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VALUTAZIONE DELL'ATEROSCLEROSI SUBCLINICA MEDIANTE MISURAZIONE DELLA RIGIDITA DELLA PARETE AORTICA IN SOGGETTI AFFETTI DA SCLEROSI SISTEMICA: RISULTATI DI UN'ANALISI MONOCENTRICA

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Academic year: 2021

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SCUOLA TOSCO-UMBRA DI SPECIALIZZAZIONE IN REUMATOLOGIA Sede amministrativa dell’Università degli Studi di Pisa

Sede aggregata dell’Università degli Studi di Perugia

TESI DI SPECIALIZZAZIONE

VALUTAZIONE DELL’ATEROSCLEROSI SUBCLINICA MEDIANTE MISURAZIONE DELLA RIGIDITÀ DELLA PARETE

AORTICA IN SOGGETTI AFFETTI DA SCLEROSI SISTEMICA: RISULTATI DI UN'ANALISI MONOCENTRICA

Relatore:

Prof. Roberto Gerli

Coordinatore della sede aggregata di Perugia:

Prof. Roberto Gerli

Direttore della Scuola di Specializzazione:

Prof.ssa Ombretta Di Munno

Candidata:

Dott.ssa Francesca Cannarile

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INDICE

 Introduzione………..….2

 Capitolo 1: SCLEROSI SISTEMICA 1.1 Epidemiologia ………..…….. 4

1.2 Classificazione ……….………….. 4

1.3 Patogenesi ……….. 9

1.4 Manifestazioni cliniche ……… 15

1.5 Misure di outcome ...…...……….... 26

1.6 Videocapillaroscopia nella sclerosi sistemica ….………..…....…... 30

1.7 Esami ematochimici …….………...………. 34

 Capitolo 2: ATEROSCLEROSI SUBCLINICA 2.1 Aterosclerosi subclinica e rigidità arteriosa ………...……….. 36

2.2 Velocità dell’onda sfigmica o di polso (pulse wave velocity)……... 39

2.3 Augmentation aortica e augmentation index………. 42

2.4 Indice pressorio caviglia-braccio (Ankle brachial pressure index)... 44

 Capitolo 3: ATEROSCLEROSI e SCLEROSI SISTEMICA 3.1 Eziopatogenesi dell’aterosclerosi nella sclerosi sistemica………....46

3.2 Arterial stiffness e sclerosi sistemica ..……….……… 50

3.3 Patterns di aterosclerosi nella sclerosi sistemica …………...…….. 53

 Capitolo 4: PARTE SPERIMENTALE 4.1 Scopo dello studio ………..………. 65

4.2 Materiali e metodi ………..……….. 65

4.3 Risultati …...………... 68

4.4. Conclusioni ………. 76

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INTRODUZIONE

La Sclerosi Sistemica (SSc) è una malattia autoimmune sistemica ad eziologia sconosciuta, caratterizzata principalmente da tre elementi: (I) vasculopatia con un patognomonico coinvolgimento del microcircolo, (II) fibrosi di cute e organi interni, (III) flogosi sistemica testimoniata dalla presenza in circolo di autoanticorpi e citochine pro-infiammatorie (1, 2).

É una tra le patologie autoimmuni a prognosi più sfavorevole, come evidenziato dai dati di cinque recenti metanalisi le quali hanno dimostrato un tasso standardizzato di mortalità compreso tra 2,72 e 3,53 (3-7). Durante gli ultimi 40 anni, la mortalità relata

alla SSc si è comunque gradualmente ridotta, mentre quella secondaria a patologia cardiovascolare (CV) è incrementata. L’interessamento polmonare, inteso sia come ipertensione arteriosa polmonare (pulmonary arterial hypertension, PAH) che come fibrosi polmonare, rappresenta al momento la principale causa di mortalità, mentre circa il 20-30% delle morti sono riconducibili a problematiche di natura CV. Sebbene un alto tasso di mortalità CV sia comune anche nella popolazione generale, i pazienti con SSc muoiono per patologie CV più di un decennio prima (8).

É ben noto come patologie autoimmuni, quali il lupus eritematoso sistemico (LES), l’artrite reumatoide (AR) o, come recentemente dimostrato, la sindrome di Sjögren (SS) (9), presentino un elevato rischio di mortalità precoce principalmente per

problematiche CV e che l’aterosclerosi (ATS) subclinica accelerata, unitamente all’azione di fattori di rischio CV tradizionali ed ai mediatori dell’infiammazione cronica e dell’autoimmunità, rappresentino i principali meccanismi patogenetici alla base di tale aumentato rischio CV (10-14).

Rispetto a quanto dimostrato nei pazienti affetti dalle altre patologie autoimmuni, la prevalenza dell’ATS accelerata in pazienti affetti da SSc appare minore, forse perché, in questa patologia, la componente infiammatoria sembra avere un ruolo secondario nella patogenesi della malattia stessa e, di conseguenza, il danno aterosclerotico subclinico della parete vasale potrebbe avere un decorso meno aggressivo. Un altro aspetto da considerare è che, a differenza delle altre patologie sistemiche autoimmuni, nella SSc si ha un prevalente coinvolgimento del microcircolo mentre non è ancora stato definitivamente accertato se ci possa essere anche una concomitante patologia del macrocircolo e, di conseguenza, un danno aterosclerotico precoce vasale. A dimostrazione di ciò, i dati inerenti la prevalenza dell’ATS

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subclinica in corso di SSc sono piuttosto contrastanti, anche alla luce della dimostrazione che, in corso di tale patologia, i distretti interessati dal danno aterosclerotico precoce sono rappresentati non solo dalle arterie periferiche ma anche dal distretto arterioso cerebrovascolare, carotideo e coronarico.

I dati derivanti dagli studi condotti negli anni ’60 e ’70, quando la principale causa di morte era la crisi renale sclerodermica, suggerivano che una ATS clinicamente manifesta era rara nella SSc e che il coinvolgimento CV era più facilmente il risultato di un vasospasmo coronarico. Successivamente all’introduzione di nuovi approcci terapeutici (quali ad esempio gli ACE-inibitori), nella SSc le cause di morte si sono modificate e recenti review sistematiche hanno concluso come la prevalenza di ATS sia incrementata in corso di SSc e si correli ad una peggior prognosi (15-18). In

particolare, una survey del 2010 dell’European Reumatism Scleroderma Trials and

Research (EUSTAR) ha stimato che il 26% delle morti relate alla malattia sono

secondarie a cause cardiache (principalmente insufficienza cardiaca e aritmie) e il 29% delle morti non correlate a SSc sono legate a cause CV (19). Analogamente, una

recente analisi, condotta negli Stati uniti, dei dati di ospedalizzazione nel periodo 1993-2007, ha mostrato come il 5,4% delle 308.452 ospedalizzazioni dei pazienti con SSc erano associate come prima diagnosi di dimissione ad una malattia CV aterosclerotica e, per di più, la mortalità intraospedaliera legata a tale patologia nei pazienti con SSc era addirittura maggiore rispetto ai soggetti affetti da LES e AR con patologia aterosclerotica CV (20).

Alla luce di ciò, lo scopo del presente lavoro è stato quello di valutare l’ATS subclinica, tramite la misurazione della pulse wave velocity (PWV) e dell’augmentation aortica, in una coorte di pazienti affetti da SSc afferenti alla Struttura Semplice Dipartimentale di Reumatologia dell’Università degli Studi di Perugia, in confronto con un gruppo di soggetti sani, e di indagare le eventuali associazioni con parametri specificamente correlati con la malattia di base.

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CAPITOLO 1: SCLEROSI SISTEMICA

La prima descrizione di un caso di SSc è stata fatta da un medico italiano, Carlo Curzio, operante all'Ospedale degli Incurabili di Napoli, sebbene il termine di “Sclerodermia” cioè “pelle indurita” (dal greco skleros: duro, e derma: pelle) sia stato introdotto molto tempo dopo e solo in quest’ultimo secolo si è compreso che la malattia colpisce, oltre alla cute, anche altri organi. Per tale motivo oggi è correntemente meglio definita “Sclerosi Sistemica”. Osler, alla fine del 1800, descrisse questa entità patologica come “the most terrible of all human ills”: è infatti terribile per il paziente assistere al progredire della malattia con la progressiva perdita dell’autosufficienza e alterazione di importanti funzioni d’organo.

