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Al di là delle occorrenze lippsiane all’interno della produzione psicoanalitica freudiana che accompagnano l’intero arco della stessa, è possibile rinvenire argomentazioni a favore di una incisiva presenza lippsiana all’interno della riflessione freudiana anche a partire dalla biblioteca dello stesso Freud, ovvero attraverso il ricorso a delle argomentazioni di ordine per così dire filologico, nel senso di ricostruzione, in realtà parziale e soltanto ipotetica, delle effettive letture freudiane.

Il lavoro di Trosmann e Simmons, The Freud Library182, offre già una ricostruzione abbastanza esauriente in questo senso; gli autori hanno infatti catalogato tutte le opere che attualmente si trovano al Freud Museum di Londra, ovvero quella che è stata l’ultima abitazione freudiana in seguito alla fuga in Inghilterra causata dell’arrivo dei nazisti a Vienna. Trosmann e Simmons non solo offrono un catalogo completo delle opere che Freud è riuscito a portare a Londra, ma danno anche conto di quali di queste opere portano segni di lettura da parte di Freud, sottolineature, glosse e note a margine e, ancora, quali di queste opere hanno una dedica, di mano dell’autore o di qualcun altro, ovvero quali di queste opere sono state presumibilmente regalate a Freud dagli autori stessi o da terzi, deducendo quindi le altre come acquisti operati dallo stesso Freud. Un lavoro del genere è portatore di limiti intrinseci, non è infatti possibile sapere quante opere Freud sia effettivamente riuscito a salvare dai nazisti e portare a Londra e quante, invece, siano rimaste a Vienna, se ci sia stata una selezione in questo senso, chi abbia provveduto a questa selezione, oppure se il catalogo attuale sia frutto di mera casualità e accidentalità storica: di fronte al nazismo e al pericolo di morte, forse nessuno avrebbe troppa voglia di discutere di quali libri salvare. Analogamente, non è neanche possibile stabilire quali di questi libri siano stati effettivamente regalati a Freud e quali siano stati invece da lui stesso comperati: spesso si ricevono libri in regalo senza che ci sia nessun segno, sul libro stesso, dell’autore del regalo. Infine, il catalogo attuale non può chiaramente essere rappresentativo delle effettive letture freudiane, in quanto Freud, come chiunque altro, avrà sicuramente letto e studiato molti libri in biblioteca, senza quindi possederli. In altri termini, un’argomentazione che voglia partire dalla libreria privata di Sigmund Freud non può certo pretendere alcuna validità e rappresentatività reale delle effettive letture freudiane.

Tuttavia, al di là di queste limitazioni strutturali, esistono elementi comunque indicativi che potrebbero condurre a ritenere non del tutto ingiustificato un ricorso allo studio di quella che è attualmente la libreria freudiana presso il Freud Museum di Londra.

182 H. Trosmann, D. Simmons, The Freud Library, in «Journal of American Psychoanalytic Association», n. 21 (1973),

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1.6.1 Lipps versus Nietzsche

Esempio paradigmatico della utilità di una verifica bibliografica all’interno della libreria freudiana è il differente risultato deducibile dal confronto tra la presenza lippsiana e quella nietzscheana. Per quanto riguarda Lipps è possibile rinvenire, all’interno della libreria di Freud, ben nove opere, alcune delle quali portano anche i segni di avvenuta lettura da parte di Freud stesso e, presumibilmente, tutte comperate da Freud per interesse personale e teorico. Per quanto riguarda Nietzsche, invece, è possibile rinvenire la raccolta completa degli scritti, elemento che potrebbe condurre facilmente a una sopravvalutazione della presenza nietzscheana, ma, è necessario aggiungere, questa raccolta, è stata regalata a Freud da Otto Rank per il settantesimo compleanno a seguito della avvenuta rottura tra maestro e allievo. Addirittura Freud arriva a definire il regalo di Rank come una «azione sintomatica»183, nel senso che, nella prospettiva freudiana, il gesto di Rank avrebbe voluto significare qualcosa come: “non credere di essere un maestro e men che meno il mio maestro, poiché il mio vero maestro è Nietzsche, il quale ti ha anticipato in moltissime cose e dal quale o hai trafugato materiale senza citarlo, oppure non ti sei preso neanche la briga di studiare, per cui io ti regalo tutte le sue opere, in modo che tu possa vedere quanta poca cosa è il tuo contributo alla conoscenza rispetto al suo”. Tutto ciò, di nuovo, come regalo di settantesimo compleanno. Freud, da parte sua, a settanta anni aveva già scritto le cose più importanti della sua produzione, viveva ormai da lungo tempo accompagnato da un tumore alla mascella e, infine, non ha lasciato alcun segno di lettura in nessuno dei volumi nietzscheani regalatigli da Rank. Senza considerare le continue affermazioni in questo senso che Freud ha ripetutamente sostenuto nelle sue opere, ma anche in corrispondenze private e incontri della Società di Psicoanalisi, in cui sostiene di non aver mai davvero letto Nietzsche, così come la mancanza assoluta di riferimenti nella corrispondenza con Lou Salomé, le scarse citazioni, per giunta spesso errate e di seconda mano, che è possibile rinvenire nelle opere freudiane e tutta una serie di altri indizi che non fa che confermare, piuttosto che smentire, i dati provenienti dalla libreria.

