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Un recente studio canadese ha evidenziato come livelli sierici aumentati di proteina C reattiva (PCR) siano presenti in corso di SSc in particolare nei pazienti affetti da SSc precoce e che la PCR è correlata con l’attività e la gravità di malattia, l’impegno polmonare e una ridotta aspettativa di vita (104).

Gli enzimi muscolari circolanti (CPK, LDH, transaminasi, aldolasi) sono aumentati in corso di miosite.

Piuttosto comune è il riscontro di anemia sia microcitica da malattia cronica, sia macrocitica da carenza di folati e vitamina B12; nella crisi renale sclerodermica si riscontra anemia emolitica.

Un aumento dell’azotemia e della creatinina si può osservare in caso d’impegno renale, ipo-disprotidemia nel caso di malassorbimento e acidosi con ipossiemia nel caso d’insufficienza respiratoria.

Negli ultimi anni si è inoltre consolidata l’importanza dei peptidi natriuretici (NP) quali veri e propri biomarkers di coinvolgimento cardiaco: NP tipo B (BNP) e il frammento amino-terminale del BNP (105).

Nella quasi totalità dei pazienti (circa nel 95% dei casi) si ha una positività degli anticorpi anti-nucleo (ANA), tuttavia non specifici di malattia. Il pattern degli ANA tipici della SSc, valutati tramite immunofluorescenza indiretta (IFI) con cellule epiteliali da carcinoma laringeo umano (Hep-2), si può così riassumere (Figura 10):

 fluorescenza granulare del nucleo: può essere riscontrato in circa il 30% dei pazienti con dcSSc e suggerisce la presenza degli anticorpi anti-topoisomerasi I

 pattern nucleolare: si riscontra nel 25-50% dei pazienti con sindrome overlap miosite-SSc. Gli antigeni nucleolari sono RNA polimerasi, fibrillarina, Th/To, PM-Scl

 pattern anti-centromero: si riscontra sino nel 70-80% dei pazienti con lcSSc e si associa ad un altro rischio di PAH.

Invece gli anticorpi più specifici di SSc (specificità >99,5%), usati di routine nella pratica clinica, sebbene dotati di moderata sensibilità (20-50%), sono:

 anticorpi anti-centromero (ACA): sono riportati nel 20-40% dei pazienti con SSc e sono specifici per la forma limitata. In questi pazienti una fibrosi polmonare e una crisi renale sono rare, mentre la PAH si riscontra in circa il 20% dei casi e, tra questi circa la metà muore per complicanze legate alla PAH (106). Si possono infine associare anche ad altri anticorpi quali, ad

esempio, gli anti-Ro e anti-mitocondrio. La sopravvivenza a 10 anni nei soggetti con ACA è dell’85,9%.

 Anti-topoisomerasi I (anti-Scl 70): sono riscontrati in circa il 37% dei pazienti con SSc e sono specifici ma non esclusivi della forma diffusa (esiste infatti una porzione di pazienti lcSSc anti-topoisomerasi I +); si correlano con un’estesa fibrosi cutanea, un interessamento viscerale (in particolar modo di interstiziopatia polmonare ma anche cardiaco e muscoloscheletrico), una precoce insorgenza di UD e con un’incrementata mortalità. Contrastanti sono invece i dati circa l’associazione tra gli anti-topoisomerasi I e l’interessamento renale (106). La sopravvivenza a 10 anni nei soggetti con Ab

anti-topoisomerasi I è del 72,2%

 anticorpi anti RNA polimerasi: presenti in circa il 4-31% dei pazienti, si associano alla forma diffusa e si correlano con un coinvolgimento cutaneo rapidamente progressivo, con la crisi renale sclerodermica e con un aumentato rischio di sviluppare neoplasie (107).

Figura 10: a sinistra pattern con flurescenza granulare del nucleo; al centro pattern nucleolare; a destra anti-centromero (22)

CAPITOLO 2: ATEROSCLEROSI SUBCLINICA

2.1 Aterosclerosi subclinica e rigidità arteriosa

L’ATS è una malattia sistemica multifocale e progressiva che dà luogo a sintomi e segni assai differenti tra loro e tardivamente rispetto alla sua insorgenza. Il termine di arteriosclerosi venne usato per la prima volta circa un secolo e mezzo fa quando Lobstein dette descrizione anatomica di arteriopatie caratterizzate da un “indurimento” della parete arteriosa (108). Lobstein descriveva allora lesioni arteriose

macroscopiche determinate da quel processo infiammatorio che nel 1904 venne denominato da Marchand ATS. L’ATS è un processo patologico che interessa le tonache intima e media di arterie di medio e grande calibro con formazione di placche focali, costituite da tessuto fibroso e materiale lipidico. Non a caso, il termine ATS deriva dal greco “athera” che significa poltiglia, indicando perfettamente il core lipidico della placca aterosclerotica e “skleros”, duro, a testimonianza dell’irrigidimento della parete arteriosa.

La più recente teoria sulla patogenesi dell’ATS vede protagonista la disfunzione endoteliale che interviene in risposta ad insulti e conduce alla progressiva perdita delle capacità di mantenimento dell’omeostasi vascolare. Comunque l’ATS è una malattia subclinica per molti anni, ma che può causare gravi eventi clinici improvvisi, come l’ infarto miocardico acuto (IMA) o l’ictus. La possibilità pertanto di identificare i soggetti con lesioni aterosclerotiche già in una fase preclinica e addirittura quella di scoprire alterazioni vascolari precoci in grado di predire la progressione della malattia, è quindi indispensabile.