1.1 Epidemiologia

L’epidemiologia della SSc non è del tutto univoca per tre fattori principali: relativa rarità della patologia, difficoltà nella diagnosi ed estrema variabilità clinica; può pertanto accadere, ad esempio, che le forme più lievi non vengano diagnosticate. Inoltre, l’epidemiologia varia nelle diverse popolazioni ed aree geografiche con una prevalenza di 4-489 casi per un milione di persone ed una incidenza di 0,6-122 casi per un milione di persone per anno (21). L’attuale prevalenza è probabilmente vicina

al valore maggiore del range sopraindicato; tassi più alti sono visti negli Stati Uniti ed in Australia piuttosto che in Europa ed in Giappone e nei soggetti di razza nera più che nei bianchi. L’esordio è in genere compreso tra i 30 e i 50 anni circa, ma può colpire soggetti di qualsiasi età, sia giovani che anziani.

La SSc è più frequente nelle donne rispetto agli uomini con un rapporto che varia tra 3:1 e 14:1 (22).

1.2 Classificazione

Secondo una tradizionale distinzione, i principali subsets di SSc sono rappresentati da (23,24) (Figura 1):

 SSc cutanea limitata (lcSSc): il coinvolgimento cutaneo è tipicamente ristretto alle mani (sclerodattilia) e, con minor estensione, a viso e collo. Le lesioni cutanee fanno seguito ad una lunga storia, anche di anni, di fenomeno di Raynaud (RF). Questi pazienti hanno in genere un prevalente interessamento vascolare e questa forma di SSc frequentemente presenta le caratteristiche

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della sindrome CREST (Calcinosi della cute, RF, Esofagopatia, Sclerodattilia e Teleangectasie). Nel 50-60% dei casi vi è la presenza degli anticorpi anti-centromero (ACA). La prognosi è in genere migliore rispetto al subset diffusa, eccetto in quei pazienti che, dopo molti anni, sviluppano PAH;

 SSc cutanea diffusa (dcSSc): si caratterizza per uno sviluppo rapido, esteso e simmetrico di ispessimento cutaneo (estremità prossimali e distali degli arti, volto e tronco), preceduto di pochi mesi o addirittura contemporaneo all’insorgenza di RF. Markers laboratoristici di dcSSc sono la positività per anti-topoisomerasi I (30%) e anti-RNA polimerasi-I, II o III (12-15%). Questi pazienti presentano un maggior rischio di sviluppare precocemente un interessamento viscerale per cui hanno la peggior prognosi: la sopravvivenza è addirittura spesso inferiore rispetto a quella di molte neoplasie

Figura 1: coinvolgimento cutaneo nella SSc

 SSc cutanea intermedia: la sclerosi cutanea colpisce anche la parte prossimale degli arti, ma risparmia il tronco; l’evoluzione clinica è pure intermedia tra le due precedenti forme;

 SSc sine scleroderma: il coinvolgimento degli organi interni può verificarsi anche in assenza di interessamento cutaneo e, in questo caso, la sopravvivenza è legata alla gravità della malattia viscerale, in particolare quando sono interessati i polmoni, il cuore e/o i reni. Comunque, la prognosi è simile a quella dei pazienti con lcSSc; in uno studio, la sopravvivenza a 5 anni era circa l’80% in entrambi i gruppi;

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altre malattie autoimmunitarie reumatologiche, quali LES, AR, SS, dermatomiosite o vasculite;

 Sclerodermia indotta da sostanze tossiche: l’interessamento cutaneo, in genere diffuso, è preceduto da un’esposizione a sostanze chimiche quali il cloruro di vinile, benzene, toluene, silicone, farmaci (bleomicina, pentazocina).

La SSc è pertanto una patologia eterogenea che mostra grande variabilità tra gli individui affetti con conseguenti significative differenze in termini sia di manifestazioni cliniche che di prognosi. In considerazione di questi elementi e del fatto che non esista un singolo test diagnostico, l’elaborazione di criteri classificativi adeguati è risultata particolarmente ardua; molte classificazioni proposte si basano sul grado di coinvolgimento cutaneo (25-32).

Nel 1980 l’American College of Rheumatology (ACR) stabilì alcuni criteri classificativi (32) i quali vennero per la prima volta validati su una larga popolazione

di pazienti (Tabella 1).

Tabella 1: Criteri ACR 1980 (32)

CRITERIO MAGGIORE CRITERI MINORI

 Sclerodermia prossimale alle MCF

 Sclerodattilia

 Necrosi o cicatrici dei polpastrelli  Fibrosi polmonare bibasale Considerate le condizioni di esclusione, la presenza del solo criterio maggiore oppure

di almeno 2 criteri minori, permette di classificare una condizione come SSc

Essi furono applicati per lungo tempo e universalmente accettati, sebbene fossero dotati di una bassa sensibilità per la SSc in fase precoce. Infatti, circa il 20% dei pazienti diagnosticati come SSc dagli esperti (forma limitata, malattia all’esordio o di lieve entità), non rientravano in tali criteri classificativi. Per tale motivo LeRoy e Medsger proposero, nel 2001, dei criteri per la diagnosi di early SSc introducendo il concetto di un nuovo subset di pazienti (forma limitata), ovvero pazienti con RF obiettivato, scleroderma pattern alla videocapillaroscopia (nailfold

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videocapillaroscopy, NVC) e/o anticorpi specifici di malattia (29). Tuttavia questi

criteri non sono stati formalmente validati né universalmente applicati.

Comunque, nel corso degli anni, si è andata sempre più consolidando la tesi che il coinvolgimento degli organi interni poteva manifestarsi anche prima che un paziente potesse soddisfare i criteri ACR del 1980 per cui nel 2011 il gruppo EUSTAR ha proposto i criteri per la diagnosi di very early SSc (VEDOSS) (33). Con quest’ultima

classificazione, un soggetto era identificato affetto da very early SSc in presenza di RF, puffy fingers e ANA, associati alla positività degli anticorpi specifici per SSc (ACA o anti-topoisomerasi I) o ad anomalie capillaroscopiche (Tabella 2).

Tabella 2: VEDOSS (33)  Fenomeno di Raynaud  puffy fingers  ANA Sospetto di VEDOSS In presenza anche di

 anticorpi specifici per SSc (ACA o anti-topoisomerasi I) e/o

 anomalie capillaroscopiche

VEDOSS

Più recentemente, è stato ulteriormente dimostrato come, nei pazienti con RF, il valore predittivo positivo della positività ANA per lo sviluppo di SSc, aumenta dal 34% al 88% se combinata con la presenza di puffy fingers: questi tre elementi rappresentano pertanto delle vere e proprie red flags per la SSc (34).

Nel 2013 sono stati pubblicati i criteri ACR-EULAR (European League Against

Rheumatism) (35), i quali hanno il grande vantaggio di essere maggiormente sensibili,

rispetto ai criteri ACR del 1980, in tutte le categorie di SSc, compreso il subset di malattia early (< 3 anni) e di essere di conseguenza più utili per una diagnosi precoce (Tabella 3). Ciò implica delle importanti ripercussioni in ambito terapeutico in quanto l’applicazione di tali criteri potrebbe garantire una window of opportunity per trattare i pazienti prima dello sviluppo di una fibrosi irreversibile. La sensibilità e la specificità nel campione di validazione erano rispettivamente di 0,91 e 0,92 per

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questi nuovi criteri in contrasto con 0,75 e 0,72 dei vecchi criteri ACR del 1980.

Tabella 3: Criteri ACR/EULAR 2013 (35)

CRITERI SUB-CRITERI score

Ispessimento cutaneo delle dita di entrambe le mani prossimale alle MCF (criterio sufficiente)

-

9

Ispessimento cutaneo delle dita (si considera dei due quello con punteggio maggiore)

Puffy fingers 2

Sclerodattilia (distale alle MCF, ma prossimale IFP) 4

Lesioni digitali (si considera dei due quello con punteggio maggiore)

Ulcere digitali del polpastrello 2

Pitting scars (ipercheratosi) 3

Teleangectasie - 2

Anomalia dei capillari del distretto periunguale - 2

Ipertensione polmonare e/o interstiziopatia polmonare (massimo punteggio 2)

Ipertensione arteriosa polmonare 2

Interstiziopatia polmonare 2 Fenomeno di Raynaud - 3 Anticorpi SSc correlati (massimo punteggio 3) Anticorpi anti-centromero 3 Anti-topoisomerasi I 3

Anti-RNA polimerasi III 3

Punteggio totale: sommare per ogni categoria il punteggio più alto per calcolare il totale.