Un articolo molto interessante, sugli Usi e abusi freudiani di Nietzsche, avanza una tesi alquanto suggestiva: gli allievi di Freud, molti dei quali avranno attriti anche personali con il maestro e possono essere definiti dissidenti, non solo hanno una formazione filosofica nientzscheana, ma anche una vera e propria passione per i testi di Nietzsche, passione del tutto assente in Freud. Questi allievi, inoltre, utilizzano addirittura il riferimento a Nietzsche proprio come arma nella loro lotta edipica e filiale contro il padre della psicoanalisi e, quindi, attraverso la traslazione, anche contro una immagine che per loro è paterna.

183 Cfr. Paskauskas (a cura di), The Complete Correspondence of Sigmund Freud and Ernest Jones 1908-1939, The

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Da una parte era un tentativo dei suoi seguaci di affermare la loro indipendenza attraverso la costruzione delle proprie teorie (come nei casi di Adler, Jung, Stekel, Rank); da un’altra parte era un tentativo di minare le conquiste intellettuali di Freud evidenziando le fonti esterne della sua dottrina, suggerendo in tal modo che non era poi così originale come appariva a prima vista. Gli ampi riferimenti a Nietzsche dei collaboratori, si possono considerare, quindi, come una tattica oppositiva e ambivalente come, ad esempio, facevano anche i pazienti di Freud. È noto, per esempio, che il paziente di Freud, l’uomo dei topi, ha citato

più volte l’opera di Nietzsche durante le sedute [di psicoanalisi]184

.

Il riferimento all’uomo dei topi è estremamente significativo in quanto rende evidente il transfert negativo nei confronti dell’analista, non solo di Lanzer-uomo dei topi, nel qual caso sarebbe un normale momento dell’analisi, ma, soprattutto, degli allievi che come Lanzer, richiamandosi a Nietzsche per sminuire l’originalità del pensiero freudiano, manifestano lo stesso tipo di transfert. Questo legame tra il ricorso al riferimento nietzscheano e un elemento transferale spiegherebbe perché, tra gli analisti, il riferimento a Nietzsche è stato molto diffuso nella prima generazione di allievi e, in particolare, molto forte tra quelli dissidenti, mentre sia quasi scomparso dopo la seconda guerra mondiale, tra gli psicoanalisti che non sono stati allievi diretti di Freud, rimanendone tracce solo in quelle scuole, come quella lacaniana, che non appartengono all’IPA o quella italiana che, sebbene ne faccia parte, risente molto della cultura francese. Del resto è nota la fortuna di cui ha goduto e gode Nietzsche in Francia e in Italia, di gran lunga superiore a quella di cui gode in Germania. Il fatto che il richiamo a Nietzsche, in ambiente psicoanalitico, sia molto diffuso tra gli allievi dissidenti o in quelle tradizioni lontane dall’IPA, non significa «negare la validità delle comparazioni tra Freud e Nietzsche»185, sempre possibili, soprattutto in ambito filosofico e, in particolare, teoretico, a patto che, contemporaneamente, la comparazione teoretica non si trasformi in una comparazione sul piano della riflessione etica o in una affermazione di influenza diretta argomentata sul piano storico.

