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I termini “empatia estetica”, “empatia intellettuale” ed “empatia etica” indicano, come si è avuto modo di mostrare, tutti lo stesso meccanismo empatico di base e l’aggettivo, di volta in volta, esprime l’ambito di applicabilità teorica del meccanismo stesso. Nel caso di “empatia positiva” ed “empatia negativa”, invece, non si ha che fare con un diverso ambito di applicazione del meccanismo empatico, ma, piuttosto, con due diverse funzioni che vanno ad operare e a sovrapporsi al meccanismo empatico stesso, indipendentemente dall’ambito di applicabilità, per cui si potrebbero avere un’empatia estetica positiva e un’empatia estetica negativa, un’empatia intellettuale positiva e un’empatia intellettuale negativa, un’empatia etica positiva e un’empatia etica negativa. In altri termini, la positività o la negatività del meccanismo empatico non dipendono dal meccanismo stesso, ma, pur originandosi altrove, ne caratterizzano la modalità in cui quel meccanismo si esprime.

Prima di procedere in un tentativo di analisi di queste diverse eventualità empatiche, è opportuno riportare alcuni snodi argomentativi delle tesi lippsiane. Innanzitutto, a conferma del carattere formale della positività o negatività dell’empatia, Lipps afferma che «occorre […] distinguere sempre tra l’empatia “positiva” e quella “negativa”»80, ciò significa che, indipendentemente dal fatto che si tratti di empatia estetica, intellettuale o etica, in tutti questi casi è comunque possibile distinguere, sempre, tra positività e negatività del meccanismo empatico, anzi, se si vuole procedere in un’analisi il più possibile completa di quello stesso meccanismo empatico, è addirittura necessario distinguere, sempre, tra positività e negatività. Inoltre è bene ricordare, e Lipps procede immediatamente a farlo, che positività e negatività non mettono in discussione il meccanismo empatico, anzi, il meccanismo, in se stesso, rimane sostanzialmente il medesimo, ciò che muta, nel caso di positività o negatività è soltanto la reazione al meccanismo. «Che l’empatia sia dell’una o dell’altra specie, in ogni caso esperisco la pretesa o l’esigenza che l’oggetto mi presenta, cioè il fatto che questo pretende o esige da me un’attività o una modalità della mia auto-attivazione; oppure esperisco un’attività innanzitutto come attività che si pretende da me. Qui occorre porre l’accento innanzitutto sull’«esperire» [erleben]».81

Dopo aver chiarito che le due categorie di positività e negatività si applicano ad ogni tipo di empatia (estetica, intellettuale, etica), quindi in ogni caso, Lipps inizia dunque ad affrontare più dettagliatamente il tema di questa positività o negatività, sottolineando come in ogni caso si esperisce la medesima esperienza o il medesimo vissuto, ovvero, che in entrambi i casi, positivo e

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T. Lipps, Einfühlung und ästhetischer Genuß, in «Die Zukunft», 54 (1906), 1, pp. 100-114; tr. it. a cura di A. Pinotti, Empatia e godimento estetico, in Besoli, S.; Manotta, M.; Martinelli, R. (a cura di), Discipline Filosofiche, XII, 2, Una «scienza pura della coscienza»: l’ideale della psicologia in Theodor Lipps, Quodlibet, Macerata, 2002, p. 37 corsivo mio.