I pazienti con un punteggio ≥9 vengono classificati come affetti da sclerosi sistemica conclamata

In una recente analisi svedese, l’applicazione dei criteri ACR/EULAR ha condotto ad un incremento del 30-40% della prevalenza e dell’incidenza di SSc rispetto ai criteri ACR del 1980 (36). Più recentemente, è stato evidenziato che la diagnosi di SSc

tramite i nuovi criteri ACR/EULAR era possibile in circa il 26% dei pazienti in più ed in modo particolare il 56% dei pazienti con malattia lieve e/o early, che non poteva essere classificata con i vecchi criteri, era diagnosticato come SSc (37).

Risultava invece un 21% in più la quota guadagnata dai nuovi rispetto ai vecchi criteri in uno studio norvegese (38).

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l’esclusione di potenziali pazienti affetti da SSc, cioè con RF, ANA positivi e anomalie capillaroscopiche. A tal proposito, per identificare i pazienti con malattia precoce, i criteri EUSTAR-VEDOSS rimangono un valido strumento (33,34).

1.3 Eziopatogenesi

L’eziopatogenesi della SSc è multifattoriale e, al momento, non è stata identificata una ipotesi patogenetica unitaria in grado di spiegarne tutti gli aspetti. Una complessa interazione tra il danno endoteliale, con espressione di molecole di adesione, la disregolazione del sistema immune, con attivazione dei linfociti B e T e conseguente produzione di chemochine profibrotiche (es. transforming growth factor-β, TGF-β) e l’anomala proliferazione di fibroblasti attivati è al momento l’ipotesi patogenetica più accreditata in grado di spiegare, in soggetti geneticamente predisposti, le tre caratteristiche fondamentali della malattia: il danno vascolare, l’autoimmunità e l’eccessiva produzione e deposizione di collagene (Figura 2). .

Figura 2: modello patogenetico

Agenti eziologici esogeni (es.agenti infettivi, chimici)

Predisposizione genetica

Danno

endoteliale

Squilibrio tra mediatori vasocostrittori

(ET-1,TXA2) e vasodilatatori (NO, prostacicline) Vasocostrizione Incremento delle molecole di adesione

(VCAM, ICAM, selectine)

ROS

Ipossia e ischemia

cronica Alterati meccanismi

riparativi (squilibrio tra fattori

proangiogenetici e antiangiogenetici) Formazione microtrombi Reclutamento/attivazione Cellule immunitarie Linfociti B , Linfociti T, Monociti/Macrofagi Citochine e anticorpi Attivazione

fibroblasti Incremento matrice extra-cellulare Fibrosi Attivazione Piastrine Citochine Citochine

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Il danno endoteliale sembra essere il primum movens dell’innesco del meccanismo patogenetico che, attraverso un’aumentata produzione di fattori favorenti la vasocostrizione e la proliferazione incontrollata di fibroblasti, conduce all’aumento della matrice extra-cellulare (MEC) e quindi alla fibrosi (22).

La stretta interazione tra cellule immunitarie, cellule endoteliali (CE) e cellule mesenchimali indica come le fasi iniziali di malattia possano porre le basi per le sequele a lungo termine della SSc, per cui le opzioni terapeutiche dirette contro processi immunomediati andrebbero somministrate in fase precoce per poter fornire un significativo beneficio clinico.

Fattori ambientali, ormonali e genetici

In alcuni casi, i fattori ambientali possono giocare un ruolo nello sviluppo della SSc. Tra questi ricordiamo gli agenti chimici (cloruro di vinile, benzene, toluene, tricloroetilene, esacloroetano, anilina, silice, cocaina, alcuni farmaci anoressizanti, bleomicina, pentazocina e vari altri) e gli agenti infettivi, soprattutto virali (tra cui il parvovirus B19 ed il citomegalovirus). Il rischio relativo per l’esposizione alla silice, in una metanalisi, è risultato essere pari a 3,2 (39). Invece, la possibile associazione,

generata da alcuni case report, tra protesi mammarie in silicone ed aumentato rischio di sviluppare malattie autoimmuni, soprattutto la SSc, non ha trovato riscontro in una recente review sistematica (40).

Considerando la netta maggiore prevalenza della SSc nelle donne, era stata ipotizzato che i fattori ormonali potessero, in qualche modo, essere rilevanti allo sviluppo della malattia. Tuttavia questo non è stato provato e, ad esempio, non si ha una maggiore incidenza nelle donne che assumono contraccettivi orali (41).

Tra i fattori relati all’ospite, sicuramente il più importante è la suscettibilità genetica e ciò è comprovato anche dal fatto che sono stati descritti casi di SSc in diversi membri di una stessa famiglia. Come per altre patologie sistemiche autoimmuni, sono stati identificati dei polimorfismi del sistema maggiore di istocompatibilità, soprattutto di classe II, differenti a seconda della razza (nei bianchi HLA-DRB1_1104, DQA1_0501, DQB1_0301) (42).

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Il danno vascolare

Si ritiene che gli eventi iniziali della patogenesi della SSc si verifichino a livello dei capillari e dei piccoli vasi e le CE svolgono un ruolo attivo nella patogenesi della SSc. Inizialmente si ha un danno a carico delle CE da parte di fattori non del tutto noti, seguito da un ispessimento dell’intima e da un progressivo restringimento del lume fino alla completa ostruzione del vaso. Con il progredire del danno vascolare, la riduzione del letto microvascolare della cute e degli altri organi colpiti determina uno stato di ischemia cronica. Il danno capillare può essere facilmente osservato nel letto ungueale con la NVC, mentre studi con immunofluorescenza mostrano anticorpi diretti contro la laminina ed il collagene di tipo IV, che, insieme ai proteoglicani condroeparin-solfati, sono i costituenti principali della membrana basale. Oltre ai capillari, anche le piccole arterie mostrano ispessimento della media, degenerazione ialina o fibrinoide, ispessimento dell’intima e deposizione subintimale di collagene. Ancora prima dello sviluppo di un danno vascolare è possibile identificare un incremento delle molecole di adesione sulla superficie delle CE con conseguente aumentata adesione dei linfociti la cui attivazione comporta il rilascio di citochine in grado di attivare le CE. Si crea in questo modo un circolo vizioso le cui conseguenze incidono profondamente sulle funzioni dell’endotelio e sul mantenimento della patologia vascolare (43). Le CE sono deputate a separare il contenuto vasale dallo

spazio interstiziale, prevenire l’aggregazione piastrinica, inibire la cascata della coagulazione e modulare lo stato contrattile delle cellule muscolari lisce (tono vasale). Nello svolgimento di questi compiti, la cellula endoteliale produce e secerne varie sostanze, alcune attive sulla muscolatura liscia vasale quali ossido nitrico (NO), a spiccata azione vasodilatatrice, ed endotelina-1 (ET-1), potente vasocostrittore; altre con azione sulla funzionalità piastrinica quali la prostaciclina, che impedisce l’aggregazione delle piastrine e la loro interazione con il connettivo subendoteliale, o il trombossano (TXA2) che possiede, invece, caratteristiche funzionali opposte. Il

danno endoteliale cronico nella SSc è ben documentato non soltanto dalla proliferazione intimale dei vasi arteriolari, ma anche dall’incremento sierico degli agenti vasocostrittori (ET-1, TXA2) e dalla riduzione di quelli vasodilatatori (NO, prostacicline) (44). Tale squilibrio è alla base della tendenza al vasospasmo che dà

luogo al ben noto RF. Inoltre, si ha anche l’espressione di molecole di adesione (VCAM: vascular cell adhesion molecole 1, ICAM-1: intercellular adhesion

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molecule 1, selectine) in grado di legare cellule immuni, soprattutto linfociti T,

favorendone il passaggio nei tessuti. Lo stesso danno può inoltre determinare aggregazione piastrinica, con formazione di microtrombi e conseguenti lesioni ischemiche. Le piastrine attivate liberano citochine che richiamano ed attivano i fibroblasti, con conseguente eccessiva produzione di collagene, ed anche mediatori quali l’endotelina, i quali scatenano localmente fenomeni di vasospasmo. La formazione di microtrombi ed i ripetuti episodi di RF sono causa di ischemia cronica e quindi di degenerazione e necrosi tissutale. Per quanto riguarda le piastrine, la cui attivazione è molto probabilmente secondaria alle alterazioni dell’endotelio, in circolo esse si presentano maggiormente aggregate rispetto ai soggetti normali e dotate di un più elevato contenuto di granuli, tramite i quali interagiscono con le CE, i fibroblasti e le cellule immunitarie.

La vaso-permeabilizzazione endoteliale che caratterizza la fase edematosa della SSc permetterebbe alle piastrine di passare nell’interstizio dove esse, mediante la liberazione dei loro mediatori, promuoverebbero la proliferazione e la chemiotassi dei fibroblasti e la produzione di matrice.

