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L’indebolimento della classe lavoratrice nel lento declino dell’economia italiana tra gli anni ‘90 ed oggi.

GDP and public spending by functional classification

CAPITOLO 6 : IL CASO DI STUDIO ITALIANO, MOMENTI STORICI E SVILUPPI DETERMINANT

6.4 L’indebolimento della classe lavoratrice nel lento declino dell’economia italiana tra gli anni ‘90 ed oggi.

Non è compito di questa ricerca approfondire il legame tra il sistema di corruzione capillare nella relazione tra economia partecipata pubblica e partiti che esplose con tangentopoli nel 1992. Tuttavia ci si limiterà ad osservare che i primi anni ’90 fecero emergere tutte le contraddizioni del sistema economico italiano. L’uscita della Lira dallo SME nell’autunno del 1992 implicò la svalutazione della stessa del 7% del proprio valore. Nello stesso Anno il governo Amato avviò una politica di privatizzazione delle più grandi imprese partecipate italiane completando l’opera di scomposizione dell’IRI che era stata iniziata negli anni ’80 sotto la presidenza Prodi per far fronte all’enorme indebitamento della compagnia.

Gli anni novanta furono gli anni dei grandi compromessi di concertazione tra i sindacati e il governo. Infatti tra il 1991 e il 1992 ebbe luogo la maxi contrattazione per la totale abolizione della scala mobile, che sarebbe stata sostituita da un nuovo sistema di controllo dei prezzi. Se CISL e UIL firmarono senza esitazioni l’accordo, la CGIL visse un difficile scontro al proprio interno con la componente fortemente contraria alla sottoscrizione del patto. La faccenda si concluse con la firma del segretario generale Bruno Trentin dell’accordo e il conseguente annuncio delle dimissioni. Il periodo delle grandi concertazioni si concluse nel 1993 con la firma di un secondo accordo triangolare tra governo imprese e

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sindacato per la definizione di un nuovo sistema contrattuale. Scrive Elisabetta Toccalli a proposito della concertazione dei primi anni ’90 :

Sebbene il metodo di concertazione sociale abbia permesso la stipulazione di accordi interconfederali di notevole importanza (ad es. il risanamento dei conti pubblici e l’ingresso dell’Italia nell’Euro), la mancanza di regole codificate e procedure scritte, ha fatto sì che tale strumento entrasse in una fase di crisi: i passati governi di centro-destra, per la necessità di approvare riforme in campo sociale su cui si era formata una forte opposizione dal lato dei sindacati, hanno dato vita ad una nuova metodologia nei rapporti fra istituzioni e parti sociali, ispirata al modello comunitario del dialogo sociale146.

A partire da quegli anni si creò una frattura tra CISL e UIL, che mantennero la linea del dialogo e della concertazione anche con i seguenti governi di centrodestra, e la CGIL che mantenne una linea critica e ferma contro gli accordi di smantellamento delle conquiste sindacali archiviate nei trent’anni precedenti. I governi di centro destra e centro sinistra dei seguenti anni ’90 e 2000 perseguirono un opera di deregolamentazione e liberalizzazione dell’economia italiana. La spinta alle deregolamentazione si concentrò sulla flessibilizzazione del mercato del lavoro, che con la legge 196/1997, denominata Pacchetto Treu, creò un sistema di flessibilità in entrata nel mondo del lavoro tramite il lavoro interinale, l’apprendistato e il tirocinio. Di fatto il provvedimento, che mirava a combattere rapidamente la disoccupazione, creò la basi per un sistema di precariato che nel giro di tre lustri avrebbe pervaso il mondo dl lavoro ed alimentato l’instabilità sociale di un’intera generazione di lavoratori.

L’opera di deregolamentazione fu proseguita dal governo di centrodestra di Silvio Berlusconi con l’approvazione della legge 30/2003, denominata legge Biagi, che prevedeva un’ampia riforma del mercato del lavoro. La legge Biagi riorganizzò completamente il mercato del lavoro secondo un principio di flessibilità in entrata producendo una forte spaccatura tra i lavoratori a tempo indeterminato, che godevano di tutti i diritti garantiti dallo statuto dei lavoratori, e i nuovi lavoratori in ingresso nel mondo del lavoro tramite contratti a progetto, privi delle garanzie e delle protezioni dei contratti tipici147. Nel successivo decennio si assistette ad una stagnazione dell’economia italiana con i redditi da lavoro che rimasero pressoché paralizzati, a fronte di un costo della vita che aumentò progressivamente, con un’accelerazione in seguito all’adozione italiana dell’euro come comune moneta europea.

