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Dei 312 ebrei tedeschi internati nel campo di concentramento di Ferramonti, tra il giugno del 1940 e il settembre del 1943, ve ne sono 49 che sono nati a Berlino.312 E proprio un

berlinese, il già citato Ernst Bernhard, è stato indubbiamente una delle figure di maggior rilievo non solo tra i tedeschi, ma tra tutti coloro che nel corso degli anni sono transitati dal campo calabrese.

Bernhard, “un uomo alto e stempiato, dall’aria distinta e dallo sguardo attento e benevolo”,313 nasce a Berlino il 18 settembre del 1896, dal dottore in Medicina e Chirurgia

Leopold Joseph,314 e da Charlotte Reiner, nata a Vienna. Ernst è il primo di tre figli: dopo di

lui nascono infatti Edith (1898) e Wolfgang (1903). Tutti e tre i nomi, peraltro, mostrano un forte grado di integrazione con la società ed il contesto tedeschi. E lo stesso Ernst a diciotto anni, subito dopo l’esame di maturità sostenuto a Berlino, si arruola come volontario nell’esercito tedesco, mostrando un patriottismo che è una costante dell’ambiente ebraico del tempo, in Germania e non solo. Partecipa quindi alla Grande Guerra fino alla fine, l’ultimo anno come maresciallo, e viene decorato della Croce di ferro al valore militare.315

Dopo la guerra riprende gli studi a Berlino ed a Heidelberg, dedicandosi in particolar modo alla medicina, e nel 1921 supera l’esame di Stato. Nei sette anni successivi lavora in diverse grandi cliniche berlinesi, occupandosi di medicina interna e pediatria, e specializzandosi in queste due discipline. E proprio come specialista in medicina interna e pediatria esercita successivamente la professione in privato. Professione che però lascia all’inizio degli anni ’30, per occuparsi da allora in poi di psicologia e pedagogia, che lo hanno sempre interessato molto e sulle quali si è andato preparando già nel corso degli anni precedenti, formandosi a Berlino con due freudiani come Otto Fenichel e Sándor Radó.316

Sono gli anni in cui Bernhard avvia anche la sua formazione chirologica, grazie alla conoscenza e alla frequentazione di Julius Spier, l’analista berlinese allievo di Jung. Ed è proprio il sistema di interpretazione psicologico di Carl Gustav Jung quello che presto affascina di più Ernst. Il primo incontro tra Bernhard e Jung, che segna l’inizio di un rapporto complesso, segnato da avvicinamenti e singolari silenzi, risale al gennaio del 1934, come

312 ASCosenza, FP, Rprot. e Rnom.; ACSRoma, MI, Dgps, Dagr, A4 bis.

313 ERNST BERNHARD, Lettere a Dora dal campo di internamento di Ferramonti (1940-41), cit., p. XVI.

314 Leopold Joseph Bernhard nasce il 29 gennaio del 1866 a Sopron, Ungheria. BUNDESARCHIV, Gedenkbuch,

Bernhard Leopold.

315 ACSRoma, MI, Dgps, Divisione polizia politica (d’ora in poi, Dpp), Fascicoli personali, busta 118, fasc.

Bernhard Ernesto.

risulta da una lettera dello stesso Bernhard, del 15 ottobre 1934, in cui si fa appunto riferimento al loro primo incontro.317 “Appartengo alla scuola del prof. C. G. Jung di Zurigo,

di cui sono allievo personale”, sosterrà poi lo stesso Bernhard in un suo promemoria del febbraio del 1941. “Il prof. C. G. Jung è il presidente del gruppo tedesco della Società internazionale medica per psicoterapia, società che è sanzionata e riconosciuta come l’unica società del genere nella Germania di oggi”.318