Inoltre, l'endotelio risulta danneggiato dalla produzione dei radicali liberi dell'ossigeno e dei prodotti reattivi dell'azoto, portando allo sviluppo dello stress ossidativo ed all'inattivazione degli enzimi antiossidanti. Lo stress ossidativo sembra importante nella patogenesi SSc, in quanto causa restringimento del lume vasale ed ischemia, portando a danno endoteliale, ispessimento dell'intima e fibrosi. É stato anche ipotizzato che le CE siano costitutivamente incapaci di adattarsi alle modificazioni indotte dal processo di riperfusione oppure che il ciclo continuo di ischemia-riperfusione conduca ad un esaurimento delle capacità endoteliali di neutralizzare la formazione di radicali liberi.

Un ulteriore ruolo di primaria importanza nello sviluppo del danno endoteliale è relato all’apoptosi cellulare. La morte cellulare geneticamente programmata sembra infatti essere particolarmente attivata nelle CE, in considerazione ad esempio anche della presenza in circolo di anticorpi anti-cellule endoteliali (AECA) i quali indurrebbero adesione di leucociti all’endotelio e successiva apoptosi, mentre sembrerebbe inibita nei fibroblasti.

La modificazione del microambiente vascolare sino a qua descritta, conduce ad una condizione di ipossia tissutale cronica la quale va a stimolare sia l’angiogenesi, cioè

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la formazione di nuovi vasi da quelli pre-esistenti, che la vasculogenesi, cioè la formazione di nuovi vasi dai progenitori delle cellule endoteliali (EPCs) derivanti dal midollo osseo con il tentativo di ristabilire un adeguato apporto di ossigeno ai tessuti

(45). A causa di diversi fattori però questi processi sono alterati nella SSc con un

conseguente inefficace meccanismo riparativo.

Il risultato è la formazione di capillari morfologicamente aberranti, ben visibili tramite la NVC.

Autoimmunità e infiammazione

Le alterazioni immunologiche in corso di SSc sono a carico di entrambe le componenti, (umorale e cellulare) del sistema immunitario adattativo ma anche a livello dell’immunità innata (46).

Il coinvolgimento dell’immunità umorale è testimoniato ad esempio dalla presenza di infiltrati di linfociti B esprimenti markers di attivazione cronica (CD19, CD85) a livello della cute dei pazienti sclerodermici e da una aumentata produzione di anticorpi, alcuni dei quali sono specifici ed individuano particolari subsets di malattia.

Per quanto concerne invece l’immunità cellulare, negli stadi precoci della SSc, un infiltrato di cellule mononucleate, costituito prevalentemente da cellule T helper attivate, circonda i piccoli vasi sanguigni del derma. I linfociti T attivati, in prevalenza del tipo Th2, sono responsabili della produzione di citochine (IL-4, IL-5) in grado di stimolare la produzione di fibroblasti e di collagene. I macrofagi sono anch'essi presenti in quantità elevata negli infiltrati delle lesioni sclerodermiche e, una volta attivati, secernono diverse citochine (IL1, IL6, TNF-a, TGF-ß, PDGF) tutte responsabili sia direttamente sia indirettamente della proliferazione dei fibroblasti e del collagene (22,47).

Il danno fibrotico

Nella SSc la fibrosi è relata a complesse interazioni tra multipli e contemporanei processi a cascata, nei quali sono presenti cellule effettrici (tra le quali fibroblasti, periciti, cellule muscolari dei vasi, fibrociti del midollo osseo), citochine e loro recettori, chemochine (tra le quali CRs, MCP-1), fattori di crescita (tra i quali TGF-β, PDGF) e molecole di segnale intracellulare

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Il risultato è una deposizione di matrice extracellulare (MEC) per un’aumentata biosintesi più che per un ridotto catabolismo, sebbene l’attività delle procollagenasi cutanee sia anch’essa elevata. La MEC, che si localizza nell'intima dei vasi e nello spazio pericapillare e interstiziale della cute, rene, cuore, polmone e tratto gastrointestinale, è prodotta dai fibroblasti che secernono una quantità di collagene tre volte superiore alla norma. Le forme di collagene maggiormente prodotte in corso di SSc sono il tipo I, III (presente soprattutto a livello del derma reticolare delle lesioni di più recente insorgenza) e VI (perivascolare). Nella SSc i fibroblasti presentano un cosiddetto "fenotipo sclerodermico"; sono caratterizzati dall’aumento dei livelli di mRNA per il procollagene e da un persistente stato di attivazione, probabilmente per alterazioni epigenetiche, che si esprime con un aumento della secrezione di costituenti della MEC, una proliferazione esagerata e un aumento dell'adesione.

I fibroblasti sono attivati da vari fattori tra i quali il più importante è il TGF-β che risulta essere nella patogenesi della SSc come un “direttore d’orchestra” in grado di indurre e perpetuare il danno fibrotico (48).

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1.4 Manifestazioni cliniche

La SSc in genere ha un esordio insidioso, tipicamente con il RF.

 Il Fenomeno di Raynaud (RF), caratterizzato dalla modificazione sequenziale del colorito cutaneo delle estremità in risposta ad un vasospasmo reversibile arteriolare, è presente in più del 95% dei pazienti ed è precipitato dall’esposizione al freddo o da stress emotivi (49). Tipicamente insorge a

carico di mani (Figura 3) e piedi e, più raramente a livello della punta del naso, delle orecchie o della lingua (Figura 4). Nei pazienti con lcSSc il RF generalmente precede le altre manifestazioni di malattia anche di anni o decenni, mentre, nella forma diffusa, in genere esso coincide o, precede di poco, la comparsa delle altre manifestazioni. La classica complicazione del RF è rappresentata dalla formazione di ulcere digitali (UD).

Figura 3: RF a carico delle dita della mano: (A) fase ischemica e (B) fase cianotica (Uptodate, 2015).

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 Le manifestazioni generali sembrano essere molto comuni ma la loro frequenza non è certa. Uno dei pochi studi che li ha valutati, in 107 pazienti con malattia ormai di lunga data (mediana 10 anni; range 1-37 anni), ha mostrato quali sintomi più frequenti: astenia (76%), rigidità articolare (74%), perdita della forza (68%), dolore (67%), disturbi del sonno (66%), modificazioni di colore della cute (47%) (51). Il livello di astenia nei pazienti

con SSc è paragonabile a quello presente nei pazienti con artrite reumatoide, lupus eritematoso sistemico o neoplasia (52).

 Manifestazioni cutanee: il coinvolgimento cutaneo è una caratteristica patognomonica della malattia ma può avere un’estrema variabilità sia in termini di estensione che di gravità di ispessimento e dipende in genere dal sottotipo e dalla durata di malattia. Le dita, le mani e il volto sono generalmente le aree corporee più precocemente coinvolte. Manifestazione precoce della SSc è una tumefazione bilaterale e simmetrica delle dita delle mani o delle mani in toto, e talora dei piedi (fase edematosa). Dopo un periodo di tempo, variabile da poche settimane a diversi mesi, tale edema viene sostituito da indurimento ed ispessimento della cute, che perde elasticità e diventa non più sollevabile in pliche (fase sclerotica). Infine la cute diventa assottigliata ed atrofica (fase atrofica). L’interessamento cutaneo può essere assente, ristretto a mani e, in minor misura, al volto (lcSSc) o estendersi anche a livello di torace, addome, cosce e braccia (dcSSc). L’ispessimento cutaneo del volto conduce ad una microstomia tale da rendere difficoltosa l’igiene dentale e l’alimentazione ed all’appianamento delle rughe cutanee con conseguente perdita della mimica facciale (Figura 5). Parimenti la cotenna cutanea rigida che avvolge le dita ne impedisce progressivamente la completa estensione e si sviluppano contratture in flessione (“mani ad artiglio”) che possono complicarsi con ulcerazioni in corrispondenza delle prominenze ossee. Una rapida progressione delle manifestazioni cutanee in 1-3 anni è associata a un maggior rischio di interessamento viscerale, specialmente a livello di polmone, cuore e rene ed è tipica della dcSSc.

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Figura 5:

(A) ispessimento della cute periorale con riduzione dell’apertura della bocca; (B) Periodontite con regressione delle gengive e perdita di denti;

(C,D)Telangiectasie di labbra e lingua (Uptodate, 2015).

