• Non ci sono risultati.

In considerazione della variabilità di espressione del danno aterosclerotico subclinico e funzionale nella SSc, l’ATS può essere valutata in accordo con il tipo di vaso coinvolto.

a) Arterie periferiche

Le patologie delle grandi arterie hanno un ruolo fondamentale nella patogenesi delle malattie CV nella popolazione generale e, in particolare, nelle malattie autoimmuni quali il LES. Diversi studi osservazionali hanno valutato la prevalenza della patologia arteriosa periferica nella SSc. La malattia macrovascolare, definita come il coinvolgimento dei vasi sangugni con un diametro interno maggiore di 100 microns, è stata valutata insieme alla patologia dei piccoli vasi più distali (161,162).

Ad esempio, una correlazione tra la morfologia e il flusso sanguigno delle arterie digitali palmari proprie e la morfologia dei capillari del letto ungueale è stata chiaramente dimostrata, evidenziando come la progressione della microangiopatia sia legata alla malattia del macrocircolo.

I pazienti affetti da SSc con una live microangiopatia, testimoniata dal pattern capillaroscopico “early” avevano una normale morfologia delle arterie palmari proprie, con ridotto flusso sanguigno ed incrementate resistenze vascolari; la progressione della microangiopatia può essere identificata dall’evidenza di un pattern capillaroscopico “active” e “late” e gli anticorpi anti-topoisomerasi I rappresentavano un fattore predittivo indipendente per il danno macrovascolare (163).

Al fine di valutare la prevalenza dell’AOP nella SSC, diverse tecniche oltre che l’esame fisico (storia di claudicatio o assenza di polsi), sono stati impiegati.

In particolare, tra i markers surrogati di danno aterosclerotico sono stati valutati l’ABPI per il coinvolgimento delle arterie delle estremità inferiori e la differenza pressoria tra gli arti superiori (systolic/diastolich interarm difference) per le arterie prossimali degli arti superiori. Youssef et al. dimostrarono una prevalenza incrementata di 6 volte dell’AOP valutata tramite angiografia, doppler ultrasound o esame fisico, in 31 pazienti con lcSSc, rispetto ai controlli (164).

In una coorte di giovani pazienti affetti da SSc, prevalentemente femmine, Veale et

al. dimostrarono una prevalenza di AOP sintomatica, pari al 22%, testimoniata dalla

presenza di claudicatio intermittente degli arti inferiori, valutata tramite Edimburgh Claudication Questionnaire. Questo valore era circa 5 volte più grande rispetto al 4,5% di prevalenza della AOP sintomatica nella popolazione generale, come riportato da un simile questionario (WHO Claudication Questionnaire) (165).

L’ABPI è uno strumento diagnostico validato per la AOP degli arti inferiori e, nelle tabelle 12 e 13, sono mostrati gli studi che hanno valutato l’ABPI nella SSc.

Tabella 12: studi che hanno riportato un ABPI nei limiti

Autore, Ref Pz (lcSSc:dcSSc) Età (anni) Durata malattia (anni): Controlli Bartoli, et al. (170) 53; (45:8) 60,4±10,68 9,4±7,8 53 Kaloudi et al. (171) 66; (55:11) 60,5±12,2 9,4±7,8 20 Nordin et al. (172) 111; (87:24) 62±12 9,4 (5,6-17,4) 105 Muro et al. (173) 77; (55:22) 62 ± 11 NA 21 sani, 29 lupus eritematoso sistemico, 16 Sindrome di Sjögren, 14 dermatomiosite McKay et al. (174) 19; (9:10) 60 (55-67) NA 19 PRF primitivo; 23 sani I valori sono espressi come: media±DS oppure mediana (range). ABPI: ankle brachial pressure

index; dcSSc: sclerosi sistemica; DS: deviazione standard; lcSSc: sclerosi sistemica limitata

Tabella 13: studi che hanno riportato un ABPI ridotto Autore, Ref Pz (lcSSc:dcSSc) Età (anni): Durata Malattia Controlli Parametri associati a riduzione di ABPI

Zeng et al. (127) 48; (NA) 46,79 ± 10,22 69,9 mesi 46 SSc, mRSS

Ho et al. (166) 54; (41:13) 57 (31-82) 4 (0,5-26) anni 43 NA Wan et al. (167) 119; (91:28) 52 (26-83) NA NA NA Wig et al.* (168) 217; (165:52) 52 (17-79) 5 (1-50) anni NA ACA, lcSSc, età avanzata Farag et al. (169) 30; (25:5) 42,5±12,38 18,5±17,5 anni 20 NA

* Non è stato condotto il confronto verso controlli sani. I valori sono espressi come: media±DS oppure mediana (range) oppure mediana. ABPI: ankle brachial pressure index; dcSSc: sclerosi sistemica; DS: deviazione standard; lcSSc: sclerosi sistemica limitata cutanea; Pz: pazienti; Ref: referenza bibliografica.