I cambiamenti nella vita di Bernhard non si fermano però al solo ambito professionale, e sempre all’inizio degli anni ’30 Ernst divorzia dalla moglie Hella, non ebrea, anche per proteggere dalla persecuzione antiebraica i due figli, Michael e Silke, che rimangono con la madre a Berlino quando lo stesso Bernhard decide di lasciare la Germania, all’indomani delle Leggi di Norimberga.319

Insieme a lui lascia la Germania anche la sua nuova compagna, Dora Friedländer, con la quale Ernst condivide il proprio cammino di ricerca. Entrambi scelgono inizialmente l’Inghilterra, ma il British Immigration Office nega loro il visto d’ingresso. E Gerhard Adler, analista junghiano amico di Bernhard, che faceva parte del comitato appositamente istituito dal Ministero degli Interni inglese, e che si adoperò per far accettare la domanda, racconterà in seguito ad Aldo Carotenuto320 perché venne respinto: “Bernhard himself had written in his

application that he was interested in and worked with astrology”.321 Astrologia che non era

contemplata nell’elenco delle professioni ufficialmente riconosciute dal Governo britannico. Fallito il tentativo di ingresso in Inghilterra, nel dicembre del 1936 Ernst e Dora optano per l’Italia, “con raccomandazione della Congress-Zentrale tedesca (Berlino) e del servizio accademico tedesco per gli scambi scientifici coll’estero, allo scopo di allargare i miei studi ed indagini sulla psicologia e pedagogia presso la Reale Università di Roma”,322 come

racconta lo stesso Bernhard. In realtà, come visto, si è trattato di una scelta obbligata. Il quarantenne medico tedesco e Dora si stabiliscono a Roma, in un appartamento in via Gregoriana 12, a pochi passi da Trinità dei Monti, e nella Capitale Bernhard stringe amicizia con i grandi nomi della psicoanalisi italiana, a partire da Edoardo Weiss e Cesare Musatti.

317 GIOVANNI SORGE (a cura di), Lettere tra Ernst Bernhard e Carl Gustav Jung: 1934-1959, La biblioteca di

Vivarium, Milano 2001, p. 12.

318 ACSRoma, MI, Dgps, Dpp, Fascicoli personali, busta 118, fasc. Bernhard Ernesto.

319 ERNST BERNHARD, Lettere a Dora dal campo di internamento di Ferramonti (1940-41), cit., pp. XVI-XVII. 320 Aldo Carotenuto (Napoli, 25 gennaio 1933 – Roma, 14 febbraio 2005), psicoanalista, scrittore e accademico

italiano, è stato uno dei massimi esponenti dello junghismo internazionale.

321 ALDO CAROTENUTO, Jung e la cultura italiana, Astrolabio Ubaldini, Roma 1977, p. 45; ERNST BERNHARD, Lettere a

Dora dal campo di internamento di Ferramonti (1940-41), cit., p. XVII.

Proprio quest’ultimo rivelerà del sostegno umano e professionale che Weiss ricevette dal Bernhard durante una grave crisi di sconforto, dovuta alla promulgazione delle leggi razziali in Italia.323 Legislazione razziale che ha delle conseguenze immediate anche sull’attività di

Ernst Bernhard. A Roma, infatti, Bernhard continua liberamente a praticare la psicoterapia junghiana fino al 1938. Con l’introduzione delle leggi razziali, invece, non poche sono le limitazioni che gli vengono poste anche da un punto di vista professionale. “Secondo la legge del settembre 1938/XVI ho cominciato subito le pratiche per andare all’estero ed ho scelto l’Inghilterra che era l’unico paese che mi dava questa possibilità”, spiega quindi lo stesso Bernhard. “Ma non sono riuscito a causa delle complicazioni politiche ed infine della guerra attuale”.324

