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Sottovalutare l’importanza che un autore come Theodor Lipps ha avuto sulla formazione e lo sviluppo del pensiero freudiano è, in base alle numerose attestazioni di stima e riconoscimenti tributategli dallo stesso Freud, se non proprio una impresa impossibile, quanto meno un’operazione intellettualmente parziale e storiograficamente alquanto opinabile. Ma sottovalutare addirittura l’importanza che un testo come Komik und Humor ha avuto per la formazione di un altro testo come Il motto di spirito, è evidentemente un’operazione ancor più opinabile e suscettibile di fondate critiche e obiezioni.

Freud, all’inizio del suo lavoro, riferendosi proprio all’opera lippsiana Komik und Humor, sostiene: «Debbo a questo libro [Komik und Humor] l’ardire e la possibilità stessa di accingermi a questo tentativo»112, ovvero la possibilità di accingersi al tentativo di scrivere un’opera sul motto di spirito e a tentare di offrirne una interpretazione psicoanalitica. In altre parole, Freud sta sostenendo che senza Komik und Humor di Lipps non sarebbe mai potuto esistere Il motto di spirito e la sua relazione con l’inconscio. In effetti, già una simile attestazione, in apertura del volume, non può che confermare la grande importanza che la riflessione lippsiana ha avuto su Freud, sia in generale, sia nello specifico di questa singola opera. Anzi, probabilmente, proprio soffermandosi su questa attestazione di stima e limitandosi a questo singolo riconoscimento di un forte debito culturale, psicoanalisti come Strachey e Musatti nelle rispettive prefazioni alle diverse edizioni dell’opera sul motto oppure, come Etchegoyen nei passaggi dedicati alla comicità del suo monumentale manuale psicoanalitico, hanno potuto menzionare l’importanza che Lipps ha avuto su quest’opera freudiana. Tuttavia, in nessun caso si assiste a uno studio approfondito della questione, rimandando il lettore a una sua autonoma presa visione del testo lippsiano e, quindi, a una altrettanto autonoma valutazione dell’eventuale debito freudiano.

Per rendere anche solo vagamente l’idea di quanto importante sia stato il contributo lippsiano per la formazione dell’opera freudiana sul motto, al di là del grande riconoscimento in apertura del volume, basti pensare che l’esempio più famoso di motto utilizzato da Freud, quello per così dire paradigmatico e da cui prende avvio l’intero studio, ovvero l’esempio dei modi “Familionari” che il ricco barone Rothschild avrebbe riservato al povero Hirsch-Hyacinth, tratti da Impressioni di viaggio di Heine, in realtà, Freud lo mutua, per sua stessa ammissione, prima di tutto da Lipps e dal suo Komik und Humor: «Questo stesso motto [i modi familionari] ci occuperà più avanti, e avremo occasione allora di apportare alla trascrizione di Lipps, dalla quale prende le mosse la nostra, una correzione che non tocca le spiegazioni che seguono qui»113. Analogamente, poche pagine più

112 Freud, S. (1905), p. 7 n. 1. 113

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avanti, occupandosi di quella particolare caratteristica del motto di dover essere breve e conciso, Freud, ricollegandosi nuovamente a Lipps, scriverà: «Ricordiamo che Lipps ha tentato di approfondire la peculiarità della concisione arguta» e, immediatamente dopo, in riferimento a queste analisi lippsiane riguardanti la concisione del motto, Freud ribadirà ancora: «A questo riguardo [dell’analisi lippsiana sulla concisione] la nostra ricerca si è inserita»114

, ovvero, la ricerca freudiana si inserisce nel solco tracciato dalla ricerca lippsiana.

1.4.1 Il motto nell’economia generale della psicoanalisi freudiana

Ancor più importante, però, sembra essere un altro riconoscimento attributo da Freud all’opera lippsiana, forse più generico rispetto a quello presente nell’introduzione, ma, dal punto di vista teorico, decisamente più consistente. Nella terza parte dell’opera, quella per l’appunto teorica, espressamente dedicata alla relazione del motto di spirito con il sogno e con l’inconscio, Freud scrive chiaramente:

Queste mie spiegazioni non hanno quindi, né possono avere, altro scopo che di rinviare alla trattazione più particolareggiata dell’inconscio contenuta nella mia Interpretazione dei sogni e ai lavori di Lipps, che considero sommamente importanti. Io so che chi si muove nell’ambito di una buona cultura filosofica scolastica, o dipende anche indirettamente da un sistema filosofico, si ribella all’ipotesi dello “psichico inconscio” inteso nel senso di Lipps e mio e so che preferirebbe dimostrarne l’impossibilità, facendosi forte

della definizione dello psichico115.

