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Le organizzazioni di soccorso ebraiche nell’Italia fascista (1933-1937)

In un contesto internazionale, quello degli anni ’30 del secolo scorso, in cui sono indubbiamente pochi i Paesi che mantengono le porte aperte all’emigrazione proveniente dalla Germania, la posizione dell’Italia, almeno inizialmente, è differente. Come già visto, il Governo italiano si dichiara disposto ad accogliere i migranti, e nell’ottobre del ’34 invita l’Unione delle Comunità Israelitiche Italiane (UCII)101 a collaborare, sulla questione dei

99 CDEC, Fondo Israel Kalk, III-IV/Confino e altri campi, busta 3, fasc. 32, Località e campi di concentramento in

Italia. CARLO S.CAPOGRECO, I campi del Duce. L’internamento civile nell’Italia fascista (1940-1943), cit., pp. 298 ss.

100 LILIANA PICCIOTTO, Salvarsi. Gli ebrei d’Italia sfuggiti alla Shoah (1943-1945), Einaudi, Torino 2017, pp. 41-50;

MICHELE SARFATTI, La Shoah in Italia. La persecuzione degli ebrei sotto il fascismo, cit., pp. 98-123.

profughi provenienti dalla Germania, con l’Alto Commissario presso la Società delle Nazioni.102

Su questo problema, però, le Comunità Israelitiche si dividono, e se da un lato c’è una parte estremamente attiva, che capisce l’urgenza e la gravità del problema e cerca di risolverlo nel quadro di una più vasta solidarietà ebraica, soprattutto nelle grandi città del nord dove vi è un contatto continuo con emigranti e profughi; dall’altro c’è chi è più timoroso del regime fascista e teme delle ripercussioni nel proprio Paese. Non mancano, infatti, tra gli esuli stessi, voci che rimproverano agli ebrei italiani di opporsi ad un afflusso maggiore, nel timore che gli si possa ritorcere contro.103

In generale, comunque, l’atteggiamento delle organizzazioni ebraiche è prudente. E se, nella prima parte degli anni ’30, una certa discrezione accompagna i ripetuti tentativi, da parte delle stesse, di indurre il Governo italiano a prendere iniziative in politica estera contro la persecuzione nazista, quando invece inizia l’avvicinamento tra Italia e Germania si cerca di evitare ogni clamore, temendo che un consistente afflusso di emigranti possa portare a una svolta improvvisa nella politica di accettazione.104

L’attività di assistenza vera e propria ha inizio nell’aprile del 1933, non appena giungono in Italia le notizie relative al boicottaggio delle attività commerciali degli ebrei.105 In breve

tempo, sorgono in diverse grandi città Comitati di assistenza, dipendenti a loro volta da un Comitato Centrale, il Comitato di assistenza agli ebrei di Germania, con sede presso l’Unione delle Comunità. E mentre quest’ultima mantiene il suo ruolo istituzionale di ente rappresentativo dell’ebraismo italiano nei confronti delle autorità governative e di ente coordinatore delle attività comunitarie, attraverso i Comitati di assistenza e attraverso una sottoscrizione aperta presso ciascuna comunità, in favore dei correligionari perseguitati, si cerca di far fronte alle necessità degli emigranti ebrei che arrivano in Italia.106

L’assistenza si concretizza anche nell’elaborazione di un piano di lavoro finalizzato alla ricerca di impieghi per gli emigranti, soprattutto per coloro che hanno la prospettiva di un lungo periodo di permanenza in Italia. Impresa non semplice, perché in Italia, come già visto,

102 KLAUS VOIGT, Il rifugio precario. Gli esuli in Italia dal 1933 al 1945, cit., p. 246. 103 Ibidem, pp. 244-264.

104 MASSIMO LEONE, Le organizzazioni di soccorso ebraiche in età fascista (1918-1945), Carucci, Roma 1983, pp.

71-72.