E proprio all’indomani dell’entrata in guerra dell’Italia, Ernst Bernhard viene arrestato nel suo appartamento di Roma, e condotto prima nel carcere di Regina Coeli 325 e

successivamente, insieme ad altri ebrei stranieri, nel campo di concentramento di Ferramonti di Tarsia, dove arriva il 25 giugno del 1940.326 Si tratta, come già visto, del primo

gruppo di internati che arriva in Calabria, in un campo praticamente ancora in costruzione. Bernhard scrive molto, anche se privatamente, nonostante la sua preferenza per la forma dialogica. Oltre ai commenti sulle terapie dei pazienti scrive lettere agli amici, tiene appunti con le sue riflessioni e diari dei suoi sogni. E a Ferramonti mantiene questa abitudine, scrivendo alla sua amata Dora e registrando nelle sue lettere ciò che accade. Scrive così, a Dora, il giorno dopo il suo arrivo al campo: “Oggi ti posso scrivere djà un po’ più distintamente, dato che il mio soggiorno qui conta djà una giornata intera. Solamente difficile per me di scrivere in italiano,327 perché prende mi la possibilità di esprimermi

323 ALDO CAROTENUTO, Jung e la cultura italiana, cit., p. 68.

324 ACSRoma, MI, Dgps, Dpp, Fascicoli personali, busta 118, fasc. Bernhard Ernesto.

325 Come riportato da Carlo S. Capogreco e sottolineato anche da Klaus Voigt, tutte le testimonianze (si veda, ad

esempio, quella di Ernst Klopfer, nel capitolo successivo) concordano sul fatto che la reclusione nelle prigioni locali fu il periodo più duro di tutto l’internamento. Celle sovraffollate, mancanza dei servizi igienici più elementari, presenza di parassiti infestanti e spesso convivenza con i criminali erano una triste consuetudine. A ciò si aggiungeva l’incertezza sulle reali intenzioni delle Autorità italiane. Incertezza alimentata dalle stesse Autorità, che mantenevano costante la minaccia dell’espulsione in Germania. Nella maggior parte dei casi, quindi, i prigionieri si rendevano conto solo durante il trasporto che non venivano portati alla frontiera tedesca, bensì verso Sud. CDEC, Fondo Israel Kalk, VII/Testimonianze e documentazione; CARLO S.CAPOGRECO,Ferramonti.

La vita e gli uomini del più grande campo d’internamento fascista (1940-1945), cit., pp. 38-40; KLAUS VOIGT,

Maximilian Segall, un profugo ebreo in Italia, in La Rassegna Mensile di Israel, vol. 54, n. 1/2, 1988, pp. 289-

290.

326 ASCosenza, FP, Rprot., Bernhard Ernst; ACSRoma, MI, Dgps, Divisione polizia politica (d’ora in poi, Dpp),

Fascicoli personali, busta 118, fasc. Bernhard Ernesto; ACSROMA, MI, Dgps, Dagr, Archivio generale, Ag, Cp, A16,

stranieri (1944-1946), busta 8, fasc. Bernhard Ernst.

immediatamente. Per conservare almeno tanto possibile la tinta personale del mio stile rinuncia di scrivere un stile italiano e tento di tradurre semplicemente quello che avrei scritto in tedesco, in lingua italiana. Scusa mille volte se offendo con ciò il tuo sentimento di stile, anch’io lo trovo – si può dire – barbarico; ma malgrado ciò preferisco questa maniera che ti farà la mia persona più vicina. Dora, cara mia!

Sto seduto sul una banca nell’orto di cui la “Direzione” ha preso oggi un collega di me per avere un lavoro e per aiutare la costruzione di questo campo. Un bel paesaggio. Una cavatara, si può dire una valle piana, circondata ad ogni lato da colline. Campi di frumento, poco fa bonificati. Terra, cielo, frumento e vento!

[…] Dormiamo tutti in una baracca che è ancora in costruzione. Ma si vede di ora in ora progressi. Abbiamo una cantina, nella quale possiamo avere tutto quello che abbiamo bisogno per mangiare in stile di campo (pane, marmelata, salame, formaggio, uova, scatole, etc), per me già troppo – come tu sai.

