GDP and public spending by functional classification
4.3 L’eredità di Margaret Thatcher, il declino dei sindacati britannici e i nuovi governi laburisti.
Quale eredità lasciarono i Governi di Margaret Thatcher? Risulta possibile affermare che l’azione di trasformazione attuata negli anni ’80 si esaurì con la fine dei mandati dell’Iron Lady? Certamente le conseguenze di più di un decennio di politiche liberiste modificarono economicamente e socialmente il Paese in una prospettiva di lungo termine. La Gran Bretagna non sarebbe mai più stata la stessa, e il caso britannico presentò certo caratteristiche uniche di radicale trasformazione nel panorama europeo. Anche l’Europa non sarebbe stata la stessa, come il mondo non sarebbe più stato lo stesso, in quanto i governi
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Thatcher fecero da scuola per la diffusione della nuova cultura liberista dominante che gli Stati Uniti d’America di Ronald Reagan abbracciarono. Il Primo Ministro Thatcher non solo svolse la funzione di apripista per la cultura dominante delle deregolamentazioni e delle privatizzazioni delle imprese statali, ma inaugurò un nuovo metodo di confronto con le forze del lavoro che si basava su una guerra permanente e senza quartiere contro qualsiasi organismo di rappresentanza della classe lavoratrice.
Nel precedente capitolo sono stati individuati momenti storici di svolta nelle relazioni di lavoro del XX secolo. Ora è possibile individuare nella Gran Bretagna degli anni ’80 l’arrivo di un nuovo grande sbilanciamento nel rapporto tra capitale e lavoro, dovuto all’opera riformatrice attuata con le politiche liberiste della Thatcher. Con lo spostamento dell’asse a favore dell’accumulo di capitale si addensavano dense nubi all’orizzonte per la classe lavoratrice, che, privata del proprio potere contrattuale, iniziò a vivere una fase di rapida erosione dei diritti e delle protezioni conquistate. Quest’erosione, perpetuata attraverso politiche neoliberiste, trovava forza da una parte nell’ hard power di regimi capaci di usare la repressione nei confronti dei sindacati, dall’altra nel pervasivo soft power di una cultura che divenne cultura egemone nel blocco occidentale, presentandosi in talune circostanze come un pensiero unico che condusse i paesi occidentali, e nel nostro caso l’Europa, in un vortice di crisi sistemica che ancora oggi è in atto. La Gran Bretagna, a differenza degli altri casi studiati si presenta come il prototipo di perfetta trasformazione liberista della società e dell’ economia.
Per quanto riguarda le organizzazioni delle classi lavoratrici britanniche, è possibile osservare tra gli anni ’80 e ’90 un rapido declino della presenza delle Union nelle relazioni industriali, sia a livello di iscritti e rappresentanza, sia a livello di una sempre più ridotta contrattazione collettiva. Richard Disney, Amanda Gosling e Stephen Machin affermano nella loro ricerca sul declino delle Union britanniche che non solo risulta evidente il rapido calo quantitativo della proporzione dei lavoratori iscritti ai sindacati, ma è possibile individuarne le cause qualitative nel crollo del riconoscimento da parte dei lavoratori nei propri sindacati105. Da quella ricerca emerge che la spaccatura della classe lavoratrice britannica in specifici settori può essere la chiave per comprendere il declino delle affiliazioni sindacali.
105Per approfondire il tema del decline sindacale britannico negli anni ’80 vedere: R. Disney, A. Gosling, S.
Machin, British Unions in decline: an examination of the 1980s fall in trade union recognition, Cambridge, National Bureau of Economic Research, 1994.
