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3. La giurisdizione e le competenze degli organi giurisdizionali dell’Unione europea

4.1 L’enforcement delle sentenze

Si è detto che le sentenze della Corte di Giustizia UE hanno effetto vincolante, nel senso che sono obbligatorie per le parti in causa dal momento della loro pronuncia444. Dalla loro obbligatorietà discende che le parti della controversia hanno il dovere di rispettarle e di adottare ogni comportamento utile ed opportuno per “realizzare” la statuizione in esse contenuta. Invero, tale principio trova puntuale conferma con riguardo alle istituzioni europee nell’art.266 TFUE, secondo il quale le istituzioni da cui promana l’atto annullato ovvero la cui “illegittima carenza” sia stata giudizialmente constatata, devono adottare i provvedimenti che l’esecuzione della sentenza comporta. Identica espressione viene impiegata dall’art.260 TFUE per descrivere l’obbligo dello Stato membro di conformarsi alla sentenza della Corte che ne abbia accertato l’infrazione.

E’ opportuno a questo punto porre l’accento sui meccanismi predisposti dall’ordinamento dell’Unione e volti a garantire l’enforcement delle sentenze degli organi giurisdizionali UE. Com’è noto, il sistema giuridico dell’Unione Europea prevede il ricorso a rimedi di natura giudiziale. In particolare, è il par.2 dell’art.260 TFUE a disciplinare espressamente l’ipotesi di inottemperanza da parte di uno Stato membro ad una sentenza degli organi giurisdizionali dell’Unione. Si tratta dell’ipotesi in cui uno Stato membro, di cui si sia accertata in sede giurisdizionale a seguito di una procedura di infrazione una violazione degli obblighi ÷

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142 derivanti dal diritto dell’Unione, non si conforma alla sentenza di infrazione resa nei suoi confronti. Ciò configura una nuova violazione da parte dello Stato già inadempiente con riguardo, in questo caso, all’obbligo derivante dall’art.260 par.1 TFUE di prendere i

provvedimenti che l’esecuzione della sentenza della Corte comporta. Il rimedio previsto dal

diritto dell’Unione per punire lo Stato colpevole della mancata esecuzione della pronuncia a suo carico e, quindi, per garantire il rispetto dell’obbligo di enforcement delle sentenze degli organi giurisdizionali dell’Unione, consiste nella possibilità di comminare allo Stato membro inadempiente, ex art.260 par.2 TFUE, il pagamento di una somma forfettaria o di una penalità. Tale sanzione può essere comminata però solo successivamente ad un’ulteriore pronuncia della Corte di Giustizia che, adita dalla Commissione, è chiamata ad accertare la violazione dell’obbligo di eseguire la prima sentenza incombente sullo Stato membro. Questi è pertanto soggetto ad una seconda procedura di infrazione445 conseguente, in questo caso, alla violazione dell’obbligo di cui all’art.260 par.1 TFUE. E’ bene precisare che questo secondo procedimento può essere attivato esclusivamente su iniziativa della Commissione e non degli Stati membri. Inoltre, benché spetti alla Commissione proporre il pagamento a carico dello Stato inadempiente di una penalità o di una somma forfettaria, precisandone l’importo, resta di competenza della Corte di Giustizia la scelta della sanzione pecuniaria da comminare e la precisa definizione del suo importo, senza peraltro essere vincolata dalle indicazioni della Commissione446. Infatti, rientra nelle sue facoltà decidere se imporre allo Stato “doppiamente” inadempiente una sanzione pecuniaria e, in caso affermativo, se comminare il pagamento esclusivamente di una somma forfettaria ovvero di una penalità di mora o, ancora, optare per il loro cumulo447. La previsione di tale meccanismo sanzionatorio ÷

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Il Trattato di Lisbona ha provveduto a snellire tale seconda procedura di infrazione che, attivata dalla Commissione qualora reputi che lo Stato membro non abbia preso le misure necessarie per l’esecuzione della sentenza della Corte, non prevede più la fase del parere motivato e pertanto viene consentito alla Commissione di adire la Corte per ottenere la “seconda sentenza” semplicemente a seguito dell’adozione di una lettera di messa in mora e dell’eventuale replica da parte dello Stato membro accusato.

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Per quanto concerne il calcolo della sanzione pecuniaria o della penalità, la Commissione ha adottato due comunicazioni (GUCE, C 242 del 21 agosto 1996; GUCE C 63 del 28 febbraio 1997) precisando che il calcolo deve avvenire sulla base di alcuni parametri, in particolare la gravità dell’infrazione, la durata di quest’ultima e la necessità di imprimere alla sanzione l’effetto dissuasivo onde prevenire recidive. Nella determinazione della somma detti parametri vanno applicati utilizzando delle variabili matematiche. Pur riconoscendo che le regole indicate dalla Commissione contribuiscono a garantire che la sua azione sia improntata ai criteri della trasparenza, della prevedibilità e della certezza del diritto, la Corte di Giustizia ha ritenuto di potersi discostare dalla richiesta della Commissione nella fissazione della sanzione, attribuendo a tale richiesta solo il ruolo di base di riferimento utile.

