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Il punto di svolta nelle relazioni industriali e sociali della working class europea

CAPITOLO 2 : CLASSE LAVORATRICE EUROPEA E ASCESA DEI SINDACATI IN EUROPA

3.2 Il punto di svolta nelle relazioni industriali e sociali della working class europea

Cosa accadde dal punto di vista delle relazioni industriali e sociali alla classe lavoratrice europea in relazione al punto di svolta nel sistema internazionale negli anni ’70? Dal punto di vista demografico, la classe operaia in Europa non subì un rapido tracollo, ma un lento e progressivo assottigliamento tra gli anni ’70 ed ’80. Analizzando alcuni specifici settori industriali, si nota come in un arco temporale più ampio la forza lavoro sia radicalmente diminuita. Hobsbawm afferma81:

Il numero di addetti del settore tessile e dell’abbigliamento nella Repubblica federale di Germania calò di più della metà fra il 1960 e il 1984, ma all’inizio degli anni ’80 ogni cento operai tedeschi l’industria dell’abbigliamento impiegava 34 operai all’estero. Nel 1966 erano meno di tre.

Non solo si assistette in Europa Occidentale ad una trasformazione quantitativa della classe operaia, ma anche a una riorganizzazione qualitativa industriale. Il termine post-fordismo, che iniziò ad essere popolare negli anni ’80, esprime proprio questo concetto di abbandono delle grandi imprese fordiste ad organizzazione verticale che avevano svolto la funzione di “incubatrice” della potente ed organizzata classe lavoratrice europea. Le antiche aree industriali britanniche e tedesche diventarono delle abbandonate “cinture di ruggine”82.

Nuove aree industriali post-fordiste si svilupparono: ne fu un perfetto esempio il modello di piccola-media impresa italiana, PMI, del Veneto che proponeva un nuovo atomizzato sistema economico integrato orizzontalmente che difficilmente lasciava spazio di organizzazione e rivendicazione alle forze operaie impiegate. In questa trasformazione la classe lavoratrice europea fu privata della propria dimensione spaziale, che era stato il punto forte di coesione e condivisione del lavoro come proprio principale motore organizzativo. Entrò in crisi un modello di identificazione e coesione di classe. La classe operaia nei cinquant’anni precedenti aveva visto crescere il proprio potere contrattuale organizzandosi e

81 E. J. Hobsbawm, Il Secolo Breve 1914/1991, Milano, BUR Storia, 2006, p. 357 82

identificandosi in una coscienza collettiva di condivisione di una condizione sociale. A proposito della crisi coesiva della classe operaia a partire dagli anni ‘70 scrive Hobsbawn83:

Infine gli operai erano uniti dalla componente centrale della loro vita: la collettività, il predominio del “noi” sull’”io”,. Ciò che dava ai movimenti e ai partiti operai la loro forza originale era la convinzione giustificata dei lavoratori che gente come loro non poteva migliorare la propria sorte con l’azione individuale, ma solo con l’azione collettiva.

Dunque è proprio questa dimensione collettiva, già venuta meno attraverso l’esperienza del boom economico e della piena occupazione, in un depauperamento del capitale sociale attraverso una matrice individualista che si sviluppò nella middle working class eropea, che trovandosi disgregata non fu in grado di affrontare la sfida di cambiamento degli anni ‘70. Gli stessi sindacati, a partire dalla fine degli anni ’70, vissero una crisi di legittimazione profonda. Ci fu un vero e proprio scollamento nei confronti della base operaia che iniziò a sperimentare nuovamente dei periodi di disoccupazione di massa, senza trovare nei propri rappresentanti, spesso cooptati dalle istituzioni, una risposta organizzativa e rivendicativa soddisfacente.

In questa dimensione nacquero in Europa una serie di movimenti eversivi rivoluzionari, che a differenza dei sindacati davano una risposta diretta alle richieste operaie, più estreme e violente, di giustizia sociale immediata. Ne furono un esempio le prime Brigate rosse in Italia84, che godettero di un consistente sostegno popolare nel bacino delle forze operaie impiegate nelle grandi imprese industriali metal-meccaniche. In Germania si rese celebre per numerosi atti terroristici la Rote Armee Fraktion, RAF, nota anche come banda Baaden-Meinhof che sviluppò il culmine delle proprie azioni rivoluzionarie-terroristiche nell’autunno del 197785.

Risulta evidente che tali violenti movimenti rivoluzionari trovarono un fertile humus nel substrato della classe operaia frustrata e delusa dai sindacati istituzionalizzati, che vedeva ormai come cooptati e completamente asserviti alle istituzioni.

Anche in questo caso è doveroso distinguere le strade intraprese dai tre paesi analizzati. Nel prossimo capitolo analizzeremo il caso britannico nella sua radicale trasformazione economica e sociale attraverso il thatcherismo degli anni ’80, individuandone le peculiarità nelle politiche liberiste di totale annientamento dei sindacati. Per quanto

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Ivi, p. 360.

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Per approfondire il vasto tema delle Brigate Rosse vedere:G. Galli, Il partito armato. Gli anni di piombo in

Italia, 1968-1986, Milano, Kaos edizioni, 1993.

85 Per approfondire la storia della RAF vedere: S. Aust, Rote Armee Fraktion. Il caso Baader-Meinhof, Milano,

riguarda il caso tedesco ed italiano, invece, risulta importante distinguere le diverse reazioni dei movimenti operai dei due paesi. In Germania, come vedremo, il modello di codeterminazione porterà certamente a sviluppare un modello di democratizzazione dei progetti di investimento e ristrutturazione delle imprese, rischiando tuttavia con l’istituzionalizzazione e la burocratizzazione del sindacato di perdere il contatto con la parte meno tutelata della forza lavoro tedesca. Nel caso italiano vedremo come il tardivo sviluppo industriale accompagnò un tardivo apice delle lotte e conquiste sindacali, posticipato nel tempo rispetto agli altri paesi dell’Europa occidentale86. Tra il ’68 e il ’70 i sindacati italiani vissero molto probabilmente il più alto momento della loro storia. Tuttavia vedremo come a partire dagli anni ’80 le stesse organizzazioni iniziarono rapidamente a perdere terreno rivendicativo e rappresentanza in tutto il territorio nazionale.

Ciò che emerge omogeneamente nei tre paesi analizzati è la battuta di arresto della crescita del potere contrattuale dei lavoratori e di rivendicazione dei sindacati a partire dagli anni ’70. Il dato comune evidente è il cambiamento di prospettiva di lotta adottato dai sindacati nei tre paesi. Tali organizzazioni dei lavoratori furono relegate progressivamente a combattere delle battaglie difensive per la classe lavoratrice. Dagli anni ’70 a questa parte è in atto, da parte del sistema economico internazionale, una guerra contro le forze del lavoro: gli ufficiali di tali forze (i sindacati) si sono trincerati in posizioni difensive che progressivamente hanno ceduto terreno. Preoccupandosi esclusivamente di proteggere le roccaforti dei lavoratori già tutelati hanno aperto un ampio varco alla potenza dirompente del neoliberismo estremo degli anni ’80 e ’90.

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Infatti soltanto con la legge numero 300 del 20 maggio del 1970 (Norme sulla tutela della libertà e dignità

dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento) i

sindacati italiani riuscirono ad archiviare la loro più grande vittoria completando le omissioni degli articoli 36- 39 e 40 della costituzione.

CAPITOLO 4 : IL CASO DI STUDIO BRITANNICO: MOMENTI STORICI E

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