Millennio di fuoco di Cecilia Randall
Cecilia Randall, pseudonimo di Cecilia Randazzo, è una fra le scrittrici italiane di fantasy più conosciute nel panorama letterario, al pari di Licia Troisi. Scoperta da editori e pubblico grazie alla saga di Hyperversum, sebbene di grande successo siano anche le sue altre serie162 e le antologie163,
è un’autrice prolifica di romanzi di genere, mescolati ad ambientazioni storiche reali o fittizie.
Nel 2013 esce per Mondadori il primo libro di genere high fantasy della sua duologia Millennio di fuoco con il titolo Millennio di fuoco - Seija, seguito poi, nel 2014, da Millennio di fuoco - Raivo.
L’ambientazione scelta dall’autrice è medievaleggiante: nel 1999 d.C. il mondo è sottosviluppato a causa della guerra senza tregua che si combatte da quasi mille anni con l’esercito demoniaco dei vaivar, comparsi sulla Terra guidati dalla regina Ananta. A causa dei continui conflitti tesi a conquistare le terre oltre il Volga allo scopo di rivoluzionare la Storia e avere un mondo senza uomini, l’Europa è costretta a vivere in un medioevo infinito; i regni nati dalle ceneri del Sacro Impero sopravvivono grazie ad
162 Oltre ad Hyperversum, pubblicata dal 2006 da Giunti, serie che ha riscosso molto successo è
Gens arcana che comprende Gens arcana e Magister aetheris, libri usciti entrambi per Giunti
nel 2018, sebbene il primo fosse stato già pubblicato nel 2010 da Mondadori. Nel 2018 ha pubblicato per DeAgostini Editore la fiaba moderna Lucas dalle ali rosse.
163 Cecilia Randall ha partecipato alla creazione di tre antologie di genere fantasy, sci-fi ed
urban fantasy, di cui due firmate con il suo vero nome. Per Larcher, nel 2007 è uscito L’ombra
del duomo, per Perrone nel 2008 è uscito Mutazioni e nel 2009 per Asengard Editore è uscito Sanctuary, firmato sotto pseudonimo.
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una serie di labili alleanze, mentre i vaivar e le loro truppe manvar164 –
umani trasformati in demoni – avanzano sempre di più. Alla tragicità della situazione tenta di sopravvivere come può il popolo Saahavi, un’antica stirpe di guerrieri cacciata dalla propria terra a causa dell’invasione vaivar e che, ormai raminga, offre il proprio aiuto ai cristiani in Baviera nella speranza di poter ottenere un territorio da chiamare casa.
Sul campo di battaglia, la sorella del capo Saahavi, Seija, si trova a scontrarsi con il temibile Raivo, il Traditore dalla Mano Insanguinata, uomo vendutosi trecento anni prima ad Ananta per distruggere la sua stessa stirpe. Il guerriero, però, invece di ucciderla esita, riconoscendo nel suo volto quello dell’antica amata; dà così vita ad una caccia senza eguali pur di catturarla, portando Seija a scoprire il motivo per cui è così ossessionato da lei e, soprattutto, cosa si nasconde dietro il tradimento di Raivo e cosa è successo davvero tre secoli prima nel maniero del cavaliere, la Torre della
164 Le creature, inizialmente classificate come demoni, sono ben distinte le une dalle altre. I
vaivar sono generali, l’aspetto è estremamente umano, hanno maggiore raziocinio rispetto ad un manvar medio e ottengono le posizioni di comando all’interno dell’esercito della regina Ananta, madre di tutti i demoni. Trasformati dal morso dei vaivar, invece, i manvar precedentemente erano umani. Possono conservare il loro raziocinio ma, in alcuni casi, lo abbandonano del tutto diventando esseri votati alla ferocia o all’esecuzione di ordini semplici. Il loro aspetto può essere umano con qualche mutazione fisica o molto più bestificato, quasi animalesco. I manvar non occupano posizioni di potere poiché considerati schiavi o soldati semplici; unica eccezione a ciò è Raivo, manvar fra i vaivar e trasformato dalla stessa regina Ananta.
Vaivar e manvar non sono le uniche creature sovrannaturali presenti nella serie.