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negativo, l’esperienza [Erlebnis] è la medesima, intendendo con il termine “esperire” [erleben] l’esperienza soggettiva, quella che all’interno delle tradizioni fenomenologiche ed esistenzialiste viene tradotta spesso con “vissuto” e che riprendono la distinzione diltheyana tra esperienza rivolta a un materiale esterno alla psiche e oggettivo, la Erfahrung e, appunto, l’esperienza rivolta a un materiale interno e soggettivo, la Erlebnis. Sia nel caso dell’empatia positiva che nel caso di quella negativa, secondo Lipps, la Erlebnis è comunque la medesima, poiché si tratta sempre e in ogni caso di “empatia”, così come era avvenuto anche per la distinzione tra empatia estetica, intellettuale o etica, dove a cambiare era l’ambito di applicazione, non l’esperienza in se stessa; è l’empatia che costituisce di per se stessa l’esperienza-Erlebnis, mentre positività o negatività sono attributi secondari che si aggiungono a quell’esperienza, senza incidere però sulla sua struttura fondamentale. In altri termini, si tratta sempre di una proiezione di una parte del proprio Io in un oggetto esterno, di una riflessione come in uno specchio di questo contenuto proiettato e di una ricezione di questo contenuto, proiettato e riflesso nell’oggetto, come se appartenesse da sempre all’oggetto.

A questo punto, però, se il meccanismo è il medesimo, l’esperienza vissuta è la medesima e la positività o negatività si applicano a tutti i tipi di empatia, rimane ancora da chiarire in cosa consiste esattamente questa positività o questa negatività. In prima approssimazione e utilizzando una formula estremamente concisa, si potrebbe dire che la positività corrisponde all’accoglienza del meccanismo empatico esperito personalmente, sia esso estetico, intellettuale o etico, mentre la negatività, al contrario, corrisponde al rifiuto di quello stesso meccanismo, nonostante il fatto che sia stato esperito allo stesso modo e con la stessa intensità. Sebbene una tale formulazione possa apparire eccessivamente semplice, è lo stesso Lipps a instradare la sua argomentazione proprio su questo binario:

Sono a tal proposito da tener sempre ferme quelle due possibilità che sono state or ora distinte. In un caso accolgo in me senza attriti l’attività e provo perciò un sentimento di accordo fra ciò che si pretende da me e la mia spontanea attività. Nell’altro caso, invece, insorge un conflitto tra me e l’aspirazione naturale della mia auto-attivazione da un lato, e quell’auto-attivazione che mi viene richiesta o che si introduce in me, e provo pertanto un sentimento di conflitto. Designo il primo stato di cose come «empatia positiva», il secondo come «empatia negativa». In entrambi i casi la forza del sentimento dipende dall’intensità di quell’«introdursi». E tale intensità è a sua volta condizionata dal grado che caratterizza il mio rivolgermi

all’oggetto che avanza quella pretesa.82

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Ancora una volta viene ribadito da Lipps che la distinzione tra empatia positiva ed empatia negativa è da «tener sempre ferma», ovvero che è necessario applicarla a tutti i tipi di empatia, poi, dopo aver ribadito ciò, specifica che l’empatia positiva consiste nell’accogliere senza attriti il meccanismo empatico, mentre quella negativa consiste nell’insorgenza di un conflitto tra ciò che si vorrebbe e dovrebbe provare e ciò che invece effettivamente si prova. A dimostrazione che questa accoglienza o questo rifiuto sono indipendenti dal meccanismo empatico considerato in se stesso, è possibile, secondo Lipps, evidenziare la stretta connessione che si evidenzia tra intensità del meccanismo empatico e intensità di accoglienza e rifiuto. In effetti, una tale argomentazione potrebbe apparire contraddittoria, poiché l’esistenza di questa connessione sembrerebbe smentire l’idea che positività e negatività siano indipendenti dal meccanismo empatico in sé: se esiste una relazione, addirittura proporzionale, ci sarà anche una qualche forma di dipendenza. In realtà la contraddizione si scioglie nel momento in cui si intende l’intensità nel suo significato fisico- matematico: in questo senso empatia positiva ed empatia negativa possono venire rappresentate come un vettore, anche uno stesso e identico vettore, contraddistinto dal possedere una stessa intensità e una stessa direzione, ma due versi opposti. In questo caso l’intensità è data dall’investimento o interesse che il soggetto indirizza nei confronti dell’oggetto, la direzione è il legame che unisce i due punti, soggetto e oggetto, l’intenzionalità si potrebbe anche dire in ambito fenomenologico, mentre il verso è dato proprio dall’accoglienza o dal rifiuto del meccanismo empatico.