Lipps viene associato ancora una volta alla psicoanalisi e contrapposto alla restante cultura filosofica. In un certo senso si può dire che Freud lo consideri quasi più un collega psicoanalista che non un filosofo, dal momento che, generalmente, i filosofi con i quali si confrontava, si pensi su tutti a Brentano, rifiutavano radicalmente l’idea stessa di una psiche inconscia. Non è un caso, infatti, che Lipps e Brentano si siano più volte incontrati in convegni e conferenze e si siano scontrati sul tema, avendo due approcci profondamente diversi sulla questione, così come non è un caso che Freud citi ripetutamente Lipps e lo riconosca come il filosofo in assoluto più vicino alla psicoanalisi, mentre non citi quasi mai Brentano, che pure era stato suo maestro116: l’unica eccezione in cui il nome di Brentano compare esplicitamente è in realtà interna proprio al Motto di spirito, ma il riferimento è chiaramente polemico. Inoltre, l’intero lavoro sul Motto di spirito, sostiene Freud, rimanda tanto all’Interpretazione dei sogni quanto ai lavori e agli studi di Lipps.

114

Ivi, p. 24.

115 Ivi, p. 144 corsivo dell’autore.

116 Sul rapporto tra Freud e Brentano, in particolare sugli aspetti anche personali che avrebbero condotto Freud a

sviluppare una teoria diametralmente opposta al suo antico maestro, si veda I. Rotella, L’unico riferimento a Brentano nelle opere di Freud, in «Palinsesti» II (2013), pp. 439-456.

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Questi ultimi vengono considerati sommamente importanti, non soltanto come sfondo teorico dell’opera sul motto in cui si trova questo riconoscimento, bensì anche nel contesto più generale della sua intera produzione psicoanalitica, almeno fino a quel momento e, a riprova di ciò, questi lavori lippsiani vengono esplicitamente accostati a L’interpretazione dei sogni, quasi come se Freud volesse sostenere che anche L’interpretazione dei sogni, e quindi l’intera psicoanalisi in quanto produzione intellettuale che dall’interpretazione dei sogni prende le mosse, non sarebbero state possibili senza un preventivo incontro con la riflessione lippsiana: sostanzialmente una conferma della linea interpretativa di Kanzer, sebbene proprio Kanzer, stranamente, non utilizzi il passo qui riportato per sostenere la sua tesi.

I riferimenti a Komik und Humor, all’interno del Motto di spirito, sono in effetti numerosissimi, anzi, già da soli, questi riferimenti sono sufficienti per fare di Lipps l’autore filosofico di gran lunga più citato dell’intera produzione psicoanalitica di Freud. La tesi fondamentale dell’opera sul motto, riguardante l’effetto comico, consiste nell’affermazione «che il riso sorge quando un ammontare di energia psichica prima usato per investire certe vie psichiche è diventato inimpiegabile, così che può sfogarsi in una libera scarica»117. Questa affermazione, sempre secondo l’interpretazione dello stesso Freud, sarebbe suscettibile di critiche, perciò, a sua difesa, egli si richiama esplicitamente al testo di Lipps, intendendolo quasi come un’autorità imprescindibile in materia, ma soprattutto imprescindibile per comprendere lo sfondo teorico sul quale si muove la sua stessa opera:

Mi rendo conto della “cattiva luce” alla quale mi espongo facendo un’enunciazione simile, ma mi permetto di citare a mia difesa una felice asserzione di Lipps, tolta dal suo volume sulla comicità e l’umorismo, il quale è una miniera di spiegazioni che vanno oltre il titolo: “Alla fine i singoli problemi psicologici ci portano sempre al cuore della psicologia, tanto che in fondo nessun problema psicologico può essere trattato separatamente”. I concetti di “energia psichica” e “scarica”, e il trattare l’energia psichica come una quantità, sono diventati per me un’abitudine mentale da quando ho cominciato a ordinare secondo criteri filosofici i dati della psicopatologia, e già nella mia Interpretazione dei sogni (1899) ho cercato, conformemente a Lipps, di designare come ciò che è “a rigore psicologicamente efficace” i processi psichici di per sé inconsci, e non i contenuti della coscienza. Solo quando parlo di “investimento di vie

psichiche” sembro allontanarmi dalle metafore consuete di Lipps118

.