Un significativo incremento della prevalenza di AOP aterosclerotica, definita con un cut off di ABPI < 0,99 , è stata dimostrata in 54 pazienti affetti da SSc rispetto ai controlli, in assenza di differenze dei fattori di rischio CV tra i due gruppi. Tra l’altro due pazienti svilupparono un’ischemia critica degli arti inferiori richiedente un intervento chirurgico e istologicamente, la lesione risultò simile ad un ateroma (166).

Questi riscontri furono ulteriormente confermati da Wan et al., i quali trovarono valori di ABPI più bassi di 1,0 nel 12% dei 119 pazienti affetti da SSc esaminati, senza differenze tra lcSSc e dcSSc, tuttavia gli ACA erano più frequenti nei pazienti con eventi ischemici sintomatici (167).

La positività degli ACA, in associazione ad un’età più avanzata, al fumo e alla lcSSc risultavano significativamente associati ad un più basso ABPI in un recente studio longitudinale, dimostrando che i valori di ABPI rimanevano stabili nella maggior parte dei pazienti nel tempo (168).

Zeng e colleghi dimostrarono che i pazienti con SSc erano più inclini, rispetto ai controlli sani, a sviluppare AOP a livello delle arterie delle estremità sia inferiori che superiori: riscontrarono infatti un più basso ABPI e una più alta differenza pressoria tra gli arti superiori; la SSc di per se risultò un fattore di rischio indipendente per AOP (127). Al contrario di altri studi, in questa popolazione cinese non si riscontrò un

incremento della PWV, marker di rigidità della parete aortica. Comunque, altri 2 studi non riscontrarono differenze per quanto riguarda ABPI tra i pazienti con SSc e i controlli sani (170-174).

Differenti criteri di inclusione, così come una differente durata di malattia possono spiegare la discrepanza di dati tra gli studi. Un lavoro più recente, effettuato in un piccolo gruppo di pazienti, suggerisce che le modifiche endoteliali più precoci nella

early dcSSc (<2 anni dal primo sintomo di SSc) avvengono nelle arteriole più piccole

e nel microcircolo, ma non nei vasi di medio o largo calibro (156).

Altri studi mostrarono una modesta correlazione tra la durata di malattia e l’AS, suggerendo che le modifiche macrovascolari possono progredire durante il corso della malattia (148,149), sebbene alcuni autori abbiano dimostrato che la disfunzione

macrovascolare possa apparire già in fase precoce di malattia (134,175).

Moyssakis et al. non notarono differenze tra dcSSc e lcSSc in termini di stiffness aortica valutata tramite misure ecocardiografiche (cambiamenti di diametro dell’aorta/pressione ad ogni ciclo cardiaco), risultate alterate in entrambi i gruppi rispetto ai sani, senza correlazione con l’estensione del coinvolgimento cutaneo e/o polmonare (176). In aggiunta a ciò, i reperti angiografici degli arti superiori e inferiori

dei pazienti con SSc, mostrarono una correlazione tra i fattori di rischio CV e la AOP prossimale ma non distale.

Uno studio retrospettivo, eseguito su un piccolo campione di pazienti (26 angiogrammi), suggerisce che la microangiopatia relata alla patogenesi di malattia, più che il danno aterosclerotico, poteva essere considerata il meccanismo inducente le anomalie del circolo periferico nella SSc (177).

Recentemente è stato dimostrato che la vasculopatia delle arterie degli arti superiori può presentarsi nelle donne con SSc in maniera indipendente rispetto al pattern di malattia, ma un più alto numero di arteriopatia era significativamente associato alla PAPs (178).