Nel 1923 Rank pubblica il suo lavoro più noto, Il trauma della nascita e, di lì a breve, romperà i suoi legami con Freud. Per quanto riguarda questo lavoro non si può parlare di una vera e propria linea interpretativa che leghi Freud a Nietzsche, ma piuttosto di un caso curioso nella storia di questo confronto. Il libro di Rank è dedicato a Freud «esploratore dell’inconscio e creatore della

184 J. Golumb, Freudian Uses and Misuses of Nietzsche, in «American Imago», v. 37, n. 4 (1980), p. 377 «One way his

followers affirmed their independence was by building their own, original theories, (as in the cases of Adler, Jung, Stekel, Rank); another was by trying to undermine Freud’s intellectual achievements by pointing out external sources of his doctrine, thereby hinting that it was not as original as appears at first glance. One might regard, therefore, the extensive references to Nietzsche by Freud’s ambivalent co-workers and opponents as an example of this tactic, a tactic also used by Freud’s patients. It is know for example, that Freud’s patient, the Rat-Man quoted several times from Nietzsche’s work during his sessions» traduzione mia.

185

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psicoanalisi»186 e, allo stesso tempo, inizia con un esergo tratto da La nascita della tragedia. I nomi di Freud e Nietzsche si trovano quindi l’uno accanto all’altro generando l’idea di una correlazione e, ancora una volta, un allievo di Freud sente la necessità di coniugare psicoanalisi e filosofia nietzscheana. Il trauma della nascita inizia con un esergo dedicato alla morte, un esergo molto particolare che potrebbe fungere da chiave di lettura dell’intero testo in direzione psicobiografica. Il passo nietzscheano riportato da Rank suona:

L’antica leggenda narra che il re Mida inseguì a lungo nella foresta il saggio Sileno, seguace di Dioniso, senza prenderlo. Quando quello gli cadde infine fra le mani, il re domandò quale fosse la cosa migliore e più desiderabile per l’uomo. Rigido e immobile, il demone tace; finché, costretto dal re, esce da ultimo fra stridule risa in queste parole: «Stirpe miserabile ed effimera, figlio del caso e della pena, perché mi costringi a dirti ciò che per te è vantaggiosissimo non sentire? Il meglio è per te assolutamente irraggiungibile: non essere nato, non essere, essere niente. Ma la cosa in secondo luogo migliore per te è

morire presto187

Basta sostituire a re Mida il nome di Freud, re in quanto padre della psicoanalisi e capo famiglia di quella sorgente comunità scientifica e, al nome di Sileno, quello di Rank, seguace di Dioniso- Nietzsche, per comprendere il valore dell’esergo e della sua scelta. Agli occhi di Rank Freud doveva sembrare proprio un re Mida, dato il grande successo che riscuoteva in quegli anni il vecchio mestro viennese, così come è noto che Rank si laureò in filosofia grazie al denaro di Freud- Mida il quale pagò personalmente i suoi studi date le ristrettezze economiche e la umile provenienza famigliare di Rank, ed è infine ugualmente noto quanto Rank fosse ammiratore di Nietzsche. Inoltre, ne Il trauma della nascita, Rank scrive anche: «Quanto al riferimento spirituale, all’eroe intellettuale – all’eroe, cioè, che Nietzsche incarna come forse nessun altro – è nella sua spregiudicatezza nei confronti della tradizione e delle convenzioni che continua ad esprimersi la tendenza a liberarsi dell’antico giogo».188

Rank, identificandosi con Nietzsche, si sente anch’egli un rinnovatore e utilizza proprio Nietzsche come strumento contro quella che percepisce come una tradizione, ovvero la psicoanalisi nella sua versione freudiana. Ciò, però, non deve far pensare che Rank interpreti Freud e Nietzsche come due modelli contrapposti, anzi, semmai, seppur con toni molto personali e influenzati da vicende biografiche, Rank sembra accostare i due autori. L’esergo riportato in apertura di Il trauma della nascita, infatti, può essere interpretato ulteriormente come una polemica nei confronti di

186 O. Rank, Das Trauma der Geburt und seine Bedeutung für die Psychoanalyse, Internationaler Psychoanalytischer

Verlag, Wien 1923; tr. it. Il trauma della nascita. Sua importanza per la psicoanalisi, Rizzoli, Milano 2007, p. 17.