Questo lungo passo è denso di considerazioni. Dopo aver avanzato una spiegazione economica del riso, Freud chiama a sua difesa una asserzione di Lipps, secondo cui tutti i problemi psicologici sono interconnessi e non possono essere trattati separatamente, una sorta di olismo delle attività psicologiche e mentali. Quest’asserzione di Lipps è la stessa asserzione che Freud avanza in

117 S. Freud, (1905), Il motto di spirito, in OSF, vol. 5, p. 131. 118

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conclusione della introduzione al lavoro sul motto: «è un argomento che merita una ricerca così faticosa, il motto?»119, si chiede retoricamente Freud, «Indubbiamente si» è la risposta altrettanto retorica. Il motivo che però Freud adduce a giustificazione del suo studio sul motto, è proprio l’«intima connessione di tutto l’accadere psichico, che garantisce ad ogni nuova cognizione psicologica, anche se acquisita in campi assai lontani, un valore per altri campi che non poteva prevedersi»120. Il motivo che porta Freud a occuparsi del motto è quindi un motivo ancora una volta in un certo qual senso lippsiano, o quanto meno giustificato a partire dallo sfondo teorico lippsiano. In questo senso, si chiarisce anche l’affermazione freudiana secondo cui dovrebbe al testo di Lipps «l’ardine e la possibilità stessa» di accingersi a trattare il motto, ovvero Freud deve a Lipps l’idea che non esiste un fenomeno psichico che non meriti attenzione, sia esso il sogno, il motto, il lapsus, l’atto mancato, il tabù o qualsiasi sintomo di qualsiasi patologia sottoposta a terapia psicoanalitica, cioè qualsiasi sintomo che abbia una natura puramente psicologica. È Lipps che quindi avrebbe permesso a Freud di ampliare il suo campo di indagine dai ristretti limiti della psicopatologia, intesa da Freud in maniera ancora “fliessiana” come disfunzione psichica causata da una disfunzione organica, a quelli più ampi di una teoria generale della mente e di una psicoterapia puramente psicologica, che non ricorre a interventi farmacologici che agiscono sul corpo, ma cerca di intervenire sulle patologie mentali che non presentano un fondamento organico. L’impostazione teorica lippsiana permette a Freud di sviluppare quindi una psicologia trascendentale e filosofica, che pur partendo dalla patologia mentale, pretende di assurgere a descrizione dei meccanismi psichici generali, siano essi cosiddetti patologici o cosiddetti normali e, dunque, pretende una validità universale.

Non pare però ancora chiaro il perché, subito dopo una spiegazione economica del riso, Freud si richiami all’intima connessione dell’accadere psichico teorizzata da Lipps. In un lavoro successivo, Freud sosterrà che: «Nella mia operetta sul Motto di spirito e la sua relazione con l’inconscio (1905) ho di fatto considerato l’umorismo soltanto dal punto di vista economico. Ciò che mi premeva era individuare la fonte del piacere provocato dall’umorismo, e credo di aver dimostrato che il conseguimento di piacere umoristico proviene da un risparmio nel dispendio emotivo»121. Se il Motto di spirito è dovuto all’importante influsso di Lipps, sia per esplicita affermazione di Freud, sia perché la connessione dell’accadere psichico teorizzata da Lipps offre a Freud la giustificazione per occuparsi di un problema apparentemente lontano dalla psicologia come il motto, e se il Motto di spirito offre una spiegazione esclusivamente economica del motto, allora anche questa spiegazione economica deve derivare in qualche modo da Lipps. In effetti Freud aveva già

119 Ivi, p. 13. 120 Ibidem. 121

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ammesso che tutta la sua produzione, a partire da L’interpretazione dei sogni, risentiva dei “criteri filosofici” che aveva mutuato da Lipps e che questi criteri consistevano essenzialmente nell’ordinare i fenomeni psichici secondo un ordine puramente quantitativo, quindi, Freud aveva già ammesso che la spiegazione economica era in qualche modo debitrice della riflessione teorica lippsiana, alla quale bisogna anche aggiungere, come già accennato in precedenza, la spiegazione topologica, almeno nel senso ristretto della topica-descrittiva in prima persona.