La vasodilatazione flusso-mediata (flow-mediated vasodilatation, FMD) è in genere valutata tramite misure ultrasonografiche del diametro arterioso al baseline e alla vasodilatazione massima successiva ad un’ischemia, raggiunta dopo aver gonfiato il manicotto dello sgigmomanometro. La FMD è dipendente dalla funzione endoteliale, essendo secondaria al rilascio di sostanze endogene dall’endotelio come NO. Una review sistematica e meta analisi (162) ha esaminato 7 studi, i quali hanno valutato la

FMD dell’arteria brachiale nei pazienti con SSc. Nel 57% di questi studi (134,179-181) è

stata osservata una significativa più bassa FMD dell’arteria brachiale nei soggetti con SSc rispetto ai controlli. Il valore di FMD è inoltre passibile di modifiche: Sfikakis et

al. dimostrarono inoltre che, dopo 4 settimane di terapia con bosentan, i valori di

FMD miglioravano rispetto agli altri pazienti con SSc senza tale trattamento (160).

La dilatazione mediata dalla nitroglicerina (Nytroglycerin-mediated dilatation, NMD) è in genere misurata valutando la percentuale di cambiamento del diametro arterioso rispetto al basale dopo somministrazione di 25-400 mcg di nitroglicerina sublinguale. Al contrario di FMD, questo parametro è indipendente dalla funzione endoteliale. Szucs et al. (134) valutarono la FMD e NMD nei pazienti con SSc rispetto

ai controlli, dimostrando una riduzione di FMD nella SSc, ma una NMD preservata, come confermato in una recente review (182).

b) Arterie coronarie

La prevalenza di ATS a livello dei vasi coronarici e delle conseguenti manifestazioni cliniche (angina, IMA, morte improvvisa) è difficile da valutare nella SSc poichè il coinvolgimento cardiaco si può estrinsecare in diverse modalità. L’interessamento cardiaco primitivo può dipendere da un danno del miocardio secondario ad alterazioni del microcircolo (eventi vasospastici con aree di ischemia focale e danno ricorrente da ischemia e riperfusione), fibrosi del miocardio con distribuzione “a mosaico” legata ad accumulo di collagene, coinvolgimento del sistema di conduzione con conseguenti aritmie e difetti di conduzione, interessamento del pericardio e, più raramente, patologia valvolare. In aggiunta a ciò, si può avere anche una patologia cardiaca secondaria alla vasculopatia renale, all’interstiziopatia polmonare ed alla PAH. Inoltre, l’ipertensione arteriosa sistemica, l’obesità, il DM ed altre comorbidità, possono contribuire ad influenzare negativamente la funzione cardiaca, principalmente nei pazienti più anziani affetti da SSc. Di certo, è possibile riscontrare un IMA anche in pazienti con arterie coronarie indenni e in questo caso è la malattia microvascolare il principale meccanismo patogenetico, legata sia ad una patologia occlusiva vascolare, sia ad un vasospasmo intermittente (il cosiddetto “myocardial

RF”).

Due ampi studi di coorte cross-sectional hanno dimostrato un più alto rischio di “coronary artery disease” (CAD) nei pazienti affetti da SSc rispetto alla popolazione

generale. Lo studio dell’Australian Scleroderma Cohort ha valutato la prevalenza di malattia cardiaca coronarica (IMA, interventi ipercutanei coronarici, bypass coronarici) e i fattori di rischio CV in un’ampia popolazione di pazienti con SSc. Un’incrementata prevalenza di circa tre volte di patologia coronarica è stata riscontrata nei pazienti con SSc rispetto ai controlli, anche dopo aggiustamento per DM, obesità ed ipercolesterolemia (126). Analogamente, uno studio più recente ha

fornito ulteriori evidenze dell’associazione tra SSc e incrementato rischio di IMA, stroke e AOP. Il tasso di incidenza di IMA, stroke e AOP in 865 pazienti con SSc erano rispettivamente di 4,4 , 4,8 e 7,6 per 1000 persone/anno, vs 2,5 , 2,5 e 1,9 in 8653 controlli. Queste associazioni persistevano anche dopo aggiustamento per i fattori di rischio CV, incluso BMI, fumo, ipertensione, DM e iperlipidemia, suggerendo che l’aumentato rischio di eventi CV nei pazienti con SSc può dipendere sia da ATS, che da fattori non aterosclerotici, come il vasospasmo, la vasculopatia specifica della SSc, la vasculite e la trombosi (128).