Mangio insieme con tre colleghi, compriamo insieme etc., una vita che ben conosco dal sport e dal guerra. In fondo sono naturalmente solo, ma del tutto o appunto per ciò contento [tre righe cancellate dalla censura]. Accettare la situazione, accomodarsi etc. Non facile: Le differenze che sono date in un gregge [censura] intensamente, la differenza di cultura. [censura] Io ripeto sperience che ho avuto 20 anni fa – per superarle una volta per sempre. Ho con loro nessun legame speciale; sono persone che soffrono e io aiuto a loro come possibile.328 Ma appunto quello che si potrebbe chiamare una specificità ebraica è per

me assolutamente strano e lontano. Il valore umano di sincerità, objetività e seriosità, di tatto del cuore e cultura del atteggiamento esterno si è condensato in una tale misura che riempie tutte le mie norme di valore (o questo italiano che scrivo! Scusa!). Col nostro commissario del campo329 – per esempio – mi sento molto di più familiare di persino con i

mii colleghi!

[…] Ed ora da te, cara, cara cugina! Ho pensato molto, molto su di te! Abbi fiducia anche tu nella nostra sorte! Io ti lascerò mai! Dato che ho rinunciato di sposarmi, ho trovato la mia sorte nel vivere con te e so che sarà la tua e la mia benedizione! Non dubitare se anche per un tempo più o meno lungo saremo divisi; dobbiamo intanto crescere e maturare silenziosamente fino che sia completato il tempo!

328 A Ferramonti Bernhard supporta i propri compagni continuando svolgere il proprio mestiere di

psicoterapeuta.

Io conosco il tuo oroskopo, so che ci sono tante difficoltà; ma il tuo oroskopo fa vedere anche chiaramente che tu avrai la forza di superare tutto e che tu vieni fuori di questo tempo di prova gravissima come un cristallo dopo il processo chimico! – Tu mi conosci, Doretta; forse sei l’unica persona che mi conosce profondamente! Combatti contro i pensieri che vogliono disturbare la fiducia nella Provvidenza. Iddio ci conduce e ci da sempre quello che abbiamo bisogno. Appunto questo che è accaduto abbiamo bisogno; tu lo sai, e sapiendo questo, tutto per noi è fecondo e ci conduce più vicino di essere perfetto.

Finisco adesso! Siamo chiesti di scrivere solamente a te. Tu dici saluti a miei amici e mi scrivi anche, se loro ti dicono qualque cosa per me! Scrivi, ti prego, anche a Berlino, calmando, senza particolarità. Non è necessario!”.330

Si tratta della seconda – la prima l’aveva scritta il giorno stesso del suo arrivo – di una lunga serie di lettere che Ernst Bernhard scrive dal campo di Ferramonti alla sua compagna rimasta a Roma, e chiamata cugina per motivi di prudenza.331 Una lettera che lascia già degli indizi su

alcuni importanti aspetti di questa storia: il contesto iniziale del campo di Ferramonti, nei suoi primi giorni di vita; i suoi rapporti con gli altri internati; gli interessi di Bernhard; l’amore e il legame forte con la compagna, con i continui tentativi di rassicurarla e nello stesso tempo la richiesta di aiuto, perché svolga un ruolo da intermediaria con i familiari e soprattutto con gli amici, che poi si riveleranno decisivi per le sorti dello psicanalista tedesco. Nella desolazione di Ferramonti Bernhard si appoggia molto alla sua idea della Divina Provvidenza, “la misteriosa Presenza sempre benefica, l’Energia che come il Tao pervade ogni cosa, che conosce meglio di noi il nostro bene”.332 Un’idea derivata dalla Bibbia e dai

suoi studi orientalistici, ma soprattutto dal gesuita settecentesco Jean-Pierre de Caussade e dalla sua opera sull’Abbandono alla Provvidenza Divina o Sacramento del Momento

Presente.