Particolari creature dall’aspetto di donna, con gli occhi completamente neri, sono le neihme, le quali con il loro tocco possono guarire, ma anche uccidere o nutrirsi dell’anima delle loro vittime. I wulfher sono, invece, lupi delle nevi, creature albine capaci di mutare fra la loro forma animale e quella di vaivar.
Infine, creature animalesche sovrannaturali sono gli eglen e i krenn. I primi sono rapaci dall’aspetto di enormi aquile abili nelle perlustrazioni aeree, capaci di comunicare con vaivar e manvar. I secondi sono destrieri carnivori, veloci e aggressivi, usati dai vaivar in battaglia.
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Strage. È con la scoperta dell’antefatto delle due stragi consumatesi nel castello, una fisica e l’altra morale, che crollano le definizioni nette e Raivo, pur rimanendo un mostro, assumerà i contorni di un eroe nero complesso, vendicativo, ma con un’umanità che, seppur latente, esiste ancora.
Cecilia Randall non fa mistero del fatto che Raivo è il personaggio di cui avrebbe sempre voluto scrivere, rendendolo complesso e infondendogli sentimenti che, sotto la facciata di ferocia, sono vivi e mobili:
Sono sempre stata affascinata dalla figura dell’eroe oscuro, a partire dal Corsaro Nero e proseguendo per mille altri guerrieri maledetti di romanzi, manga e film. Da anni desideravo mettere sulla carta il mio Cavaliere Nero personale, e per tutto il tempo non ho fatto altro che pensare a come avrei voluto che fosse, agli aspetti della sua personalità più che al suo aspetto fisico. […] È venuto proprio come me lo immaginavo e sono molto fiera di lui.165
In effetti, fin dalla sua prima apparizione, Raivo risulta essere il personaggio più complesso del dittico: manvar trasformato dalla stessa regina Ananta, è l’unico generale di questa specie fra generali vaivar, nonché mutante spietato, feroce e traditore della sua stessa razza. Ben presto però il suo personaggio risulterà non essere più classificabile soltanto come malvagio e, a causa della sua vita passata, sarà possibile capire le motivazioni profonde delle sue azioni e dei suoi pensieri; è così che Raivo passerà dall’essere l’antagonista perfetto all’eroe nero della serie, titolo che gli si addice perfettamente a causa delle sfaccettature che ha e dimostra.
Nel momento in cui Raivo compare sul campo di battaglia per la prima volta, la percezione che ne si ricava è quella di un nemico senza eguali e senza morale, colui il quale è considerato imbattibile e che non lascia superstiti. Viene descritto come il Traditore, titolo che gli viene attribuito
165 S. Marras, Millennio di fuoco e oltre: intervista a Cecilia Randall, 10/12/2014, Isola Illyon,
https://www.isolaillyon.it/2014/12/10/millennio-di-fuoco-e-oltre-intervista-a-cecilia- randall.html.
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fin dalla sua trasformazione in manvar, ed identificato a causa della sua armatura compresa di maschera mostruosa, poiché il suo viso rimane celato agli avversari da anni. Viene bestificato non solo nei pensieri, dal momento che non gli viene riconosciuta nessuna morale, ma anche nelle azioni e nell’aspetto, sensazione sicuramente ampliata dalla maschera. Ciò porta ad una sorta di mitizzazione al contrario, in cui il generale diventa una bestia temuta, l’antagonista per eccellenza, colui il quale è così mostruoso che anche la sua voce risulta esserne inficiata:
Il suo avversario era senza scudo, mantello, livrea o simboli di rango e potere sull’armatura brunita. Brandiva una spada e una daga, entrambe lorde fino all’impugnatura, e anche la mano destra era rossa, e non solo per il sangue: il guanto con gli artigli d’acciaio, il bracciale e le lamelle dell’armatura erano dipinti fino allo spallaccio.
Il Traditore dalla Mano Insanguinata, l’umano che aveva venduto anima e corpo alla femmina infernale e che da quasi tre secoli faceva strage di quella che era stata la sua specie… un mostro che aveva sterminato la sua stessa famiglia, pensava Sorgia con rabbia e orrore. Scrutò la maschera d’acciaio sotto l’elmo senza pennacchio, plasmata come il ghigno di un diavolo nero, con zanne ricurve ai lati della fessura della bocca.