Nella lunga citazione riportata, si è potuto notare come Freud, dopo una spiegazione economica del riso, chiami in sua difesa l’asserzione lippsiana della connessione psichica e, subito dopo quest’ultima, affermi come sia diventata per lui un’abitudine mentale quella di ordinare i dati della psicopatologia «secondo criteri filosofici», ovvero da quando ha iniziato a pensare a una psicopatologia trascendentale, una psicopatologia che non limita il suo campo d’indagine esclusivamente alle persone affette da patologie, ma indaga l’universalità delle patologie psichiche dell’intero genere umano, indipendentemente da distinzioni etniche, culturali, di genere o di qualsiasi altro tipo, in altre parole, da quando ha iniziato a occuparsi di psicopatologia della vita quotidiana che altro non è che una psicopatologia trascendentale. Questi criteri filosofici, adottati da Freud in seguito alla lettura di Lipps e contemporaneamente alla stesura dell’Interpretazione dei sogni, sarebbero i concetti di “energia psichica” e di “scarica”, ma, trattati come una quantità. In altri termini, ciò che distingue la vita psichica cosiddetta normale da quella cosiddetta patologica, è soltanto una differenza quantitativa e non qualitativa. Inoltre, Freud afferma che questa sua «abitudine filosofica» non è altro che il tentativo di designare, «conformemente a Lipps», alcuni processi psichici inconsci, cioè per l’appunto i sogni, ma conseguentemente anche lapsus, motti e affini, come ciò che è a rigore psicologicamente efficace, cioè ciò che può essere spiegato senza dover necessariamente ricorrere a una spiegazione di ordine fisiologico.

Anche se il modello economico di Freud, nonostante le sue stesse affermazioni, non fosse dovuto interamente al contributo lippsiano, questo passo sembra indicare in ogni caso un’influenza di Lipps in questo senso, che ne conferma comunque la grande importanza filosofica agli occhi di Freud. La conclusione del passo riportato, evidenzia però anche una differenza: «Solo quando parlo di ‘investimento di vie psichiche’ sembro allontanarmi dalle metafore consuete di Lipps»122

. Ci deve essere quindi una differenza tra la spiegazione economica di Lipps e quella di Freud, in particolare per quanto riguarda il motto. In analogia con quanto avvenuto per la spiegazione topologica, che

122 S. Freud (1905), Il motto di spirito, in OSF, vol. 5, p. 132. A questo riguardo Freud specifica che le “vie psichiche”

non sono da intendersi in senso fisiologico, ma solo metaforico, poiché la conoscenza dell’epoca non permetteva di rintracciare queste vie, anche se era possibile, secondo Freud, postularne un sostrato organico: «Per evitare malintesi, devo aggiungere che il mio non è un tentativo di proclamare che le cellule e le fibre nervose, o i sistemi di neuroni che ne stanno oggi prendendo il posto, sono queste vie psichiche, sebbene tali vie debbano essere raffigurabili, in un modo che ancora non è possibile indicare, mediante elementi organici del sistema nervoso».

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risente anch’essa dell’influsso lippsiano, ma se ne discosta per la distinzione sistematica tra sistema Inc. e sistema Prec., si tratta allora di indagare anche relativamente alla spiegazione economica il peso dell’eredità lippsiana e, congiuntamente, la rilevanza della novità freudiana rispetto allo sfondo teorico da cui pure prende le mosse.

1.4.2 Economica lippsiana ed economica freudiana

Secondo Lipps esiste un contrasto tra il senso e l’assurdità delle parole123

che compongono il motto, o meglio tra il senso che noi crediamo di dover attribuire alle parole e l’assurdità che invece quelle parole effettivamente rappresentano124. La parola “familionario”, è un costrutto linguistico grammaticalmente scorretto e, per questo motivo, assurdo, ma, dopo un attimo iniziale in cui la parola “familionario” è apparsa assurda all’ascoltatore del motto, quest’ultimo si rende immediatamente conto che quella assurdità era solo apparente e che in realtà, dietro la facciata fenomenica dell’assurdo, si nascondeva un senso, divertente e comico, volto a denigrare la freddezza con cui certe persone ricche si approcciano alle altre persone, ovvero ai loro modi “familiari per quanto possibile ai milionari”. Freud spiega questo processo di ritrovamento del senso all’interno di un costrutto solo apparentemente assurdo, rifacendosi all’asserzione kantiana secondo cui il comico avrebbe la capacità di ingannare per un solo momento125.