Quando Lipps, parlando in generale dell’empatia, offre la definizione secondo cui essa è «oggettivazione di me stesso in un oggetto diverso da me»83, egli non specifica, in effetti, se questa oggettivazione venga accolta o rifiutata, ed è ragionevole credere che il lettore possa facilmente dare per scontato che si tratti sempre di accoglienza del meccanismo empatico e che, al contrario, un eventuale rifiuto possa venir interpretato più semplicemente come una assenza di empatia. Una tale interpretazione dell’empatia in termini di presenza e assenza del meccanismo empatico, o detto diversamente, in termini di 0 e 1, farebbe dell’empatia lippsiana una capacità in qualche modo culturale, tanto da auspicare una vera e propria educazione finalizzata al rafforzamento di questa capacità, spendibile, ovviamente, in termini di convivenza civile e di relazioni etiche: se l’empatia consiste nell’accogliere ciò che proviene dall’altro, mentre il rifiuto corrisponde all’assenza di empatia, allora si tratta di rafforzare l’accoglienza empatica e di conseguenza indebolire la capacità di rifiuto. La prospettiva lippsiana, invece, è tutt’altro che culturalista ed, anzi, al contrario, si

83 T. Lipps, Leitfaden der Psychologie, Engelmann, Leipzig, 1909, V. Abschnitt. Erkenntnis und Irrtum, Kap. XIII

Erkenntnissquellen. Einfühlung; tr. it. Fonti della conoscenza. Empatia, in S. Besoli, M. Manotta, R. Martinelli (a cura di), Discipline Filosofiche. Una «scienza pura della coscienza»: l’ideale della psicologia in Theodor Lipps, Quodlibet, Macerata, 2002, p. 47.

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potrebbe dire che sia piuttosto espressione di un naturalismo di matrice biologista largamente diffuso all’epoca, per cui l’empatia si presenta non come capacità culturale ed educabile, bensì come istinto «non ulteriormente riducibile»84. In questo senso, proprio in quanto processo istintuale, sebbene di un’istintività puramente psichica, il meccanismo empatico diviene inaggirabile: l’empatia si attiva e non è possibile che non si attivi, per cui la positività o negatività dell’empatia lippsiana non corrisponde affatto a una presenza o a una assenza del meccanismo empatico, del tipo 0 e 1, ma, piuttosto, alla sua accoglienza e al suo eventuale rifiuto, ovvero a un meccanismo del tipo +1 o -1 e, quindi, anche in caso di rifiuto, il meccanismo viene pur sempre esperito [erlebt], anzi, il rifiuto è veramente tale se e solo se viene prima precedentemente esperito il meccanismo che viene rifiutato.

In un’altra delle sue definizioni di empatia, Lipps sostiene che «“empatia” significa allora: nel momento in cui appercepisco un oggetto, esperisco una determinata modalità del mio comportamento interiore come se appartenesse a tale oggetto»85. Tale meccanismo, dunque, può essere rappresentato, in sede di analisi, come un susseguirsi di diversi momenti, sebbene nella vita reale venga esperito in maniera irriflessa e istintuale e, quindi, immediata e istantanea; in un primo momento un soggetto (S) proietta in un oggetto (O) una parte di se stesso (x), questa parte (x), in un secondo momento, viene riflessa come in uno specchio nell’oggetto (O), dando l’impressione al soggetto (S) che si tratti di una componente propria dell’oggetto (O), e subendo quindi una lieve modificazione dovuta alla riflessione (xo). A questo punto, a processo ultimato, fanno la loro

comparsa la positività e la negatività, sottoforma di accoglienza o rifiuto: se la componente (x), filtrata attraverso l’oggetto (O) e tornata al soggetto (S) lievemente modificata (xo), viene accolta,

allora si parla di empatia positiva, se, invece, viene rifiutata, si parla allora di empatia negativa, nonostante il processo esperienziale avesse già completato il suo percorso.