Come si era trasformato il volto dietro quella maschera? Da secoli nessun umano l’aveva più visto o non era vissuto abbastanza per raccontarlo. […] Persino la voce era quella di una belva.166
Raivo appare, suona e viene percepito esattamente come un mostro senz’anima. A descriverlo è un soldato che si trova fra i prigionieri dell’esercito del Traditore, il quale ha appena conquistato la rocca di Staffeldorf; per il prigioniero, il generale che si trova davanti non ha nulla di umano, è un tutt’uno con la sua armatura, orrida come presuppone sia lui. La maschera che gli nasconde il viso da secoli contribuisce alla creazione del suo mito: quello di un mutante che si lascia dietro una scia di cadaveri, senza avere pietà di loro.
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La seconda descrizione di Raivo proviene da Seija, protagonista del dittico con cui il Traditore divide la scena. Seija è una valorosa guerriera consapevole delle leggende e delle storie che circolano fra i soldati riguardo il generale manvar, ma che, pur temendolo, non brama altro se non di sconfiggerlo. Durante la battaglia di Etten, in cui i cristiani e i Saahavi si scontrano contro l’esercito di Raivo, i due hanno modo di vedersi e duellare per la prima volta. Nel momento in cui il generale, guardandola in viso, ha un attimo di esitazione nel colpirla, Seija lo pugnala con una lama fiamma, le uniche armi capaci di ferire i demoni e di cui il segreto di creazione è custodito dai Saahavi. Dopo averlo catturato e portato nelle mura di Etten, conscia che sul campo di battaglia il Traditore ha esitato e non riuscendo a capire il motivo dell’indecisione data la sua fama, si dirige per interrogarlo verso la cella in cui è imprigionato con ancora la lama nel corpo. Qui avrà l’occasione di osservare bene per la prima volta il suo nemico, il quale, senza maschera da guerra e nonostante le mutazioni subite in seguito all’essersi trasformato in manvar, appare quasi umano:
Il prigioniero era nudo, glabro come qualsiasi manvar, ma il suo corpo era senza dubbio quello di un uomo. Il Traditore non era il mostro raccapricciante dipinto dalle leggende: aveva la pelle bianca e la figura di un guerriero. […] La leggenda nera degli umani era un uomo e non chissà quale creatura deforme. […]
Sotto lo strato di sangue che la ricopriva, la pelle del braccio destro era di un rosso scuro fino alla spalla, poi il colore si divideva in striature contorte come serpi e invadeva metà del petto. La mano aveva artigli affilati, simili a quelli forgiati nell’acciaio del guanto che il Traditore indossava sul campo di battaglia. La Mano Insanguinata delle leggende quindi era vera; l’altra invece era normale, almeno in apparenza.
[…] Arrivando abbastanza vicina a lui notò le orecchie a punta tra i capelli scuri. […]
Anche il volto del Traditore era quello di un uomo, contuso e incrostato di sangue, quasi senza rughe. La parte destra era invasa dalle stesse striature rosse che risalivano dalla spalla lungo il collo.167
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Tolta l’armatura con cui si presenta in battaglia, Raivo scende di un gradino nella scala che lo separa dagli uomini e assume subito un aspetto che lo rende più avvicinabile: è a tutti gli effetti un uomo. La sua trasformazione però non viene dimenticata ed anzi, è limpidamente dimostrata sul proprio corpo: ogni manvar, al momento della trasformazione da uomo in bestia, perde qualcosa, generalmente i tratti fisici comuni agli esseri umani. Esattamente come una seconda rinascita, ogni manvar è diverso e presenta caratteristiche disparate: c’è chi ottiene le zanne, chi la pelle blu, chi gli artigli, chi conserva per la maggior parte il proprio aspetto umano e chi, al contrario, si avvicina più all’aspetto di una belva. Raivo, nella trasformazione, rimane pressoché umano nell’aspetto se non qualche dettaglio che lo definisce in quanto manvar: è il caso delle orecchie a punta, dei denti allungati fino a sembrare quasi delle zanne, dell’altezza e della muscolatura tipicamente sovrumana, degli artigli, degli occhi quasi animaleschi ma, soprattutto, della mano. È anche a causa della mano che Raivo ottiene il suo epiteto – il Traditore dalla Mano Insanguinata – poiché la pelle non è pallida come il resto del corpo ma rosso sangue. Le striature arrivano fino alla spalla e lambiscono anche il petto, dandogli l’aspetto di chi ha immerso il braccio nel sangue… o di chi ha compiuto una strage.