187 Ivi, p. 18. 188

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Freud proprio attraverso lo strumento nietzscheano: Freud aveva pubblicato da poco Al di là del principio di piacere in cui, per la prima volta, veniva formulato il concetto di pulsione di morte, ovvero di quella pulsione, nella prospettiva freudiana presente in ogni organismo vivente, di tornare allo stadio pre-natale, o per dirla con le parole nietzscheane riportate da Rank, di quel desiderio di non essere nato e, quindi, una volta nato, di morire presto. In altre parole è come se Rank, in quell’esergo, volesse mostrare a Freud che già Nietzsche aveva intuito il concetto di pulsione di morte.

Al di là dell’azione sintomatica del regalo rankiano, Freud avrebbe potuto comunque leggere Nietzsche, forse ancora in giovane età, attraverso delle edizioni prese in prestito in biblioteca o da amici e conoscenti, come del resto argomentano tanto Gödde quanto Gasser nelle rispettive ricostruzioni, tuttavia, il dato proveniente dal Freud Museum rimane ugualmente in accordo con quelli ricavati dall’insieme dei riferimenti presenti nelle Opere, nelle corrispondenze e nei resoconti delle riunioni della Società di Psicoanalisi.

Analogamente a quanto avviene per Nietzsche, ma in senso speculare e opposto, anche la presenza lippsiana all’interno del Freud Museum si presenta in accordo con i dati ricavati dalle opere freudiane, anzi, in un certo qual senso, una tale presenza funge da rinforzo e conferma di ciò che è comunque possibile sostenere anche indipendentemente dai dati emersi dalla libreria di Freud. Le opere ancora oggi presenti a Londra, come già accennato, sono nove e si tratta, in ordine cronologico, di: Grundtatsachen des Seelenlebens (1883); Psychologische Studien (1885); Ästetische Faktoren der Raumanschauung (1891); Der Streit über Tragödie (1891); Gründzuge der Logik (1893); Raumästetic und geometrischoptische Täuschungen (1897); Komik und Humor (1898); Vom Fühlen, Wollen und Denken. Eine psychologische Skizze (1902); Einheiten und Relationen. Eine Skizze zur Psychologie der Apperzeption (1902).

A queste opere effettivamente possedute da Freud bisogna comunque aggiungere anche l’importante scritto lippsiano Der Begriff des Unbewussten in der Psychologie (1896), esplicitamente citato da Freud con tanto di riferimento bibliografico esatto all’interno de L’interpretazione dei sogni, quindi, il computo delle opere lippsiane nella libreria freudiana sale almeno a dieci, rimanendo tuttavia probabile che Freud fosse a conoscenza anche di altre opere, come ad esempio la seconda edizione di Vom Fühlen, Wollen und Denken. Versuch einer Theorie des Willens (1907), in cui compare per la prima volta il concetto di über-individuelle-ich, molto affine a quello freudiano di Über-ich, ma di cui non si hanno purtroppo prove sufficienti che possano avvalorare l’ipotesi di una effettiva lettura freudiana dell’opera lippsiana, la quale avrebbe permesso la mutuazione del concetto e il suo inserimento all’interno della cornice teorica psicoanalitica.

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Non tutti i volumi lippsiani presenti nella libreria freudiana hanno avuto o possono avere la stessa importanza ai fini dello sviluppo della riflessione psicoanalitica e ai fini della maturazione teorica e metodologica di essa psicoanalisi. Tra l’altro, non tutti i volumi lippsiani portano effettivi segni di lettura e note a margine. Tuttavia almeno due volumi attirano immediatamente l’attenzione: Komik und Humor, a causa della sua ingombrante presenza all’interno de Il motto di spirito e delle numerosissime sottolineature di mano freudiana, ma, forse ancor di più rispetto a quest’opera, i Grundtatsachen des Seelenlebens, a causa della loro presenza nel momento aurorale della psicoanalisi e del loro carattere più spiccatamente anticipatorio di alcuni temi specifici in seguito ripresentatisi all’interno della riflessione freudiana, su tutti il concetto stesso di inconscio psicologico. Komik und Humor, essendo citato da Freud circa una quarantina di volte all’interno della sola opera Il motto di spirito ed essendo dunque in assoluto il testo maggiormente citato da Freud all’interno di tutta la sua produzione psicoanalitica, meriterebbe forse una particolare attenzione e uno studio a parte dedicato proprio al ruolo che un tale testo ha avuto, tanto per la stesura de Il motto di spirito, quanto per il pensiero freudiano in generale, studio che però esula dai fini e dai limiti del presente lavoro. In questa sede ci si concentrerà invece sull’altro testo lippsiano che riveste una particolare importanza per la produzione freudiana, quel Grundtatsachen des Seelenlebens che ha condizionato l’abbandono freudiano dei maestri e dei metodi precedenti la scoperta della psicoanalisi e dell’interpretazione dei sogni. In particolare, ci si concentrerà sul capitolo VII, che è anche quello maggiormente sottolineato da Freud, dedicato da Lipps alle “eccitazioni psichiche inconsce”.