146 Wikilabour, Dizionario dei Diritti dei Lavoratori, accordo interconfederale,

http://www.wikilabour.it/accordo%20interconfederale.ashx, data di consultazione 15 gennaio 2014.

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Per un’analisi critica della riforma del lavoro Biagi nel quadro della delregolamentazione del mercato del lavoro in Europa si veda: P. Pini, “Togliere tutele al lavoro non aiuta la produttività”, Sbilanciamoci.info, 29 Gennaio 2013, http://www.sbilanciamoci.info/Sezioni/globi/Togliere-tutele-al-lavoro-non-aiuta-la-produttivita- 17530, data di consultazione 16 Gennaio 2014.

Mentre i redditi da lavoro in proporzione all’aumento del costo della vita si profilavano tra i più bassi d’Europa, il paese scivolava verso un ulteriore e progressivo aumento dell’enorme debito pubblico, già cresciuto enormemente negli anni ‘80. Dopo un decennio di immobilismo economico, l’Italia si trovò ad affrontare la grande crisi finanziaria del 2008, che condusse alla crisi europea del debito. La crisi del debito fu l’occasione per un’offensiva da parte del governo tecnico di Mario Monti per un’ulteriore liberalizzazione del mercato del lavoro. La legge 92/2012, chiamata riforma del lavoro Fornero, introdusse la modifica all’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori che prevedeva l’abolizione del reintegro automatico dei lavoratori licenziati senza giusta causa, sostituendolo con l’opzione di un risarcimento economico148.

Ciò che è accaduto dunque negli ultimi vent’anni dell’evoluzione del sistema socio economico italiano è stato inoltre un progressivo indebolimento del settore industriale e manifatturiero a fronte di un’espansione nel settore dei servizi. Di pari passo si è assistito alla spaccatura qualitativa e generazionale all’interno della classe lavoratrice italiana. Da una parte le generazioni entrate nel mondo del lavoro prima del processo di deregolamentazione, che tuttora godono di un sistema di protezione attivo ma lentamente eroso, dall’altra le nuove generazioni, entrate nel mondo del lavoro dopo la deregolamentazione, che in una grossa proporzione sono inserite in un sistema contrattuale atipico e private di qualsivoglia tutela legale assimilabile alle protezioni garantite alle generazioni precedenti.

In questo processo di disgregazione della classe lavoratrice italiana non risulta difficile individuare l’inefficacia e l’assenza dell’opera di protezione del sindacato. I sindacati italiani sembrano infatti aver condotto una fallimentare battaglia difensiva dei diritti dei lavoratori, trincerandosi nelle sacche di resistenza individuabili nei lavoratori che già godevano di uno status di protezione legislativa, e tamponando le perdite di affiliazioni con l’aumento del numero di pensionati iscritti149. La domanda che sorge spontaneo porre è se i grandi sindacati nazionali rispondano ancora ad un principio di rappresentanza universale dei lavoratori.

148 Per approfondire una visione critica degli aspetti della riforma del lavoro attuata dal ministro Fornero si

veda: P. Rausei, M. Tiraboschi, Lavoro: una riforma sbagliata. Ulteriori osservazioni sul DDL n. 5256/2012,

disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita, Modena, ADAPT

university press, 2012.

149 Per approfondire il controverso tema della trasformazione dei sindacati italiani in gruppi di interesse e

pressione economica si veda: S. Liviadotti, L' altra casta. Privilegi. Carriere. Misfatti e fatturati da

multinazionale. L'inchiesta sul sindacato, Milano, RCS Libri, 2008. La pubblicazione d’inchiesta di Liviadotti

presenta indubbiamente un punto di vista liberista e antisindacale nonché una impostazione giornalistica che seleziona i fatti in funzione della tesi, pregiudicando la scientificità della ricerca. Tuttavia gli va riconosciuto il merito di far emergere delle reali contraddizioni nella gestione dei potenti sindacati italiani.

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