Gli stress continui a cui sono sottoposte le arterie frammentano gli elementi elastici della parete vasale e nel tempo stesso provocano un dilatarsi ed un irrigidirsi della stessa. Determinare pertanto la rigidità arteriosa (arterial stiffness, AS), in particolare aortica, e quindi la distensibilità equivale a stimare la capacità delle arterie di espandersi e contrarsi in relazione alle varie fasi della rivoluzione cardiaca.

Negli ultimi anni si è pertanto assistito ad un aumento esponenziale dell’interesse della comunità scientifica e medica per le proprietà funzionali delle grandi arterie, ed in particolare per l’AS come parametro fisiologico e clinico. Tale interesse deriva sostanzialmente dalla concomitanza di diversi fattori:

accurata, non invasiva e ripetibile;

 la migliore comprensione della fisiologia delle onde pressorie e delle loro modificazioni nelle varie condizioni fisiologiche e patologiche;

 la pubblicazione di numerosi studi clinici che hanno documentato, in diversi contesti clinici, il significato prognostico indipendente della rigidità aortica nei confronti non solo della morbidità ma anche della mortalità CV.

L’AS è un parametro fondamentale in quanto si ripercuote negativamente sul sistema CV:

 aumenta il postcarico del ventricolo sinistro anche in condizioni di normalità dei valori pressori sistemici;

 aumenta la pressione arteriosa (PA) sistolica e la pressione differenziale, fattori di rischio CV indipendenti;

 se l’irrigidimento di parete è particolarmente marcato, può diminuire la PA diastolica ed è quindi compromesso il nutrimento degli organi che sono perfusi prevalentemente in fase diastolica, come per esempio il cuore;

 aumenta l’effetto traumatico della PA sulla parete vasale, favorendo lo sviluppo e la progressione dell’ATS;

 comporta una progressiva perdita della capacità di risposta alle variazioni pressorie dei recettori di allungamento (barocettori arteriosi) con conseguente alterazione dell’omeostasi pressoria.

L’AS è considerata come un fattore potenziale di inizio e progressione dell’ATS e pertanto è utilizzata come “marker precoce” per scoprire le lesioni aterosclerotiche iniziali; tuttavia non è del tutto chiaro il suo esatto ruolo nella catena patogenetica. Tre ipotesi possono essere fatte al riguardo (109):

 la stiffness aortica potrebbe favorire l’insorgenza delle malattie CV indipendentemente dai fattori di rischio tradizionali;

 la stiffness aortica potrebbe semplicemente rappresentare un marcatore integrato nel tempo dell’effetto dei fattori di rischio sulla parete arteriosa, ed essere più strettamente correlata ai futuri eventi CV rispetto agli stessi fattori di rischio misurati occasionalmente;

 visto che l’ateroma altera le proprietà meccaniche della parete arteriosa, la

stiffness aortica potrebbe rappresentare una misura dell’entità dell’ATS

Un incremento dell’AS si associa a numerose condizioni, riportate in tabella 7 e, tra queste, ricordiamo in modo particolare altre patologie reumatologiche quali l’AR e il LES (10-14;110).

Tabella 7: condizioni in cui è stato descritto un incremento della rigidità arteriosa

CONDIZIONI FISIOLOGICHE FATTORI DI RISCHIO CV

Età Ipertensione arteriosa Basso peso alla nascita Obesità fumo

Menopausa Fumo

MALATTIE CV Ipercolesterolemia

Cardiopatia ischemica Alterata glicemia a digiuno Ictus cerebrale Sindrome metabolica

Insufficienza cardiaca Diabete mellito (tipo I e II) MALATTIE NON CV Elevati valori di proteina C reattiva

Artrite reumatoide Inattività fisica Lupus eritematoso sistemico FATTORI GENETICI

Vasculiti

Familiarità per ipertensione arteriosa, diabete mellito , cardiopatia ischemica Infezione da HIV

Emicrania

Nefropatia cronica Alcuni polimorfismi genetici

Il principale determinante dell’AS è comunque rappresentato dall’età: con l’invecchiamento e con il ripetersi di cicli di stress, le fibre elastiche vanno incontro a fratturazione e frammentazione, con conseguente dilatazione del vaso ed irrigidimento della parete. Dopo l’età, il secondo fattore determinante è l’ipertensione arteriosa.

L’AS è definita esattamente come la pressione necessaria per ottenere una determinata dilatazione in un segmento arterioso (AS segmentaria o regionale) o nell’intero albero arterioso (AS totale). Molte misure non invasive di AS sono state proposte in questi ultimi anni, tra le quali la PA differenziale, l’augmentation aortica (ossia il contributo dell’onda riflessa alla pressione differenziale aortica), la pressione differenziale (differenza tra la pressione sistolica e la diastolica), la morfologia dell’onda di polso, le metodiche ecografiche e di risonanza magnetica, nonché parametri quali l’ambulatory arterial stiffness index derivati dalla relazione tra PA

sistolica (PAS) e diastolica (PAD) durante un monitoraggio pressorio nelle 24 ore. Ciascuno di questi metodi ha importanti limitazioni che ne limitano l’utilizzo e, al momento il gold standard per la misurazione dell’AS è rappresentato dalla velocità dell’onda sfigmica (111).

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