1.6.2 Delle eccitazioni psichiche inconsce

Il settimo capitolo dei Grundtatsachen, è anche l’unico capitolo dell’opera di cui Freud sottolinea non solo il testo, ma finanche il titolo; già questo elemento potrebbe essere indicativo del particolare interesse freudiano nei confronti del capitolo in questione. Scorrendo però le pagine dell’opera è possibile rinvenire diverse sottolineature operate da Freud che mettono in risalto alcuni particolari passaggi argomentativi e la costruzione di alcuni concetti e meccanismi, che potrebbero essere facilmente accostati alla successiva produzione freudiana. In questa sede si cercherà proprio di operare una simile ricostruzione, riproducendo quindi le stesse sottolineature freudiane anche all’interno della presente ricerca.

La prima proposizione del capitolo lippsiano, viene immediatamente sottolineata da Freud: «Le rappresentazioni riproducono rappresentazioni e queste ne riproducono a loro volta di altre, facendo scorrere il tempo. Di conseguenza i processi devono essere pensati come processi che si svolgono gradualmente e in questo tipo di gradualità nelle sensazioni e rappresentazioni non c’è nulla da

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osservare, intendo nei contenuti mentali coscienti di ciò che chiamiamo sensazioni e rappresentazioni»189. In questo passaggio iniziale Lipps sta caratterizzando le sensazioni e le rappresentazioni coscienti, ovvero i loro contenuti mentali, come ciò su cui scorre il tempo, si potrebbe dire, che il tempo, già in Lipps, intrattiene un rapporto strettissimo con la coscienza e, di conseguenza, non lo intrattiene al contrario con l’inconscio. Per far comprendere questo scorrere del tempo all’interno dei contenuti mentali coscienti, Lipps pone l’esempio che un suono A gli ricordi la persona B e che questa, a sua volta, richiami alla memoria un discorso C avuto con lei. Il passaggio da A a B e da B a C, non è un passaggio immediato, ma, nell’ottica lippsiana, un passaggio che richiede un seppur minimo intervallo temporale. All’interno di questo seppur breve intervallo avvengono infiniti passaggi intermedi, ma la coscienza coglie soltanto la presenza di A, quella successiva di B e infine quella di C. In altri termini, la coscienza non è in grado di cogliere gli stadi intermedi tra la presenza di A e quella di B, oppure tra quella di B e quella di C. Esattamente sullo sfondo di questa distinzione tra gli elementi coscienti A, B e C, e quelli intermedi e inconsci, si presenta la seconda notazione freudiana:

A non produce B e B non produce C, bensì A instituisce un processo [Process] il cui risultato conclusivo è B, e B a sua volta istituisce un processo il cui risultato finale è C e così via. E questo processo è ogni volta

costante, cioè procede attraverso infinitamente numerosi stadi intermedi. Ora, nella nostra coscienza non troviamo nulla di relativo a un tal genere di processo continuo del sorgere della rappresentazione [Vorstellungsentstehung]. Questa costanza deve quindi aver luogo al di fuori della nostra coscienza. La successione di A, B, C, bisogna dire, risiede sul fondamento di un graduale divenire della vita psichica, una transizione graduale da stato a stato [Zustand]. Le rappresentazioni e sensazioni coscienti sorgono da questa vita psichica, in cui si lasciano produrre sempre dallo stesso stato o in quello stato si lasciano trasformare. Il

resto rimane accadimento inconscio [unbewusstes Geschehen].190

Questo passaggio sottolineato da Freud è particolarmente interessante sia perché opera una distinzione tra inconscio e coscienza, riconoscendo un primato all’inconscio, dal momento che le rappresentazioni possono accedere alla coscienza oppure rimanere inconscie ma non essere già autonomamente nella coscienza, sia perché descrive il rapporto tra inconscio e coscienza in termini di una sviluppo graduale e continuista, analogamente al successivo approccio freudiano. Non esistono due forme di coscienza contrapposte, di cui una è caratterizzata dalla consapevolezza e

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