330 ERNST BERNHARD, Lettere a Dora dal campo di internamento di Ferramonti (1940-41), cit., pp. 5-7.

331 Della detenzione a Ferramonti sono rimaste 140 lettere di Ernst e 289 di Dora. Il carteggio di Bernhard è

importante perché, in generale, le lettere degli internati sono rare. Circa il loro valore documentario bisogna sempre tener presente che si tratta di una fonte fragile e discutibile, perché gli internati temevano la censura. Oggi si sa che la censura, in fondo, non era così dura come all’epoca si pensava che fosse. Ma la percezione di un internato, in quel momento ed in quel contesto storico, era di sicuro differente. Si pensi, appunto, allo stesso Bernhard. Lui arrivava da Berlino e sapeva benissimo cosa fossero i campi di concentramento tedeschi. Oggi si usa il termine internamento anche per operare una distinzione con i campi di concentramento e sterminio. Ma Bernhard, sapendo di essere trasferito in un campo di concentramento, non poteva non pensare ai campi nazisti. E le sue lettere, scritte dopo l’arrivo a Ferramonti, indubbiamente esprimono un’estrema paura della censura. Queste lettere sono importanti per ciò che ci dicono del suo rapporto con Dora, ma anche per i suoi pensieri che anticipano alcune riflessioni posteriori. Tuttavia, uno storico deve sempre tener presente che si tratta di documenti criticabili e discutibili.

All’interno del campo, poi, oltre che fornire un aiuto psicologico ai compagni di internamento in difficoltà, Bernhard si dedica anche allo studio ed alla lettura dei libri che Dora gli ha messo in valigia al momento del suo arresto. E uno spazio particolare è dedicato all’I Ching,333 il “libro cinese” così come lo chiamano Ernst e Dora, che li accompagna per

tutta la loro vita e che entrambi consultano costantemente, con grande fede nella saggezza del suo responso. E sempre a Ferramonti Bernhard prosegue anche la sua formazione in campo astrologico: nel carteggio tra Ernst e Dora il censore cancella spesso simboli e parole per lui incomprensibili, ma che altro non sono che riferimenti astrologici.334 In Bernhard,

d’altronde, agiscono e si mescolano componenti talvolta opposte: dall’ebraismo, piuttosto di stampo chassidico, all’eredità germanica, al rapporto con la “madre mediterranea” e l’apertura al mondo delle immagini.

Bernhard si attiva subito, inoltre, per ottenere la revoca del provvedimento di internamento. “Sono cristiano senza partecipare ad una chiesa. La mia appartenenza alla comunità religiosa ebraica ho sciolto nell’anno 1926 per atto ufficiale (documento di notario)”,335 dirà alle

Autorità italiane nel tentativo di essere liberato. Tentativo che viene accompagnato da alcune rassicurazioni sulla propria situazione economica (“Dispongo di mezzi necessari per fare una vita indipendente e dedicarmi ai miei studi”336) e, come di consuetudine, anche da

un inverosimile encomio sull’operato del Governo italiano: “Tornando nel 1936/XIV, dopo undici anni, sono rimasto entusiasta di tutto quel che il Fascismo aveva creato intanto per il popolo italiano e per tutto il mondo nel suo sviluppo rapido e vittorioso”.337 In questo caso,

poi, si aggiunge anche la promessa di elaborare un saggio su Il trionfo del Fascismo visto

dalla psicologia moderna. Lavoro per il quale Bernhard chiede appunto di poter compiere gli

studi necessari all’Università di Roma. “Con ciò avrei anche modo di continuare i miei studi sulla psicologia cinese e tibetana dal prof. S. E. Tucci, Accademico d’Italia all’Istituto del

333 L’I Ching (“Classico dei mutamenti”), è un’opera cinese considerata tradizionalmente il portato della vena

compositiva dei Quattro saggi: il mitico imperatore Fu Xi, il sovrano Wen dei Zhou, il Duca di Zhou e Confucio. È stata una delle opere più influenti nella storia del pensiero cinese. Introdotta in Europa da Gottfried Wilhelm von Leibniz, è stata materia di ricerca di molti intellettuali, fra cui Carl Gustav Jung, Philip K. Dick e Italo Calvino. Per un approfondimento sul tema: LUCIANA MARINANGELI (a cura di), I Ching di Ernst Bernhard, La Lepre Edizioni,

Roma 2015; RICHARD WILHELM (a cura di), I Ching. Il libro dei mutamenti, Adelphi, Milano 1995.