Il “modified Rodnan skin score” (mRSS) è un metodo semiquantitativo che valuta il grado di gravità (0= normale, 1= lieve ispessimento, 2= moderato ispessimento, 3= grave ispessimento) e di estensione (in 17 siti corporei) dell’interessamento cutaneo. Ha una buona riproducibilità inter-operatore e si correla con le caratteristiche istologiche della cute, con una prognosi più grave di malattia e con una maggiore mortalità, risultando pertanto un utile indice di outcome (53,54) (Figura 6). Altre manifestazioni cutanee

comprendono la perdita di peli a livello delle aree cutanee interessate, teleangectasie del volto, della mucosa buccale, del torace e della mani e la calcinosi (depositi intra- e sottocutanei di calcio in genere a livello dei tessuti periarticolari, punta delle dita, borsa olecranica e prepatellare).

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Figura 6: mRSS, metodo usato per semi-quantificare l’ispessimento cutaneo (Uptodate, 2015)

 Ulcere digitali (UD): sono una frequente complicazione della SSc, interessando circa il 10-58% dei pazienti e , tra quelli colpiti, circa il 75% ha il primo episodio di UD nei primi 5 anni dal primo sintomo non Raynaud

(55,56). Il registro francese mostra come il 44% dei pazienti con SSc presenti

UD e, tra questi, il 33% richiede l’ospedalizzazione. Le UD sono persistenti, difficili da guarire ed estremamente dolorose e possono condurre a perdita tissutale, autoamputazione, alterata funzionalità della mano e scarsa qualità di vita (57). Per di più, se non correttamente trattate, si possono infettare

complicandosi con osteomielite, gangrena e setticemia. L’eziologia delle UD è multifattoriale e può differire a seconda della sede. Le UD della punta delle dita sono causate sia dalla presenza di una sottostante vasculopatia e sia dalle

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ripetute crisi acroasfittiche. Un altro possibile fattore scatenante è inoltre l’attivazione intraluminale delle piastrine con formazione di coaguli e rilascio di trombossano, un potente vasocostrittore, e conseguente trombosi vasale

(49). Al contrario, le UD site nel versante dorsale delle dita sono legate, in gran

parte, come accennato poco sopra, all’ispessimento e alla retrazione della cute per cui hanno una prevalente eziologia meccanica (Figura 7). Possono inoltre concorrere alla formazione di UD la sclerodattilia, la secchezza cutanea, la calcinosi ed i traumi locali. Parimenti l’incapacità della cute di guarire e la persistenza delle UD dipendono dal ridotto flusso ematico e dall’ipossia tissutale che ne consegue, ma anche da fattori complicanti come infezioni, assottigliamento cutaneo nei pazienti con malattia di lunga durata e forte stiramento della cute al di sopra delle articolazioni, con associate contratture (58). Sorprendentemente le UD possono essere già presenti nei pz con very early SSc testimoniando così che una patologia del microcircolo è già sviluppata prima di un interessamento fibrotico. Ciò è stato recentemente dimostrato in uno studio italiano su 110 pazienti con VEDOSS e, per di più, in questi pazienti, le UD sono state interpretate come un segno di coinvolgimento d’organo, correlandosi infatti con un interessamento degli organi interni, in particolare esofageo (59). I dati del registro Digital Ulcers Outcome hanno mostrato come, nei 2439 pazienti arruolati, un esordio

precoce delle UD e un’elevata frequenza di complicazioni si riscontrino soprattutto nei pazienti con dcSSc e/o positività per anti-topoisomerasi I (60) .

Analogamente, una review sistematica pubblicata quest’anno (378 articoli identificati tra il 1990 e il giugno 2014, 80 articoli inclusi) ha identificato la dcSSc e una precoce insorgenza del RF quali più frequenti fattori di rischio per lo sviluppo di UD. Un precoce primo sintomo non RF, una maggiore estensione dell’interessamento cutaneo (ovvero un alto punteggio al mRSS), la presenza degli anti-topoisomerasi I e un pattern late o un peggioramento alla VCP erano inoltre importanti fattori predittivi di UD. Al contrario nella maggior parte degli studi inclusi non erano significativi fattori di rischio per UD il basso stato socio-economico, il genere e il fumo (61).

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Figura 7: (A) Ulcere a carico delle articolazioni IFP; (B, C) Ulcere ischemiche digitali; (D) Gangrena digitale (Uptodate, 2015)

 Manifestazioni gastroenteriche: Il coinvolgimento del tratto gastrointestinale, presente in circa il 90% dei pazienti, è una delle più comuni manifestazioni della SSc. Può interessare differenti parti del tratto gastroenterico, inducendo alterazioni funzionali della motilità, della digestione, dell’assorbimento e dell’evacuazione. Le manifestazioni gastrointestinali della SSc possono essere anche severe (es. dolore, disfagia, vomito, diarrea, costipazione, incontinenza fecale, perdita di peso) e compromettere non solo la prognosi, con un tasso di mortalità attribuibile al solo coinvolgimento gastroenterico riportato tra il 6% ed il 12%, ma anche la qualità di vita (62). In tal senso, uno

studio su 87 pazienti consecutivi con SSc ha dimostrato che, indipendentemente dal sottotipo di SSc (diffusa versus limitata), i pazienti con reflusso gastro-esofageo, distensione addominale, diarrea, costipazione ed incontinenza presentano una significativa riduzione della qualità di vita rispetto ai pazienti senza coinvolgimento gastro-enterico da malattia (63).

L’esofago è la parte del tratto gastrointestinale più frequentemente affetta in corso di SSc, con una prevalenza riportata tra il 50 ed il 90%. Il coinvolgimento gastrico si registra nel 50% dei casi, del piccolo intestino nel 40-70%, del colon nel 20-50% ed infine del tratto ano-rettale nel 50-70%.

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classicamente comprendono disfagia, odinofagia, anoressia, bruciore retro sternale, nausea e vomito. Sono riconducibili ad una sostituzione fibrosa della muscolatura liscia parietale con conseguente ipotonia ingravescente e marcata alterazione e riduzione della peristalsi. Tuttavia, è stato riportato che il 18-40% dei pazienti, nonostante un impegno esofageo documentato, possono essere asintomatici (64).

Infatti, uno studio prospettico su oltre 100 pazienti affetti da SSc ha evidenziato un’alterazione motoria dell’esofago in quasi tutti i pazienti con sintomi esofagei ma anche nel 64% dei pazienti asintomatici. La presenza di tali alterazioni motorie esofagee non risultava correlata ad età, sesso, durata di malattia o estensione dell’impegno cutaneo (65);

- A livello dello stomaco, soprattutto nella forma diffusa, è frequente una ridotta motilità del viscere; si possono inoltre formare delle ectasie vascolari, soprattutto in regione antrale, tali da parlare di “stomaco a cocomero” per il caratteristico reperto endoscopico con file longitudinali di vasi mucosi ectasici e sacculari che ricordano le striature sulla superficie esterna del cocomero. Queste si possono complicare con sanguinamento gastrointestinale superiore o con un’anemia ferrocarenziale (62);

- La riduzione della motilità del tenue può causare l’insorgenza di sintomi quali senso di gonfiore e dolore addominale. Una sindrome da malassorbimento con calo ponderale, diarrea e anemia è secondaria a eccessiva crescita batterica nell’intestino atonico o anche all’ostruzione dei vasi linfatici da parte della fibrosi;

- L’interessamento dell’intestino crasso può causare stipsi cronica con formazione di fecalomi ed episodi di ostruzione intestinale o, addirittura, un’intussuscezione dal momento che un segmento intestinale atonico agisce come fulcro;

- La lassità dello sfintere anale può causare incontinenza o, più raramente, prolasso anale.

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questo sistema quali l’edema delle mani associato ad artromialgie diffuse, sono spesso quelli che inducono il paziente a rivolgersi al medico in quanto sono frequenti in una fase precoce. Un franco interessamento infiammatorio articolare non è invece comune mentre dolore articolare, immobilità e contratture in flessione si sviluppano come il risultato della fibrosi peritendinea. Nelle fasi più avanzate di malattia possono essere palpati o auscultati degli sfregamenti tipo crepitii, come di “cuoio vecchio” (tendon

friction rubs) in particolare nella forma diffusa, a livello dei tendini estensori

e flessori di mani, tendine del tricipite del gomito, tendine patellare delle ginocchia e tendine tibiale anteriore e posteriore, peroneale e di Achille delle caviglie. Diversi studi suggeriscono che la presenza di questi sfregamenti tendinei sia un marker di malattia aggressiva e di aumentato rischio di coinvolgimento degli organi interni (66). La maggioranza dei pazienti affetti da

SSc presenta una diffusa atrofia muscolare da disuso per limitata mobilità articolare, secondaria al coinvolgimento di cute, articolazioni e tendini. In alcuni pazienti, invece, si può sviluppare una franca miosite, caratterizzata da debolezza dei muscoli prossimali e da innalzamento degli enzimi muscolari.