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La somma forfettaria consiste in una somma determinata quale sanzione della continuazione dell’inadempimento fra la prima sentenza di accertamento della violazione e la seconda, in virtù dell’art.260 TFUE, per mancata esecuzione della prima. La penalità invece consiste in una somma da pagare per ogni giorno di ritardo, a partire dalla seconda sentenza; si tratta pertanto di una penalità di mora. Benché l’art. 260 TFUE contempli con una disgiuntiva le due sanzioni (somma forfettaria o penalità), la Corte ha dichiarato che è

143 dovrebbe operare, d’un canto, in maniera persuasiva nei confronti dello Stato inadempiente, sollecitandolo alla repentina esecuzione della sentenza della Corte e, dall’altro, come strumento di deterrenza verso ulteriori potenziali inottemperanze alle pronunce degli organi giurisdizionali da parte di qualunque Stato membro dell’Unione.

Se il Trattato prevede e disciplina espressamente l’ipotesi di mancato enforcement delle sentenze degli organi giurisdizionali dell’Unione da parte di uno Stato membro, nulla dice invece con riguardo alle, seppur remote, eventualità di inesecuzione delle sentenze ad opera delle istituzioni dell’Unione. Tuttavia, convenendo con quanto sostenuto da una parte della dottrina448, ritengo che le ipotesi di inottemperanza delle istituzioni dell’Unione alle pronunce rese dalla Corte di Giustizia a loro carico possono trovare rimedio nell’attivazione di un’azione in carenza, salva restando l’esperibilità dell’azione di responsabilità extra- contrattuale ex artt.268 e 340 TFUE, qualora sussistano le condizioni per il risarcimento del danno449.

Nell’ipotesi, invece, di inadempimento di una sentenza pregiudiziale da parte del giudice nazionale, è possibile attivare una procedura di infrazione a carico dello Stato membro a cui appartiene il giudice a quo inadempiente, colpevole della mancata conformazione della sua sentenza a quanto disposto dal giudice comunitario della sua pronuncia pregiudiziale. Lo Stato membro è quindi chiamato a rispondere dell’inadempimento al diritto comunitario posto in essere dal suo potere giudiziario.

Sempre con riguardo al tema dell’esecuzione delle sentenze emanate dagli organi giurisdizionali dell’Unione europea, è qui solo il caso di rammentare che ex art.280 TFUE le

sentenze della Corte di Giustizia dell’Unione Europea hanno forza esecutiva alle condizioni fissate all’art.299 TFUE. La disposizione in questione fa chiaramente riferimento alle

sentenze di condanna emesse dagli organi giurisdizionali dell’Unione, ossia a quelle pronunce 143

possibile un’applicazione cumulativa delle stesse, perché esse avrebbero una distinta funzione, la penalità tendendo a spingere lo Stato a cessare al più presto dal suo inadempimento, la somma forfettaria a sanzionare la sua mancata esecuzione. Sul punto, vedi sentenza Corte di Giustizia UE, causa C-304/02, Commissione c. Francia, 12.7.2005.

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In particolare, CONDINANZI e MASTROIANNI, op.cit., pp.161-162.

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Pertanto, se l’inerzia di un’istituzione europea dovesse permanere anche dopo il suo accertamento giudiziale, ovvero qualora l’istituzione non dia esecuzione alla sentenza di annullamento emessa nei suoi confronti, non ponendo in essere i provvedimenti necessari, è ammissibile la proposizione di un nuovo ricorso in carenza avente ad oggetto la violazione dell’art.266 TFUE in combinato disposto con il dispositivo della sentenza che ha constatato l’illegittimità dell’inerzia in questione ovvero che ha dichiarato l’atto impugnato nullo e non avvenuto. Appare inoltre proponibile un ricorso in annullamento qualora, per ottemperare alla sentenza e al dovere di cui all’art.266 TFUE, l’istituzione riconosciuta “inerte” emani atti non adeguati o in contrasto con il giudicato. Infine, il persistere dell’istituzione nel suo comportamento omissivo, così come il decorrere di un periodo di tempo eccessivo per l’adozione dell’atto dovuto o per l’esecuzione del dispositivo della sentenza a suo carico, determinano la responsabilità extra-contrattuale dell’Unione e la possibilità di introdurre, quindi, un ricorso ex artt. 268 e 340 TFUE.

144 che impongono un onere pecuniario e che possono aversi solo a conclusione di ricorsi in materia di risarcimento del danno per responsabilità extra-contrattuale dell’Unione, con riguardo a controversie promosse dai dipendenti dell’Unione stessa ovvero in virtù di clausole compromissorie, nonché in relazione al disposto dell’art. 260 par.2 TFUE450

. Ai sensi dell’art.299 TFUE, tali sentenze costituiscono titolo esecutivo e l’esecuzione forzata è disciplinata dalle norme di procedura civile vigenti nello Stato membro sul cui territorio essa viene effettuata.

5. I soggetti legittimati ad adire gli organi giurisdizionali dell’Unione europea: Stati