1. S+x O (situazione iniziale di un S che possiede delle caratteristiche x e di un O) 2. S →x→ O (proiezione di x da S a O)

3. S ←xo← O (x torna a S dopo essersi specchiata in O)

4. S+xo O (accoglienza: empatia positiva); S-xo O (rifiuto: empatia negativa)

Intese in questo modo, empatia positiva ed empatia negativa, verrebbero a configurarsi in analogia con le grandezze vettoriali della fisica e, quindi, i termini “positivo” e “negativo” verrebbero ad essere del tutto privi di qualsiasi coloritura assiologica. In effetti, è esattamente questo il senso in cui è necessario intendere la positività e la negatività dell’empatia lippsiana, sebbene qualche contatto con la dimensione valoriale, nel senso dei valori etici, non sia poi da

84 Ivi, p. 57. 85

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escludere completamente. Infatti, in base a cosa dovrebbe avvenire l’accoglienza espressa dall’empatia positiva o il rifiuto espresso da quella negativa? Nella prospettiva lippsiana, proprio in ragione del fatto che il meccanismo empatico è un meccanismo istintuale e biologico a cui è impossibile sfuggire, quello stesso meccanismo viene esperito, in modo del tutto naturale, potenzialmente in qualsiasi oggetto e in qualsiasi azione, anche la più crudele. Inoltre, in quanto meccanismo biologico ogni essere umano è potenzialmente in grado di adoperare questo istinto nei confronti di qualsiasi altro essere umano, divenendo quindi un elemento universale, come l’istinto di sopravvivenza o quello riproduttivo. L’accoglienza o il rifiuto di quel meccanismo empatico naturale, invece, è determinato dal sistema di valori del soggetto che lo esperisce, in altri termini, il soggetto non può decidere dell’esistenza del vettore, né della sua intensità, ma può cambiarne il verso, da accogliente-positivo a rifiutante-negativo, e viceversa. Quindi, mentre la natura rende tutti gli essere umani uguali, poiché dotati dello stesso bagaglio istintuale, la cultura invece li distingue, poiché non tutti possiedono lo stesso sistema valoriale.

Ricapitolando, nella prospettiva lippsiana, l’empatia è un meccanismo naturale, inaggirabile come l’istinto, ma la positività o la negatività, che sono sempre presenti in ogni tipo di empatia, sono invece culturali e, di conseguenza, variabili ed educabili, ma, proprio in quanto positività e negatività si presentano trasversalmente in ogni tipo di empatia naturale (estetica, intellettuale, etica), contribuiscono a rendere quest’ultima un fenomeno per così dire misto, ovvero in parte naturale e biologico, ma in parte anche culturale. A riprova del fatto che l’empatia lippsiana è un meccanismo sì puramente psichico, ma la psiche viene concepita come un fenomeno ad un tempo naturale e culturale.

2.3.1 Empatia positiva o simpatia

L’empatia positiva è, tra le due alternative, quella apparentemente più semplice e di più facile risoluzione e, inoltre, quella più largamente diffusa. Quando Lipps parla di empatia in generale, o di empatia estetica, intellettuale, etica o con altre specificazioni, in realtà sta parlando sempre di empatia estetica positiva, intellettuale positiva e così via, dando per scontato e omettendo l’aggettivo positivo. Anche questa scelta stilistica, quindi, riflette un’impostazione di fondo: non c’è bisogno di specificare che l’empatia di cui si tratta sia sempre intesa nel verso della positività, poiché è talmente diffusa da essere considerata la modalità standard. Nel caso della negatività, invece, è necessario esplicitare che si tratta di empatia negativa, in quanto caso più raro e che per l’appunto si discosta dallo standard.