 Interessamento polmonare: la dispnea è una manifestazione tardiva delle complicanze polmonari della SSc, tuttavia l’interessamento polmonare è frequente (presente in più del 70% dei pazienti) e rappresenta la principale causa di morte (67). Si può avere un coinvolgimento del parenchima

polmonare (pneumopatia interstiziale) o dei vasi sanguigni del polmone (PAH). Poiché in genere tali complicanze sono raramente sintomatiche prima di giungere agli stadi avanzati di malattia, è essenziale un’identificazione precoce di queste alterazioni tramite esami di screening quali i test di funzionalità polmonare con misurazione della capacità vitale forzata (FVC) e della diffusione alveolo-capillare del monossido di carbonio (DLCO) e un’ecocardiografia Doppler con misurazione della pressione arteriosa polmonare stimata (PAPs).

- Pneumopatia interstiziale: è più frequente nei pazienti con malattia dcSSc e può essere preceduta da un’alveolite che determina fibrosi parenchimale, distruzione dell’architettura polmonare e limitazione

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degli scambi gassosi. I sintomi più comuni sono rappresentati da dispnea da sforzo (che può divenire presente anche a riposo) e tosse secca, sebbene pazienti con alveolite e precoce interessamento fibrotico polmonare possano essere del tutto asintomatici. Il dolore toracico non è frequente mentre un’emottisi è rara. Un segno obiettivabile tipico è la presenza di crepitazioni tipo velcro a livello delle basi polmonari. I pazienti con gravi alterazioni restrittive ai test di funzionalità polmonare (FVC < 50% dei valori normali) presentano un tasso di mortalità a 10 anni del 42% (68). Dal momento che sia la

pneumopatia interstiziale sia la PAH sono associate ad alterazioni restrittive, occorre calcolare il rapporto tra FVC e DLCO. Una diminuzione proporzionale di FVC e DLCO, con un rapporto FVC/DLCO inferiore a 1,6 suggerisce una pneumopatia interstiziale più che una PAH. Il riscontro, alla tomografia computerizzata, di opacificazioni reticolari o “vetro smerigliato” nelle zone inferiori del polmone suggerisce la presenza di un’alveolite attiva (Figura 8). Polmone “ad alveare”, bronchiectasie e fibrosi subpleurica si manifestano in genere in una fase più avanzata di malattia.

Figura 8: La TC evidenzia interstiziopatia bibasale con ground glass al lobo inferiore destro, esofagopatia (freccia tratteggiata) e versamento pleurico

bilaterale (freccia nera). (Uptodate, 2015).

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possono essere legati ad un’arteriopatia polmonare obliterante primaria causata dalla localizzazione di malattia a livello delle piccole arteriole muscolari polmonari (PAH-primaria: gruppo 1 della classificazione NICE del 2013 dell’ipertensione polmonare) oppure essere secondari ad una disfunzione del ventricolo sinistro o ad un una pneumopatia interstiziale (PAH secondaria: rispettivamente gruppo 2 e 3 della classificazione di NICE) (69,70). La PAH primaria è presente

nel 10-15% dei pazienti ed è più comune in coloro con forma limitata cutanea, soprattutto in associazione alla sindrome CREST. Altri fattori di rischio per lo sviluppo di PAH sono l’età avanzata, il riscontro di una pressione arteriosa polmonare elevata in occasione della valutazione iniziale, una malattia di lunga durata e la presenza degli ACA. I pazienti con PAH possono presentare dispnea da sforzo quale più comune sintomo iniziale ma possono anche essere asintomatici nelle fasi più precoci. In fase avanzata si può avere dolore toracico legato ad angina del ventricolo destro e/o episodi sincopali durante gli sforzi secondari ad una ridotta riserva cardiaca. L’esecuzione di routine degli esami di screening (test di funzionalità polmonare e un’ecocardiografia Doppler) può evidenziare la PAH prima dell’insorgenza della sua complicanza (cor polmonare), il cui trattamento è meno efficace. Tuttavia il gold standard per la diagnosi rimane il riscontro al cateterismo del cuore destro di una pressione media nell’arteria polmonare superiore a 25 mmHg. A questo proposito, nel 2014, è stato condotto uno studio multicentrico cross-sectional (18 paesi) con lo scopo di redigere un algoritmo per i pazienti affetti da PAH-SSc relata (71). L’introduzione di nuovi

farmaci, quali gli inibitori del recettore dell’endotelina e della fosfodiesterasi-5, ha migliorato la prognosi di questi pazienti: il tasso di sopravvivenza a 1 anno è aumentato dal 68% all’81%, mentre il tasso di sopravvivenza a 2 anni è passato dal 47% all’71%. Nonostante ciò, la PAH rimane una delle maggiori cause di morte nella SSc. Altre complicazioni polmonari includono: malattia

(26)

neoplasia polmonare.

 Interessamento cardiaco: pazienti con SSc e coinvolgimento cardiaco sintomatico hanno una prognosi negativa, con un tasso di mortalità a 3 e 5 anni rispettivamente pari al 60 e 75% (72). La prognosi è peggiore negli

uomini rispetto alle donne. Il coinvolgimento primitivo cardiaco si può estrinsecare in diversi modi: può dipendere da un danno del miocardio secondario ad alterazioni del microcircolo (eventi vasospastici con aree di ischemia focale e danno ricorrente da ischemia e riperfusione), dalla fibrosi del miocardio (è tipica una distribuzione “a mosaico” legata all’ accumulo di collagene), dall’interessamento del sistema di conduzione (complicato da aritmie e difetti di conduzione) o del pericardio (con o senza versamento) e, più raramente, da una patologia valvolare. In aggiunta a ciò, si può avere anche una patologia cardiaca secondaria alla vasculopatia renale, alla malattia polmonare interstiziale ed all’ipertensione arteriosa polmonare.

 Crisi renale sclerodermica: prima dell’introduzione dei farmaci inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina, la crisi renale sclerodermica rappresentava la complicanza più letale della SSc. Si sviluppa nel 3-10% dei pazienti e nel 10-20% dei pazienti con dcSSc, soprattutto in coloro che nei primi 3 anni di malattia presentano un ispessimento cutaneo progressivo e rapido. Altri fattori di rischio comprendono l’assunzione di dosaggi elevati di corticosteroidi (> 15 mg/die di prednisone o equivalenti), la presenza di sfregamenti tendinei, versamenti pericardici asintomatici, anemia di nuovo insorgenza, età avanzata e gravidanza (73). I

pazienti con crisi renale sclerodermica presentano tipicamente un’ipertensione accelerata ad insorgenza improvvisa, determinata dall’attivazione del sistema renina-angiotensina. Risulta spesso associata a insufficienza renale oligurica progressiva con proteinuria, anemia microangiopatica ed ematuria microscopica.

(27)

 Altre manifestazioni:

- Sindrome sicca: nei pazienti con SSc sono frequentemente presenti xerostomia e/o xeroftalmia. Alla biopsia labiale si può rilevare l’infiltrato linfocitario delle ghiandole salivari minori caratteristico della SS (e in questo caso sono spesso presenti anche anticorpi anti-SSA/Ro e/o SSB/La identificando una SS secondaria) oppure una fibrosi intraghiandolare o perighiandolare. - Coinvolgimento neurologico: ci possono essere neuropatie da intrappolamento (tipica è la sindrome del tunnel carpale causata da un ispessimento fibroso delle fasce tendinee al polso) o, molto più raramente, un interessamento del sistema nervoso centrale (cefalea, epilessia, mielopatia, radicolopatia)

- Sistema genitourinario: negli uomini la disfunzione erettile può essere un segno precoce e comune di malattia: in uno studio su 81 uomini con SSc, più dell’80% affermava di avere un deficit dell’erezione (74). Anche le donne con SSc presentano disfunzioni

sessuali: in uno studio su 60 pazienti, la dispareunia era presente in più della metà dei casi (75).