Risultati simili sono stati ottenuti in un recente studio prospettico: il rischio di IMA era indipendentemente associato alla SSc con un rischio 2,45 volte più grande in 1.344 pazienti rispetto ai 13.440 controlli, anche dopo aver corretto per l’effetto di età, sesso e comorbidità. Inoltre l’impatto della SSc sul rischio di IMA risultava più grande rispetto all’ipertensione (HR 2,8) e DM (HR 2,14), mentre la terapia immunosoppressiva non riduceva questo rischio. Tuttavia solamente 1/3 degli episodi acuti di IMA avevano una coronaropatia, confermando il fatto che un IMA poteva essere causato non solamente da una stenosi coronarica, ma anche da un’ischemia microvascolare (183). Uno studio svedese ha mostrato, che 111 pazienti

con SSc avevano un aumentato rischio, rispetto ai controlli, di malattia ischemica cardiaca e patologia periferica vascolare, ma non di patologia celebrovascolare ischemica. Inoltre i pazienti con ACA avevano più placche e più eventi ischemici arteriosi rispetto agli altri, mentre i pazienti con anti-topoisomerasi I erano caratterizzati da un più basso numero di eventi ischemici. Questi riscontri suggeriscono che il profilo anticorpale ed il differente subset di malattia possano contribuire al coinvolgimento del microcircolo. In aggiunta a ciò nell’intero gruppo SSc la formazione della placca, l’IMT e l’ABPI non erano diversi tra pazienti e controlli (172), in linea con precedenti scoperte (184). Infatti diversi studi suggeriscono

della patologia cardiaca relata alla SSc. Anche in caso di IMA, insufficienza cardiaca congestizia e morte cardiaca improvvisa, le arterie coronarie epicardiche nei pazienti SSc potevano infatti essere libere da significative lesioni (185). La CAD è comune

anche in assenza dei classici fattori di rischio CV, supportando ulteriormente il ruolo della malattia come rilevante fattore di rischio (186). Metodiche non invasive e più

facilmente accessibili come l’ecocardiografia transtoracica con valutazione della riserva del flusso coronarico (CFR), un marker diagnostico di CAD, hanno confermato un coinvolgimento delle coronarie. Una maggiore riduzione del CFR era riscontrata in 20 soggetti con dcSSc e nessun segno e/o sintomo di malattia CV rispetto ai controlli (152).

L’ATS subclinica delle coronarie può essere valutata anche tramite tomografia computerizzata (TC) multidetector, una nuova procedura non invasiva che determina un marker surrogato di ATS delle coronarie: il “coronary calcium score”. I pazienti con SSc avevano più alti livelli di calcio nelle coronarie e omocisteina, rispetto ai controlli di stesso sesso ed età, tuttavia la correlazione tra calcificazioni coronariche e dati angiografici non era stata valutata. Un ulteriore studio ha mostrato i segni della calcificazione coronarica valutata tramite TC delle coronarie erano presenti nel 56,2% dei pazienti con SSc ed in solo il 18,8% dei controlli di stessa età, sesso e razza (187).

La presenza di placche coronariche calcifiche in pazienti con SSc asintomatici per angina era anche dimostrata tramite angiografia coronarica TC, confermando che l’ATS subclinica non è infrequente nella SSc (188). Lo stesso gruppo ha riportato che

la SSc è un fattore di rischio indipendente per un incrementato deposito di calcio a livello coronarico (129). Infine una metanalisi del 2014 (195 articoli potenzialmente

rilevanti, 4 articoli inclusi, 8859 pazienti) ha dimostrato un significativo incremento del rischio di coronaropatia (definita come IMA, precedente IM, angina o intervento a livello coronarico) tra i pazienti con SSc, con un pooled risk ratio pari a 1,82 (189).

In conclusione gli studi hanno fornito dati conflittuanti circa la presenza di lesioni coronariche e accelerata ATS nella SSc.

Lo screening per un coinvolgimento cardiaco subclinico è comunque auspicabile: rappresenta infatti un’utile opportunità per la precocità della diagnosi e della terapia, che è cruciale per un outcome positivo. Pertanto i pazienti con SSc dovrebbero essere seguiti strettamente e i fattori di rischio dovrebbero essere trattati in un’età precoce.

d) Vasi cerebrovascolari

La relazione tra SSc e rischio di stroke ischemico non è del tutto spiegata.