Si è detto che nel caso dell’empatia positiva il soggetto accoglie in se stesso una parte del proprio Io che era stata precedentemente proiettata in un oggetto esterno e che, ritornando all’Io dopo essere

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stata riflessa come in uno specchio, dà l’idea che quella caratteristica fosse effettivamente di pertinenza dell’oggetto, obliandone così l’origine soggettiva. Se le cose stanno in questi termini, allora, per il soggetto inconsapevole dell’origine soggettiva di quella particolare caratteristica, si avrà soltanto la consapevolezza di un accordo tra la propria disposizione interiore e quella percepita come se provenisse dall’esterno: questa consapevolezza dell’accordo che si manifesta soggettivamente durante il processo dell’empatia positiva è ciò che Lipps chiama più semplicemente “simpatia”.

In entrambi i casi, come abbiamo detto, l’attività viene esperita come un’attività che mi viene richiesta. La «richiesta» acquisisce però nel secondo caso, cioè nel caso del conflitto, un senso particolare. Diviene la richiesta nel senso della richiesta ostile o dell’introdursi di qualcosa di nemico in me. Nell’altro caso, essa perde invece il carattere di «richiesta». La richiesta diviene qui libero consenso. Tale consenso potrebbe essere designato anche come «simpatia»; conseguentemente, l’empatia «positiva» potrebbe essere

denominata anche «simpatica».86

Per comprendere meglio la differenza tra richiesta e libero consenso all’interno del meccanismo empatico positivo o simpatetico, ancora una volta è necessario fare qualche esempio e, ancora una volta, è forse opportuno tornare al solito esempio lippsiano della tempesta. Si è già avuto modo di sostenere che la tempesta, in quanto fenomeno meteorologico-naturale non possiede in se stessa nessuno stato d’animo, quindi, neanche il “furore” e, ogni qualvolta che si parla di “furore della tempesta”, ciò è reso possibile, nella prospettiva lippsiana, dall’empatia. In effetti l’esempio lippsiano si limita a mettere in evidenza come il furore sia stato precedentemente proiettato dal soggetto alla tempesta e, successivamente, percepito dal soggetto come se appartenesse realmente alla tempesta, senza prendere in considerazione l’eventualità di una accoglienza o di un rifiuto di tale furore empatizzato e, quindi, senza specificare se si tratti di empatia positiva o negativa.

In entrambi i casi viene esperito [erlebt] il furore della tempesta e, in entrambi i casi la tempesta viene esperita come se avanzasse una richiesta di auto-attivazione, indipendentemente dal fatto che questa richiesta venga poi accolta oppure respinta. Se però si vuole distinguere tra empatia positiva ed empatia negativa, è necessario pensare all’alternativa che alla richiesta di auto-attivazione della tempesta segua l’accoglienza oppure il rifiuto. In entrambi i casi è necessario pensare che il soggetto sia, o sia stato, in qualche modo già in uno stato furioso, altrimenti non potrebbe proiettarlo nella tempesta, indipendentemente che questo stato furioso sia mai giunto a

86 T. Lipps, Einfühlung und ästhetischer Genuß, in «Die Zukunft», 54 (1906), 1, pp. 100-114; tr. it. a cura di A. Pinotti,

Empatia e godimento estetico, in Besoli, S.; Manotta, M.; Martinelli, R. (a cura di), Discipline Filosofiche, XII, 2, Una «scienza pura della coscienza»: l’ideale della psicologia in Theodor Lipps, Quodlibet, Macerata, 2002, p. 38 corsivo mio.

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consapevolezza. Nel caso in cui si instaurasse un fenomeno di empatia positiva, il furore della tempesta non verrebbe percepito come se avanzasse una richiesta al soggetto di attivare il proprio furore, ma piuttosto verrebbe percepito come una risonanza: il soggetto, per un qualche motivo furioso, desidera “distruggere il mondo” e mentre infuria la tempesta sente risuonare il suo stato d’animo in quella condizione metereologica, che poi può essere declinata come risonanza casuale per l’essere umano adulto e moderno, oppure una risonanza causalmente determinata dal proprio stato d’animo per l’essere umano primivito-infantile o animista87

.