1.5 Misure di outcome

La valutazione del paziente affetto da una qualsivoglia malattia reumatica cronica è un processo complesso che si articola nella definizione, fra l’altro, dell’attività di malattia, del danno correlato alla malattia stessa o alla terapia praticata, e della gravità (parametro complessivo con valenze prognostiche). La valutazione del paziente sclerodermico e dell’andamento della sua malattia nel tempo è stata per lunghi anni fondata sul calcolo della estensione della sclerosi cutanea mediante indici di indurimento di cui il più utilizzato attualmente è il mRSS (53,54). La validità di un

tale approccio è tuttavia limitata: la valutazione dello score di sclerosi cutanea è, infatti, inaffidabile nella dcSSc in fase avanzata, dove il mRSS tende a diminuire, nella forma a sclerosi cutanea limitata dove rimane spontaneamente stabile nel tempo o soprattutto all’esordio di malattia (76).

É pertanto indispensabile valutare il paziente affetto da SSc in maniera globale con misure di outcome, non soltanto a scopo di ricerca nei trials clinici, ma anche per un

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corretto monitoraggio della malattia nella comune pratica clinica.

Tra gli indici, compilati dal paziente, in grado di valutare la qualità della vita ricordiamo i principali:

 Health Assessment Questionnaire Disability Index (HAQ DI) : è un questionario self-reported creato da Fries nel 1982 per l’utilizzo in pazienti con artrite reumatoide ed è utile per quantificare la disabilità fisica. É composto da 20 domande raggruppate in 8 domini (vestirsi e curare il proprio aspetto, alzarsi, mangiare, camminare, igiene personale, arrivare a prendere le cose, afferrare oggetti e altre attività). Le possibili risposte variano da 0 (funzionalità migliore) a 3 (funzionalità peggiore). Tale indice è stato successivamente applicato ai pazienti con SSc e validato in varie nazioni

(77,78). Clements et al.(79) misero in luce il valore predittivo di ridotta

sopravvivenza di un alto HAQ-DI >1 e Sultan et al.(80) dimostrarono che un

HAQ-DI all’arruolamento inferiore si associava invece ad un decorso relativamente favorevole a due anni. Anche la stessa versione italiana dell’HAQ-DI si è dimostrata utile quale misura di disabilità nei pazienti con SSc del nostro Paese e ne suggerisce pertanto l’utilizzo non solo come misura validata di outcome in trials terapeutici, ma anche nel follow-up del singolo paziente nella comune pratica clinica (81).

 Scleroderma HAQ (SHAQ): Consiste nell’HAQ-DI associato a “visual analog

scales” (VAS) le quali sono in grado di migliorare la specificità del singolo

HAQ-DI: dolore, disturbi relati al RF, UD, coinvolgimento polmonare e gastroenterico, patient global assessment (82).

Per quanto concerne invece gli strumenti per il medico, ricordiamo:

 Tra gli indici di attività di malattia l’European Scleroderma Study Group

(ESSG) Index (o Valentini Disease activity Index). É un indice composito che

include parametri clinici, strumentali e laboratoristici e si è dimostrato un metodo riproducibile e valido (83,84). Uno score superiore o uguale a 3 va

considerato, con una buona sensibilità e specificità, come indicativo di malattia attiva (Tabella 4).

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Tabella 4: INDICE DI ATTIVITA’ DELL’EUROPEAN

SCLERODERMA STUDY GROUP (83,84)

VALORE

Score di sclerosi cutanea >14 1,0

Scleredema 0,5

Δ cute * 2,0

Necrosi digitale 0,5

Δ vascolare * 0,5

Artrite 0,5

↓ DLCO (<80% del valore predetto) 0,5

Δ cardiopolmonare* 2,0

VES > 30 mm/1h 1,5

Ipocomplementemia 1,0

TOTALE MASSIMO 10,0

DLCO: capacità di diffusione alveolocapillare del CO.

* Δ = peggioramento delle condizioni nel mese precedente l’osservazione secondo il giudizio del paziente

Tra gli indici di gravità di malattia [definita come la somma della componente sia reversibile (attività) che irreversibile (danno) della malattia] citiamo Medsger disease

severity scale (DSS) (85,86). Valuta il coinvolgimento di 9 apparati: stato di salute

generale, vasculopatia periferica, articolazioni/tendini, muscoli, tratto gastrointestinale, polmoni, cuore e reni. Ciascuno di questi è valutato separatamente con un punteggio compreso tra 0 e 4, a seconda se l’interessamento è assente, lieve, moderato, grave o end-stage. Il grande limite di questo indice è rappresentato dal fatto che non è facile da usare in quanto manca uno score globale (il risultato sono 9 valori separati per ciascun organo indagato) (Tabella 5).

Tra le misure utilizzate nella SSc ricordiamo infine le valutazioni globali di malattia rispettivamente del medico e del paziente (“physician/patient global assessments”) le quali esprimono un giudizio di malattia su una VAS (0-100) (87).

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Tabella 5: MEDSGER DISEASE SEVERITY SCALE (85,86)

0: NORMALE 1: LIEVE 2: MODERATO 3: SEVERO 4:STADIO FINALE

1. Generale Normale ↓peso 5.0-9.9 kg Htc 33.0-36.9 ↓peso 10.0-14.9 Kg, Htc 29.0 - 32.9 ↓peso 15.0-19.9Kg, Htc 25.0 - 28.9 ↓peso > 20.0Kg, Htc < 25.0 2. Vascolare periferico

Normale Raynaud non necrotizzante

Cicatrici a

morso di ratto Ulcere digitali Gangrena digitale

3. Cute Rodnan Skin score =0 Rodnan Skin score =1-14 Rodnan Skin score =15-29 Rodnan Skin score =30-39 Rodnan Skin score ≥40 4. Articolaz. / tendini Distanza Dito-palmo = 0,0-0,9 cm Distanza Dito-palmo = 1,0-1,9 Distanza Dito-palmo = 2.0-3,9 Distanza Dito-palmo = 4,0-4,9 Distanza Dito-palmo ≥ 5,0 5. Muscoli Debolezza mm prossimali assente Debolezza mm prossimali lieve Debolezza mm prossimali moderata Debolezza mm prossimali severa Debolezza mm prossimali severa, aiuto per deambulare 6. Gastro -intestinale Normale Ipoperistalsi esofagea e/o intestinale Aperistalsi, antibiotici per overgrowth batt. Malassorbimento pseudostruzione Necessaria l’alimentazione parenterale 7. Polmone Normale DLCO70-80% FVC 70-80% rantoli crepitanti basali, fibrosi (Xgrafia) DLCO 50-69% FVC 50-69% , ipertensione polmonare lieve DLCO < 50 % FVC < 50 % , ipertensione polmonare moderata/severa Necessaria ossigeno-terapia 8. Cuore Normale Difetti di conduzione EF 45-49 % Aritmie EF 40-44 % Aritmie richiedenti terapia, EF<40% Insuff. Cardiaca congestizia, EF<30% 9. Rene Normale *Creatinina 1,3-1,6 mg/dl/ proteinuria 2+ * Creatinina 1,7-2,9 mg/dl/ proteinuria 3-4+ *Creatinina > 3,0 *Dialisi

DLCO: capacità di diffusione alveolocapillare del CO; FVC: capacità vitale forzata; EF: frazione di eiezione del ventricolo sinistro; Hct: emocromo; mm: muscoli. *crisi renale sclerodermica presente o

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1.6 Videocapillaroscopia nella SSc

La NVC del letto ungueale è la tecnica di elezione per lo studio “in vivo” del microcircolo, ed una delle più utili ed efficaci metodiche per la diagnosi precoce della SSc oltre che degli “scleroderma spectrum disorders”. Essa consente l’osservazione della circolazione capillare ungueale e l’ingrandimento delle alterazioni ultrastrutturali del microcircolo (Figura 9).

Figura 9: Videocapillaroscopia

I vantaggi della NVC sono da attribuire alla non invasività, ripetibilità, sensibilità e specificità elevate, agevole interpretazione dei risultati, basso costo, possibilità di archiviazione delle immagini in formato digitale ed eventuale stampa. Il RF è spesso il primo segno clinico di interessamento del microcircolo nelle malattie del connettivo, e le anomalie microvascolari che lo determinano precedono di molti anni gli altri sintomi di malattia e possono essere precocemente identificate e quantificate con la NVC, che ha quindi un valore diagnostico importante nel differenziare un RF primitivo (PRF) da uno secondario. In oltre il 20% dei pazienti con RFP, tale condizione si rivela solo transitoria, se osservati per un periodo di almeno 10 anni, a suggerire che il PRF vada considerato come un fattore di rischio per lo sviluppo di una connettivite ad impronta sclerodermica (88).Inoltre, da una analisi retrospettiva, si

è visto che, nel periodo intercorrente tra PRF e RF secondario, nel 10% dei pazienti alla prima osservazione erano già presenti minime alterazioni microvascolari (89).