Il coinvolgimento cerebrale non è correntemente inquadrato come una manifestazione di malattia, sebbene esso fu già descritto circa 50 anni fa e diversi studi a riguardo hanno suggerito che la malattia cerebrale possa essere sottostimata

(190-192).

Il sistema nervoso centrale, nella SSc, può essere affetto da un danno microvascolare come complicazione del coinvolgimento sistemico. Pazienti con positività degli anticorpi circolanti anti-U1-RNP e anti-topoisomerasi I hanno un più alto rischio di sviluppare complicazioni neurologiche (193).

Le calcificazioni vascolari intracerebrali, un fattore di rischio indipendente di stroke ischemico nella popolazione generale (194), erano riscontrate tramite TC scan nel 32%

di pazienti asintomatici con SSc, ma solamente nel 9% dei controlli (195). Lesioni

iperintense della sostanza bianca alla risonanza magnetica cerebrale, un noto fattore di rischio per lo sviluppo di stroke sintomatico (196), erano più comuni nei pazienti

affetti da SSc rispetto ai controlli sani (197,198). Inoltre, la tomografia a emissioni di

fotone singolo (SPECT) mostrava una ipoperfusione focale o diffusa in pazienti con SSc senza disturbi neurologici, forse per un danno dei vasi cerebrali (199). Un piccolo

studio retrospettivo ha evidenziato un’incrementata prevalenza (1,3 volte), sebbene non statisticamente significativa, delle malattie cerebrovascolari (attacco ischemico transitorio, stroke, evidenza doppler di malattia carotidea o dell’arteria vertebrale, riscontro angiografico di stenosi carotidea) nei pazienti con SSc rispetto ai controlli

(164). Anche uno studio epidemiologico più ampio, coinvolgente 865 pazienti

sclerodermici, ha riportato un’aumentata incidenza di stroke, con un rischio di 2,61

(128). Parimenti uno studio di coorte ha evidenziato che la SSc si associa

indipendentemente al 43% di incremento di stroke ischemico, rispetto ai sani e che i farmaci comunemente impiegati in questi pazienti, inclusi i calcio-antagonisti, gli ACE-inibitori, gli steroidi orali o gli immunosoppressori, non modificavano tale rischio (200). Una significativa incrementata prevalenza di stenosi dell’arteria

carotidea, valutata tramite ecografia B-mode e color doppler, veniva riscontrata nel 64% dei pazienti con SSc rispetto ai controlli, senza differenze nei fattori di rischio CV tradizionali tra i due gruppi. Dal momento che la stenosi carotidea è un fattore

predittivo di stroke, questi riscontri suggeriscono che i pazienti con SSc possono avere un incrementato rischio di stroke (166). Tale rischio può essere relato a differenti

meccanismi patogenetici quali il danno vascolare, l’infiammazione cronica e il vasospasmo. Il coinvolgimento vascolare cerebrale può essere causato dalla disfunzione endoteliale e dall’ATS, ma la SSc è anche associata ad una produzione anticorpale e durante il decorso della malattia i pazienti sviluppano alterazioni funzionali e strutturali in multipli letti vascolari, con una progressiva disfunzione degli organi interni secondaria alla fibrosi. In aggiunta a ciò l’apparente efficacia dei farmaci immunosoppressivi nello stroke, riportata in alcuni casi, suggerisce una possibile associazione anche con meccanismi immunomediati (201). Infine, un

vasospasmo cerebrale (“Raynaud’s phenomenon-like”) può essere associato con attacchi ischemici transitori e questo sarebbe evidenziato dalla reversibilità delle lesioni arteriose e dall’assenza di specifici riscontri istologici (202).

e) Arterie carotidi

L’esame ultrasonografico non invasivo ha permesso di valutare gli stadi più precoci di ATS, tramite un’accurata misurazione dello spessore del complesso intima-media della parete arteriosa (IMT). Tale metodica viene condotta a livello delle arterie più facilmente esplorabili, tra cui la radiale, la femorale e soprattutto le arterie carotidi. L’IMT è calcolato misurando la media dello spessore del complesso intima-media, rappresentato dalla distanza tra la prima e la seconda linea ecogena dal lume. È universalmente accettato che l’IMT è un predittore di incrementata CAD, stroke e morte nella popolazione generale asintomatica. L’aumento dello spessore mediointimale ha infatti importanza dal punto di vista fisiopatologico in quanto viene a diminuire l’irrorazione di parete e, di conseguenza, l’intima va a ricevere meno ossigeno e nutrienti, innescando la liberazione di fattori endoteliali sensibili all’ipossia e determinando un danno ischemico in grado di favorire l’ATS.