Inizialmente vi fu un calo della densità sindacale nei settori manifatturieri dove storicamente i sindacati erano forti, in seguitò si presentarono difficoltà crescenti delle Union nei settori privati dei servizi, che stavano soppiantando il manifatturiero nella base del sistema economico del paese. Infine emerse la difficoltà a riconoscersi in un sindacato di una classe lavoratrice che si trovava profondamente spaccata tra lavoratori manuali del manifatturiero e operatori dei servizi che difficilmente si inserivano in un sistema di valori e di identità collettivista che era stato proprio della classe lavoratrice nel secolo precedente. Tali conclusioni sono illustrate nei significativi grafici contenuti nella ricerca sopracitata:
• 1980-1990 Scomposizione per settori di lavoro del declino percentuale del riconoscimento dei lavoratori nei sindacati106:
• 1980-1990 Statistiche descrittive sulla densità sindacale e sulla copertura della contrattazione collettiva107:
106 Ivi, p. 20. 107
Tra il 1990 e il 1997 il governo conservatore di John Major seppe continuare il percorso di riforme liberiste antisindacali fino al passaggio di testimone al Labour Party. Major dovette far fronte alla pressione interna esercitata dalla componente antieuropeista del partito conservatore. Indebolito dalle pressioni interne, il governo non rispettò i vincoli dell’European Exchange Rate Mechanism e fu forzato a far uscire la sterlina dal sistema nel settembre del 1992. La speculazione monetaria relativa alla fluttuazione della sterlina in quello che fu chiamato il Black Wednesday costò al tesoro britannico tre miliardi e mezzo di sterline. Il governo Major, fortemente indebolito, riuscì tuttavia a resistere per altri 5 anni e proseguì l’opera di finanziarizzazione e deregolamentazione dell’economia britannica, riuscendo nel 1993 a far approvare la legge per la privatizzazione delle British Railways. Dopo diciotto anni di ininterrotti governi conservatori, Tony Blair riuscì infine a portare alla vittoria nel 1997 il Partito laburista. Nei primi anni ’90 la Gran Bretagna aveva attraversato una nuova fase di depressione economica, caratterizzata da una forte disoccupazione e dalla reiterazione dello smantellamento del settore manifatturiero privato e delle grandi industrie strategiche statali. Il nuovo governo laburista non cambiò radicalmente la politica sociale adottata dai conservatori nei precedenti diciotto anni. Blair si mantenne sui binari neoliberisti di deregolamentazione economica. Tuttavia, ponendo fine ai metodi repressivi attuati negli anni precedenti contro il sindacato, inaugurò un nuovo periodo di apertura nei confronti delle Union.
Fu proprio infatti il primo ministro Blair ad abrogare l’ obbligatorietà del ballottaggio per la proclamazione degli scioperi. Inoltre, la nuova impostazione fortemente europeista dei Laburisti portò alla piena adesione al Capitolo Sociale dell’Unione Europea, arrivando a partecipare alla creazione nel 1999 all’European Work’s Council. Blair introdusse anche una regolamentazione per la National Minimum Wage, che sebbene riguardasse una porzione dei
lavoratori inferiore al 10%, risultò un’iniziativa che andava in direzione opposta alla strada della deregolamentazione dei rapporti di lavoro voluta dai liberisti. Nei dieci anni successivi l’amministrazione Blair traghettò il Paese in una fase di continuata crescita economica. Rimane tuttavia controversa la figura di Tony Blair come leader laburista, in quanto universalmente riconosciuto come uomo politico estraneo a qualsivoglia principio socialista o proto-laburista. Blair infatti portò a termine l’opera di trasformazione iniziata da Margaret Thatcher, forse godendo dei frutti di una matura trasformazione e finanziarizzazione dell’economia nazionale.
Tony Blair fu definito un third way politician, un politico cioè di difficile collocazione nei tradizionali schemi di destra o sinistra, capace di coniugare principi economici liberisti e politiche sociali di sinistra. Nel 1998 Blair stesso descrisse la third way con le seguenti parole:
The Third Way stands for a modernized social democracy, passionate in its commitment to social justice and the goals of the centre-left…But it is a third way because it moves decisively beyond an Old Left preoccupied by state control, high taxation and producer interests; and a New Right treating public investment, and often the very notions of ‘society’ and collective endeavour, as evils to be undone. 108
Risulta per la verità difficile individuare in Tony Blair le qualità di sintesi tra destra e sinistra recitate da lui stesso nelle parole sopracitate. Allo stesso modo appare sottile il confine tra un progressista riformatore e un liberista travestito da filantropo sociale. Alla prova dei fatti, dopo dieci anni dell’amministrazione Blair la Gran Bretagna assomigliava sempre più alla nazione finanziarizzata e deregolamentata che era stata progettata dagli alfieri del neoliberismo. In questo panorama economico il sindacato, ridotto ai minimi termini nel decennio precedente, continuava un lento e inesorabile declino di rappresentanza dell’atomizzata classe lavoratrice britannica. La domanda che sorge spontanea porsi nell’osservare la metamorfosi socio-economica britannica è: esiste ancora una British
working class?
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CAPITOLO 5 : IL CASO DI STUDIO TEDESCO: MOMENTI STORICI E SVILUPPI