334 ERNST BERNHARD, Lettere a Dora dal campo di internamento di Ferramonti (1940-41), cit., pp. XXX-XXXI. 335 ACSRoma, MI, Dgps, Dpp, Fascicoli personali, busta 118, fasc. Bernhard Ernesto.

336 Ibidem. 337 Ibidem.

Medio ed Estremo Oriente a Roma, studi di importanza decisiva per me che avevo già iniziato a Berlino e Zurigo sei anni or sono”,338 aggiunge poi lo stesso Ernst.

Il fatto che Bernhard citi proprio Giuseppe Tucci non è un caso. È infatti il famoso orientalista italiano che si sta adoperando per ottenere il proscioglimento di Ernst. La stessa Dora si era rivolta direttamente a lui dopo diversi tentativi, tutti falliti, portati avanti attraverso altri canali, come ad esempio quello di Bruno Veneziani, cognato di Italo Svevo.

È il 27 novembre del 1940 quando, per la prima volta, Bernhard nomina l’Accademico Tucci in una sua lettera a Dora: “Forse il prof. Tucci può interessarsi per il mio caso?”.339 La

diffidenza proprio del Veneziani nei confronti del Prof. Tucci frena però, almeno inizialmente, l’intuizione del Bernhard. “Al sign. Bruno non piace per qualche ragione, a me sconosciuta”,340 spiega Dora a Ernst, nella sua successiva risposta del 2 dicembre.

Ma è la stessa Dora, poco tempo dopo, a prendere in mano la situazione, decidendo di rivolgersi al Tucci direttamente, senza intermediari. Iniziativa che viene subito premiata. “Carissimo mio cugino! Torno dal prof. T. dove sono stata ricevuta benissimo. Lui, tipo un po’ artista, molto simpatico, mi ha sentito e subito con la più grande semplicità espresso la sua prontezza di dar aiuto, ancora molto di più di quanto io potessi sperare e sapere!”.341 Questa

lettera di Dora ad Ernst è datata 31 gennaio 1941. Qualche giorno dopo, le Autorità italiane, che nel frattempo avevano predisposto il trasferimento in internamento libero dello psicanalista tedesco, nel Comune di Lago (CS), ricevono la richiesta di Giuseppe Tucci, che si era già attivato per giungere ad una soluzione positiva del caso.342 “Che io non sia stato

prelevato dal campo di internamento e deportato in Polonia, ma che potessi uscire dal campo e tornare nella mia abitazione e viverci nascosto, lo devo al celebre indologo italiano Tucci, che aveva saputo di me attraverso pazienti e ottenne la mia liberazione”,343 spiegherà

successivamente Bernhard.

338 Ibidem.

339 ERNST BERNHARD, Lettere a Dora dal campo di internamento di Ferramonti (1940-41), cit., p. 295. 340 Ibidem, p. 299.

341 Ibidem, p. 387.

342 ACSRoma, MI, Dgps, Dpp, Fascicoli personali, busta 118, fasc. Bernhard Ernesto.

343 ACSROMA, MI, Dgps, Dagr, Archivio generale, Ag, Cp, A16, stranieri (1944-1946), busta 8, fasc. Bernhard

Ernst;ERNST BERNHARD, Lettere a Dora dal campo di internamento di Ferramonti (1940-41), cit., pp. XXXIV-XXXV,

L’interessamento dell’orientalista italiano, che pure aveva sostenuto il Manifesto della Razza