi, p. 9. 161 Cfr. Ivi, p. 13. 162

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Sole, il movimento reale di rotazione terrestre, influendo così sulla percezione stessa del fenomeno e contribuendo alla formazione stessa del fenomeno. In questo senso Lipps può affermare che la scienza della natura è una scienza formale e niente affatto materiale163, nel senso che non è costituita a partire dal dato empirico, ma piuttosto dal cambio di mentalità ideale che condiziona e struttura il dato empirico. In altri termini, la scienza non sarebbe costituita da concetti intuibili [Anschauungsbegriffe], ma da concetti di relazione [Beziehungsbegriffe]164, intendendo, con i primi, quei concetti formati a partire dalla percezione empirica e, con i secondi, quelli formati a partire da una relazione formale e ideale. A questo proposito, per chiarire la differenza tra questi diversi tipi di concetti, Lipps formula ancora un esempio, ipotizzando che, una persona affetta da daltonismo e completamente incapace di percepire i colori, volesse dare una definizione di colore: potrebbe farlo a partire dalla lunghezza d’onda della luce percepita da un’altra persona normovedente e, così facendo, potrebbe dare una perfetta definizione scientifica del colore in oggetto. Ma, essendo la persona affetta da daltonismo completamente incapace di percepire il colore in prima persona, la sua definizione sarebbe solo una relazione tra la lunghezza d’onda percepita dalla persona normovedente e la parola usata per indicare il colore, sia essa “rosso”, “rot”, “red” o qualsiasi altro simbolo linguistico165. Secondo Lipps anche la scienza della natura non farebbe altro che formulare concetti di relazione del tipo di quello espresso tra una lunghezza d’onda e un simbolo linguistico corrispondente a un colore, senza esprimere nulla riguardo al contenuto empirico-esperienziale, in prima persona, degli oggetti presi in considerazione dall’osservazione scientifica. L’unica possibilità di definire scientificamente qualcosa risiede, quindi, secondo Lipps, proprio nel fatto di esprimere una semplice relazione, mentre, al contrario, il contenuto empirico-esperienziale, puramente soggettivo, risulta invece indefinibile, al punto che Lipps, non a caso, arriva ad affermare che «la scienza della natura non sa nulla dei qualia [Quale] del reale»166. Il qualia, per Lipps, è proprio questa componente puramente soggettiva e afferente all’intuizione personale, che non è possibile definire o racchiudere in un concetto di relazione e, quindi, all’interno di una descrizione scientifica.

163 Ivi, p. 14. Questa distinzione tra “formale” e “materiale”, può essere ricondotta anche alla Fondazione della

metafisica dei costumi, in cui Kant afferma: «Qualsiasi conoscenza razionale è, o materiale [material] – e allora riguarda un qualche oggetto [Objekt] – o formale [formal], e allora si occupa esclusivamente della forma dell’intelletto [Verstandens] e della ragione [Vernunft] stessa, nonché delle regole del pensare in generale, senza distinzione di oggetti [Objekte]» [I. Kant, Grundlegung der Metaphysik der Sitten, in KGS, Bd. VI; tr. it. Fondazione della metafisica dei costumi, Laterza, Roma-Bari, p. 1].

164

Ivi, p. 16.

165 Cfr. Ivi, p. 17. Un esempio molto simile a quello lippsiano e divenuto poi molto famoso all’interno degli studi

riguardanti la filosofia della mente, si trova in F. Jackson, What Mary Didn’t Know, in «Journal of Philosophy», n. 86 (1986), pp. 291-295.

166

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Se la scienza della natura, o meglio, se i naturalisti che lavorano all’edificazione della scienza della natura, si limitassero alla formulazione di concetti di relazione, allora la scienza della natura non avrebbe nessuna visione del mondo propria e, in effetti, secondo Lipps non è del tutto corretto parlare di visione del mondo scientifica, proprio in quanto la scienza della natura, considerata in se stessa, non possiede, teoricamente, nessuna visione del mondo. Ma, in quanto edificata da naturalisti, anche la scienza della natura tende ad avere delle visioni del mondo, almeno nella misura in cui sono gli stessi naturalisti che proiettano le proprie visioni del mondo o parti delle proprie visioni del mondo all’interno degli oggetti osservati durante il loro lavoro di ricerca.

2.5.2 Visione del mondo ed empatia

Già attraverso l’esempio della legge di gravitazione universale, Lipps aveva sottolineato la presenza, implicita, di una forma di «antropomorfismo» [Anthropomorphismus]167 interno alla descrizione scientifica della natura, antropomorfismo che risiederebbe nell’espressione “tendere” [“tendieren”] utilizzata dai naturalisti, per descrivere la caduta dei gravi: i corpi tendono a cadere secondo precise modalità descritte dalla legge di gravitazione universale. Che i corpi tendano a cadere, implica, secondo Lipps, un’implicita attribuzione, da parte del naturalista, di questa “tendenza”, come se i corpi possedessero delle tendenze e come se potessero fare e decidere diversamente rispetto alla loro caduta e, quindi, divergere rispetto a quelle tendenze. Attribuire ai corpi una tendenza, quindi, non è soltanto una manifestazione di antropomorfismo, per quanto implicita e involontaria, ma, in quanto proiezione del naturalista, risulta anche una vera e propria manifestazione di empatia, nel senso lippsiano del termine, nei confronti della natura.

Per una considerazione dei rapporti tra empatia e visione del mondo, però, è ancora più interessante il ragionamento che Lipps svolge poco più avanti, quando parla di «introduzione di concetti animistici e antropomorfici nel mondo delle cose»168. L’animismo, nella concezione lippsiana, è riconducibile all’empatia originaria [ursprüngliche Einfühlung]169, quindi, se il naturalista introduce concetti animistici nel mondo delle cose, ciò significa che egli sta

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