Le caratteristiche da manvar, però, sono affiancate a quelle tipicamente umane: Raivo è pallido, ha lunghi capelli corvini, la voce non è mostruosa come riteneva il guerriero fatto prigioniero a Staffeldorf ma ha un tono profondo, indubbiamente da uomo. Dimostra circa trentadue anni, sebbene si sappia che la sua esistenza sia lunga oltre tre secoli, è un ottimo guerriero e generale e sanguina, come ogni uomo.
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Nel momento in cui Seija comincia a conoscere cosa cela una creatura come Raivo, diventa chiaro che le caratteristiche umane non si fermano al piano fisico ma si ampliano a quello morale.
Innanzitutto Raivo è un nome parlante: nella lingua finnica il nome veniva dato ai bambini destinati a compiere imprese militari degne di fama, poiché significa furia o guerriero ma anche accanimento ed ostinazione168.
In effetti, analizzando la storia e l’antefatto che hanno portato il personaggio a tradire la propria specie, gli impliciti del suo nome si rivelano profondamente calzanti. Raivo nasce nel 1672 e, nel 1699 era uno dei migliori guerrieri dell’esercito umano contro i demoni, prodigatosi sempre per il bene della sua specie. Considerato da tutti come uno dei più grandi eroi nelle fila dell’esercito, Raivo combatteva senza sosta, senza mai riportare una sconfitta. Legatosi al capo dell’esercito Saahavi, Maila, si impegnava nelle battaglie contro l’esercito demoniaco in modo da poter stabilire alleanze e patti politici atti a favorire il suo popolo, i Saahavi, tramite l’elezione del nuovo imperatore. Allo stesso tempo, sapendo che Maila non aveva mai concluso l’addestramento militare che, in realtà, tutti i Saahavi avrebbero dovuto conoscere, tentava di tenerla al sicuro all’interno del suo maniero, mancando da casa anche per lunghi periodi di tempo a causa della guerra. Nel 1704, però, Raivo cambia improvvisamente fazione, facendosi trasformare dalla regina Ananta in manvar dopo aver sterminato i soldati del suo maniero e la sua amata Maila. O almeno, questo è quello che ne si deduce dalla ferocia con cui Raivo si lancia alla caccia e allo sterminio dei cristiani che si erano accordati per una alleanza e che, con l’appoggio del popolo Saahavi, avrebbero fatto ascendere al trono un nuovo imperatore che li avrebbe favoriti, dando loro un posto sicuro in cui vivere.
168 A. Hämäläinen, Finlandese compatto. Dizionario finlandese-italiano/italiano-finlandese,
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La verità, però, è un’altra, ed è proprio questa che determina il ruolo di Raivo, cancellando l’idea che sia il vero antagonista e riconoscendogli il titolo più calzante di eroe nero della storia.
È Seija a risolvere il mistero sulla trasformazione di Raivo: mentre era lontano a combattere per i cristiani, Maila e la gente del maniero cadono vittima degli intrighi politici di coloro i quali sembravano i loro alleati e, senza pietà, vengono trucidati. Per distogliere l’attenzione dai veri colpevoli, vengono portati nella torre i corpi di alcuni manvar, in modo da far sospettare un loro attacco. Quando Raivo ritorna a casa, è ormai troppo tardi per salvare chiunque.
La sua vita è finita, il suo mondo è finito. Ciò per cui aveva un senso lottare e vivere è stato spazzato via. Ciò che aveva giurato di proteggere con la sua stessa vita è stato distrutto. Ha fallito come guerriero e come uomo.169
Raivo, nel momento in cui scopre cosa è accaduto, non si sente più nemmeno un uomo. Inizialmente sconvolto, cade nel tranello di chi lo ha tradito, riconoscendo come colpevoli i demoni, ma la regina Ananta è lì pronta a rivelargli la verità; i corpi dei manvar sono stati portati nella torre solo dopo aver trucidato tutti, come dimostrano i corpi delle sentinelle rivolti verso l’interno piuttosto che non l’esterno. I veri colpevoli sono i suoi alleati che stanno tornando al maniero per uccidere anche lui e attribuire la colpa ai nemici. Ananta descrive cosa accadrebbe dopo la morte di Raivo, sapendo che verrebbe osannato e compianto come un eroe anche dai suoi assassini e compatito per non aver potuto salvare la sua amata dai mostri che l’hanno uccisa.