105 Il settimanale Israel, di tendenze sioniste, pubblica in ogni numero articoli con notizie relative agli

avvenimenti tedeschi, e alla fine del 1933 istituisce anche una speciale rubrica, dal titolo Notizie di Germania; KLAUS VOIGT, Il rifugio precario. Gli esuli in Italia dal 1933 al 1945, cit., p. 244.

106 SETTIMIO SORANI, L’assistenza ai profughi ebrei in Italia (1933-1941). Contributo alla storia della Delasem,

la legge dà l’assoluta precedenza agli italiani, per cui sono reperibili posti di lavoro o in settori particolarissimi in cui non ci sono aspiranti italiani, o in settori in cui il numero dei posti eccede l’offerta di impego.

Non vengono invece concessi sussidi permanenti, ma si interviene solo in casi di particolare bisogno con piccole somme. In particolare, le spese più frequenti riguardano i costi per il proseguimento del viaggio, il vitto e l’alloggio.107

Molte Comunità israelitiche anche grandi, come quelle di Torino, Fiume, Livorno o Ferrara, decidono di non creare un comitato specifico, e preferiscono affidare l’attività di soccorso agli enti assistenziali già esistenti, così come avviene anche a Genova, dove già da tempo è presente un comitato costituito per aiutare gli emigranti ad imbarcarsi. Mentre a Padova, Pisa e Bologna esistono particolari organizzazioni di assistenza per gli studenti, create dalle comunità locali, inizialmente per gli studenti ebrei provenienti dall’Europa orientale, ma a cui in seguito si rivolgono anche i tedeschi, viste le pesanti limitazioni al trasferimento di valuta. Queste organizzazioni gestiscono mense proprie o procurano pasti gratuiti, e in casi di emergenza danno anche aiuti economici temporanei.108

Per quanto riguarda, invece, i Comitati di assistenza locali istituiti nel ’33, i più importanti sono sicuramente quelli di Trieste e Milano. A Trieste, già dal 1921 esiste il Comitato italiano

di assistenza agli emigranti ebrei, finanziato soprattutto dalla Jewish Agency for Palestine,109

che assiste gli emigranti provenienti prevalentemente dall’Europa orientale e diretti appunto in Palestina. Il Comitato, che stipula veri e propri contratti con le compagnie di navigazione, dispone di diversi alloggi per il pernottamento prima della partenza e di mense kosher. Tiene, inoltre, rapporti di stretta collaborazione con le Autorità locali e centrali italiane.110

Con l’avvento del nazismo in Germania, l’afflusso dei migranti aumenta sensibilmente, per l’esodo degli ebrei tedeschi. E sebbene l’UCII avalli, nel ’33, la nascita di un Comitato Speciale

di assistenza, cui affidare proprio gli ebrei provenienti dalla Germania, nella pratica a Trieste

rimane operativo il vecchio Comitato. Il secondo, infatti, nato più per vecchi campanilismi e per una crisi direttiva e istituzionale dell’UCII stessa, costituisce solo un doppione del primo,

107 KLAUS VOIGT, Il rifugio precario. Gli esuli in Italia dal 1933 al 1945, cit., pp. 150-186, 248-249.

108 MASSIMO LEONE, Le organizzazioni di soccorso ebraiche in età fascista (1918-1945), cit., pp. 77-111; KLAUS

VOIGT, Il rifugio precario. Gli esuli in Italia dal 1933 al 1945, cit., pp. 220-228.

109 Organizzazione sionista presente in Palestina durante il periodo del mandato britannico, ha come scopo

principale quello di favorire l’immigrazione e l’insediamento degli ebrei; HERBERT PARZEN, The Enlargement of

the Jewish Agency for Palestine: 1923-1929 a Hope: Hamstrung, Jewish Social Studies, vol. 39, no. 1/2, Indiana

University, Bloomington 1977, pp. 129–158. JSTOR, www.jstor.org/stable/4466954.