Diversi gruppi hanno studiato l’ATS subclinica nella SSc valutando ecograficamente l’IMT carotideo (cIMT) con risultati conflittuali. Nella SSc, alcuni studi non riscontrarono differenze nei valori di IMT rispetto ai controlli (Tabella 14) e, tra questi, anche quello di Cheng et al.. Questi ultimi autori però identificarono una progressiva e significativa riduzione, anche dopo aggiustamento per i fattori confondenti, delle proprietà elastiche delle arterie carotidi nei pazienti con SSc

rispetto al gruppo dei controlli e riscontrarono una maggiore alterazione di tali parametri nei pazienti con dcSSc, rispetto a coloro con lcSSc (206).

Tabella 14: studi che hanno riportato un c-IMT nei limiti

Autore,Ref Pz (lcSSc:dcSSc) Età (anni) Durata malattia (anni) Controlli

Zakopoulos et al. (130) 40; (NA) NA NA 45

Ngian et al. (150) 80; (57:23) 56,7±14,2 12,1±9,2 40 Cusmà Piccione et al.

(151) 22; (17:5) 63±14 NA 20 Liu et al. (153) 25; (17:8) 47,2±10,1 NA 25 Domsic et al. (156) 15; (Tutti early dcSSc) 49,5±14,3 1,3±0,5 15 Roustit et al. (157) 42; (24:9 e 9 limitata) 51±13 5±6 33 Nordin et al. (172) 111; (87:24) 62±12 9,4 (5,6-17,4) 105 Hettema et al. (184) 49; (45:4) 55,4±11,6 6 32 Aversa et al. (205) 15; (3:12) 47 ±22.5 7,2 ± 5,1 0 Cheng et al. (206) 52; (33:19) dcSSc 54,19±10,68; lcSSc 56±12,23 NA 21 Schiopu et al.° (207) 46; (23:23) 48,6±13,3 6,5±6,2 46

°Sebbene i pz con SSc avessero un simile c-IMT rispetto ai controlli, avevano maggiore prevalenza di placche. I valori sono espressi come: media±DS oppure mediana (range). dcSSc: sclerosi sistemica; c-IMT: carotid intima-media thickness; DS: deviazione standard; lcSSc: sclerosi sistemica limitata cutanea; Pz: pazienti; Ref: referenza bibliografica.

Altri autori mostrarono invece un incremento di IMT rispetto ai sani (Tabella 15). Questi dati discordanti sono stati analizzati in una recente review, che aveva lo scopo di analizzare i dati circa l’IMT nei pazienti sclerodermici rispetto ai sani. L’interpretazione dei risultati può essere ostacolata dal piccolo campione dei pazienti arruolati e dalla variabilità tra gli studi delle misure ultrasonografiche dell’IMT. Nessuna differenza rispetto all’IMT tra SSc e controlli era riscontrata in un recente studio, dove, dall’altra parte, altri parametri di stiffness erano significativamente aumentati rispetto ai sani (151). Inoltre, nello stesso studio sono state riscontrate una

correlazione positiva di questi parametri con i livelli sierici di anti-topoisomerasi I e una correlazione inversa con gli ACA.

Tabella 15: studi che hanno riportato un c-IMT aumentato

Autore,Ref Pz

(lcSSc:dcSSc)

Età (anni) Durata

malattia Controlli Parametri associati ad incremento di c-IMT Turiel et al. (152) 20; (0:20) 52,96 ± 12,51 50,05 ± 84,9 mesi 20 NA Farag et al. (169) 30; (25:5) 42,5±12,38 18,5±17,5 anni 20 Età, durata di malattia, PAS, dislipidemia Bartoli et al. (170) 53; (45:8) 60,4±10,68 9,4±7,8 anni 53 ACE DD e ID genotipo Kaloudi et al. (171) 66; (55:11) 60,5±12,2 9,4±7,8 anni 20 NA

Documenti correlati