L’aspettativa creerebbe così un «ingorgo psichico» [psychische Stauung]126

, termine che Freud mutua ancora una volta da Lipps, il quale ingorgo, una volta riconosciuta l’assurdità dell’affermazione si scaricherebbe127

con un’intensità proporzionale alla forza accumulata durante l’ingorgo-aspettativa. Freud, che pure condivide questa spiegazione economica di Lipps, ne critica però l’insistenza sul carattere per così dire semantico della sua descrizione, ovvero sugli aspetti che Lipps definisce del «senso e dell’assurdo»128

. La tecnica del motto, secondo Freud, consiste nel dare vita allo stesso meccanismo descritto da Lipps, ma attraverso i meccanismi di condensazione e spostamento. Un’analisi del motto, simile per molti versi a quella del sogno, permette di risalire dalla forma del motto ai suoi intenti, i quali intenti sono spesso tendenziosi e, ancora più spesso,

123 Cfr. T. Lipps, Komik und Humor, Leopold Voss, Hamburg-Leipzig, 1898, p. 87 e S. Freud (1905), Il motto di spirito,

in OSF, vol. 5, p. 9.

124 Cfr. T. Lipps, Komik und Humor, Leopold Voss, Hamburg-Leipzig, 1898, p. 95 e S. Freud (1905), Il motto di spirito,

in OSF, vol. 5, p. 11.

125 «È degno di nota che in tutti questi casi la burla deve sempre contenere qualcosa in sé che per un attimo possa

illudere» [I. Kant, Kritik der Urteilskraft [1790], KGS Bd. V, pp.165-485; trad. it. Critica della capacità di giudizio, Rizzoli, Milano, 1995, p. 281].

126 Cfr. T. Lipps, Komik und Humor, Leopold Voss, Hamburg-Leipzig, 1898, p. 72 e S. Freud (1905), Il motto di spirito,

in OSF, vol. 5, pp. 106, 138.

127

Il termine “Entladung” [scarica], così come “psychische Stauung” [ingorgo psichico], è utilizzato sia da Freud che da Lipps; cfr. S. Freud (1905), Il motto di spirito, in OSF, vol. 5, p. 138 e T. Lipps, Komik und Humor, Leopold Voss, Hamburg-Leipzig, 1898, p. 72.

128 «la tecnica del motto è molto più semplice di quello che crede Lipps [...]. Perciò cade la discussione su “senso e

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sessualmente tendenziosi. In ogni caso, il motto non è mai, nella prospettiva freudiana, realmente “assurdo”, poiché l’utilizzo di una forma linguistica inappropiata, a volta grammaticalmente scorretta, non è sufficiente, agli occhi di Freud, per decretarne l’assurdità. Il motto non è mai assurdo, così non lo è mai un lapsus: nella prospettiva freudiana l’assurdo e il caso fuoriescono da un’immagine scientifica del mondo che, sempre secondo Freud, è un’immagine deterministica. Indagare scientificamente il motto, così come il sogno o il lapsus, significa per Freud esattamente trovare una spiegazione latente sotto l’assurdità manifesta. Inoltre, a differenza che in Lipps, l’energia psichica risparmiata durante questo meccanismo psichico e da cui deriverebbe il piacere del motto, non si scioglierebbe nel nulla, bensì si trasformerebbe appunto in piacere.

Già nell’esempio più volte citato dei modi “familionari” del barone Rothschild è chiaro, secondo Freud, che non si può parlare solamente di un contrasto tra l’assurdità apparente della parola “familionari” e il senso nascosto dietro quella parola, non ci si può semplicemente limitare a una questione semantica relativa al senso e all’assurdo, ma bisogna considerare anche che se un tal genere di motto suscita piacere, è perché c’è un elemento tendenzioso nascosto, volto a denigrare le persone ricche come il barone Rothschild. Dunque, l’ingorgo psichico freudiano si differenzia da quello lippsiano pur inserendosi in quel solco, perché Freud riconosce in quell’ingorgo un elemento pulsionale, in questo caso di una pulsionalità aggressiva, che Lipps invece non riesce ancora a vedere. Il meccanismo diventa ancora più chiaro in un altro esempio di motto riportato da Freud, in cui la pulsionalità in questione è allo stesso tempo sia aggressiva sia erotica e, soprattutto, non c’è nessun elemento di assurdità semantica neanche apparente. Il motto consiste nel racconto di un viaggio che «Sua Altezza Serenissima» decide di intraprendere attraverso i territori sottoposti al suo controllo. Durante questo viaggio incontra un uomo dall’aspetto imponente che gli somiglia moltissimo, a questo punto si accosta all’uomo e gli domanda: «Vostra madre è stata a servizio a Palazzo, vero?», l’uomo prontamente risponde: «No, Altezza, ma c’è stato mio padre»129

. È chiaro che Sua Altezza Serenissima voleva alludere alla possibilità che suo padre abbia potuto avere un rapporto con la madre del suddito incontrato per strada, alludendo alla possibilità che la donna di

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