Raivo si rende così conto di essere stato tradito e, dopo la furia cieca che lo coglie, di lui non resta niente se non un cuore vuoto, almeno finché Ananta non gli propone un patto che andrebbe a vantaggio di entrambi. La
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regina dei demoni si propone di trasformarlo in manvar e concedergli un esercito, in modo da potersi vendicare di coloro i quali una volta erano i suoi alleati, mentre lei guadagnerebbe un prezioso generale fra le sue fila. Inizialmente a Raivo l’idea risulta aberrante: perdere la propria umanità per salvarsi la vita gli sembra inconcepibile, sebbene abbia già perso coloro i quali amava. Fiero della sua dignità e del proprio onore, è determinato a non gettarli via per diventare un demone; l’eroe che è gli impedisce di sacrificare la propria morale per il nemico. Ben presto, però, si rende conto di aver già perso ciò che lo rendeva umano, i suoi affetti, e che ormai per lui sono tutti nemici: non solo l’esercito demoniaco contro il quale ha sempre combattuto, ma anche gli uomini a cui era leale e che lo hanno tradito per giochi politici.
È a questo punto che nasce il Traditore dalla Mano Insanguinata:
“Io posso darti una vita lunga secoli, una forza che non hai mai avuto e il potere di distruggere i tuoi nemici.”
Lui rabbrividisce e fa un passo indietro. Le sue labbra restano serrate.
No. È condannato, ma gli restano l’onore e la dignità di uomo, non li getterà via. No, mai, nemmeno per salvarsi la vita.
Allora perché non riesce a pronunciare il suo rifiuto?
Qualcosa sta crescendo nel profondo, sotto l’orrore, il dolore e la disperazione, qualcosa di più forte dell’istinto di sopravvivenza, qualcosa che pretende sangue.
Vendetta.170
Ormai accecato dalla voglia di vendetta e conscio di perdere la propria anima e di vendersi al nemico, si lascia trasformare da Ananta. L’eroe, alla fine, è morto davvero, ucciso non dalla sua trasformazione ma dal tradimento subìto. La strage consumatasi alla Torre, dunque, non è solo una: oltre alla morte di Maila e della sua gente, con la trasformazione di Raivo si assiste anche alla sua morte. Un tipo diverso di dipartita, ma
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ugualmente dolorosa e che, come conseguenza, porta il cambiamento radicale del guerriero. Da eroe, Raivo diventa improvvisamente un nemico, un mostro dal quale doversi difendere. La realtà, però, è che ciò in cui Raivo si trasforma non è un prodotto della sua moralità corrotta o di una malvagità intrinseca, quanto più una conseguenza dei traumi e dei tradimenti subiti. Raivo abbandona il suo posto fra le fila degli eroi non perché desideroso di rivoltarsi contro l’umanità intera, bensì perché la perdita ed il dolore sono così forti che scatenano in lui un vuoto tale che si nutre solo di vendetta.
Che brucino il suo onore, la sua stessa vita. “Io voglio… vendetta” scandisce, e così decide il suo destino.
Eccolo, il baratro.171
Inoltre, la sua sofferenza profonda è dimostrata dai segni che, nella trasformazione in manvar, ottiene: la mano, quella che gli vale l’epiteto con cui verrà chiamato da quel momento in poi, è rosso sangue non a caso. Appena entrato nella sala in cui Maila è morta, Raivo si getta su di lei, imbrattandosi il braccio del suo sangue nell’atto di abbracciarla. Al momento della trasformazione quel sangue pare diventare parte di lui, simbolo del suo dolore e di ciò che ha perso, e allora eccolo comparire sul suo braccio in forma permanente, arpionandogli la spalla e il petto, come se tentasse di arrivare al cuore. Con quella stessa mano modifica poi il blasone