Quello nei confronti del furore della tempesta potrebbe quindi essere un caso di empatia estetica positiva, sfruttata spesso, inoltre, dal mondo cinematografico attraverso scene in cui l’eroe combatte furiosamente contro qualcosa o qualcuno e lo fa sotto il furore di una tempesta, creando l’effetto scenico, di matrice psicologico-empatica, di rispecchiamento e risonanza tra il furore dell’eroe e quello della tempesta e potenziando, contemporaneamente, il coinvolgimento simpatetico dello spettatore con il furore dell’eroe. Questo meccanismo dell’empatia positiva, però, come il meccanismo empatico in generale, è maggiormente evidente quando l’oggetto in cui si rispecchia il soggetto è costituito da un altro soggetto, sia che si tratti di empatia estetica positiva, sia che si tratti di empatia intellettuale o etica anch’esse positive. Non è un caso, infatti, che Lipps definisca «l’empatia per l’apparenza sensibile dell’essere umano» come la forma di empatia «più importante»88.

L’empatia estetica nei confronti del furore della tempesta, sia nella forma positiva sia in quella negativa, conserva ancora molto dell’empatia originaria, filogenetica e ontogenetica, legata a una concezione del mondo di stampo animistico. Il caso dell’empatia estetica positiva è con ogni probabilità il più diffuso e largamente sfruttato anche dal mondo dell’economia e del marketing, basti pensare all’empatia nei confronti dei testimonial pubblicitari di prodotti commerciali che dovrebbe condurre lo spettatore a comperare il prodotto sponsorizzato, poiché, identificandosi con il testimonial famoso che “mostra” (o finge) di provare sentimenti di piacere per un determinato prodotto, anche lo spettatore, accogliendo positivamente il meccanismo empatico provato nei confronti del testimonial ne accoglie anche il presunto piacere per il prodotto. Ma, un esempio ancora più intuitivo da cogliere potrebbe essere quello delle risate contagiose, oppure, degli altrettanto contagiosi sbadigli: di fronte a una o più persone che ridono, di solito, si prova

87 L’esempio del furore della tempesta è un esempio lippsiano, per questo motivo si è deciso di adoperarlo anche nel

caso dell’empatia positiva, ma, probabilmente, questa risonanza tra il proprio stato d’animo e quello dell’atmosfera potrebbe essere rappresentato più facilmente dalla tristezza di una lieve poggia autunnale. Non a caso “il cielo piange” è un’espressione comune nella cultura popolare, tra film, canzoni e poesie.

88 T. Lipps, Leitfaden der Psychologie, Engelmann, Leipzig, 1909, V. Abschnitt. Erkenntnis und Irrtum, Kap. XIII

Erkenntnissquellen. Einfühlung; tr. it. Fonti della conoscenza. Empatia, in S. Besoli, M. Manotta, R. Martinelli (a cura di), Discipline Filosofiche. Una «scienza pura della coscienza»: l’ideale della psicologia in Theodor Lipps, Quodlibet, Macerata, 2002, p. 51.

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immediatamente una tendenza a ridere, anche nel caso in cui si è totalmente all’oscuro dei motivi delle risate, come se le risate degli altri avanzassero una richiesta ad auto-attivare le risate proprie. Lo stesso, naturalmente, potrebbe dirsi anche nei confronti dello sbadiglio: anche nel momento in cui si è dormito abbondantemente e non si provano né sonnolenza né stanchezza, si sente ugualmente l’impulso a sbadigliare se ci si trova di fronte a una o più persone che sbadigliano. Il caso della risata, però, oltre ad essere un esempio lippsiano89, è particolarmente significativo, poiché rende evidente quanto l’empatia positiva, a differenza dell’empatia in generale, sia non

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