110 SETTIMIO SORANI, L’assistenza ai profughi ebrei in Italia (1933-1941). Contributo alla storia della Delasem, cit.,

e nemmeno troppo efficiente. Così, quando alla fine del ’39 viene creata la Delasem,111 è

proprio il primo ad assumerne direttamente la rappresentanza cittadina.112

A Milano, invece, dove nel primo anno e mezzo si stabiliscono circa 500 migranti, il Comitato

di assistenza per gli ebrei profughi dalla Germania viene creato nell’aprile del ’33 dal già

citato presidente della Comunità israelitica della città, Federico Jarach, e la città diviene presto il luogo più importante per l’attività assistenziale. Il Comitato di Milano, infatti, prosegue a pieno ritmo la sua attività anche negli anni successivi, dimostrandosi sempre più un punto di riferimento.

Nel marzo del 1935, quando Raffaele Cantoni113 ne assume la presidenza, il Comitato ha

urgente bisogno di procurarsi nuovi fondi, dato che si sono esauriti i proventi della prima sottoscrizione indetta dall’UCII e delle elargizioni spontanee dei privati a Milano. Viene quindi trattenuto tutto il ricavato di una seconda sottoscrizione e si razionalizzano le spese. Di fondamentale importanza poi, è la collaborazione che viene avviata con la Questura di Milano, voluta dallo stesso Cantoni, e che consente al Comitato di poter utilizzare i fondi statali per il rimpatrio degli stranieri privi di mezzi anche per i migranti e profughi ebrei in transito. Si tratta di una collaborazione che va ad incidere sulla voce di spesa maggiore, appunto quella relativa al viaggio dei migranti in transito, alleggerendone di molto il bilancio assistenziale. Una collaborazione che durerà fino allo scioglimento del Comitato, nell’agosto del 1939.114

Nel frattempo, la stessa UCII riconosce la posizione centrale del Comitato di Milano. E nel luglio del ’36, intervenendo alla Conferenza parigina della HICEM, Raffaele Cantoni illustra la situazione italiana e la mole di lavoro svolta, con mezzi esigui, per l’assistenza ai migranti, richiamando l’attenzione degli enti internazionali sul loro necessario e indispensabile apporto finanziario (fino a quel momento i comitati italiani hanno reperito i fondi per l’assistenza solo tramite sottoscrizioni e contributi di donatori). Gli effetti del suo intervento e dei contatti presi in quell’occasione non tardano a farsi sentire, e da allora iniziano ad

111 Vedi p. 43.

112 MASSIMO LEONE, Le organizzazioni di soccorso ebraiche in età fascista (1918-1945), cit., pp. 31-63.

113 Nato a Venezia nel 1896, commercialista, Raffaele Cantoni è uno dei più decisi antifascisti tra gli ebrei

italiani. E già nei primi anni ’20, essendosi reso conto del carattere violento e antidemocratico del fascismo, rompe ogni rapporto con esso e si unisce ai primi gruppi antifascisti. L’assistenza ai profughi è per lui una preoccupazione costante e ad essa dedica le sue migliori energie per quasi vent’anni. Per un approfondimento sulla sua figura si veda: SERGIO I.MINERBI, Un ebreo fra D’Annunzio e il sionismo. Raffaele Cantoni, Bonacci

Editore, Roma 1992; CDEC, Antifascisti e partigiani ebrei in Italia 1922-1945, b. 3, fasc. 55.

arrivare regolarmente i contributi della HICEM e del Joint, che consentono al Comitato milanese di proseguire la propria attività.115

Attività che va avanti anche quando, nel gennaio del ’37, Raffaele Cantoni viene rimosso dalla presidenza del Comitato per le sue posizioni politiche. La presidenza viene assunta da Federico Jarach, e nei due anni successivi il lavoro del Comitato diventa sempre più vasto, anche perché aumenta il numero dei migranti che dimorano stabilmente a Milano, e allo stesso tempo sono sempre più numerosi coloro che arrivano del tutto privi di mezzi. Viene quindi creata una sezione per l’aiuto costruttivo, per attuare un programma di inserimento nel mondo del lavoro, e si creano rappresentanze del Comitato nelle maggiori città italiane.116