A sottolineare il ruolo imprescindibile e di primo piano della NVC nella fase di screening del RF, un’analisi statistica successiva al follow-up per 1-8 anni di pazienti con PRF, ha dimostrato che i fattori più rilevanti per predire il rischio a 5 anni di evoluzione a RF secondario sono la presenza di capillari giganti, di microemorragie,

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ed il numero di capillari, ma non le ectasie capillari, i capillari ramificati o la disorganizzazione architetturale (90).

In passato i pattern capillaroscopici tipici della SSc erano stati divisi in due grandi gruppi, in base alle caratteristiche del danno vascolare: “active” e “slow”. Più di recente, Cutolo et al. ha identificato 3 diversi pattern, con lo scopo di migliorare il potere diagnostico e prognostico dell’analisi videocapillaroscopica: pattern “early”, “active” e “late” (91). (Tabella 6).

Uno scleroderma pattern è presente in oltre il 90% dei soggetti con SSc e alterazioni simili sono state riscontrate nella dermatomiosite, nelle patologie miste del connettivo e nelle connettiviti indifferenziate e vengono riunite nello

“scleroderma-like pattern”. In uno studio del 2004 su 241 pazienti (148 con lcSSc, 93 con dcSSc),

la perdita di capillari, la comparsa di capillari ramificati ed alterazioni dell’architettura vascolare sono risultate rare negli stadi precoci di malattia, mentre un progressivo aumento di queste anomalie vascolari veniva osservato nei pattern

active e late della NVC (92). Tale evidenza, sostenuta anche da studi successivi,

afferma l’ipotesi che i 3 pattern riflettano la naturale evoluzione della microangiopatia sclerodermica.

La sensibilità dei criteri diagnostici per la SSc dell’ACR redatti nel 1980, risulta aumentata dal 67% al 99% se si aggiungono le anormalità dei capillari del letto ungueale osservate con la NVC. A tale proposito la recente classificazione ACR-EULAR ha incluso le anomalie capillaroscopiche tra i criteri diagnostici (35).

In aggiunta a ciò, la NVC ha anche un importante ruolo prognostico e risulta pertanto indispensabile nel follow-up dei pazienti con SSc. Infatti, sono numerosi gli studi condotti nei quali è risultata pressoché costante l’associazione tra quadri capillaroscopici e dati clinici in corso di SSc. In particolare, il danno microangiopatico è risultato strettamente correlato sia al tipo che alla severità delle complicanze vascolari periferiche, cutanee e polmonari, tanto da essere predittivo di un peggior outcome (90, 93-95).

Ad esempio, un pattern capillaroscopico avanzato si associa a maggior rischio di: manifestazione attiva di malattia, coinvolgimento cutaneo o viscerale diffuso, sviluppo di ulcere cutanee, lesioni trofiche, rarefazione capillare con ipossia tissutale e riduzione della velocità circolatoria del sangue (rilevabile all’esame Doppler dei vasi digitali) (96-98).

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Tabella 6: pattern NVC in un soggetto normale (A) e “scleroderma pattern” (B,C,D) (91)

 Capillari con aspetto a “forcina di capelli”  Architettura e densità capillare conservata  Flusso ematico continuo

 Rare anomalie morfologiche minori

 Alcuni megacapillari  Alcune microemorragie

 Non riduzione del numero di capillari  Architettura capillare ben conservata

 Frequenti megacapillari  Frequenti microemorragie

 Moderata riduzione del numero di capillari

 Capillari ramificati assenti o comunque in numero moderato

 Lieve disorganizzazione dell’architettura capillare

 Emorragie e megacapillari assenti o poco rappresentati

 Severa perdita di capillari con estese aree avascolari

 Capillari ramificati

 Disorganizzazione della normale disposizione capillare

Ad esempio, un pattern capillaroscopico avanzato si associa a maggior rischio di: manifestazione attiva di malattia, coinvolgimento cutaneo o viscerale diffuso, sviluppo di ulcere cutanee, lesioni trofiche, rarefazione capillare con ipossia tissutale e riduzione della velocità circolatoria del sangue (rilevabile all’esame Doppler dei

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vasi digitali) (96-98).

Per quanto riguarda il valore predittivo della VCP nel coinvolgimento viscerale, è stata osservata una diminuzione importante della densità capillare in pazienti sclerodermici con PAH accertata, già in uno stadio precoce di questa complicanza; inoltre il coinvolgimento cutaneo e l’interessamento polmonare valutato con HRTC sono associati alla perdita di capillari del letto ungueale.

Più recentemente, è stato confermato come la gravità del pattern NVC (numero di capillari giganti, aree avascolari) si correli con lo sviluppo di PAH e una malattia più grave, rappresentando un predittore indipendente di morte nei pazienti con SSc (98). Il

pattern NVC risulta essere anche uno strumento predittivo di un futuro (ad un follow-up di 18-24 mesi) e grave coinvolgimento di organo (valutato tramite il Medsger-DSS) così come dimostrato nel 2013 in due coorti indipendenti (una italiana e una belga) di 148 pazienti con SSc (99).

La NVC appare essere un buon indicatore di attività di malattia nella SSc: in particolare, in un lavoro del 2014 su 107 pazienti affetti da SSc, il rapporto tra numero di microemorragie e microtrombosi e il numero di megacapillari si correlavano con l’European Scleroderma Study Group (ESSG) index, che rappresenta il gold standard per la valutazione dell’attività di malattia nella SSc (100).

Sembra inoltre che il pattern NVC possa cambiare con una terapia adeguata. Cutolo, in un recente lavoro, riportava un miglioramento del numero dei capillari usando una terapia di combinazione con un antagonista del recettore dell’endotelina-1 e prostanoidi ev (101).

Al fine invece di identificare i pazienti a rischio di sviluppare in futuro UD, è stato validato il Capillaroscopic Skin Ulcer Risk Index (CSURI). Per l’elaborazione dello score bisogna valutare il numero totale di capillari nella fila distale (N), il diametro massimo dell'ansa capillare (D), il numero di megacapillari (M). Lo score CSURI potrà quindi essere calcolato tramite la formula D x M:N2. Valori significativamente minori di N e maggiori di M, D, M/N venivano osservati nei pazienti con nuove UD. Un valore di CSURI maggiore a 2.94 era suggestivo di sviluppo di UD nei 3 mesi successivi con una sensibilità e specificità rispettivamente del 94,3% e 85,9%. Il valore predittivo positivo dello CSURI era 73,33% (102). La riproducibilità di questo

score è stata recentemente confermata anche usando differenti strumenti per NVC

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1.7 Esami ematochimici

Un recente studio canadese ha evidenziato come livelli sierici aumentati di proteina C reattiva (PCR) siano presenti in corso di SSc in particolare nei pazienti affetti da SSc precoce e che la PCR è correlata con l’attività e la gravità di malattia, l’impegno polmonare e una ridotta aspettativa di vita (104).

Gli enzimi muscolari circolanti (CPK, LDH, transaminasi, aldolasi) sono aumentati in corso di miosite.

Piuttosto comune è il riscontro di anemia sia microcitica da malattia cronica, sia macrocitica da carenza di folati e vitamina B12; nella crisi renale sclerodermica si riscontra anemia emolitica.

Un aumento dell’azotemia e della creatinina si può osservare in caso d’impegno renale, ipo-disprotidemia nel caso di malassorbimento e acidosi con ipossiemia nel caso d’insufficienza respiratoria.

Negli ultimi anni si è inoltre consolidata l’importanza dei peptidi natriuretici (NP) quali veri e propri biomarkers di coinvolgimento cardiaco: NP tipo B (BNP) e il frammento amino-terminale del BNP (105).

Nella quasi totalità dei pazienti (circa nel 95% dei casi) si ha una positività degli anticorpi anti-nucleo (ANA), tuttavia non specifici di malattia. Il pattern degli ANA tipici della SSc, valutati tramite immunofluorescenza indiretta (IFI) con cellule epiteliali da carcinoma laringeo umano (Hep-2), si può così riassumere (Figura 10):

 fluorescenza granulare del nucleo: può essere riscontrato in circa il 30% dei pazienti con dcSSc e suggerisce la presenza degli anticorpi anti-topoisomerasi I

 pattern nucleolare: si riscontra nel 25-50% dei pazienti con sindrome overlap miosite-SSc. Gli antigeni nucleolari sono RNA polimerasi, fibrillarina, Th/To, PM-Scl

 pattern anti-centromero: si riscontra sino nel 70-80% dei pazienti con lcSSc e si associa ad un altro rischio di PAH.

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